JOE7 FORUM

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    EP 28: "L'INVASIONE DEGLI UMANOIDI" (VERSIONE COI DIALOGHI COMPLETI)
    "I mostri del pianeta Bell" (titolo seconda versione italiana)
    "Un campanello diabolico che risuona nella notte fonda!" (titolo originale giapponese) (da notare che in inglese "campanello" si dice "Bell")

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    TRAMA

    Alla base Skarmoon, Gandal, che ha avuto il volto sfigurato dalle fiamme della Nave Madre attaccata da Goldrake, viene sottoposto a cure chirurgiche e grida dal dolore.
    Soldato: Iniziate l'irraggiamento.
    Gandal: Maledetto Goldrake, ti distruggerò con le mie stesse mani!
    Compare il titolo (cosa rara, perchè di solito compare solo all'inizio). Dopo un certo tempo, Gandal, guarito, è contattato da Re Vega al video.
    Re Vega: Gandal, le tue ferite sembrano guarite.
    Gandal: Sì, grande Vega.
    Re Vega: Ti sei ripreso perfettamente.
    Gandal: Già.
    Re Vega: Gandal, ascoltami.
    Gandal: Sì.
    Re Vega: Hydargos è morto, quindi, da oggi guiderai tu l'attacco alla Terra.
    Gandal: Grazie della fiducia, sire. Le prometto che stavolta non fallirò.
    Compare Lady Gandal con un nuovo volto, chiamata "Shin Lady Gandal" cioè "Nuova Lady Gandal".
    Lady Gandal: Grande Vega.
    Re Vega: Lady Gandal, il tuo volto è cambiato.
    Lady Gandal: Sire, finora ho compiuto il mio dovere di comandante, rischiando la vita. Perchè dovrei ridurmi a prendere il posto di Hydargos?
    Re Vega: Non è così: resterai comandante supremo, solo tu puoi guidare l'invasione della Terra.
    Lady Gandal: Capisco.
    Re Vega: C'è ancora un'ultima cosa.
    Lady Gandal: Di che si tratta?
    Re Vega: Ho inviato da voi il Ministro delle Scienze Zuril.
    Lady Gandal: Il ministro Zuril?
    Re Vega: Non avete avuto modo di conoscervi, ma il ministro Zuril è un brillante scienziato del pianeta Vega.
    Lady Gandal: Dunque sarà nostro subalterno?
    Re Vega: I vostri incarichi sono aumentati, vi serve un collaboratore.
    Lady Gandal: Un collaboratore? Allora avrà il nostro stesso grado!
    Re Vega: Non appena Zuril arriverà, metterete a punto una nuova strategia per conquistare la Terra. E' chiaro?
    Lady Gandal: Sì, Grande Vega.
    Re Vega: Il Ministro delle Scienze...chi sarà?

    Nel frattempo, sulla Terra, al Centro Ricerche, Alcor sta tentando, senza successo, di costruire una navicella che possa sostituire il TFO.
    Alcor: Niente da fare!
    Arriva Actarus.
    Actarus: Che ti prende?
    Alcor: Mi sono stufato! Basta, ci rinuncio.
    Actarus: Ti avrei dovuto dare una mano. Eri così entusiasta quando avevi detto che avresti messo a punto un nuovo disco volante.
    Alcor: E' vero, ma non sta andando come pensavo.
    Actarus: Stai costruendo qualcosa di nuovo, è naturale che sia così.
    Alcor: Mah, sarà. A proposito, ne hai di tempo libero, eh?
    Actarus: Eh?
    Alcor: Le truppe di Vega hanno preso una bella batosta. E' da un pò che non si fanno più vedere qui in Giappone.
    Actarus: Allora sono ben contento di non avere molto da fare al riguardo.
    Alcor: Non hai tutti i torti.
    Actarus: Non dobbiamo farci troppe illusioni. Presto si riorganizzeranno e torneranno ad attaccarci.
    Alcor: Allora, al lavoro!
    Actarus ridacchia ed esce dalla stanza, osservando le nubi temporalesche fuori dall'edificio.
    Actarus: (pensa) Le truppe di invasione del pianeta Vega useranno qualsiasi mezzo per raggiungere il loro obiettivo. Sono sicuro che non abbiamo ancora visto di cosa sono capaci.

    Nel frattempo, alla base Skarmoon si avvicina un veicolo verde, stranamente simile al Brain Condor del Grande Mazinga, ma di colore verde. E' Zuril che sta arrivando, mentre Gandal lo sta aspettando, incuriosito.
    Gandal: Il ministro delle scienze Zuril...ma chi diavolo sarà?
    Soldato: Generale, il ministro Zuril è qui.
    Compare Zuril: un uomo con una tuta gialla e una benda all'occhio. Gandal lo osserva, sorpreso.
    Gandal: Sei tu il ministro delle scienze?
    Zuril non risponde e si avvicina al video, dove si vede un'immagine della Terra.
    Zuril: La Terra. E' meravigliosa. Dobbiamo impadronircene ad ogni costo. Il Giappone è la base ideale da cui far partire i nostri attacchi. La prima cosa da fare è costruire un avamposto, lì da qualche parte.
    Gandal: Quello lo so, ma per riuscire a farlo bisogna eliminare quel maledetto Duke Fleed. Senza Goldrake tra i piedi, sarebbe uno scherzo installare una base.
    Zuril: E' solo una questione di strategia.
    Gandal: Cosa?
    Zuril: Costruiremo una base segreta sulla Terra, così getteremo nel caos i nostri nemici.
    Compare Lady Gandal.
    Lady Gandal: Mi sembra un piano interessante. Ma in che modo pensi di raggiungere la Terra senza farti scoprire?
    Zuril: Con questi.
    Zuril mostra una sfera luminescente in mano, che si rivela essere un piccolo UFO.
    Lady Gandal: Ma questa...
    Zuril: Già, è una creatura aliena proveniente dal pianeta Bell.
    Lady Gandal: Sapevo che Bell era abitato da esseri molto piccoli, ma...
    Zuril: Il mio piano è semplice. Oggetti di dimensioni così piccoli come questi non sono rilevati dai radar.
    Lady Gandal: E' vero, ma mi chiedo cosa possa fare un disco così piccolo.
    Zuril: Perchè capiate, vi racconterò la storia del leone e delle formiche guerriere. Sulla Terra, il leone è considerato il re degli animali. Ma persino le insignificanti formiche, in massa, possono sconfiggerlo.
    Lady Gandal: Sono curiosa di vedere in atto questa tua strategia.
    Zuril: Bene, non perdiamo altro tempo!
    La benda di Zuril si apre, mostrando il suo computer interno, che inizia a parlare con voce meccanica.
    Computer: Il punto più adatto per l'operazione è una zona scarsamente popolata vicino all'area metropolitana, cioè...

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    Nel frattempo, al ranch, tutti stanno per partire a bordo di una jeep.
    Rigel: Actarus, vuoi muoverti? Ci fai perdere tempo! Sali in auto, invece di stare lì a gingillarti!
    Venusia: Possiamo anche andare da soli, se hai qualcosa di più importante da fare. (Venusia allude alle sue azioni come Duke Fleed)
    Actarus: No, figurati.
    Venusia: A me farebbe piacere se tu venissi, ma non dar retta a quello che dice mio padre.
    Actarus osserva la sua medaglia di Fleed.
    Actarus: Stà tranquilla, in caso di emergenza mi avvertiranno subito.
    Venusia: Eh?
    Rigel: Si può sapere che state bisbigliando? Avanti, sali subito in macchina!
    Actarus si mette sul posto guida della jeep.
    Rigel: E ora forza, si parte!

    Nel frattempo, alla base Skarmoon, Zuril dà l'ordine:
    Zuril: Mostro Bell, parti immediatamente!

    La Jeep viaggia sotto una pioggia torrenziale.
    Rigel: Presto, Actarus, perchè non acceleri un pò? Sei proprio fiacco!
    Venusia: E' il giorno meno adatto per una gita, si può sapere dove andiamo?
    Rigel: Tu non preoccuparti, andremo dove dico io e basta! Forza!

    Al Centro di Ricerche, Procton entra nella Sala Comandi.
    Procton: Nessuna anomalia, a parte il tempo?
    Operatore: No, per ora è tutto nella norma.
    Nessuno di loro ha avvistato il mostro Bell.

    La jeep attraversa un piccolo villaggio dall'aria desolata.
    Venusia: Altro che gita, qui andiamo a far visita a una tomba!
    Actarus: Una tomba?
    Venusia: E' il villaggio dove è nato mio padre, solo che non c'è più nessuno della nostra famiglia.
    Mizar: Speravo di andare in un bel posto, invece andiamo a vedere una tomba.
    Rigel: Cosa stai dicendo? Fare visita alla tomba di tua madre e degli antenati è una cosa seria! E oggi abbiamo anche un'altra faccenda importantissima da sbrigare. Forza!
    Quando arrivano, entrano in un tempio buddista, dove Rigel si mette dei vestiti giapponesi più "ufficiali" e fuma una lunga pipa. Poi racconta ad Actarus e Venusia: Mizar è uscito a fare quattro passi.
    Rigel: Questo villaggio ha una lunga storia. Un tempo aveva molti abitanti, ma ormai è praticamente disabitato. Quegli sciocchi del villaggio hanno voluto andare a vivere in città e hanno abbandonato le loro case.
    Nel frattempo, Mizar, camminando lungo il corridoio esterno della casa, sente come un brusio: si tratta di un essere della stella Bell. Ma lui non lo sa.
    Mizar: Cos'è questo rumore?
    Il mostro Bell contatta Zuril su Skarmoon:
    Bell: Qui la pattuglia avanzata del mostro Bell. Siamo atterrati nel punto stabilito.
    Zuril: Bene, attendete il resto delle truppe e iniziate la costruzione della base. Dai dati che abbiamo, quell'area dovrebbe essere disabitata, ma, se ci fossero dei terrestri, eliminateli senza esitare.
    Bell: Ricevuto!

    Intanto, Rigel sta aprendo una cassa davanti agli altri.
    Rigel: E' la cosa importante di cui vi parlavo.
    Venusia: Cosa?
    Rigel: Intendevo parlarvene quando sareste diventati adulti, ma ora non ha più senso aspettare.
    Mizar: Ma di che si tratta?
    Rigel: E' qualcosa di unico, lasciatoci in eredità dai nostri antenati. Con quello che succede sarà molto utile, vedrete.
    Mizar: E' un tesoro?
    Rigel: Già, il tesoro più prezioso di tutti.
    Rigel mostra loro il contenuto: una spada da samurai, un arco, delle frecce, un elmo, un'armatura e altri oggetti simili.
    Rigel: La nostra famiglia discende da una stirpe di samurai. E' il momento di fare buon uso di queste armi!
    Entra un bonzo buddista.
    Bonzo: Dunque era lei. Ne ero certo, signor Makiba.
    Rigel si inchina.
    Rigel: Maestro, le sono grato per averle custodite per tutto questo tempo, ma adesso è ora di respingere l'invasore!
    Bonzo: Quale invasore?
    Rigel: I malvagi extraterrestri che vogliono invadere la Terra! Io sono il presidente dell'associazione "Difendete la Terra dagli UFO!" Sono deciso ad oppormi fieramente, a resistere e a combattere contro gli invasori!
    Mizar: Sì, papà, sei grande!
    Venusia tira un orecchio a Mizar.
    Venusia: Smetti di dargli corda!
    Mizar: Non è meglio ora di quando gridava "Venite, amici UFO"?
    Rigel: Sono pronto! Venite quando volete, dannatissimi UFO!

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    Il mostro Bell, intanto, ha distrutto tutte le comunicazioni e in quel momento avviene un blackout.
    Actarus: Ma...
    Venusia: Che succede?
    Mizar: Di nuovo quel rumore.
    Un cane abbaia fuori contro le particelle luminose del mostro Bell.
    Mizar: Sì, è lo stesso rumore di prima.
    Rigel: Che succede?
    Escono fuori: piove in continuazione. Vedono delle sfere luminose che attaccano un cane, lo riducono in un ammasso informe e poi lo fanno sparire.
    Rigel: Cosa sono quelli?
    Actarus: Sst!
    Si riuniscono in camera.
    Venusia: Degli UFO? Ma...
    Actarus: Nonostante le dimensioni, emettono potenti onde elettromagnetiche.
    Rigel: Anch'io ho pensato che fossero gli UFO appena li ho visti.
    Mizar: Se ci trovano, faremo la fine di quel cane, vero?
    Actarus: Non vi accadrà nulla se rimarrete nascosti e in silenzio.
    Venusia: Actarus...
    Actarus: Per prima cosa, non perdiamo la calma.
    Bonzo: Anche i fili del telefono sono stati tagliati.
    Rigel: Niente paura, andrò io a chiedere rinforzi.
    Rigel batte i denti.
    Mizar: Che ti prende?
    Rigel: Fremo dal desiderio di battermi.
    Actarus: No, Rigel, andrò io.
    Actarus esce sotto la pioggia (è senza scarpe).
    Actarus: Che strano silenzio! Sembrano in attesa di qualcosa...
    Rigel: L'ho sempre detto che ha del fegato.
    Venusia: Oh, Actarus...
    Actarus raggiuge a fatica la jeep e parte, inseguito dalle luci volanti.
    Mizar: Forza, Actarus, accelera!
    Rigel: Accidenti, speriamo che ce la faccia!
    Venusia: State tranquilli, lui sa sempre come cavarsela. Contiamo tutti su di te.
    La jeep di Actarus fila veloce lungo le strade di montagna sotto la pioggia, inseguita dalle luci del mostro Bell. Rigel intanto indossa l'armatura da samurai.
    Mizar: Papà, il nemico si fa sempre più vicino!
    Rigel: Questi UFO non sanno stare al proprio posto. Non sopporterò oltre!
    Mizar: Stai attento!
    Rigel esce.
    Rigel: Io, Rigel Makiba, presidente dell'Associazione Difendete la Terra dagli UFO, dico: Avanti, all'attacco! Vi distruggo, vi faccio a pezzi!
    Rigel cerca invano di colpire con la spada le luci del mostro Bell. Intanto, la jeep di Actarus sbanda e finisce in acqua: Actarus riesce a fatica a salvarsi e a tirarsi su. Le luci del mostro Bell si sono allontanate, credendo di averlo ucciso. Actarus corre sotto la pioggia a lungo, con solo le calze ai piedi, raggiungendo, alla fine, sfinito, il Centro Ricerche. Escono Procton e Alcor: lo vedono e lo tirano su: è crollato a terra dalla fatica.
    Procton: Actarus! Coraggio!
    Alcor: Actarus, forza!
    Procton: E' stremato, deve aver corso a piedi fin qui sotto la pioggia! Cosa è successo? Parla!
    Actarus: Vi spiego dopo, ora devo...
    Crolla a terra.
    Procton: Actarus! Che ti prende?

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    Al villaggio, intanto, Rigel continua a combattere contro le luci del mostro Bell.
    Rigel: Prendete questo! E questo! Vi stermino, vi faccio polpette!
    Ma il mostro gli distrugge la spada, poi l'elmo e poi l'armatura.
    Rigel: Non importa! In guardia, maledetti!
    Rigel sbatte la testa contro un albero e cade a terra, svenuto. In quel momento, compare Goldrake. Gandal e Zuril lo vedono sullo schermo.
    Gandal: Ecco Goldrake. Cosa facciamo?
    Zuril: Ricordati, anche le formiche possono sconfiggere il leone. Forza, mostro spaziale Bell, attaccate Goldrake in massa e distruggetelo!
    Il mostro si trasforma in una luce unica e attacca Goldrake, che è nell'astronave: Duke Fleed lo attacca, ma il mostro si decompone ogni volta evitando il colpo, per poi ricomporsi.
    Duke Fleed: Sono troppo agili per colpirli in volo. Devo costringerlo a combattere a terra!

    Rigel si sveglia.
    Rigel: Che è successo? Sembrano scomparsi! Certo, hanno avuto paura del grande Rigel e sono scappati via! Ha ha ha!
    Poi sviene di nuovo.
    Venusia: Papà!
    Mizar: Sei stato davvero in gamba!
    Venusia: (pensa) Actarus!

    Goldrake combatte contro le luci del mostro, che gli si attaccano addosso cercando di distruggere il suo metallo, ma non ci riescono: Goldrake rotola per terra, cercando di scuoterli via.
    Zuril: Quel dannato non si arrende, ma ormai è solo questione di tempo! Mostri spaziali Bell, radunatevi e dategli il colpo d grazia!
    Il mostro Bell diventa un mostro di Vega visibile.
    Duke Fleed: Le mie armi non hanno alcun effetto su quei microdischi luminosi. Se continua così, verrò sopraffatto!
    Però nota che il mostro fisico Bell non è completo: ha diversi buchi. Quindi nella battaglia Goldrake ha distrutto qualche disco del mostro Bell, che, di conseguenza, è incompleto, quindi è più debole.
    Duke Fleed: Quei fori non sono molti, ma sono la prova che il mostro spaziale si sta indebolendo. La sua struttura non si è ricostruita completamente. Anche se sembra indistruttibile, in realtà non lo è affatto.
    Goldrake però cade in un burrone e riesce a fermare la caduta con le mani,. Il mostro Bell gli si avvicina minacciosamente.
    Zuril: Bene, ora Goldrake non può più muoversi!
    Gandal: L'hai sconfitto.
    Zuril: Sì, e tra poco ci sbarazzeremo di lui!
    Ma Goldrake usa il Tuono Spaziale: l'energia del colpo fa deflagrare tutti i minidischi che compongono il mostro Bell, distruggendolo.
    Duke Fleed: Per fortuna ho capito il suo segreto, ma è stato un avversario terribile.
    Zuril sbatte un pugno sul tavolo per la rabbia.
    Gandal: Zuril, ora ti sarai reso conto di quale sia la potenza di Goldrake!
    Zuril: Non importa, questa è stata solo una prova generale. Ma giuro che la prossima volta farò sprofondare quel maledetto all'inferno!

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    NOTE

    Lo sceneggiatore (scriptwriter) è colui che, partendo da un soggetto, scrive la trama e i dialoghi dell'episodio. Il regista (episode director) è colui che segue lo sceneggiatore e fornisce tutte le indicazioni dettagliate, tipo: come si devono svolgere le scene, come devono essere impostate, per quanti decimi di secondo ogni inquadratura deve essere mantenuta sullo schermo, quanto tempo deve durare una scena, eccetera. Forniscono così l'impalcatura base per i disegnatori. Il character designer è il supervisore generale dei disegni. Mantiene l'omogeneità dei disegni realizzati su tutti gli episodi della serie. Il sakkan (direttore artistico/artistic director) è il supervisore generale dei disegni del singolo episodio. Il bujutsu (autore degli sfondi/designer/art director) è colui che si occupa degli sfondi delle scene.

    Titolo giapponese: Un campanello diabolico che risuona nella notte fonda!
    Titolo italiano (prima versione): L'invasione degli umanoidi
    Titolo italiano (seconda versione): I mostri del pianeta Bell
    Sceneggiatore (Scriptwriter) Tatsuo Tamura
    Regista (Episode Director): Masamune Ochiai
    Character Designer: Kazuo Komatsubara
    Sakkan (Artistic Director) Yoshinobu Aohachi
    Bijutsu, Autore degli sfondi (Designer) Tadanao Tsuji
    Prima data di trasmissione in Giappone: 11 Aprile 1976
    Prima data di trasmissione in Italia: 14 Dicembre 1978
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    GUERRE STELLARI: LA TRADUZIONE ITALIANA (seconda parte)
    Articolo di Lorenzo Frati (vedi bibliografia)

    IL DOPPIAGGIO DI DARTH VADER: IL GRANDE MASSIMO FOSCHI

    Massimo-Foschi
    Massimo Foschi (a sinistra), il doppiatore italiano di Darth Vader, e James Earl Jones, il doppiatore originale.


    Il nostro Dart Fener doppiato da Massimo Foschi non è il Darth Vader originale: anzi, Fener ha qualcosa in più rispetto al personaggio americano, qualcosa che nessun altro Darth o Dart o Dark che dir si voglia potrà mai avere: lo spessore umano che l'incalcolabile apporto del grande doppiatore Massimo Foschi gli ha conferito. Il doppiaggio italiano di questo personaggio è un capolavoro irripetibile; un'interpretazione che supera quella di James Earl Jones, la voce originale di Darth Vader. L'attore David Prowse, che impersonò Darth Vader in tutti gli episodi della trilogia classica, fu doppiato da James Earl Jones, perchè la sua voce fu ritenuta poco adatta al personaggio. Quindi, benchè tutte le fonti riportino, giustamente, che Massimo Foschi è il doppiatore di David Prowse, è col doppiatore americano James Earl Jones che il confronto va fatto. Il confronto tra la versione originale inglese e quella italiana non lascia dubbi: non vi è una sola scena in cui Foschi non sia superiore a Jones. I dialoghi italiani sono arricchiti da un'interpretazione densa di sfumature sconosciuta alla versione originale; la voce di Foschi è capace di trasmettere le emozioni del personaggio dietro la maschera in maniera non solo completa, ma addirittura perfezionante, completandolo laddove la voce originale non riesce a fare.

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    "Se questa è una nave consolare, dov'è l'ambasciatore?"


    Cominciamo con la frase d'esordio del personaggio in Guerre Stellari, con la quale Darth Vader si presenta al pubblico per la prima volta, strozzando quel poveraccio del capitano Antilles, la cui astronave avevano appena assalito, e che Vader ha alzato da terra con una mano sola:

    "DOVE SONO QUELLE TRASMISSIONI CHE AVETE INTERCETTATO? CHE COSA NE AVETE FATTO DI QUEI PIANI?"

    Tutta la frase è sottolineata da un tono grave ed autoritario, che caratterizza subito il personaggio: Vader è un tipo diretto ed impaziente. Anche se entrambi i doppiatori hanno conferito lo stesso tono alla frase, subito dopo, nella frase successiva di Vader, si notano alcune differenze:

    "SE QUESTA E' UNA NAVE CONSOLARE, DOV'E' L'AMBASCIATORE?"

    Foschi trasmette rabbia al personaggio: Vader sa che gli stanno mentendo riguardo ai piani e la frase smonta le scuse del capitano Antilles, che dice: "non abbiamo intercettato nulla…siamo in missione diplomatica!". La frase originale di Vader è: "If this is a consular ship, where is the Ambassador?" Jones, il doppiatore americano, ottiene un risultato diverso: sembra quasi che Vader sogghigni malignamente sotto la maschera, a causa del tono più acuto che il doppiatore conferisce alla frase, come se il sadismo che lo pervade (sta strangolando il capitano Antilles, in effetti) lo diverta.

    Va detto subito che lo stile adottato da ciascuno dei due doppiatori crea non poche differenze all'interno della saga: questo perché Jones sceglie di rendere il personaggio attraverso una cadenza volutamente lenta, caratterizzata da parole ben scandite, ma al prezzo di un livellamento generale dei toni che causa un'interpretazione meno ricca di emozione. Foschi, invece, sceglie di gestire meglio le pause e di usare una varietà di toni più ampia, con risultati più ricchi dal punto di vista interpretativo.

    Vediamo un altro esempio; nella sala conferenze della Morte Nera, un ufficiale ha appena definito l'attaccamento di Vader all'antica religione della Forza "deprecabile". La replica di Vader (tanto verbale, quanto per vie di fatto: sta per soffocarlo a morte con la Forza) non tarda ad arrivare:

    "TROVO INSOPPORTABILE LA SUA MANCANZA DI FEDE!"

    Vader parla con voce grave, e un tono decisamente indignato: Foschi ci trasmette la collera di un adepto che vede derisa la sua religione. Nell'originale "I find your lack of faith disturbing!" Jones, invece, parla con calma, con un tono meno grave: Vader sembra solo voler far "abbassare la cresta" all'ufficiale imperiale. L'effetto, come vedete, è diverso. Inoltre, al posto dello strano termine "disturbante" (come se Darth Vader fosse religiosamente infastidito dal comportamento dell'ufficiale), la traduzione italiana è più netta: mostra un Darth Vader arrabbiato, che usa il termine "insopportabile", assai più drammatico dell'anonimo "disturbante".

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    "Trovo insopportabile la sua mancanza di fede!"


    Ma l'esempio migliore di quanto il lavoro di Foschi sul personaggio sia superlativo è la scena più importante di tutta la saga, quella che ha fatto sobbalzare sulle poltrone i fan di tutto il mondo; quella che ancora oggi è la più radicata nel cuore di tutti noi: la rivelazione di Vader a Luke, ne "L'Impero colpisce ancora":

    Vader: "SE TU SOLO CONOSCESSI IL POTERE DEL LATO OSCURO! OBI-WAN NON TI HA MAI DETTO COSA ACCADDE A TUO PADRE!"
    Luke: "Mi ha detto abbastanza! Che lo hai ucciso tu!"
    Vader: "NO! IO SONO TUO PADRE!"

    Vediamo come i due doppiatori hanno rispettivamente interpretato questa scena frase per frase: "Se tu solo conoscessi il potere del Lato Oscuro!" Qui Foschi conferisce ebbrezza al tono del personaggio, come se gli occhi di Vader brillassero sotto la maschera, mentre egli descrive l'immensità del potere oscuro. Nell'originale "If you only knew the power of the Dark Side!" Jones parla lentamente, enfatizzando le parole, ma la voce non ha sfumature, non trapelano emozioni: solo una verità enunciata in maniera meccanica. Nell'italiano "Obi-Wan non ti ha mai detto che cosa accadde a tuo padre!", il tono di Foschi cambia in maniera quasi impercettibile. Vader ha un fremito: sta per rivelare una verità terribile e, malgrado ne sia succube, tradisce l'emozione per il ricordo dell'evento che ha cambiato la sua vita. Nell'originale "Obi-Wan never told you what happened to your father!" valgono le stesse considerazioni di prima: Jones parla ancora lentamente, enfatizzando le parole, ma la voce non ha sfumature; di nuovo non trapelano emozioni degne di rilievo. "No! Io sono tuo padre!" "No! I am your father!" qui, alla rivelazione finale, le due interpretazioni si equivalgono, ma, mentre quella di Jones vi è arrivata attraverso un percorso lineare, enfatizzato solo dall'uso di una lentezza voluta nello scandire le parole, quella di Foschi giunge al traguardo dopo un sentiero tortuoso, sofferto, come sofferta è la rivelazione di Vader, che confessa al figlio la mostruosità oscura della sua natura. Il talento di Foschi è più che evidente: nessun doppiatore oggi riuscirebbe a conferire una tale gamma di micro-sfumature (o anche solo penserebbe di doverlo fare). Foschi si è davvero calato nel personaggio in maniera encomiabile.

    Sono-tuo-padre
    "Luke, io sono tuo padre!"


    Ma non è tutto: le meraviglie del doppiaggio italiano continuano anche nell'ultimo episodio, "Il ritorno dello Jedi", dove l'ormai consolidata confidenza di Foschi col personaggio ci regala l'ultimo grande affresco "sonoro" di Darth Vader.

    Vader: "UN GRUPPO DI RIBELLI E' ATTERRATO SUL PIANETA RIFUGIO."
    Imperatore: "Sì…lo so."
    Vader: "MIO FIGLIO E' CON LORO."

    Di nuovo troviamo una piccola sfumatura, donata da una impercettibile quanto indovinata pausa dopo "mio figlio". Oltretutto in quel "mio figlio" è percepibile un fremito, che tradisce e rivela l'emozione di Vader. La risposta dell'Imperatore ne è una conferma: "Mi chiedo se le tue percezioni in questa faccenda siano chiare, Lord Fener…" "Sì, lo sono…mio signore" Di nuovo una piccola pausa, ora però molto evidente (anche nell'originale, a dire il vero), che tradisce il travaglio interiore del personaggio, ad ulteriore conferma della bravura di Foschi. Si noti che qui Jones risponde in maniera "meccanica" ("They are clear, my Master", "Sì, lo sono, mio signore"), col risultato di non lasciar trapelare le emozioni del personaggio, il quale appare quasi imperturbabile, a meno che il tono uniforme non sia proprio un mezzo che Vader utilizza per nascondere all'Imperatore il travaglio interiore che lo tormenta. Ancora una volta la differenza di interpretazione dei due doppiatori restituisce, di fatto, due personaggi differenti. Più tardi è Luke stesso che conferma indirettamente il lavoro del doppiatore italiano sul personaggio "I tuoi pensieri ti tradiscono, padre! Avverto il bene che è in te! Il conflitto che è in te!" Proprio il conflitto interiore così ben rappresentato dalla sapiente interpretazione di Foschi, e che invece risulta meno evidente nell'interpretazione di Jones.

    Imperatore
    "Mio figlio è con loro" (non è l'immagine del contesto, ma dà l'idea)


    La carne da mettere al fuoco è ancora molta per il personaggio. "Il ritorno dello Jedi" è infatti il capitolo delle rivelazioni:

    Vader: "…TUA SORELLA!...COSI' HAI UNA SORELLA GEMELLA! I TUOI SENTIMENTI HANNO TRADITO ANCHE LEI! OBI-WAN FU SAGGIO A NASCONDERLA. ORA IL SUO FALLIMENTO E' COMPLETO! SE TU NON VUOI PASSARE AL LATO OSCURO, FORSE...LEI LO FARA'!"

    Questo passaggio è ricchissimo di sfumature che rischiano di passare inosservate. Nell'italiano "…Tua sorella!", lo stupore qui si mescola con l'interesse per l'allettante possibilità che la scoperta offre a Vader. La sua subordinazione al Lato Oscuro è evidente: ha appena scoperto di avere una figlia e le uniche emozioni che trapelano sono l'interesse per questo nuovo potenziale e la gioia del trionfo finale sull'antico maestro Obi-Wan. Qui, più che mai, è il signore oscuro dei Sith che parla. "…Ora il suo fallimento è completo!": lo si percepisce sorridere malignamente dietro la maschera, cosa che nella versione originale inglese riesce meno facile. Di nuovo il doppiaggio italiano supera l'originale: laddove Jones propone il suo lento ed enfatizzante scandire, che pecca di sterile uniformità, Foschi colora il personaggio alla luce del realismo, donandogli uno spessore ulteriore. Il finale è davvero insuperabile:

    Vader: "LUKE, AIUTAMI...TOGLIMI LA MASCHERA!"
    Luke: "Ma morirai!"
    Vader: "NULLA PUO' IMPEDIRLO ORMAI...PER UNA SOLA VOLTA, LASCIA CHE TI GUARDI COI MIEI VERI OCCHI!"

    La voce è leggermente cambiata di tono, benché ancora possente. La tenebrosa profondità del Lato Oscuro ha lasciato il posto ad un tono più sereno, più umano. Vader non c'è più, ora è Anakin che parla: meglio ancora, l'Anakin padre. Questa è l'ultima battuta doppiata da Foschi. D'ora in avanti, come nell'originale, la voce viene prestata da un altro doppiatore, sottolineando come la voce possente di Vader sia soprattutto un attributo della maschera che indossa. Togliendola, la voce cambia. Nella versione italiana, le ultime battute sono state affidate a Marcello Tusco, altro grande doppiatore, il quale conferisce una voce più mite ed umana al morente Vader.

    Vader: "ORA VA' FIGLIO MIO..."
    Luke: "…non ti lascio qui, devo salvarti!"
    Vader: "LO HAI GIA' FATTO, LUKE...AVEVI RAGIONE....AVEVI RAGIONE NEI MIEI RIGUARDI!"

    Grande emozione nella voce: la riconquistata umanità commuove Anakin, ora visibilmente provato, così come lo ha commosso il gesto di Luke, che ha voluto credere in lui rischiando la vita. Questi momenti così toccanti non sono resi altrettanto bene nell'originale, dove l'umanizzazione conferita ad Anakin dalla bravura di Foschi prima, e di Tusco poi, è quasi assente. Appare chiaro come il "nostro" Fener sia estremamente più curato e verosimile della versione inglese, e si pensi che questa può contare nientemeno che su una voce profonda ed elegante come quella di James Earl Jones, che non è certo l'ultimo arrivato.

    Vader-morente


    Riguardo la validità del doppiaggio originale, questi non sono che alcuni esempi: va ricordato che anche gli altri bravissimi attori che hanno lavorato al doppiaggio hanno svolto il loro compito in maniera molto professionale, apportando grossi benefici ai loro personaggi, con voci eleganti e ricche di sfumature: anch'esse, il più delle volte, migliori di quelle originali. In particolare, ricordiamo:

    - Claudio Capone, che interpreta Luke Skywalker. E' stato la voce dei documentari di Quark e di Ridge in Beautiful, oltre a tanti altri lavori.
    - Stefano Satta Flores, che interpreta Han Solo. E' stato anche attore (La ragazza con la pistola, C'eravamo tanto amati).
    - Ottavia Piccolo, che interpreta Leia Organa. E' anche attrice di teatro e cinema.
    - Corrado Gaipa, che interpreta Obi-Wan Kenobi. Attore e doppiatore, ha doppiato Burt Lancaster nel Gattopardo, Orson Welles e altri. Una curiosità: ha doppiato anche la pantera Bagheera del Libro della Giungla di Disney: un personaggio che fa da tutore, proprio come Obi-Wan.
    - Rodolfo Traversa, che interpreta C-3PO. Anche lui attore e doppiatore di tanti film.

    Un tesoro da non gettare al vento. Molte sono oggi le voci che si alzano all'unisono, chiedendo un ridoppiaggio della Trilogia Classica, per uniformare l'opera, sia ai nomi che alla qualità audio della nuova trilogia dei prequel e dei sequel. I nuovi capitoli della saga, infatti, presentano i nomi originali dei due droidi e una traccia audio di qualità superiore perfino per gli standard odierni, con la quale il nuovo remix digitale al quale è stata sottoposta la traccia analogica dei vecchi episodi per la versione in DVD non può competere. Qualora ciò fosse realizzato (e chi scrive si augura vivamente che ciò non accada mai), non solo andrebbe perduto per sempre un documento sonoro che ha segnato un'epoca, e per il quale, almeno alle orecchie di chi con quelle voci è cresciuto, ogni sostituto, per quanto ben fatto, suonerebbe irrimediabilmente falso. Sarebbe perduto anche un esempio monumentale di doppiaggio di qualità, che dovrebbe essere tramandato, piuttosto che rinnegato.

    Il pubblico italiano si renda conto che oggi possediamo, grazie al doppiaggio di Massimo Foschi, una versione di Vader da far invidia a Lucas stesso, e in generale, grazie al lavoro di adattamento svolto da Maldesi, abbiamo una versione di Guerre Stellari - la trilogia classica - che è riuscita a rendere in pieno la magia della serie nella nostra lingua, facendoci innamorare di questa saga, che ancor oggi, a distanza di tanti anni, diverte, incanta, stupisce ed insegna.

    Un ridoppiaggio della Trilogia Classica è un crimine contro un'opera d'arte resa immortale dalla fortunata concomitanza di talenti che, in un'epoca illuminata ed irripetibile, le hanno dato la luce. E la voce.

    BIBLIOGRAFIA

    Guerrestellarinet - autore Lorenzo Frati
  3. .
    GUERRE STELLARI: LA TRADUZIONE ITALIANA (prima parte)
    Articolo di Lorenzo Frati (vedi bibliografia)

    Guerrre-stellari
    I due manifesti italiani di Guerre Stellari. Quello a destra fu realizzato dall'italiano Michelangelo Papuzza, che fece una sua interpretazione stile "peplum". A quei tempi non si pensava certo che potesse avere successo, quindi fecero una locandina un pò casuale.


    "La Guerre des étoiles", cioè "La guerra delle stelle": così fu tradotto Star Wars per la sua uscita nelle sale francesi nella seconda metà degli anni '70. Anche oggi, per tutti i francesi, Star Wars è da sempre "la Guerra delle Stelle". Così pure in Germania, con "Krieg der Sterne". Se fosse stato tradotto così in Italia, oltre ad essere un titolo piuttosto smorto, conterrebbe gli stessi errori delle altre traduzioni: "Wars" perde il plurale, diventando "guerra", e "Star", da aggettivo (cioè "stellare") diventa un complemento di specificazione (di chi, di che cosa? Delle stelle).

    Basta questa considerazione per vedere subito la qualità dell'adattamento italiano, diverso dagli altri traduttori esteri, e capire quanto in realtà siamo stati fortunati. Incuria e disattenzione sono sempre in agguato, soprattutto in un lavoro delicato quale l'adattamento di un'opera straniera, il quale comporta non solo la piena conoscenza dei termini e del loro significato, ma anche del variare di quest'ultimo secondo il contesto in cui i termini stessi vengono utilizzati. Una seconda considerazione è che un adattamento è, appunto, proprio questo: solo un adattamento, ossia un tentativo di tradurre il più fedelmente possibile i contenuti linguistici di un'opera straniera, trasmettendo invariato il messaggio originale. Essendo il testo basato su una serie di fattori propri della lingua madre come rime, assonanze, dissonanze, giochi di parole, modi di dire, l'essenza dell'opera originale non potrà mai essere resa al cento per cento: si otterrà sempre un'approssimazione; tanto più vicina all'originale quanto più competente e sensibile sarà stato il traduttore. L'adattamento italiano di quella che sarebbe diventata la saga fantascientifica più famosa della storia del cinema fu affidato nel 1977 a Mario Maldesi, un direttore del doppiaggio che nella sua lunga carriera può vantare l'adattamento di opere di registi quali Lumet, Schlesinger, Polanski, Kurosawa, Lelouche, Kubrick, solo per citarne alcuni, nonché realizzatore delle post-sincronizzazioni di opere di registi italiani come Antonioni, Visconti, Fellini, De Sica, Comencini, Monicelli, Pasolini.

    Maldesi
    Mario Maldesi (1922-2012): direttore di doppiaggio. Oltre a Guerre Stellari (tutta la trilogia classica), gli altri film famosi da lui doppiati sono (per esempio): Frankenstein Junior, Alien, Il laureato, L'esorcista, Bianca e Bernie, gli Aristogatti, Kagemusha, Ghostbusters, I soliti ignoti, La grande guerra, Matrimonio all'italiana...



    LA SCELTA DEI NOMI

    Il lavoro presenta subito delle difficoltà: ci si rende conto che non tutti i nomi originali risulteranno adatti ad un pubblico non anglofono. Siamo, infatti, negli anni '70, ancora lontani dalla rivoluzione di Internet, ed estranei a quel processo di inglobamento di termini anglosassoni che tanto caratterizza l'italiano di oggi. L'inglese è ancora una lingua riservata a pochi "eletti", cioè coloro che lo masticano per lavoro: la maggior parte del pubblico è impreparata ai giochetti di assonanza ed alle pronunce che ora vedremo nel dettaglio.

    LUKE, OBI-WAN, LEILA

    Luke


    Il protagonista principale, l'eroe attorno al quale ruota la vicenda, possiede fortunatamente un nome che può essere lasciato senza variazioni di sorta: Luke Skywalker suona davvero bene. Troppo bello ed indovinato per azzardarsi a cambiarlo. Al pubblico italiano piacerà. Obi-Wan Kenobi, il vecchio e saggio mentore, è altrettanto adatto: non presenta difficoltà di pronuncia ed ha un fascino esotico che rende bene anche in italiano. La protagonista femminile Leia è meno fortunata: la pronuncia del nome suona un pò forzata alle nostre orecchie per via dello iato di tre vocali di fila del nome originale, le quali sortiscono un senso di incompiutezza, facendo desiderare la presenza di una consonante in più. Viene aggiunta una "l" per compensare tale mancanza, ottenendo "Leila": un nome dal suono più naturale e che si pronuncia con meno forzature, proprio perché supplisce a tale mancanza.

    IAN SOLO E CIUBECCA

    Han-Solo


    L'antieroe Han Solo in Italia diventa un più accessibile Ian Solo, omettendo così quella "h" aspirata che il nome originale richiede di pronunciare; è una piccola modifica, ma che permette di pronunciare il nome in maniera più naturale. Il copilota del Millennium Falcon, il famoso Wookie, in originale si chiama Chewbacca, pronunciato "Ciubaca". In Italia diventa invece Ciubecca. Il nome italiano consente di rendere il giochetto di troncatura, cioè il soprannome originale Chewie, che si pronuncia "Ciui", il nomignolo amichevole col quale Han Solo si rivolge al possente Wookie, con un simpatico Ciube, che, se da un lato non consente di mantenere l'intraducibile gioco di parole ("Chewie" suonerebbe un po' come "masticoso", dal verbo "to chew", masticare), riesce perlomeno a trasmetterne la simpatia. La vera sfida, però, deve ancora arrivare: due dei personaggi più singolari della saga non possiedono un nome, bensì delle sigle.

    I DROIDI: C1 E TREBIO

    C1-Trebio


    Spesso, quando ci si trova davanti a nomi inventati, è bene considerare le motivazioni che hanno portato l'autore ad operare scelte di un certo tipo, prima di intervenire con delle modifiche. Come ha creato Lucas i nomi originali dei due droidi? Le sigle originale R2-D2 (il nostro piccoletto C1) e C-3P0 (il dorato Trebio), che origine hanno? C'è forse un significato particolare dietro questi nomi o sono piuttosto frutto del caso? La risposta dovrebbe essere scontata, soprattutto per Guerre Stellari, dove nulla è mai lasciato al caso. Le sigle, in effetti, non significano nulla di particolare, ma la loro scelta non è casuale: Lucas le ha scelte per il loro suono.

    Il nostro C1 nell'originale è chiamato R2-D2: noi italiani lo leggeremmo erre-due-di-due, ma in inglese si legge: "Ar" (la erre) "Tiù" (la pronuncia di "due") - "Di" (la lettera "d") "Tiù" (sempre "due"). Per questo, a volte, invece di R2-D2, nell'originale è scritto anche Artoo-Detoo. Il nome viene scelto per l'assonanza "Ar-tiù - Arthur": cioè il nome di Re Artù. Il nome vuole "umanizzare" un poco il simpatico robottino, sottolineando come Lucas lo consideri una spanna sopra gli altri droidi che popolano il film, elevandolo non solo a livello degli altri personaggi, ma addirittura a fulcro dell'intera vicenda (il droide porta, memorizzato nel suo sistema mnemonico, tutto lo schema tecnico della Morte Nera, il che lo rende fondamentale per gli scopi dell'alleanza ribelle, nonché pericolosissimo per l'Impero).

    Il nostro Trebio nell'originale si chiama C-3PO: noi italiani lo leggeremmo ci-tre-pì-o e in effetti suonerebbe male. In inglese si legge invece "Si" (la pronuncia di "C") "tripio" (combinazione di "tri", cioè 3, "pi", cioè la P, e "o", che è appunto la O). Per questo nell'originale è scritto anche See-Threepio. Stavolta si tratta solo di una sigla, non di un nome nascosto, ma che suona bene e risulta scorrevole quando il droide fa le sue pompose presentazioni: "I am See-Threepio, Human Cyborg Relations!" ("Io sono Si-Tripio, esperto delle relazioni umane e cyborg!"). All'autore piace così, anche perché il sofisticato droide protocollare, che tanto si vanta delle sue capacità di comunicazione (parlare sei milioni di idiomi non è certo cosa da poco!), paradossalmente segna il passo rispetto al meno loquace, ma più empatico C1, ben più capace di intendere sia gli umani, che le situazioni nelle quali si trovano. Trebio/C3PO, quindi, nella sua insipidità, ci sottolinea come il droide, benché antropomorfo e dorato, non goda della stessa capacità di integrazione con gli umani, propria di C1/"Arthur", il quale, come detto, si colloca su di un livello superiore.

    Quando Guerre Stellari giunge in Italia sorge subito un problema: i nomi originali dei droidi, così ben risuonanti nel contesto inglese, non rendono altrettanto bene in italiano. Artiù-Ditiù non ha più alcuna valenza circa le intenzioni originarie di Lucas, in quanto l'assonanza con Arthur-Artù è inarrivabile per un pubblico non anglofono; anzi, il suono è talmente bizzarro da produrre confusione, più che simpatia. Ancora meno adatto sarebbe stato Erre Due - Di Due, che non rende assolutamente il tono di simpatia immediata che l'autore si era prefissato. "Arturo", che a voler ben vedere sarebbe la traduzione che meglio avrebbe rispettato il significato del nome, è (per fortuna!) impensabile. Allora che fare? Bisogna restare coerenti con l'idea originaria dell'autore (vale a dire trasmettere simpatia), e contemporaneamente cercare qualcosa di non troppo distante dall'universo fantascientifico ivi rappresentato. Soluzione: c'è quell'altra sigla dell'altro droide, C3PO. Con un po' di lavoro, si può creare qualcosa in armonia con le intenzioni di Lucas partendo da quella. Per il robottino, il nome Ci-Trè, o C3, potrebbe andare, ma suona più aspro rispetto all'originale inglese. Ma ecco che basta cambiare un numero ed accostarlo alla prima lettera per avere qualcosa di totalmente diverso: Ciuno, C1! Ciuno è perfetto: si adatta bene al personaggio (uno è il numero intero più piccolo, come "piccolo" è il nostro eroe), scorre come l'originale nella pronuncia ed è molto più simpatico di Erredue. Ma Ciuno-Piò (C1PO) suona troncato; manca ancora qualcosa: il nome dovrebbe essere leggermente più lungo. Ciuno-Piò… Ciuno - Piòtto! La nuova sigla suona come un vero nome (si noti soprattutto l'assonanza Piòtto - Pinotto), è coerente con le sigle usate nel film, e trasmette subito simpatia, come nelle intenzioni originarie dell'autore.

    Ma ora sorge un altro problema: le due sigle C1-P8 e C-3PO sono troppo simili, vista anche la totale diversità morfologica tra i due modelli di droide. Inoltre, C-3P0 continua a suonare più aspro rispetto all'originale. Soluzione: si può smussare un poco il nome senza necessariamente stravolgerlo, utilizzando consonanti dal suono più morbido rispetto a "c" e "p". In particolare, è la "c" a dare fastidio, per quel suono così lontano dall'originale. Vengono scelte la "d" e la "b", lasciando invariato il resto: è nato D-3B0, "Di-Trebio", sigla che in italiano suona più elegante rispetto all'originale, e quindi ben si addice ai modi da maggiordomo inglese del nostro amico dorato.

    E alla fine i nomi italiani si sono semplificati ulteriormente in C1 e Trebio.

    DART FENER O DARTH VADER?

    Darth-Vader


    Le stesse considerazioni circa l'adattamento dei nomi originali dei droidi valgono anche per la scelta del nome italiano di Darth Vader. Se Artoo-Detoo era stato scelto per trasmettere simpatia, Darth Vader aveva ben altro scopo: nelle intenzioni di Lucas il nome del Signore Oscuro doveva essere imponente e spaventoso allo stesso tempo. Vader è probabilmente la troncatura di in-vader, cioè invasore: Vader, in effetti, "invade" la scena con la sua nera figura. C'è anche il significato nascosto di Vader-Vater, cioè "padre" in tedesco: ma questo, oltre ad essere svelato più tardi, non c'entra con lo scopo di rendere temibile il nome.

    Di nuovo, si pone il problema di un pubblico non anglofono, per il quale Darth Vader, la cui pronuncia originale è "Darf Veidar" sarebbe stato più che altro bizzarro, finendo col non trasmettere ciò che l'autore si era prefissato, cioè timore. Qui si deve operare in modo inverso rispetto a prima: il nome "Darf" va pronunciato in maniera più dura, sostituendo quella "f", che non risulta adatta come ultima consonante del nome. E "Veidar" deve diventare qualcosa di meno etereo e più incisivo. Sfruttando quello che, con ogni probabilità, deve essere stato un errore di pronuncia, (ricordiamo che la pronuncia corretta di "Darth" dovrebbe essere "Dart", esattamente come si scrive) Darth-Darf diventa in Italia Dart, mentre Vader-Veidar, attraverso un cambio di radice diviene Fener (Vad-er, Fen-er: tre lettere in tutto). DART FENER suona decisamente meglio di "Darf Veidar" e ripristina l'oscura maestosità del personaggio. Anche in questo caso, la scelta è coerente rispetto all'universo rappresentato: Dart Fener non è troppo lontano dall'originale, e sarebbe risultato adattato alle orecchie italiane.

    LA MORTE NERA, I SABBIPODI, I QUADROPODI, VARIE

    Morte-Nera


    L'arma più spettacolare dell'Impero, simbolo stesso della potenza distruttiva sulla quale si basa la politica di paura di quest'ultimo, e con la quale vengono tenuti sotto controllo i vari sistemi della galassia; dalle dimensioni di una piccola luna e dotata di un potere distruttivo pari a più della metà dell'intera flotta imperiale: è l'immensa…Death Star, cioè "Stella della Morte". Sorpresi? Sì, perché tutti la conosciamo con un altro nome; un nome ben più terrificante e suggestivo, frutto dell'estro creativo di Maldesi, il quale ha saputo trovare una sapiente alternativa per il nome di una delle creazioni più spettacolari di Lucas: "La Morte Nera"! Questo nome è l'esempio supremo di quanto l'adattamento italiano ci abbia rapito: chi, oggi, sinceramente, opterebbe per chiamarla "Stella della Morte", o col suo originale inglese "Death Star"? Il fascino dell'adattamento italiano è, almeno qui, indiscutibile: "Morte Nera" ha un suono terribile e sublime, nonché denso di significato. C'è un riferimento, forse inconsapevole, forse no, alla terribile epidemia di peste che decimò l'Europa medievale. Un paragone che si rivela quanto mai adatto: l'arma dell'Impero rappresenta, infatti, una terribile tragedia che sta per abbattersi sulla galassia, capace di spazzare via un intero pianeta con un solo, rapido colpo. Inoltre, "Morte Nera" è un termine ben più originale di "Stella della Morte", il quale oltretutto risulta poco azzeccato visto che la Death Star è un planetoide artificiale, non una stella artificiale, come il nome originale vorrebbe farci intendere.

    Altra variazione felice la troviamo in "Sabbipodi", il nome scelto per indicare i "Sandpeople", i predoni che abitano le lande desertiche di Tatooine. In effetti, è difficile preferire "Gente della Sabbia" (la traduzione esatta) a "Sabbipodi", nome che risulta essere ben più fantasioso e suggestivo, e che in più si avvicina abbastanza all'originale. Stesso discorso per "Quadropodi Imperiali", variante italiana di "Imperial Walkers", i temibili "Camminatori Imperiali" (così la traduzione esatta) che sferrano l'attacco la base dell'Alleanza Ribelle su Hoth. "Quadropodi" infatti ha un suono strano e più sinistro del banale "Camminatori".

    Anche l'uso della parola "fulminatori" per indicare i "blaster", ovvero le armi da fuoco presenti nella pellicola, suona meglio della traduzione corretta "disintegratori". Un fulmine, dopotutto, disintegra, e fa più effetto...

    Curioso poi l'uso del termine "immaginoso" col quale Jabba Hutt, nel "Ritorno dello Jedi", definisce il cacciatore di taglie (che era Leila travestita), che lo minaccia con un detonatore termico. Lo si sarebbe potuto tradurre con "pieno d'espedienti", ma avrebbe fatto meno effetto: Jabba ha sempre una parlata ridondante, ampollosa. "Immaginoso" è nel suo stile.

    IL BOCCI

    Bocce


    Sai parlare il "Bocce"? (pronuncia: "bocci") No, non siamo impazziti di colpo: questa è la domanda esatta che lo zio di Luke, zio Owen, dice al robot dorato Trebio, prima di acquistare il droide dai predoni incappucciati/mercanti Jawa. La frase originale, infatti, era "can you speak Bocce?". Se si fosse restati fedele all'originale, rinunciando ai "famigerati" nomi inventati della versione italiana, questo sarebbe stato il prezzo da pagare. Per fortuna, un sapiente adattamento ci ha propinato un meno imbarazzante "Sai parlare il Baddi?", che riesce a mantenere l'effetto dell'originale senza cadere nel ridicolo, come invece avrebbe fatto la traduzione letterale: "sai parlare il bocci?" :lol: :lol: :lol:

    LA GUERRA DEI QUOTI E GLI STELLAPILOTA

    Quoti


    La "Guerra dei Cloni", ufficialmente, è l'evento che porta la galassia di Guerre Stellari sotto la dittatura dell'Impero. Era stata menzionata da Luke nel suo dialogo con Obi-Wan Kenobi, in Guerre Stellari, e poi sarà ripresa nel film della trilogia-prequel "Star Wars: Episodio II - L'attacco dei cloni". Nell'adattamento italiano fu tradotta come la "Guerra dei Quoti". Evidentemente la clonazione appare ancora un argomento troppo ostico e fantascientifico; si opta per qualcosa che non costringa lo spettatore a troppi sforzi comprensivi, con l'intento di non sviare l'attenzione dal già troppo complesso universo che gli viene proposto.

    Star-pilot


    L'adattamento italiano di "Star Pilot" (il pilota del battaglione dei ribelli che guida il suo Caccia TIE contro la Morte Nera), diventa "Stellapilota". Può sembrare poco fantasioso, ma mettere "Pilota Interstellare" sarebbe stato troppo lungo.

    LA SINCRONIZZAZIONE DELLE LABBRA NEL DOPPIAGGIO

    È doveroso a questo punto ricordare che molte delle variazioni di nomi o parole che troviamo in un film tradotto sono dovuti, oltre che a problemi di pronuncia, anche a motivi di "Lip Sinc": con questo termine si intende il sincronismo che deve esserci tra i movimenti delle labbra dell'attore e le parole pronunciate in fase di doppiaggio. E' una regola che vige sia in studio, quando gli attori doppiano se stessi, sia in fase di adattamento, quando ci troviamo a doppiare un attore straniero. In questo caso, la scelta dei termini della frase è dettata anche dalla lunghezza delle parole, che deve avvicinarsi il più possibile a quella delle parole originali. E' importante che non si vedano le labbra in movimento senza alcun suono pronunciato, così come non si devono sentire suoni quando, nel filmato, l'attore ha smesso di parlare. Per questo era meglio dire "Stellapilota" al posto di "Star Pilot", invece del lunghissimo "Pilota Interstellare": il primo termine consente di mantenere il Lip Sinc (è quasi identico a "Starpilot"), il secondo no. Oltretutto, se si scelgono bene le parole si può riuscire a dare l'impressione che l'attore, benché straniero, stia pronunciando proprio le parole che sentiamo, anche se si tratta di una traduzione.

    Facciamo un altro esempio: nella Cantina di Mos Eisley, nella versione italiana, Han Solo chiede a Luke e Obi-Wan, come pagamento per i suoi servizi, "trentacinquemila, tutti anticipati", per portare i nostri eroi ad Alderaan. Nell'originale, in inglese, invece, ne chiede solo diecimila. Perché mai questo aumento di tariffa? Perché "diecimila", "ten thousand", in inglese, si pronuncia "ten tausand": l'espediente consente di creare l'illusione di cui sopra quando Luke, sbigottito, ripete la cifra scandendo bene le parole ("Trentacinque..! Potremmo quasi comprarci un mezzo nostro con tutti quei soldi!"). Le due frasi iniziano infatti entrambe con la "t", e sembra quasi che Luke stia effettivamente pronunciando la cifra della versione italiana.

    Han-35000
    "Trentacinquemila. In anticipo."



    I DIALOGHI

    A volte capita che, rimaneggiando un testo di un autore, per motivi di traduzione e adattamento, non solo si riesca a rendere perfettamente i contenuti dell'opera, ma, in certi casi, complice qualche felice intuizione, si riesca addirittura a migliorare il prodotto iniziale, perfezionandolo con pochi, sapienti tocchi. Una delle variazioni più interessanti riguarda la frase "Impara a capire la Forza, Luke!", che è l'invito che Obi-Wan rivolge a Luke dopo aver visto il messaggio della Principessa Leila. Da una traduzione più alla lettera dell'originale "Learn about the way of the Force, Luke!", sarebbe risultato un meno significativo "Impara le vie della Forza, Luke!", oppure "Impara la dottrina della Forza, Luke!" il quale, benché riporti benissimo il significato originario, priva il dialogo di tutte le accezioni spirituali che il semplice inserimento della parola "capire" sottintende. Quel "capire" trasforma completamente la frase, elevando la Forza da semplice energia mistica, o dottrina, a volontà superiore, che deve essere compresa, capita, accettata; proprio come noi ci sforziamo di capire ed accettare il destino, del quale la Forza rappresenta la controparte in Guerre Stellari.

    Impara


    Altro esempio: il Maestro Yoda, ne "L'Impero colpisce ancora", dice a Luke: "Illuminati noi siamo! Non questa materia grezza...", è la variazione italiana per la frase "Luminous beings are we! Not this crude matter!". Di nuovo si accentua il lato spirituale di Guerre Stellari, perchè la parola "illuminato" indica chi raggiunge un livello di consapevolezza più alto, ed è quindi un'espressione decisamente migliore di una semplice traduzione letterale come "esseri di luce, - o luminosi - noi siamo!", la quale lascia solo intuire ciò che Yoda ci vuole dire, senza tuttavia riuscire ad esplicitarlo con chiarezza (questo, a dire il vero, è proprio un limite della frase originale: abbiamo capito tutti cosa intende Yoda, ma le sue non sono le parole migliori per dirlo). In questo, come in altri punti, i dialoghi italiani superano in qualità quelli di Lucas.

    Yoda



    (Continua)

    BIBLIOGRAFIA

    Guerrestellarinet - autore Lorenzo Frati
  4. .
    PARADISO CANTO 10 - QUARTO CIELO DEL SOLE - I 12 SPIRITI SAPIENTI DELLA PRIMA CORONA - SAN TOMMASO D'AQUINO (seconda parte)

    Tommaso-d-Aquino
    San Tommaso d'Aquino, domenicano, Dottore della Chiesa e autore della Summa Theologica, che collega la Fede alla Ragione parlando di ogni cosa (appunto, una "Summa"). E' la base del pensiero razionale.



    ASCESA AL QUARTO CIELO DEL SOLE: L'ORDINE TOLEMAICO (IL SOLE CHE GIRA ATTORNO ALLA TERRA) NON E' SBAGLIATO, NELLA PROSPETTIVA DI FEDE

    Il Sole, che riflette sulla Terra il suo influsso benefico e misura il tempo, si trova, come abbiamo detto, nel punto equinoziale, e viaggia seguendo un'orbita a forma di spirale ascendente e discendente ("si girava per le spire"). Infatti, Dante seguiva il sistema tolemaico, in cui si riteneva che il Sole ruotasse davvero intorno alla Terra. Vero o no che fosse, questo non ha importanza: quello che conta è che la Terra è davvero più importante del Sole, perchè è lì che vive l'uomo, fatto ad immagine e somiglianza di Dio, ed è lì che Dio si è fatto uomo. Quindi la Terra è davvero al centro dell'Universo: se non fisicamente, lo è però in ordine di importanza. E il Sole, essendo sì più grande della Terra, ma mano importante di questo corpo celeste, sia nel sistema tolemaico che in quello copernicano effettivamente "gira" intorno alla Terra: se non fisicamente, lo fa in ordine di importanza. Perchè qui non stiamo facendo un trattato di astronomia, ma di fede, in cui l'ordine di importanza dei pianeti, delle stelle, del Sole deve esser tale da mettere sempre e comunque la Terra al primo posto. Senza togliere nulla a Copernico e agli astronomi, che possono esporre liberamente le loro teorie scientifiche: qui siamo su due piani diversi, che non si contraddicono, ma si completano.

    tolomeo
    Il sistema tolemaico: il Sole gira intorno alla Terra. Se nella realtà questo non accade, nella prospettiva di fede lo è, vista l'importanza capitale che hanno la Terra e l'uomo nel piano di Dio.


    GLI SPIRITI SAPIENTI: DANTE RINGRAZIA DIO

    Dante non si accorge di penetrare nel cielo del Sole, se non dopo che ci è entrato: come una persona che ha avuto un pensiero improvviso e se ne accorge solo quando gli si è manifestato. Beatrice, infatti, in questa salita in Paradiso, guida Dante di Cielo in Cielo tanto velocemente, che il suo atto è quasi istantaneo. Una volta che Dante si trova nel Quarto Cielo del Sole, vede delle luci ancor più splendenti del Sole, e Dante le sapeva distinguere anche se erano dello stesso colore: Dante, insomma, non riesce a spiegare a parole umane quello che sta osservando. Il nostro linguaggio, infatti, è incapace di esprimere realtà così elevate. Le luci che appaiono a Dante sono la quarta schiera dei beati, gli spiriti sapienti, sempre appagati dalla visione di Dio. Il Padre, infatti, li sazia di continuo mostrando loro il mistero della Trinità:

    Tal era quivi la quarta famiglia (Qui si presentava in tal modo la quarta schiera dei beati (spiriti sapienti),
    de l’alto Padre, che sempre la sazia, (che il Padre sazia di continuo)
    mostrando come spira e come figlia. (mostrandogli il mistero della Trinità: cioè "come spira" (dal Padre procede lo Spirito Santo) e "come figlia" (il Padre genera il Figlio)

    Beatrice esorta Dante a ringraziare l'Altissimo ("Sol degli angeli", cioè Sole degli Angeli) per il privilegio cui lo ha ammesso. E il cuore di un uomo non fu mai così ben disposto a rivolgersi a Dio e pronto a esprimere la propria gratitudine, come lo è stato quello di Dante: egli si volge a Dio per ringraziarlo e il suo raccoglimento, la sua riconoscenza verso Dio è talmente grande che si dimentica di Beatrice. E questo a lei non dispiace, anzi ne sorride a tal punto che lo splendore dei suoi occhi gioiosi induce il poeta a dividere la sua attenzione tra Dio e il suo sorriso.

    LA PRIMA CORONA DEI DODICI SPIRITI SAPIENTI

    Dante vede tante luci sfolgoranti, in tutto dodici (che più avanti saranno riconosciuti come i dodici beati della Prima Corona) che circondano lui e Beatrice, proprio come una corona: cantano con voce melodiosa e sono simili all'alone luminoso che, talvolta, di notte, circonda la Luna quando l'aria è molto umida.

    Nella corte del Paradiso, da dove Dante poi è ritornato alla fine del poema, ci sono tanti gioielli belli e preziosi, che non si possono portar via da quel regno: e il canto di quelle luci era uno di quei gioielli. E chi non sarà in grado di volare fin lassù (quindi andando in Paradiso dopo la morte) non si aspetti che io lo descriva, dice Dante: io sono come un muto, dice il poeta, che non può recare notizie con la sua voce.

    Le luci dei dodici spiriti della Prima Corona ruotano attorno a Dante e Beatrice per tre volte, simili a stelle che ruotano attorno al polo celeste: poi si arrestano, come le donne che danzano e si fermano in silenzio, attendendo che la musica riprenda. Il poeta qui allude alla danza delle "ballate", in cui le donne danzavano appunto in cerchio, al suono della ripresa: dopo un giro intero, si interrompevano un momento e poi veniva cantata la prima strofa e il ballo riprendeva, continuando così per tutta la ballata. Dante si riferisce quindi al momento in cui le danzatrici, terminata la ripresa o la strofa, si fermano, attendendo la prosecuzione della danza, quasi come in certe scene di Fantasia di Disney.

    SAN TOMMASO D'AQUINO SI PRESENTA

    Uno dei dodici beati - che poi si saprà essere San Tommaso d'Aquino - si rivolge a Dante e dichiara che la grazia divina, "onde s’accende verace amore e che poi cresce amando", cioè "dal quale si accende il vero amore che poi, amando, continua a crescere", risplende nel poeta. Infatti, la grazia divina gli ha permesso di accedere da vivo in Paradiso: quindi è impossibile che gli spiriti beati non esaudiscano spontaneamente tutti i suoi desideri, proprio come l'acqua scende naturalmente dall'alto verso il basso.

    E' chiaro che Tommaso ha capito che Dante vorrebbe sapere di quali fiori è formata questa "ghirlanda", cioè la Corona dei dodici spiriti, che è disposta tutt'intorno a Beatrice, "la bella donna che ti guida al Cielo". San Tommaso, senza dire ancora il suo nome, si presenta come un membro dell'Ordine domenicano, dove ci si arricchisce spiritualmente, se non si devia dalla regola: infatti Tommaso d'Aquino fu domenicano.

    Io fui de li agni de la santa greggia (Io fui uno degli agnelli del santo gregge)
    che Domenico mena per cammino (che san Domenico conduce per il cammino,)
    u’ ben s’impingua se non si vaneggia. (dove ci si arricchisce di beni spirituali se non si devia dalla regola.)

    SAN DOMENICO DI GUZMAN, FONDATORE DEI DOMENICANI

    Domenico
    La Madonna dà il Rosario a San Domenico.


    San Domenico fu fondatore dell'ordine dei Domenicani, fondato all'inizio per correggere le eresie dei Catari, poi come ordine predicatore itinerante (cioè in cammino) e povero (simile ai francescani). E' chiamato a volte "di Guzman" perchè proveniva dall'omonima famiglia spagnola. Altra caratteristica dei Domenicani è l'organizzazione monastica (vivono in monasteri) e lo studio approfondito della fede cristiana. L'ordine dei Domenicani è tuttora uno dei più importanti della Chiesa. Sfinito dal lavoro apostolico ed estenuato dalle sue grandi penitenze, il 6 agosto 1221 San Domenico muore circondato dai suoi frati, nel convento domenicano di Bologna, in una cella non sua, perché lui, il Fondatore, non l'aveva. Infatti il suo corpo si trova a Bologna, nella Chiesa di San Domenico. San Domenico è famoso anche per essere stato il primo diffusore della preghiera del Rosario: la Santa Vergine un giorno gli apparve dandogli la corona del Rosario, dicendo che con essa potrà sconfiggere l'eresia dei Catari e ogni eresia, e salvare così molte anime.

    SAN TOMMASO D'AQUINO

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    La colomba è simbolo dello Spirito Santo, cioè di Dio, che sta facendo comprendere a Tommaso d'Aquino la verità su ogni cosa.


    San Tommaso d'Aquino, domenicano, nacque nella contea di Aquino (faceva parte appunto della famiglia nobile dei D'Aquino), più precisamente a Roccasecca, in provincia di Frosinone. E' stato una delle colonne del pensiero filosofico. E' stato santo, teologo e mistico: Dottore della Chiesa, chiamato addirittura "Dottore Angelico", gode di un’autorevolezza tutta speciale e unica nella cristianità.

    Al centro dei suoi studi era Cristo: è noto per la sua monumentale opera teologica e filosofica, in particolare per quel prezioso lavoro di connessione tra i classici del pensiero filosofico (Aristotele, eccetera) e la fede cristiana. Tommaso definisce così la Verità: "La verità è la corrispondenza dell’intelletto alla realtà".

    E' la filosofia dell’essere: i sofisti, prima di Tommaso e dopo Tommaso, negano che si possa conoscere la realtà nella sua essenza, ma si conoscerebbe solo “il pensiero”, “il pensabile”, quindi ognuno ha “la sua” verità, pensa ciò che gli pare e gli piace. È una conoscenza umana separata dall’essere, che si allontana dal reale e pertanto da Dio: è il sofisma e la gnosi, al quale Tommaso risponde dicendo che la realtà invece è, esiste, ed è comprensibile ai sensi. Se no, non si va da nessuna parte. Famosa infatti è la sua frase detta agli studenti quando iniziava una lezione: portava una mela, la metteva sulla cattedra e diceva: "Questa è una mela. Chi non è d'accordo, può andarsene."

    Inoltre, la sua dottrina si regge sul primato dell’intelletto, che è la condizione stessa dell’amore: solo un essere intelligente è capace di amore. Il sentimento, di per sè, non basta per essere definito "amore". L'amore deve essere fatto anche con intelligenza e volontà, e spirito di sacrificio.

    La sua eredità di fatto è diventata parte integrante del patrimonio di fede: per questo, oltre ad essere Santo, è anche Dottore della Chiesa. Morì a Fossanova nel 1274 e il suo corpo riposa a Tolosa, nella Francia sud-occidentale, in una chiesa a quei tempi domenicana, la basilica dei Giacobini (cioè di San Giacomo). Nel 1562 furono profanate dai protestanti Ugonotti e Calvinisti; dopo essere state recuperate, furono poi di nuovo profanate durante la Rivoluzione Francese nel 1791. A partire dalla Rivoluzione, infatti, i Domenicani furono scacciati via dalla chiesa, che divenne proprietà del Comune. Il corpo di San Tommaso fu poi riportato nella Chiesa.

    A partire dalla sua morte fino ad oggi, l’autorità infallibile della Chiesa lo ha indicato come il Teologo per eccellenza, da preferirsi a tutti gli altri. I documenti che attestano quanto detto sono centinaia, promulgati da moltissimi pontefici dal 1300 ad oggi: per esempio, l’Aeterni Patris di Leone XIII, la Studiorum ducem di Pio XI e la Fides et ratio di Giovanni Paolo II. Parlando del cammino secolare del pensiero filosofico cristiano, la Fides et Ratio dice a proposito di Tommaso d'Aquino:

    "Notando la sua perfetta ed equilibrata sintesi tra fede (sovrannaturale, propria dei soli cristiani) e ragione (naturale, posseduta da tutti gli uomini) è per questo motivo che, giustamente, san Tommaso è sempre stato proposto dalla Chiesa come maestro di pensiero e modello del retto modo di fare teologia. San Tommaso amò in maniera disinteressata la verità: la cercò dovunque essa si potesse manifestare, evidenziando al massimo la sua universalità. Il suo pensiero, proprio perché si mantenne sempre nell’orizzonte della verità universale, oggettiva e trascendente, raggiunse vette che l’intelligenza umana non avrebbe mai potuto pensare. Con ragione, quindi, egli può essere definito "apostolo della verità", proprio perché alla verità mirava senza riserve: nel suo realismo egli seppe riconoscerne l’oggettività. La sua è veramente la filosofia dell’essere e non del semplice apparire.”

    COMMENTO

    Gli spiriti che appaiono in questo Cielo (i dodici spiriti della prima corona dei beati) sono delle luci sfavillanti, che risaltano per luminosità nella luce pur intensissima del Sole, in un modo che per Dante è quasi impossibile da descrivere a parole: è il preannuncio di quella poetica dell'«inesprimibile» che tanta parte avrà nella Cantica del Paradiso e che in questo Canto è più volte ribadita, col dire che il linguaggio umano è troppo inferiore all'elevatezza della materia.

    Inizia da questo Cielo anche l'uso di immagini astratte nell'apparizione dei beati, che infatti formano una corona di dodici spiriti che circondano Dante e Beatrice e ruotano intorno con un canto melodioso: il cerchio è simbolo di perfezione e sapienza, ricordando anche il disco solare, il cui influsso questi beati hanno subìto in vita, così come negli altri Cieli vedremo i beati formare una croce, l'aquila imperiale, una scala dorata.

    Dopo il ringraziamento a Dio da parte di Dante, a ciò esortato da Beatrice, è san Tommaso d'Aquino a presentare se stesso come uno dei beati della corona e a indicare gli altri undici spiriti al poeta (lo vedremo poi). La scelta del domenicano è ovviamente non casuale, trattandosi del maggior filosofo cristiano del Medioevo e appartenente a uno dei due principali Ordini mendicanti, così come filosofi e teologi di primo piano sono i beati che formano con lui la corona dei dodici.

    Il lungo discorso di san Tommaso è stilisticamente elevato, con la metafora iniziale del vino e della fiala ("ampolla") che dovrà soddisfare la sete di conoscenza di Dante, il fatto dell'acqua che non può non scendere verso il basso, il paragone tra i beati della corona e i fiori che formano una ghirlanda, che in questo caso abbellisce Beatrice, che ha portato fin qui Dante.

    BIBLIOGRAFIA
    https://divinacommedia.weebly.com/paradiso-canto-x.html
    https://www.reginadelrosario.it/la-vera-nascita-del-santo-rosario-in-modo-concreto/
  5. .
    ZOROBIN WATER SEVEN ARC 2 - ZORO MEETS ROBIN

    This page shows how much Zoro cares about finding Robin: his phrase "find Robin" is written in bold, to indicate his will and determination. Also, even if he uses the plate of swords, he still does damage (Nami says so too). He's only focused on finding her, so he clearly tells the others to get out of the way. More than for Robin's betrayal, he acts as if he really fears he will never see her again, as Robin had said earlier to Chopper.

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    Zoro: There's no point going around the building! We must charge inside and find Robin! Chopper: But they are just carpenters! They are not enemies! Zoro: No problem...I'll hit them with the flat of my swords! GET OUT OF MY WAY! Nami: But you hurt them all the same!


    When Zoro and Robin meet again, both exclaim "Rufy": in all the panels, only the two of them are addressed to the captain. Oda doesn't use panels for no reason: Rufy's appearance surprises both Zoro and Robin alike, even though they are now in opposite camps: an implied Zorobin situation.

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    In this conversation below, Zoro uses the word "friends" (nakama), so he still sees her as a friend, despite her betrayal, and angrily asks her why. But he's not angry about the betrayal: he's angry because he can't understand why she's acting like this. In fact, Iceburg himself notices it, telling Zoro that he must not try to understand her... Furthermore, Robin becomes hesitant only when Zoro addresses her (his face is obscured at that moment), while, before, at the request of Rufy and the others, she replied impassively, making the figure of a "dirty traitor". But, in front of Zoro, she hesitates, even if for a moment. This is significant…

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    Nico Robin: To achieve my goal ... I will sacrifice everything! Zoro: So...is that why you let people think that your friends were murderers, without hesitation? What would this "goal" of yours be? Nico Robin: I'm not obligated to tell you. Iceburg: Don't try to understand her! She is...


    Even after everything that's happened, Zoro says: "Looks like Robin wants to side with the enemy." But he doesn't say: "She's become an enemy, let her go" or "Let's shoot her down." Then he still recognizes her as a friend/nakama. Indeed, he gives a confused Rufy the direction to move: in practice, stimulates the reaction of Rufy to resume Robin. It seems that Zoro does not want to accept the fact that Robin abandons the crew, so much so that, of all, he is the least confused. It's a sign that Zoro cares about Robin...

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    Zoro: Apparently, they want to kill us. It seems that Nico Robin wants to stay with them...Rufy, are you okay with Robin leaving the crew? Rufy: NOT AT ALL!!


    When Robin says "We'll never meet again", Zoro (which is rare) loses concentration in the battle (Kaku notices right away). Only if he cares a lot about a person, a swordsman like Zoro can get distracted. So Robin, even though it seems like she cheated, is very important to him. And he's very insistent on taking her. When Zoro tells Rufy to take Robin, her face is covered by the cape and has a thoughtful look expressed by dots. This whole scene in Iceburg's room is a set of traces that show not only Robin's false betrayal, but also Zoro's feelings, which he himself may not even realize.

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    Rufy: Don't go, Robin!! I haven't finished talking to you yet!! Nico Robin: No. I'm done. We will never meet again.


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    Zoro: Luffy! Hurry up! Take Robin!

  6. .
    1992: IL TESORO DEGLI ZAR - COMMENTO

    Locandina-2


    Si tratta di una storia dai toni grotteschi, dove accadono cose troppo assurde anche per un anime di Lupin. Per esempio:
    - una bibliotecaria mezza nuda che prende a pugni Lupin e Zenigata, scassando tutte le librerie della biblioteca;
    - Judy che vive in una topaia lurida, però si è appena fatta una bella doccia e riceve degli sconosciuti con solo addosso un asciugamano.
    - una rapina fatta in una banca dove, dall'hangar lì vicino, sfrecciano qualcosa come 20 camion di fila e nessuno si fa qualche domanda su una simile concentrazione improvvisa di automezzi.
    E altro. Tutta roba a livello di credibilità zero. I disegni non sono molto buoni, nonostante l'apporto di Dezaki, e la storia non è ben costruita; in certi punti non è nemmeno originale. Per esempio, il camion schiacciasassi l'abbiamo già visto nella Pietra della Saggezza. I comprimari non convincono: i due killer da mezza tacca hanno troppo spazio e sopravvivono per fin troppo tempo: sono un peso inutile del film.

    Judy poi è un personaggio assurdo: è una discendente dei Romanov che vive in una topaia a New York, ma è elegantissima. Come fa? Fa un lavoro, non so quale, dove è stata molestata sessualmente e ha fatto causa. Si è messa d'accordo con Fujiko per avere l'oro dei suoi antenati. Ha preso in prestito il libro col codice (poi mai più restituito alla biblioteca, perchè il killer Lucky se l'è mangiato, oh, più o meno è così), mentre bastava che Lupin se lo prendesse e poi facesse lui il lavoro. Porta dell'oro da Rasputon per ingannarlo senza neanche chiedersi come cavolo farà a portargli via 500 tonnellate d'oro, che fanno una montagna equivalente a un palazzo. Insomma, è un personaggio che non sta in piedi: come fa a fare tutte quelle cose, che sembrano fin troppo raffazzonate e messe insieme per caso? Anche Rasputon è un personaggio assurdo, sopra le righe come lo è tutta la storia.

    Il titolo originale giapponese, Lupin III: dalla Russia con amore, ovviamente è stato preso dall'omonimo film di James Bond. E' il quarto special televisivo di Lupin, diretto dal regista Osamu Dezaki. Fu prodotto in onore della dinastia Romanov, sette mesi dopo il crollo dell'Unione Sovietica nel 1989, che viene menzionato in una scena.

    IL LIBRO COL CODICE

    Che senso ha fare un codice segreto sul tesoro dei Romanov sull'ultima pagina di un libro che parla dei Romanov? Un libro stampato in non so quante copie e che si trova comodamente in biblioteca? Sembra uno di quegli indovinelli da settimana enigmistica, tant'è vero che non solo Lupin riesce a decifrare il codice, ma ci riesce anche il killer da mezza tacca Lucky! :lol: :lol: :lol: A questo punto tutti e il mio gatto sono capaci di sapere dov'è il tesoro dello Zar.

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    Inoltre, dovrebbe essere "il riscatto dello ZAR Romanov", non "del re Romanov". Uno Zar non è un re, o almeno non è chiamato così. Ma lasciamo perdere. =_=



    RASPUTON, IL GRANDE DITATORE

    Rasputon è un personaggio piuttosto sgradevole, perchè ha il vizio di ficcare le dita in ogni cavità facciale dell'altro: bocca, narici, orecchie. Persino OCCHI: ha accecato così Donbino. E' proprio un grande ditatore. Inoltre, non muore quando Lupin gli spara sulla fronte: trova la forza di premere un bottone in un punto e quindi di farsi bruciare. Ma uno che ha una pallottola in testa è già morto e non dovrebbe fare niente. Rasputon è forse il personaggio più assurdo di tutta la storia. :huh:

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    Per esempio, dove lo trovate uno che, mentre telefona, si mette a mangiare un'iguana viva?? :sick:

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    GLI OCCHIALI ANTIPROIETTILE

    Una delle cose più idiote dell'anime sono gli occhiali indistruttibili e antiproiettile che portano i due killer. Ma stiamo scherzando? E da quando Jigen spara agli occhi? :blink:

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    LA SCENA PIU' ORRENDA DEL FILM

    Il grosso killer Big che si fa la doccia nudo con solo i mini occhialini addosso. Peggio persino dell'iguana. :sick:

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    IL PICASSO PERDUTO

    Lupin riconosce una Jacqueline di Picasso, un quadro preziosissimo. Jacqueline era la moglie di Picasso, e il famoso pittore fece ben 400 quadri su di lei.

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    L'UOMO DALLE PISTOLE D'ORO

    Lo sceriffo da operetta che si occupa della rapina alla banca di Lupin sfoggia ben due pistole d'oro. Magari saranno dorate, ma sono ridicole lo stesso. Oltre al titolo originale del film ("Dalla Russia con amore), che richiama 007, ora abbiamo anche l'Uomo dalla pistola d'oro, tratto da un altro film di Bond.

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    IL CASTELLO DI CAGLIOSTRO SIBERIANO

    Rasputon nel fare la sua base segreta in Siberia ha voluto copiare il Castello di Cagliostro.

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    FUJIKO FASHION

    Nella locandina Fujiko compare con un vestito verde, che non si vede bene perchè è quasi tutto coperto da Lupin. In ogni caso, quel vestito nel film non compare mai. Al suo posto, Fujiko porta un aderente top rosso senza maniche insieme a una minigonna intonata. Oltre a una cintura nera abbinata con le scarpe, porta una borsetta a tracolla con due file di catenelle dorate. Appariscente ma molto sexy. Solo, non so se è il vestito adatto per andare in un tribunale. :?

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    Fujiko camionista. Porta un vestito più sportivo, con occhiali scuri e una giacchetta azzurra che ne evidenzia le forme, sottolineate da un top con una scollatura da far venire il capogiro. Aggiungete un paio di calze lunghe sopra il ginocchio e ogni camionista sarà disposto a gettarsi nel fuoco per lei. Assumere 30 camionisti per una così è uno scherzo.

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    Nella scena finale, Fujiko è poco sexy, tutta bardata da pilota siberiana. Tuttavia neanche una simile impalcatura riesce a nascondere le sue curve.

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    E ANCHE QUESTO FILM E' STATO ANALIZZATO!

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    Come ultima aggiunta, un pò di storia:

    LA TRAGICA FINE DEI ROMANOV

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    La famiglia reale presentata nell'anime.


    A Febbraio 1917, in piena Guerra Mondiale, scoppiò la Rivoluzione Russa guidata da Lenin: a Marzo, lo Zar Nicola II abdicò al trono, senza eleggere un suo successore. Divenne così il cittadino comune Nicola Romanov. I comunisti tennero la famiglia Romanov prigioniera (Nicola II, la moglie Alessandra e i loro cinque figli: le sorelle Olga, Tatjana, Marija e Anastasia e l'unico figlio maschio, Aleksej, 14 anni, che soffriva di emofilia). La spostarono continuamente di luogo in luogo, per nascondere la loro imbarazzante presenza in uno Stato ormai diventato comunista, dove non potevano esistere nemmeno i ricordi del precedente impero zarista. Alla fine, circa un anno dopo, nel Luglio 1918, la famiglia dello Zar, compreso Nicola, fu sterminata brutalmente a Ekaterinburg.

    Zar
    Lo Zar Nicola II


    Grigorij Rasputin, religioso e mistico, di origini incerte, aveva una grande influenza a corte, garantendo di curare la pericolosa emofilia del figlio regnante Aleksej (una sola ferita da taglio avrebbe provocato nel bambino delle terribili emorragie di sangue). Rasputin era comunque fedele allo Zar e al governo zarista: siccome non sarebbe stato favorevole alla venuta dello Stato comunista, e per evitare la sua influenza sullo Zar, fu attirato in un'imboscata e ucciso nel 1916, due anni prima dello sterminio della famiglia dei Romanov, da parte di congiurati guidati dal nobile Feliks Jusupov. Usarono prima del veleno, che si rivelò inefficace, poi lo finirono a colpi di pistola. Il suo corpo fu gettato in un fiume ghiacciato e successivamente recuperato. Lo Zar aprì un'inchiesta e mandò in esilio Jusupov.

    Rasputin
    Il vero Rasputin: anche lui, come lo Zar, fu ucciso in modo atroce.


    Ekaterinburg, dove lo Zar e la famiglia incontrarono la loro fine, era la città più radicalizzata della Russia, fortemente comunista e anti-zarista. Lì la famiglia alloggiava in un grosso edificio dove rimasero confinati: non potevano uscire da lì ed era vietato parlare con loro. Jakov Jurovskij, l’uomo al comando dei comunisti a Ekaterinburg (citato nell'anime) organizzò per conto suo lo sterminio di tutti gli elementi della famiglia reale, compresi i bambini e i servi. Non ci fu nessun "salvataggio dello Zar" ad opera di Jurovskij, come invece racconta Lupin nell'anime.

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    Il Jurovskij dell'anime e quello reale, responsabile dello sterminio dello Zar e di tutta la sua famiglia, servi compresi. Ovviamente non indossava la divisa da ufficiale zarista che si vede nell'anime.


    I Romanov, la notte dell'esecuzione, il 17 Luglio 1918, furono trasferiti nel seminterrato: anche la servitù li seguì (il medico di famiglia Evgenij Botkin, la cameriera Anna Demidova, il cuoco Ivan Kharitonov e il domestico Aleksej Trupp) e fu massacrata insieme a loro. Alla faccia dei "comunisti che non sono contro la classe lavoratrice". Jurovskij si avvicinò, con i carnefici dietro di lui sulla soglia, e lesse ai prigionieri la sua dichiarazione: "Il praesidium del soviet regionale, adempiendo al volere della rivoluzione, ha decretato che l’ex zar Nicola Romanov, colpevole di innumerevoli sanguinosi crimini contro il popolo, debba essere fucilato". Dopo venti minuti di puro orrore (non ci fu solo la fucilazione: fu un macello), l’intera famiglia e il seguito, colpiti da proiettili, armi da taglio e mani nude, furono tutti uccisi. Gli undici corpi furono trascinati fuori di casa e caricati su una camionetta. Aleksej e Marija furono scaricati e gettati nella foresta accanto. Gli altri furono cosparsi di acido, bruciati e sepolti in una fossa. I decessi sarebbero stati ufficialmente confermati solo nel 1926, e anche allora i comunisti rifiutarono di assumersi la responsabilità dell’esecuzione. Jurovskij morì vent'anni dopo, all'ospedale del Cremlino nel 1938. Il silenzio forzato attorno al destino dei Romanov rimase tale fino a dopo il crollo dell’Unione Sovietica. Nel 1998 i resti delle vittime furono sepolti nella cattedrale dei Santi Pietro e Paolo di San Pietroburgo, che era il luogo tradizionale di sepoltura degli zar. Nel 2000 la Chiesa ortodossa russa canonizzò Nicola, Alessandra e i loro figli come “martiri della passione”. A Ganina Jama – il primo luogo in cui i comunisti tentarono di disfarsi dei corpi – la Chiesa ortodossa russa costruì un monastero.

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  7. .
    1992: IL TESORO DEGLI ZAR
    LUPIN E IL TESORO DI ANASTASIA (altro titolo)
    DALLA RUSSIA CON AMORE (titolo originale giapponese)

    Locandina-1


    Regia: Osamu Dezaki (Bye Bye Liberty: scoppia la crisi; Il mistero delle carte di Hemingway; Ruba il dizionario di Napoleone; All'inseguimento del tesoro di Harimao)
    Sceneggiatura: Kanji Kashiwabara. Ha fatto numerose sceneggiature per Lupin: Bye Bye Liberty, Il mistero delle carte di Hemingway, Prendi il dizionario di Napoleone, Money Wars, Professione pericolo, Alla ricerca del tesoro di Harimao, Alcatraz Connection, Un diamante è per sempre, La lacrima della dea. Ha fatto anche dei lavori su Detective Conan e Golgo 13.
    Character designer: Yasushi Nagaoka. E' stato il suo unico lavoro come character designer su Lupin. E' stato solo direttore dell'animazione su Il mistero delle carte di Hemingway e Ruba il dizionario di Napoleone.
    Musiche: Yuji Ohno (come al solito)
    1° trasmissione in Giappone: 24 luglio 1992
    1° trasmissione in Italia: 17 ottobre 1999 su Italia 1.
    DVD in Italia: Yamato Video
    Precedente film: Ruba il dizionario di Napoleone
    Film successivo: Viaggio nel pericolo

    TRAMA

    Siamo nella biblioteca civica di New York e Lupin sta facendo una lezione di storia a Jigen, con tanto di diapositive: "Dunque: nel 1916, prima della Rivoluzione Comunista, lo Zar Nicola II era ricchissimo. Possedeva 1240 tonnellate d'oro, equivalenti al 20% della risorsa mondiale. A causa dell'inflazione, della disoccupazione, della situazione alimentare di allora, l'economia fu al collasso. Il monaco dello Zar, Rasputin, fu ucciso dai comunisti. Nel Marzo 1917 ci fu la rivolta a Pietroburgo e il 15 Marzo Nicola II abbandonò il trono: era la fine dei Romanov, che poi furono giustiziati brutalmente dai comunisti a Ekaterinburg: uomini, donne e bambini. Ecco, quello è Jenny, il cane della principessa Tatiana Romanova. Sai che il nome delle principessa è stato così famoso che l'avevano dato alla coprotagonista di James Bond, in Dalla Russia con Amore, che si chiamava appunto Tatiana Romanova?"

    Tatiana-Nikolaevna
    La principessa Tatiana Romanova Nikolaevna.


    "E ora, che siamo nel 1992 e la Russia comunista è appena crollata insieme col crollo del muro di Berlino nel 1989, la storia si ripete. Ti ricordi della statua di Lenin che fu abbattuta?" Jigen si alza e fa per andarsene. "Ma dove vai?" "Non me ne frega niente delle lezioni di storia. E poi, come puoi pretendere che si possa sapere oggi che fine ha fatto l'oro dei Romanov? Sono passati ottant'anni e c'è stata una rivoluzione di mezzo!" "Chissà? Mai dire mai!"

    Intanto, proprio fuori dalla biblioteca, Zenigata fa vedere la foto di Lupin a un barbone: "L'hai mica visto questo qua?" "Nossignore, mai visto in vita mia sior, ci hai mica un nichelino da darmi?"

    "Continua ad ascoltarmi, Jigen, non te ne pentirai. C'è in ballo un tesoro davvero enorme, credimi. Devi sapere che in realtà i Romanov non furono mai giustiziati. Il capo della sicurezza, Jurovskij, questo qua, vedi, ebbe pietà della famiglia reale, era un fedele suddito, insomma, e segretamente li lasciò liberi. Ci fu quindi una finta esecuzione. Come ricompensa, Nicola II regalò a Jurovskij ben 500 tonnellate d'oro." "Mi sembra una storia assurda, Lupin." "Che c'è, non ti fidi di me? Guarda, le donne dei Romanov erano veramente bellissime. Questa non è carina? Anastasia, la figlia dello zar, la più giovane: era famosa anche per la sua bellezza. Riparò in America e in età avanzata apparve una volta in pubblico."

    Anastasia
    La vera Anastasia. Nella realtà, fu massacrata con violenza dai comunisti insieme alla famiglia reale a Ekaterinburg nel 1918.


    "Ho sentito, ma non si è mai saputo davvero se quella fosse stata la vera Anastasia o una mitomane." "C'è una prova inconfutabile. Quando la vedrai, ti convincerai anche tu. Dobbiamo solo prendere il libro "Riscatto di Re Romanov". Su, andiamo dalla bibliotecaria!"

    Ma la bibliotecaria, una ragazza formosa con minigonna microscopica, seduta a gambe incrociate mentre si lima le unghie, dice co voce suadente: "Mi dispiace, signore, abbiamo dato in prestito quel libro proprio ieri. Torni tra una settimana e lo troverà." "Ma non posso aspettare, mi potrebbe dire a chi l'ha data in prestito? Una bella ragazza come lei non può abbandonare un povero lettore di libri che vuole solo leggere un pò" "Lei non è l'unico, sa? Un altro signore poco fa mi ha chiesto la stessa cosa, cioè chi è la persona che ha avuto il libro in prestito." "E lei cosa gli ha risposto?" "Gli ho detto chiaro e tondo che nemmeno se lui fosse stato Tom Cruise glielo avrei potuto dire. E' vietato dal regolamento!" "Ha ragione. A proposito, lo sa che lei è più bella di Claudia Schiffer? Mi piacerebbe molto uscire con lei. E' libera stasera?" "Cosa vuole, corrompermi?" "Ma no, non oserei mai!" "Facciamo stasera alle 8 all'Oyster Bar" risponde lei "l'indirizzo del proprietario del libro è qui." Lupin allunga la mano, ma la bibliotecaria nasconde il foglietto nel reggiseno. "Dopo" dice con voce flautata.

    Jigen, all'improvviso, nota Zenigata, che sta leggendo un libro lì vicino. Cerca di avvisare Lupin, ma l'ispettore si avvicina, coperto dai libri, e attacca. Lupin scappa via, strappando il vestito alla segretaria (col biglietto addosso) e Zenigata lo insegue. La bibliotecaria, mezza nuda, pesta sia Lupin che Zenigata: tutti scappano dalla biblioteca.

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    Lupin e Jigen vanno in macchina verso l'indirizzo che hanno "preso" dalla bibliotecaria manesca: è un posto malfamato e squallido. "Bella topaia" dice con tatto il pistolero. Salgono le scale di un edificio malandato e popolato da persone che dormono ubriache in corridoio, e Lupin bussa ad una porta. La porta si apre con la catenella attaccata. Una donna parla dall'interno. "Chi è?" "Tu sei Judy Scott, giusto?" chiede Lupin "La biblioteca mi ha dato il suo indirizzo: non temere, io sono un bravo ragazzo." Lei chiude la porta. "Non ho la faccia da bravo ragazzo, Jigen?" "Hai una faccia da galera." Ma poi la ragazza apre la porta: ha in mano il libro che Lupin cerca, "Riscatto di re Romanov" e nell'altra ha una pistola. Ha appena fatto la doccia, ha i capelli biondi bagnati e indossa solo un asciugamano. "Stai tranquilla, noi siamo solo due scrittori di romanzi gialli, vorremmo documentarci..." "Non vi muovete!" Li fruga e toglie loro le pistole. "Vado in camera per una mezz'ora, e mi tengo le vostre armi. Potete consultare il libro, se volete, ma è tutta roba di terz'ordine sin dal titolo: si dice "zar Romanov", non "re Romanov." "Grazie per la gentilezza, faremo presto."

    Lupin fa le foto automatiche su tutte le pagine. Nel frattempo, due killer, un gigante dagli occhialini neri che si chiama, con gran fantasia, Big, e un tappo dagli occhialini neri anche lui, ma a punta, di nome Luck, li osservano con un binocolo da un edificio dall'altra parte della strada. Chiaramente questi tizi erano quelli che avevano chiesto l'indirizzo ala bibliotecaria manesca e lei aveva detto loro di no. Lupin finisce di fotografare e chiude il libro. "Anastasia andò in America con un servitore, l'autore di questo libro..." Lupin sente un rumore. "Jigen!" "Sì." Jigen si accorge dei killer e va nella camera di Judy, senza badare al fatto che deve ancora vestirsi. "Scusa, dovresti ridarci le pistole." "Non mi fido." "Me ne importa assai se ti fidi o no." Jigen la spinge di lato e prende le armi. I killer arrivano e sparano dappertutto, ma Lupin e gli altri sono nascosti fuori. "Li conosci?" chiede Lupin a Judy. "Io? No." "Forse sei coinvolta in qualche strano triangolo amoroso con quei due." "Cosa dici? Io sono una ragazza perbene!" "Allora quei due cercano il libro." Big e Luck trovano Lupin e gli altri appoggiati sul davanzale della finestra e sparano, ma Lupin e gli altri scappano, col libro in mano: Jigen spara loro agli occhi, ma hanno gli occhiali antiproiettile (!). I tre si allontanano in macchina.

    "Dove vuoi andare, tesoro? Ti accompagniamo." "Devo solo andare in tribunale." "Oh, sei un avvocato, Judy! Fantastico!" La abbraccia, ma lei gli dice: "No, ho fatto causa al mio capo e ora sto andando al processo." "Causa? Per cosa?" "Molestie sessuali." "Ah." Lupin le toglie il braccio. Arrivano al tribunale e Judy scende. "Ciao!" "Ehi, Judy, dimentichi il libro!" le dice Lupin. "Lo riporti tu alla biblioteca? Così rivedi ancora quella bella ragazza." "Forse è meglio di no. Comunque, se torno a New York ti faccio una telefonata. Ciao!"

    Fujiko, da una finestra del tribunale, li vede allontanarsi in macchina. Judy la raggiunge. "Scusa il ritardo" le dice Judy. "Lupin e Jigen sono della partita, come immaginavo." "Gli ho lasciato il libro. Ho fatto bene?" "Certo. Così risparmieremo tempo. Sono in gamba e troveranno subito i miliardi. Ora và a spillare tutti i soldi dal tuo capo."

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    Mentre Jigen e Lupin si allontanano in macchina dal tribunale e attraversano il ponte di Brooklyn di notte, arriva un camion guidato dai killer Big e Luck, che passa sopra tutte le macchine, schiacciandole. Il ponte di Brooklyn va a fuoco, Jigen ferisce Luck alla spalla, ma alla fine i due killer schiacciasassi recuperano il libro sui Romanov che aveva Lupin.

    Poi la scena si sposta in Cile, dove è diretto l'Air Force One, l'aereo del Presidente degli Stati Uniti. Laggiù si trova il palazzo stile russo di Rasputon, un monaco russo dalla lunga barba nera e dagli occhi come quelli del Dottor Inferno di Mazinga Z. E' il discendente di Rasputin, il monaco dello Zar; laggiù si trova anche Goemon, che vede l'Air Force One atterrare. Rasputon si rivolge a Goemon: "Allora, sei riuscito a trovare l'illuminazione?" "Credo che non la si possa raggiungere in questa vita terrena." "Si tratta di distaccarsi dal mondo. Osserva quell'aereo. Arriva un altro di quei mentecatti che cerca da me la salvezza. In realtà vogliono solo il potere. Io ascolto i loro piagnistei, li consolo, li consiglio, loro pagano e mi coprono d'oro." "E che c'entra questo col distaccarsi dal mondo?" "Se ti distacchi bene dal mondo, tutti vengono da te e ti coprono di soldi. Semplice." "Non è il mio stile." "Il tuo è uno stile perdente, Goemon. Ma un giorno capirai." Il presidente degli Stati Uniti scende lungo la scaletta dell'aereo e viene ricevuto dai monaci del posto.

    In una zona del Texas coi pozzi di petrolio, Fujiko sfreccia a bordo della sua Porsche rossa fiammante. Si ferma, va a prendere un paio di lattine a un distributore facendo solo sbattere la sua anca contro la macchina, si fa una bevuta e riprende il viaggio. Ad un certo punto, però, viene inseguita dal camion dei due killer, Big e Luck, che la mandano fuoristrada e poi riprendono la marcia: il loro obiettivo non era Fujiko, volevano solo divertirsi. Ma la ragazza non ha apprezzato e, facendo un gestaccio, rivolge a loro a voce alta parole di maleducazione grave. Poi Fujiko riprende il viaggio con la macchina e raggiunge un cimitero, dove scende e segue le indicazioni lasciate da Lupin. Raggiunge un sotterraneo sotto una cella cimiteriale, dove Lupin la saluta e le fa vedere il plastico di una banca, con le abitazioni accanto. Poi si mette a spiegare: "E' la banca locale di Sant'Antonio. Le 500 tonnellate d'oro dello Zar sono lì. E' chiamata la "banca dei banditi", vero, Jigen?" "Esatto." "E che sarebbe?" chiede Fujiko. "E' conosciuta nel nostro mondo di ladri: dopo un colpo, molti ladri lasciano lì la refurtiva. Tu non la conosci, cherie, perchè questo non è il tuo stile: tu truffi i ricconi." Fujiko ignora la frecciatina e chiede: "Una banca così piccola conterrebbe 500 tonnellate d'oro? Senza contare il resto delle refurtive che nascondono lì? Mi sembra strano, Lupin." "Se fosse solo quella costruzione, la banca, sì. Ma, se togliamo tutti gli edifici del paese attorno..." Lupin toglie le casette dal plastico, tranne la banca, poi toglie tutta la base "...e diamo un'occhiata sotto, vediamo che c'è un sotterraneo enorme che copre tutto il paese. Come vedi, ci sta." "Incredibile. E l'hai scoperto in quel libro?" "Il nostro Jurovskij, che aveva avuto quell'oro dallo zar come ricompensa, fu derubato dell'oro, che fu messo in quella banca. Ma i ladri furono uccisi in un regolamento di conti. Jurovskij, dopo diverse indagini, aveva scoperto che l'oro era finito lì e l'ha scritto nel libro. Tutto il suo libro, "Riscatto di Re Romanov", è soltanto un racconto dozzinale da due soldi. Quello che conta è il codice dell'ultima pagina. Vedi?" Fujiko legge una pagina piena di scritti incomprensibili. "Non si capisce niente. E tu l'hai tradotto?" "La famiglia Lupin ha una tradizione lunghissima di codici cifrati. Basta mettere il codice in questo computer, farlo vagliare dai sistemi di decrittazione che abbiamo in famiglia...e voilà!" Sul computer compare la scritta TEXAS - S. ANTONIO CITY - BANK OF LIBERTY. "Ho capito. Ma come facciamo a portare via 500 tonnellate d'oro, Lupin? Ci vorrebbero 35 treni!" "Per questo sei essenziale tu, tesoro!" sogghigna Lupin.

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    L'aereo Air Force One vola con Rasputon e il Presidente a bordo, che continua a parlare ininterrottamente, mentre il monaco lo ascolta con pazienza. "Mi amavano alla follia alla Guerra del Golfo, ora dicono che l'economia va male. Che colpa ne ho io se non sanno fare le auto bene come fanno i giapponesi?" "Si ricordi che siamo in un anime giapponese, non si metta a fare pubblicità occulta, signor presidente. Lei è troppo nervoso, non deve preoccuparsi così tanto: tutto tornerà a posto se seguirà il mio consiglio. Lei ha un altro problema: una donna. Un'attrice..." Il presidente sobbalza. "Come lo sa? Non lo dica così forte!" "Sa com'è, queste cose sono di ordinaria amministrazione in tutto il mondo, non gliene frega niente a nessuno. Ma in America, sa, sono puritani, e lei, a dirla francamente, non è stato nemmeno tanto furbo. Deve troncare con lei, se vuole che le cose vadano avanti." "Sì, signore, sì eccellentissimo, sì supremo, farò come lei mi dice" risponde il presidente degli Stati Uniti in ginocchio, baciandogli ripetutamente la mano. "Và in pace, figliolo."

    Rasputon si allontana e raggiunge Goemon, che è a bordo dell'aereo anche lui. "Che intendi fare ora? Vieni a New York con noi?" "No. L'unica cosa che mi interessa è l'illuminazione. Il domani non esiste." "Perchè non diventi la mia guardia del corpo? Sei un tipo in gamba. Avrai donne e soldi." "Sai cosa odio di più al mondo, Rasputon? Essere costretto a fare qualcosa che non voglio." "Interessante! Mi piace obbligare la gente a fare quello che non vuole!" Il monaco gli ficca il dito in bocca, istantaneamente: Goemon reagisce estraendo la spada. "Mi hai dato ospitalità, non posso seguire il mio impulso: taglierò solo il tuo dito in tre pezzi!" Ma, inaspettatamente, il monaco ficca ancora il dito in bocca a Goemon. "E come fai a tagliarmi il dito? La tua preziosa spada Zantetsuken, che ti è più cara della vita, te l'ho presa io!" Goemon guarda la sua spada e inorridisce. "E' un miserabile pezzo di bambù! Dov'è la mia spada?" "Se rivuoi la tua spada, dovrai obbedirmi senza protestare. Io sono capace di leggere nei pensieri, Goemon: puoi chiamarla telepatia. E' per questo che posso fare l'eminenza grigia di questo branco di idioti e sapere che il presidente se la fa con un'attrice. E' per questo che so come infilarti un dito in bocca senza che tu te ne accorga. Vuoi un altro esempio? Leggo nei tuoi pensieri: rimpiangi che la regola dell'ospitalità ti vieti di uccidermi con le tue mani, se no l'avresti già fatto. Più mi sfidi, più ti sarà difficile riavere la spada. Sei in mio potere, non puoi disubbidirmi. I tuoi pensieri mi scorrono davanti come le pagine di un libro. Sarò un finto monaco, ma la mia telepatia è vera. Riesco sempre a sapere cosa pensano gli altri. La mente umana non ha segreti per me. Ricordalo. E pensa sempre alla mia offerta, Goemon." Rasputon si allontana, mentre Goemon guarda impallidito il bastone di bambù che ha in mano.

    Intanto, alla città di S. Antonio, nel Texas, Lupin e Jigen raggiungono un magazzino vuoto, vicino alla famosa banca. "La proprietaria è una bellissima vedova che mi ha fatto lo sconto. Si è commossa quando le ho parlato di Alamo." "Che c'entra Alamo?" "La battaglia di Alamo, hai presente? E' successa qui, e molti si commuovono quando glie ne parli."

    Sempre nel Texas, ma in pieno deserto, c'è il Coffe Shop Little Mama, che è il ritrovo di tutti i camionisti della zona. Laggiù, in una bella giornata di sole, arriva Fujiko, entra nel ritrovo e tutti le si accalcano addosso al vedere un gran bel pezzo di ragazzona simile. Incurante degli sguardi, Fujiko si siede con noncuranza, beve qualcosa e poi dice: "Mi servirebbero venti camionisti forti e virili per un piccolo lavoretto." "SIIIIIII!" dicono tutti, che le si accalcano attorno quasi sbavando. "Quanto si guadagna, dolcezza?" "300 dollari ciascuno. Ci state?" "COME NO!!!"

    Intanto, i due killer, Big e Luck, osservano la famosa banca col binocolo. Vedono una vecchietta con un bastone in mano che entra in banca: si tratta di Lupin. "Vorrei aprire un deposito." dice la vecchietta. "Certamente!" risponde il direttore. Lupin tasta di nascosto il pavimento col bastone. Sarà profondo cinque metri, pensa.

    Alla sera, all'hangar dove si sono nascosti, Lupin, Jigen e Fujiko festeggiano la futura impresa. Ad un certo punto, sentono bussare alla porta: si tratta di Judy, la famosa ragazza del libro a New York. Fujiko dice indispettita: "Chi è quella?" "Una che Lupin ha conosciuto l'altro giorno a New York" le risponde Jigen "E il processo per molestie sessuali?" "Judy ha vinto, poi si è licenziata" spiega Lupin. "Mi telefona tutte le sere" replica Judy. Lupin si mette accanto a Judy, mentre Fujiko è accanto a Jigen. "Siamo due bellissime coppie, non trovate?" dice Lupin, e gli altri due non rispondono. "Allora lei sa del tuo piano?" chiede Jigen. "Avete già rubato i lingotti?" chiede Judy. "MA SEI IMPAZZITO? LE HAI DETTO ANCHE QUESTO?" sbraita Jigen. "Sento che posso fidarmi di lei" dice Lupin, con tono di scusa. "Fà come ti pare" replica lui, stizzito. "Hai messo su il broncio come un bambino. Perchè non facciamo partecipare anche Judy?" "Per me è lo stesso." dice Fujiko. "Allora è deciso" conclude Lupin, e inizia a scavare.

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    Big e Luck sono agli ordini di Rasputon, e ora contattano il monaco: "Siamo pronti, capo. Appena Lupin agirà, noi..." "Voi non dovete fare niente fino a che non vi avviserò. L'oro dello zar, che è nella banca, appartiene a Don Cartone ed ora sto andando da lui. Restate in attesa." "Ricevuto."

    Lupin e Jigen, con tanto di passamontagna, iniziano la recita: per prima cosa fanno la rapina alla banca famosa, mandando via tutti, tranne il direttore, Duke Brown. Poi si tolgono i passamontagna e il direttore li riconosce. "Siamo famosi." dice Lupin. Dopo averlo legato, Lupin scende nel seminterrato della banca. "Guarda guarda, la corona di Napoleone! La Jacqueline di Picasso! L'ORO DEGLI ZAR!" "Aspetti, quell'oro è di Don Cartone! E' il capomafia di New York!" protesta il direttore. "Davvero? Peccato, ormai è troppo tardi per tornare indietro" commenta Jigen. Jigen esce col passamontagna e col direttore come ostaggio, davanti agli uomini di polizia. Lancia in alto una bomba a mano e tutti scappano: nello stesso momento in cui esplode, Lupin fa scoppiare il soffitto sopra il bunker sotterraneo dell'oro. Il rumore così viene coperto e si apre un varco tra il bunker sotterraneo e il magazzino/hangar di Lupin.

    Fujiko e Judy salutano Lupin dall'alto del buco effettuato con lo scoppio e portano giù una macchina che carica i lingotti d'oro: Lupin li mette sulla macchina e Fujiko e Judy li caricano negli scatoloni, chiudendoli uno dopo l'altro, aspettando l'arrivo dei camionisti, che porteranno via tutte le casse. Una fila di camion entra nell'hangar per poi allontanarsi, ciascuno carico di casse piene di lingotti d'oro.

    Intanto, Rasputon parla con Don Cartone, che è vicino alla sua piscina: è terrorizzato. "Possono ammazzarmi, mi aiuti!" "Calmatevi, state tranquillo. Chiediamo al mondo spirituale di aiutarti." Rasputon si concentra profondamente, si lascia cadere in piscina e continua la sua sceneggiata: "Lei sarà privato di tutto. La banca. L'oro. Sì, l'oro. Quel malefico metallo le porta degli impulsi negativi! Una terribile maledizione! Ma stia tranquillo: se si libererà di quell'oro, non avrà più niente da temere!" "Sì, sì sì, eccellentissimo, me ne libererò!" "Ma sono tonnellate d'oro, padrino!" protestano tutti. "Zitti, o blasfemi! Voi non potete capire!"

    Rasputon si allontana in macchina e riprende la telefonata ai due killer scalcagnati: "Bene, Don Cartone non ci darà problemi, è sistemato. Potete rubare l'oro." "Ma Lupin l'ha già rubato!" obietta Lucky, esasperato. "Embè? E riprendeteglielo. Dov'è il problema?" Rasputon toglie il contatto e osserva Goemon, seduto in macchina accanto a lui. "Ah, Goemon, anche se non ti piace, ricorda che siamo soci. E ricorda anche che tu lavori per me!" Il samurai non risponde.

    Intanto, a casa di Don Cartone, Dombino, il nipote del boss, spara allo zio quando viene a sapere che lui ha lasciato tutto l'oro a Rasputon. Ordinaria amministrazione negli ambienti mafiosi. Ovviamente, Dombino rivuole indietro tutto l'oro.

    Intanto, Zenigata si dirige in elicottero verso la città di Sant'Antonio: il colpo in banca di Lupin sta facendo il giro dell'America. "Non capisco" borbotta Zenigata "Lupin non è il tipo da fare una banale rapina alla banca. C'è qualcosa che non quadra." "Non si preoccupi, ispettore" dice il pilota dell'elicottero "Conosco le sceriffo di Sant'Antonio, è un tipo tosto, un vero texano! Pensi che ha guardato "L'ultima Sfida" ben 35 volte!" "Ma se è un film del'51! E comunque io l'ho visto più di quaranta volte!""

    L'ultimo camion è pronto a partire e Fujiko e Judy salgono a bordo. Lupin le saluta dal basso, sotto il pavimento dell'hangar, da dove ha prelevato tutto l'oro della banca. "Vi aspetto a Monument Valley!" "Certo, Lupin!" e si allontanano. Lupin torna subito alla banca, dove Jigen lo aspetta. Montano in fretta i pezzi da assemblare che lui aveva portato: alla fine ottengono una go-kart. Con questo mezzo escono subito dalla banca, evitano la polizia in attesa e partono verso Monument Valley.

    Intanto, Fujiko dice ai camionisti di cambiare direzione: così, quando Lupin e Jigen arrivano lì, non trovano nessuno. C'è soltanto una telecamera che manda un filmato in cui Fujiko e Judy salutano Lupin e lo ringraziano per l'aiuto. Lupin osserva l'orologio: aveva messo una microspia nell'orecchino di Fujiko e partono all'inseguimento, incrociando Zenigata, che li inseguiva in bicicletta dopo che l'elicottero era precipitato. "Non sarebbe ora che tu ti liberassi di quella dannata Fujiko?" sbotta Jigen. Lupin non risponde.

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    In una casetta in mezzo al niente, vicino a Hanging Neck Hill, dove le casse sono state scaricate in enormi hangar, Fujiko dà i 300 dollari promessi ad ogni camionista, poi li saluta. Ad un certo punto, però, arrivano i due killer sbracalati, Big e Luck, che catturano Fujiko e Judy. Telefonano poi a Rasputon, nel suo castello da qualche parte in Siberia, dove lui sta mangiando a pranzo un'iguana viva. "Molto bene, ora arrivo a prelevare l'oro." Successivamente, arrivano Lupin e Jigen, che sconfiggono facilmente i due killer di serie Z: ma arriva il quadrimotore di Rasputon, un SuperConvoy SP18 "Imperatore della Tundra", roba grossa.

    L'aereo fa uscire delle catene con ganci che prelevano gli hangar con l'oro, che vengono incamerati all'interno dell'enorme velivolo. Inoltre, scarica su Lupin e tutti gli altri un mucchio di bombe. Big, uno dei due killer scalcagnati, ci resta secco. Inoltre, Zenigata, nell'inseguire Lupin, finisce dentro l'aereo e vola via con loro. Rasputon arriva di persona in macchina, insieme ad altre macchine, e fa sparare contro i due killer (uno, per la precisione, quello rimasto: Luck). Non ho ancora capito come, Luck il fortunato sopravvive a sventagliate di mitra lanciate da otto persone. :huh: :huh: :huh: :huh:

    Poi Rasputon manda Goemon ad uccidere Lupin e Jigen: il samurai dice loro di fingere di morire, poi spiegherà la situazione. I due stanno al gioco. Judy e Fujiko, intanto, erano già scappate via da tempo con un pò di oro nascosto in macchina. Ma Judy inganna Fujiko: estrae una pistola, la fa scendere dalla macchina e si allontana con l'oro.

    Successivamente, Judy raggiunge la Siberia, dove c'è il castello di Rasputon, e gli dà l'oro, chiedendo in cambio di diventare una sua allieva. Il monaco pazzo accetta. Intanto, Fujiko porta del cibo in un motel, dove Lupin e Jigen la aspettano: mangiano avidamente tutto. Sono anche riusciti a salvare Luck il miracolato. Goemon telefona a Lupin, dicendogli dove si trova la base di Rasputon: in un villaggio in Siberia, e gli dà le coordinate.

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    Fujiko obietta: "In SIBERIA? Non se parla: non abbiamo i soldi per il biglietto! E io non ci vado se non in prima classe!" Usano la carta di credito di Jigen, col quale possono partire a bordo di due vecchi bimotori.

    Intanto, nel castello di Rasputon, Goemon e Judy raggiungono un accordo: lei gli troverà la spada che Rasputon gli ha rubato: lui, in cambio, le farà avere l'oro dello zar. Intanto, il presidente della Russia Gorbaciov si confida con Rasputon, tanto per cambiare. Dopo l'incontro, Rasputon scopre Judy che stava trafficando. "Cercavi la spada di Goemon, vero?" dice il monaco "Ma io ti leggo nel pensiero. Tu non sei una ragazza qualunque, vero?" "Io sono la discendente dei Romanov. Sono la nipote di Anastasia! L'oro appartiene ai Romanov, quindi a me!" "E' vero. Ma i Romanov ascoltavano Rasputin, che era mio nonno. Quindi lavorerai per me!"

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    Ma, in quel momento, arriva Dombino, il nipote di Don Cartone, che rivuole indietro l'oro da Rasputon: infatti ha messo delle bombe nel castello del monaco. Quest'ultimo si rassegna e li porta al deposito dell'oro.

    Intanto Judy, non vista, riesce a trovare la spada di Goemon. Lupin, Jigen e Fujiko raggiungono il villaggio di Rasputon e trovano Goemon, che si è innamorato di Judy. Lupin viene a sapere dal samurai dov'è l'oro, e raggiunge il quadrimotore di Rasputon: gli fa prendere il volo poi lancia giù le catene coi ganci per riprendergli il prezioso metallo.

    Nel frattempo, Rasputon porta Dombino e gli altri all'oro, ma, con le sue capacità telepatiche, li uccide. Dombino, però, prima di morire, fa scoppiare tutte le bombe, facendo esplodere il castello di Rasputon. Intanto, Judy restituisce la spada a Goemon. Lucky, il killer, era andato con Lupin in Siberia per vendicarsi del monaco: ma Rasputon riesce ad uccidere anche lui (quindi cosa lo hanno tenuto vivo fin lì a fare? Boh).

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    L'aereo guidato da Lupin, con Zenigata, Jigen e Fujiko a bordo, ha raccolto tutto l'oro: ma con l'oro c'è anche Rasputon, raccolto insieme all'oro, dopo che lui aveva eliminato Dombino egli altri. Jigen non riesce a sparargli, perchè il monaco gli legge nel pensiero. Ma Lupin, che riesce ad essere senza pensieri, gli si avvicina fischiettando e gli spara.

    Rasputon, prima di morire, si fa bruciare con un apparecchio nascosto: l'aereo, con l'oro, brucia e tutti scappano via. Quando il fuoco si spegne, sono tutti davanti all'oro fuso. Ma Goemon si mette in mezzo: "Ho promesso a Judy di consegnarle l'oro in cambio della spada."
    Judy si avvicina a Lupin. "Ho bisogno dell'oro per salvare il popolo russo, Lupin. Io sono la nipote di Anastasia. Devo farlo, per il mio popolo!" "Va bene, allora prendo solo questo pezzo per le spese." "NOOOOOOOOOOOOOOOOO!" protesta Fujiko "Io lo volevo tutto! 500 tonnellate d'oro buttate ai pesci!" "Meno due chili, chérie, te ne posso dare metà." "Non ti voglio neanche rispondere." Lupin, Jigen e Fujiko si allontanano, salutati da Goemon e Judy, mentre Zenigata promette che lo arresterà.

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  8. .
    1987: LE MILLE E UN'ORA DI ASTERIX

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    TRAMA

    Il fachiro Kisarah, che è arrivato fin dall'India a bordo di un tappeto volante, chiede aiuto al villaggio di Asterix, perchè nel suo paese c'è la siccità e il bardo Assurancetourix, con il suo orrendo canto, può far provocare la pioggia. Inoltre, Rahasete, la figlia del ragià Kilosah, sarà decapitata per placare la collera degli dei, se entro mille e un'ora non tornerà a piovere: questo minaccia di fare il malvagio guru Kivalah, che ambisce al trono del ragià. Asterix, Obelix e Assurancetourix vanno in India a bordo del tappeto volante insieme a Kisarah, e, dopo un lunghissimo viaggio, alla fine arrivano. Però Assurancetourix perde la voce e deve essere curato. Il malvagio Kivalah, per sicurezza, fa rapire Assurancetourix e Asterix e Obelix lo cercano. Dopo averlo trovato, devono salvare la principessa Rahasete dal sacrificio: Assurancetourix recupera la voce, grazie alla pozione magica, e alla fine fa piovere. Il malvagio Kivalah scappa via su un tappeto volante insieme al suo miserabile servo Grazieakì. Fanno il banchetto finale, in India però, mentre al villaggio fanno il banchetto senza di loro (una cosa mai successa prima).

    COMMENTO

    Uderzo avrebbe voluto portare Asterix e Obelix in Cina, ma si rese conto che era un viaggio impossibile da affrontare per i due protagonisti nel 50 a.C. Però nel 2023 non si è badato a questo, col film con attori veri "Asterix e il regno di mezzo", in cui i due Galli vanno in Cina come se niente fosse. Per fargli percorrere una simile distanza incredibilmente lontana, Uderzo trovò la soluzione narrativa del tappeto volante: ma, a quel punto, la traversata asiatica che aveva in mente cambiò meta per forza, portando i Galli nell'India di Alì Babà e delle Mille e una notte, anzichè in Cina. Infatti, il titolo originale della storia, Asterix chez Rahàzade (letteralmente, “Asterix a casa di Rahàzade”) richiama appunto il nome della Principessa Sheherazade delle Mille e una notte. La traduzione italiana, "Le mille e un'ora di Asterix" fa riferimento al lunghissimo ed estenuante viaggio dalla Gallia all'India, che occupa la quasi totalità della storia, e al fatto che la principessa Rahasete (un richiamo a Sheherazade) venga salvata all'ultimo minuto dal sacrificio.

    ASSURANCETOURIX DETTO AAHCHEPUZZARANCIDIX

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    La tua puzza ti ha salvato dagli elefanti puzzoni! Per la prima volta entra in scena la PUZZA in Asterix! Non è una gran trovata... =_=


    Qui per la prima volta si vede Assurancetourix che, col suo orrendo canto, riesce persino a far piovere: un'idea di Uderzo, visto che, nell'era di Goscinny, il bardo non ha mai avuto questa "capacità". Questo potrebbe andare, dopotutto: spesso in questa storia Assurancetourix fa delle canzoni che fanno riferimento alla pioggia o all'acqua, tradotte in versioni italiane. Per esempio, "Scende la pioggia" di Gianni Morandi ("Scende la pioggia ma che fa / Crolla il mondo addosso a me"); "Ciao Ciao, bambina" di Domenico Modugno ("Piove, piove sul nostro amor", "cos'è che trema sul tuo visino, è pioggia o pianto, dimmi cos'è"); "Sotto la pioggia" di Antonello Venditti ("E piano piano volerà sulle nazioni e le città, sotto la pioggia"); "Onda su onda" di Paolo Conte ("Onda su onda, mi sono ambientato ormai, il naufragio mi ha dato la felicità"); "I'm singing in the rain" cantato da Gene Kelly in "Cantando sotto la pioggia". Insomma, qui ogni canto è un programma.

    Ma la scena di Assurancetourix che puzza da schifo perchè si è impregnato della puzza degli elefanti non si può vedere. Per non parlare del trattamento puzzolente al quale lo costringono i medici indiani: il bardo viene messo a macerare per tutta la notte in un bagno di latte di elefantessa mischiato con sterco di elefantino e pelo tritato di elefantone. Davvero una brutta caduta di stile: un personaggio di Asterix non può "puzzare", nè essere immerso una specie di "latte di cacca". :sick:

    RIFERIMENTI ALLE STORIE PASSATE

    Uderzo, in stile Marvel, inserisce anche numerosi riferimenti agli albi precedenti: l’avventura infatti inizia con Abraracourcix che ricorda l’incendio del villaggio avvenuto al termine de Il figlio di Asterix. Inoltre, nel corso del viaggio, Obelix ricorda con nostalgia l’albergo di Plexiglas visto in Asterix alle Olimpiadi e il cibo mangiato in Asterix e il giro di Gallia. Fino a questo momento, i riferimenti tra le diverse avventure autoconclusive della serie erano stati limitati: al massimo la rimpatriata di molti comprimari in Asterix in Corsica.

    I PAESAGGI DI UDERZO

    Essendo stato disegnatore e uno tra i più validi, Uderzo amava disegnare: e in questa occasione, in cui per quasi tutta la storia si vola su un tappeto volante, ne ha approfittato per mostrare paesaggi urbanistici in continuazione. La Roma imperiale, il porto di Tiro, la Grecia, eccetera: un mucchio di paesaggi da cartolina. Per non parlare del vezzo di disegnare animali che appaiono di rado in Asterix: tigri, elefanti (un branco intero), rinoceronti. Purtroppo, per quanto i disegni siano belli, si ha l'impressione di brodo allungato: un pò come il disegnatore che fa delle splash-page (vignette che riempiono tutta la pagina) per finire in fretta la storia e le pagine. Uderzo è stato sempre più disegnatore che narratore, e spesso approfittava delle ambientazioni per inserire i suoi lavori. Che erano ottimi, ma nello stesso tempo erano troppi: più adatti a un portfolio che ad un racconto. La lunghezza del viaggio era veramente spropositata, e avrebbe potuto continuare. Le storie di Uderzo andavano sempre avanti evento dopo evento, senza un senso narrativo completo e con un finale che troncava una storia che avrebbe potuto continuare all'infinito, con gag e avvenimenti vari. Erano narrazioni che mancavano di equilibrio. Ma il problema principale erano i personaggi.

    ISTERIX IL GALLICO

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    Infatti il personaggio di Asterix, come tutti gli altri, è stato stravolto da Uderzo, e, in questa storia, il suo stravolgimento è aumentato ancora di più. Spesso si mette ad urlare e il commento che fa qui sopra è comprensibile, visto il comportamento monocorde di Obelix (che mangia soltanto) e di Assurancetourix (che canta e basta). Capisco che ogni tanto i Galli perdano la pazienza...ma questo deve avvenire solo OGNI TANTO. Qui, invece, avviene spesso, e con Asterix si raggiungono dei livelli abnormi. Quando Assurancetourix non riesce a cantare, Asterix urla come un invasato, la sua faccia diventa tutta rossa, è paonazzo, picchia sul balcone, agita le braccia, agita le gambe, vuole strozzare, ammazzare, fare a pezzi Assurancetourix, vuole fare uno sproposito. E lo farebbe se Obelix non lo trattenesse. Qui siamo a livelli di pazzia furiosa, mica di momenti in cui si perde la pazienza. Asterix non si è mai comportato così, nè può comportarsi così. Da Asterix il Gallico, Uderzo lo ha trasformato in Isterix il Gallico.

    A
    Isterix il Gallico in tutto il suo fulgore. =_=



    OBELIX, DETTO OTRELIX IL PALLADILARDO

    Esattamente come il Cico palladilardo di Gianluigi Bonelli, anche Obelix è stato stravolto da Uderzo: da tipo semplice come era prima, è diventato una cloaca umana che pensa solo al cibo, sempre al cibo. Vuole portare una caterva di cinghiali sul tappeto, dice "Ho fame" innumerevoli volte con aria imbronciata, si ricorda di quando aveva mangiato quel bel piatto in Grecia, si chiede se Idefix ha trovato qualcosa da mangiare. Poi ha ancora fame, fame, fame. Roba da bulimici pazzi. Uderzo non ha capito nulla di Obelix: non è uno che pensa solo a mangiare, ha anche degli altri interessi, che qui però sono inesistenti. In pratica è un pozzo senza fondo.

    B
    Otrelix in azione. =_=


    Cosa volete come premio? Mangiare! Cosa volete in più? Mangiare! Io ho fame! E' un personaggio talmente monocorde su questo argomento da diventare praticamente un personaggio fallito: Uderzo lo usa in continuazione per fargli ripetere la stessa gag, che stufa già dopo la seconda o terza volta. Per le trovate umoristiche è necessario avere il senso della misura: non si deve trasformare un personaggio in un disco rotto che ripete sempre la stessa menata. Non è più un personaggio, diventa un'eco.

    C
    Ma perchè ve lo siete portato dietro?



    OBELIX, DETTO OBEDISCIX SE NO TI DO' UN PUGNOLIX

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    L'Obelix di Uderzo, oltre ad essere un pozzo senza fondo, è anche aggressivo, violento e cattivo. Minaccia Assurancetourix di violenza, urlandogli forte (tanto da diventare rosso) e agitando in aria un pugno, vietandogli di cantare. E, alle proteste di Assurancetourix (solo proteste, perchè a livello di forza non può certo competere con Obelix), lui risponde con aria beffarda cantando come lui. Il brano che canta è "Bello e impossibile" di Gianna Nannini: una musica che ha un tono beffardo, in cui, con un atto di prepotenza, non solo Obelix impedisce al bardo di cantare, ma canta lui al suo posto, canzonandolo proprio con un testo che sottolinea l'impossibilità di cantare di Assurancetourix. Insomma, qui Obelix è più cattivo, più malizioso: perde la sua semplicità. Ma non è tutto.

    OBELIX, DETTO OHCHERIDERIX

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    L'Obelix di Uderzo, oltre ad essere un mangione senza ritegno e un violento, è anche un cafone di prima grandezza, senza il minimo rispetto per l'altro. Assurancetourix è nudo, a parte un perizoma, ed è costretto ad immergersi nella porcheria che gli hanno prescritto i dottori da strapazzo del maragià. Obelix ha compassione di lui? Macchè, lo indica e ridacchia tra i baffi, sbeffeggiandolo. Uderzo ha trasformato Obelix in un personaggio antipatico.

    I SACRIFICI UMANI

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    "Aspetta ancora un momento, cara, vado a vedere il sacrificio umano delle 3 e mezza e poi ti raggiungo!"


    C'è anche un omaggio al malvagio visir Iznogoud, di Goscinny e Uderzo, che "vuole diventare Califfo al posto del Califfo": infatti il cattivo visir della storia, Kivalah, è il cugino di Iznogoud, e, come lui, vuole diventare Ragià al posto del Ragià. Col sacrificio della principessa, Uderzo fa capire che nel mondo pagano (indiano, in questo caso, ma anche i Galli, quelli veri, mica scherzavano: si veda Kandrax il druido) c'erano i sacrifici umani. Ed erano tutti esaltati, festeggiati, visti come una cosa giusta e normale. Tipo l'aborto di oggi.

    Edited by joe 7 - 19/10/2023, 23:00
  9. .
    "UTOPIA" DI S. TOMMASO MORO (THOMAS MORE): IL VERO SIGNIFICATO

    Utopia


    IL SIGNIFICATO DEL NOME

    Utopia è un neologismo inventato da Tommaso Moro, che significa "in nessun luogo", ma anche "ottimo luogo". Infatti, è composto da "U", la contrazione del greco "ou", cioè "non", e "topos", luogo: quindi "nessun luogo", cioè inesistente. Ma lo si può anche interpretare come composto da "eu", "bene", e "topos", luogo, quindi "ottimo luogo". E' probabile che Tommaso Moro intendesse entrambe le interpretazioni. Infatti, il libro "Utopia" parla di un'isola ideale, chiamata appunto Utopia, che non si trova in nessun luogo.

    DI COSA PARLA IL LIBRO

    Tommaso Moro scrisse in latino Utopia nel 1516, due anni dopo che Machiavelli aveva scritto la sua opera più celebre, Il principe, la cui morale è riassunta nella celebre espressione: "il fine giustifica i mezzi". Moro, invece, è l'anti Machiavelli per eccellenza: il fine non giustifica mai i mezzi sbagliati. Il libro è suddiviso in due parti: la prima contiene il dialogo tra Tommaso Moro e il personaggio di Raffaele Itlodeo, un grande viaggiatore, che descrive a tinte fosche l'Inghilterra dell'epoca. Nella seconda parte, Itlodeo (che è un alter ego di Tommaso Moro) descrive il rimedio al malgoverno: cioè la repubblica di Utopia, un'isola, considerata l'ambente ideale per vivere bene.

    Utopia è un capolavoro immortale e un vero e proprio paradigma in campo letterario, filosofico, politico. In questa opera, il grande santo e umanista dipinse un opposto idealizzato della sua società contemporanea, che invece sottopose a una satira sottile. La parola "Utopia" da allora entrò nel lessico comune col significato di sogno, progetto, immaginazione proiettata sul futuro.

    Eppure, Moro era tutt'altro che un sognatore o un uomo in fuga dalla realtà. Era un uomo estremamente concreto, abituato ad affrontare l'esistenza, sua e degli altri: le persone della sua famiglia, coloro i cui casi giudiziari gli erano affidati e che per lui erano sempre, prima di tutto persone, e non "casi".

    Infatti, Utopia è un mondo migliore non per le sue strutture politico-sociali, ma per le sue persone, che vivono con coerenza e fedeltà le virtù umane e naturali.

    A differenza di quanto hanno poi elaborato le ideologie della modernità, non è ponendo determinate strutture societarie che si migliora l'uomo, ma è esattamente il contrario: solo uomini più giusti, retti e virtuosi - in sostanza, uomini migliori - possono creare società migliori.

    L'INTERPRETAZIONE CORRENTE

    Utopia è vista oggi come una idea di struttura comunista-socialista (che invece non era l'intenzione di Tommaso Moro) e il libro divenne il prototipo moderno della letteratura utopistica (appunto) e visionaria. I comunisti, le persone di sinistra, i massoni e i visionari vari, che vogliono costruire il mondo perfetto secondo loro, vedono di Utopia soprattutto questi concetti, elaborati secondo la loro ideologia:
    - la solita abolizione della proprietà privata, perchè si pensa - stupidamente - che toglierebbe il motivo del furto, rendendo la società meno violenta. Ma il cuore umano resterebbe lo stesso, inclinato comunque alla rapina. Infatti il problema è nell'uomo, non nella società.
    - il solito uso dei beni concesso dallo stato totalitario solo in base ai bisogni di ciascuno. Distruggendo così la libera iniziativa, la libertà e la vita delle persone.
    - la solita abolizione del denaro, perchè le cose sono soppesate solo in base al loro valore d'uso e non per il loro valore di scambio. E in base a cosa? E come si farebbe a tenere tutti d'accordo? Con la violenza, immagino. Altra idiozia.
    - il solito relativismo religioso da due soldi, in cui ognuno può professare la religione che meglio crede, tanto sono tutte false. Basta comunque credere a un generico Dio che piaccia a tutti, che non dia fastidio a nessuno e che permetta ogni cosa. E questo "dio" è l'equivalente del diavolo.

    SPIEGHIAMO MEGLIO QUAL'E' IL VERO SENSO DI UTOPIA

    E qui viene fuori una domanda ovvia: perchè un santo come San Tommaso Moro ha fatto un libro come "Utopia", che sembra un manifesto rivoluzionario-comunista? E' quello che chiede Lord Henry a Padre Marcel nel libro "Il calzolaio di Finisterre". E la risposta del sacerdote è questa:

    "Utopia" non era per nulla un manifesto rivoluzionario, lord Henry. San Tommaso Moro non fu un precursore di Karl Marx. Non aveva intenzione, scrivendo quel libro, di proporre un modello da realizzare. Anche se si può pensare un'isola che abbia tutte le perfezioni in atto, quest'isola, poichè non è Dio, non ha di necessità l'esistenza come perfezione."

    Siccome Utopia non è Dio, non è perfetta. Ma gli uomini di Utopia tendono a Dio: è questa la sua perfezione. Continuiamo:

    "Quello della città perfetta è sempre stato un mito: pensa alla "Repubblica" di Platone. "Utopia" significa letteralmente "in nessun luogo". Tommaso Moro sapeva che una cosa simile non si può realizzare in un luogo, isola o città che sia, ma, allo stesso tempo, che, in qualche modo, si può realizzare in ogni luogo!"
    "Non capisco..." risponde Lord Henry.
    "Tommaso Moro non voleva capovolgere il mondo del suo tempo per edificarne uno nuovo di perfetta condivisione dei beni. La sua isola, Utopia, non voleva essere una soluzione finale...mai e poi mai lui, che era così amante del diritto, avrebbe soppresso la proprietà privata, anche se fosse stato in suo potere farlo! Il suo non fu un programma ideale da realizzare!"


    Quindi Tommaso Moro non ha fatto un manifesto comunista. Ma allora cosa ha fatto? Perchè lo ha scritto? Sentiamo:

    "Lui desiderò lasciare un modello edificante in un tempo di crisi, un invito a vivere un cristianesimo autentico. Gli utopiani sono un modello di uomini in marcia verso la verità e che vi aderiscono quando la trovano: sono l'esempio di uomini capaci di condivisione e che educano anche i giovani alla saggezza."

    Quindi la "proprietà privata abolita" è, piuttosto, la proprietà ben gestita dal proprietario, che ha il cuore buono, perchè cristiano. E tutti gli altri esempi citati prima nella visione di sinistra dipendono dal cuore della persona "utopistica". L'uso di beni è fatto da persone comuni, veramente cristiane, che li sanno valutare, perchè hanno il cuore buono. L'abolizione del denaro è piuttosto il suo buon uso dagli utopiani, o cristiani, che lo sanno usare, valutando di più la persona del denaro. Non c'è il relativismo religioso in Utopia, ma la consapevolezza della verità cristiana, conosciuta da tutti, che porta al rispetto di chi crede in modo diverso, sempre sperando che alla fine creda. Utopia dipende dal cuore di ciascuno, non da un'organizzazione statale. Poi Padre Marcel continua:

    "Tommaso Moro descrisse una società del buon senso e della lealtà, in cui è rispettata una gerarchia di valori: il ringraziamento al Creatore, l'amore alla virtù, alla famiglia, alla Patria. La pretesa del marxismo (o liberalismo, o massoneria, ecc., ndr), invece, è quella di cancellare il passato di un popolo, calando dall'alto il modello di una città perfetta, dove gli uomini funzionino come ingranaggi di un macchinario. Cancellando le tradizioni di un popolo, se ne cancella l'identità! Inghilterra, Spagna, Finisterre sono dei luoghi...solo dove c'è una tradizione, è possibile un cammino, una crescita. Quindi, caro lord Henry, se vuoi cercare un luogo dove realizzare Utopia, quello è il tuo cuore! Così è per il regno di Dio...esso non appare in modo che puoi dire "eccolo lì!" o "eccolo là!"

    Cioè: il Regno di Dio non è un'Utopia comunemente intesa come un Luogo Perfetto, una Città Perfetta visibile a tutti. Ma come uno stato del cuore.

    "Il Regno di Dio è in mezzo a noi, cioè è nel cuore di chi lo desidera. Ecco perchè la vera Utopia si può realizzare in ogni luogo, anche nelle circostanze più ingiuste e sporche del mondo, come una bella rosa in un campo di erbacce! Ricordati: l'egoismo non viene dalla proprietà o dal capitale, ma dalla dimenticanza di Dio!"

    Ges
    "Il Regno di Dio è in mezzo a voi!"


    In sostanza, Utopia è simile alla "Città di Dio" di Agostino, dove si parla dell'ideale cristiano. Ma Utopia resta comunque un libro facile da travisare e difficile da interpretare in modo corretto, come ha fatto invece Padre Marcel.

    UN CENNO SU SAN TOMMASO MORO, PATRONO DEI POLITICI

    Tommaso Moro (1478-1535) è il nome italiano con cui è ricordato Thomas More, avvocato, scrittore e uomo politico inglese. È ricordato soprattutto per il suo rifiuto alla rivendicazione di Enrico VIII di farsi capo supremo della Chiesa d'Inghilterra, una decisione che mise fine alla sua carriera politica, conducendolo alla pena capitale (la decapitazione) con l'accusa di tradimento. Nel 1935 è proclamato santo da Papa Pio XI. Nel 2000 San Tommaso Moro fu dichiarato patrono degli statisti e dei politici da Papa Giovanni Paolo II.

    Tommaso-Moro
    Tommaso Moro (vestito di nero, interpretato da Paul Scofield), e Re Enrico VIII (Robert Shaw). Dal film : "Un uomo per tutte le stagioni"


    BIBLIOGRAFIA

    "Il calzolaio di Finisterre", Maximiliano Cattaneo, ed. Fede e Cultura, p. 201-202;
    www.paologulisano.com
  10. .
    PARADISO CANTO 10 - QUARTO CIELO DEL SOLE - L'ORDINE DIVINO DEL CREATO (prima parte)

    Trinit
    Padre, Figlio e Spirito Santo: la Santissima Trinità, Dio Trino e Uno.


    DANTE CONTEMPLA L'ORDINE DEL CREATO, IMMAGINE DELLA TRINITA'

    Dante interrompe un attimo il racconto, rivolgendosi al lettore: infatti, da adesso in avanti, che si è raggiunto il Quarto Cielo del Sole, riservato agli Spiriti Sapienti, a Dante è stato spalancato praticamente l'intero Paradiso, in un modo tale che non avrà più tempo di dare spiegazioni al lettore. Tanto alta ora è la sua contemplazione, che avrà solo il tempo di descrivere ciò che vede, consapevole dell'impossibilità di spiegarlo chiaramente a chi è ancora sulla Terra.

    Per prima cosa, il poeta fiorentino osserva che Dio ha creato i Cieli con una tale perfezione, che non è possibile guardare questo spettacolo senza godere del suo valore. E' come osservare qualcosa di incredibilmente bello, tanto da farti ammutolire e restare a bocca aperta. Ecco le parole di Dante:

    Guardando nel suo Figlio con l’Amore (La prima e indicibile Potenza, cioè il Padre - citato nel terzo verso - guardando il Figlio con l'Amore, cioè lo Spirito Santo)
    che l’uno e l’altro etternalmente spira, (che spira eternamente da entrambi,)
    lo primo e ineffabile Valore (La prima e indicibile Potenza (il Padre): è il soggetto della frase, citato all'inizio di questa parafrasi per chiarezza)

    quanto per mente e per loco si gira (creò l'armonioso movimento dei Cieli)
    con tant’ordine fé, ch’esser non puote (in modo così perfetto, che non è possibile ammirarlo)
    sanza gustar di lui chi ciò rimira. (senza godere dell'immagine divina, cioè senza contemplare Lui)

    Da sempre la bellezza porta a Dio, che è appunto Bellezza. Tutto ciò che è bello fa capire all'uomo che c'è qualcosa di misterioso, armonico, immenso in tutto questo equilibrio che porta ad ammirare quella misteriosa cosa che si chiama bellezza: le opere di Fidia, Michelangelo, Bernini, tutto ciò che ci suscita meraviglia. Anche nella natura c'è la bellezza: l'armonia di un fiore, di un paesaggio, delle nuvole, il tramonto sul mare. Se la si osserva davvero, la bellezza, si capisce che non è di questa Terra, ma viene da Qualcosa di più alto. Da sempre la bellezza è immagine di Dio. Al contrario, la bruttezza (per esempio, i film horror, il vestirsi in modo orrido, il gusto necrofilo per le cose morte e altre tendenze del genere) viene da qualcosa di più basso, dagli inferi.

    Dante dice qui che Dio ("lo primo e ineffabile Valore"), guardando il Figlio con lo Spirito Santo ("l'Amore") che spira da entrambi, ha creato il movimento armonioso dei Cieli "quanto per mente e per loco si gira": ovvero grazie alle Intelligenze angeliche motrici. Dio, infatti, agisce attraverso gli Angeli, esecutori dei Suoi comandi.

    Inoltre, il verso di Dante "che l'uno e l'altro eternamente spira", parla chiaramente dello Spirito Santo, l'Amore, cioè la Terza Persona della SS. Trinità, che procede dal Padre e dal Figlio, come diciamo nel Credo. E' la condizione essenziale perchè ci sia la Trinità: la stessa sostanza in tre persone, quindi l'equivalenza del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Proprio per questo è errata, e non cristiana, la versione eretica della Chiesa Ortodossa, che dice che lo Spirito Santo procede dal Padre, ma non dal Figlio, negando così l'equivalenza completa a Dio del Figlio, e quindi negando in parte l'Incarnazione, cioè Dio che si è fatto uomo.

    LA SFERA CELESTE

    Dante invita il lettore a contemplare la grandezza divina nelle sue opere celesti: descrive, infatti, il punto in cui si intersecano l'Equatore celeste e l'Eclittica.

    Qui è necessario interrompere un momento la narrazione e spiegare quello che Dante voleva dire. E la complessità dell'argomento dà un'idea di cosa fosse davvero quel "Medioevo da ignoranti" di cui si parla oggi senza sapere nulla. Fate attenzione adesso e portate pazienza, perchè qui ci vuole un certo sforzo per capire bene.

    Gli astronomi, sia quelli del Medioevo che quelli moderni, per comodità, immaginano che tutto l'Universo sia una immensa sfera, detta Sfera Celeste, di cui la Terra occupa il centro. Indipendentemente dal fatto che la Terra sia davvero al centro dell'Universo o del Sistema Solare o no, deve comunque essere al centro della Sfera Celeste, per permettere così le misurazioni astronomiche, che hanno bisogno di un punto fermo: e la Terra è adatta ad esserlo.

    Sia gli astronomi medievali, che quelli moderni, sanno che l'Universo non è infinito, ma ha una fine, anche se non è possibile indicarla, tanto sono grandi le sue dimensioni. Da qui era nata l'idea di una Sfera Celeste.

    Ora, questa sfera ipotetica, la Sfera Celeste, è, per forza di cose, la proiezione della Terra stessa. Quindi, l'Equatore della Terra sarà sullo stesso piano dell'Equatore Celeste e l'Asse Terrestre è sulla stessa linea dell'Asse della Sfera Celeste (si veda il disegno qui sotto per chiarezza).

    Il piano dell'Equatore Celeste è tagliato trasversalmente dal piano dell'Eclittica, che è il circolo descritto dal Sole nel suo cammino annuale. Cammino apparente, lo sappiamo, perchè è la Terra che si muove, non il Sole: ma, per comodità di misurazione, si fa finta che il Sole si muova attorno alla Terra in questo schema.

    Nell'Eclittica, il Sole percorre tutte le dodici costellazioni zodiacali.

    L'Eclittica è chiamata così perché le eclissi avvengono quando la Luna, la Terra e il Sole si trovano appunto sullo stesso piano dell'Eclittica.

    L'Eclittica è inclinata di 23°, 30', cioè di 23 gradi e mezzo (quindi 30 sessantesimi di grado), rispetto all'Equatore, sia terrestre che Celeste.

    Sfera-celeste


    I punti in cui l'Eclittica, il percorso del Sole, incrocia il piano dell'Equatore Celeste sono detti Equinozi.

    In un Equinozio, su tutta la Terra la notte dura tanto quanto il giorno: 12 ore ciascuno. Infatti, "equinozio" in latino significa "notti uguali".

    Si hanno due Equinozi all'anno: l'Equinozio d'Autunno, il 23 Settembre, in cui finisce l'Estate e inizia l'Autunno. In quel momento, il Sole è nella costellazione della Bilancia. Poi si ha l'Equinozio di Primavera, il 21 Marzo, in cui finisce l'Inverno e inizia la Primavera. In quel momento, il Sole è nella costellazione dei Pesci.

    Dante, in questo momento della Divina Commedia, si trova nell'Equinozio di Primavera, quindi siamo al 21 Marzo.

    Solo per completezza, che in questa narrazione non è necessario raccontare, aggiungo il concetto dei Solstizi.

    Nel Solstizio, il Sole sembra raggiungere la sua posizione più alta - in questo caso, a Nord rispetto all'Equatore - o più bassa - in questo caso, a Sud rispetto all'Equatore. Quasi come se si fosse "fermato": e infatti "Solstizio" viene dal latino "sol", sole, e "sistere", fermarsi.

    Se il Sole raggiunge il suo punto più alto a Nord dell'Equatore, si ha il Solstizio d'Estate, che è il giorno più lungo dell'anno ed è il 21 Giugno: la fine della Primavera e l'inizio dell'Estate. Se il Sole, invece, raggiunge il suo punto più basso a Sud dell'Equatore, si ha il Solstizio d'Inverno, che è il giorno più corto dell'anno, ed è il 22 Dicembre: la fine dell'Autunno e l'inizio dell'Inverno.


    Ecco cosa dice Dante al riguardo:

    Leva dunque, lettore, a l’alte rote (Dunque, o lettore, alza lo sguardo con me alle sfere celesti,)
    meco la vista, dritto a quella parte (proprio verso quel punto)
    dove l’un moto e l’altro si percuote; (in cui i due movimenti opposti si intersecano (il punto equinoziale)

    Dante sta parlando qui di due moti opposti che si incontrano:
    - il primo, che è quello dell'Equatore (sia terrestre che celeste), che passa da est a ovest in un giorno (moto diurno), e
    - il secondo, che è quello dell'Eclittica, in cui il Sole passa da ovest a est in un anno, attraversando le Dodici Costellazioni dello Zodiaco.
    I due piani (Equatore Celeste ed Eclittica), come si è detto, si incrociano, formando un angolo di 23 gradi e mezzo, in due punti detti equinoziali, che corrispondono appunto alla posizione del Sole ai due equinozi, come descritto prima.

    In questo momento della Divina Commedia, il Sole si trova al punto dell'Equinozio di Primavera, il 21 Marzo, e Dante, nel verso che ho appena presentato prima, chiama il lettore ad osservare proprio quel punto dell'Equinozio.

    Dante poi continua, descrivendo la presenza di Dio Creatore in tutto questo:

    e lì comincia a vagheggiar ne l’arte (e (tu, lettore) comincia ad ammirare lì l'opera d'arte)
    di quel maestro che dentro a sé l’ama, (di quell'artefice (Dio) che la ama dentro di sé,)
    tanto che mai da lei l’occhio non parte. (al punto che non ne distoglie mai lo sguardo.)

    Vedi come da indi si dirama (Vedi come da lì diverge)
    l’oblico cerchio che i pianeti porta, (lo Zodiaco che porta con sé i pianeti,)
    per sodisfare al mondo che li chiama. (per soddisfare le esigenze della Terra che li invoca (per le influenze e per il ciclo stagionale)

    L' "oblico cerchio", cioè "cerchio obliquo" è lo Zodiaco, descritto nell'Eclittica. Questo è l'unico caso in cui si usa questo termine, "oblico/obliquo": è un neologismo dantesco.

    Il cerchio dello Zodiaco e il cerchio dell'Eclittica si identificano. E l'inclinazione dell'Eclittica/Cerchio zodiacale rispetto all'Equatore Celeste è responsabile del ciclo delle stagioni, rendendo quindi possibile la vita sulla Terra.

    Infatti, se il Sole passasse in modo esattamente perpendicolare attorno alla Terra, non ci sarebbero più le stagioni.

    C'è anche l'ipotesi che il Diluvio abbia provocato uno spostamento dell'asse terrestre, creando così le stagioni, che prima non c'erano.


    E, se l'angolo tra il piano dell'Equatore Celeste e l'Eclittica fosse diverso, l'ordine della Terra verrebbe alterato. Dante spiega così questo fatto:

    Che se la strada lor non fosse torta, (Infatti, se la sua traiettoria (quella dell'Eclittica) non fosse obliqua rispetto all'Equatore celeste,)
    molta virtù nel ciel sarebbe in vano, (molti influssi astrali sarebbero inutili)
    e quasi ogne potenza qua giù morta; (e qui, sulla Terra, ogni potenzialità della natura resterebbe inattiva;)

    e se dal dritto più o men lontano (e se la divergenza (cioè l'angolo tra l'Equatore Celeste e l'Eclittica) fosse maggiore o minore,)
    fosse ‘l partire, assai sarebbe manco (l'ordine del mondo sarebbe assai manchevole)
    e giù e sù de l’ordine mondano. (in entrambi gli emisferi.)

    Con questi complessi paragoni astronomici, Dante vuole dire semplicemente che c'è ordine nell'Universo. Un ordine voluto da Dio e controllato in ogni dettaglio. Dante conclude, dicendo direttamente al lettore di riflettere per conto suo da ora in poi su ciò che leggerà, perchè, dice il poeta, parafrasando: "ho troppe cose da dire da adesso in avanti, che non avrò più tempo di dare delle spiegazioni: tanto è alto quello che sto per affrontare".

    Tra l'altro, l'insistenza di Dante in questo Canto sulla posizione del Sole è dovuta proprio al fatto che Dante, ora, è entrato appunto nel Cielo del Sole.

    COMMENTO

    Il Canto descrive l'ascesa al Cielo del Sole di Dante e Beatrice, che lasciano alle spalle i primi tre Cieli (Luna, Mercurio e Venere), in cui i beati avevano subìto un influsso dai rispettivi astri, ed entrano in quello che è stato definito il Paradiso vero e proprio, cui corrisponde un innalzamento della materia. Questo viene sottolineato da Dante mediante l'elevatezza dello stile e l'appello del poeta al lettore, che è invitato a "cibarsi" da solo, in quanto l'attenzione del poeta ora è tutta concentrata sui suoi versi, con un'apostrofe analoga a quella del Canto 9 del Purgatorio, in cui Dante stava per varcare la porta del Purgatorio, presidiata dall'angelo.

    L'inizio di questo Canto è una solenne descrizione del grandioso spettacolo del Creato, opera ineffabile di Dio, che il lettore è invitato a contemplare in tutta la sua perfezione. La perifrasi astronomica, che indica il punto equinoziale dove si trova il Sole, dà modo al poeta di spiegare la funzione dell'inclinazione dello Zodiaco, responsabile del ciclo stagionale, e quindi dell'ordinato procedere del mondo.

    L'intero Universo è una macchina meravigliosa, in cui ogni ingranaggio funziona in modo perfetto, incluso "il ministro maggior de la natura" (il Sole), che imprime il suo benefico influsso sulla Terra e la illumina, fungendo anche da unità di misura del tempo umano.

    Questo accenno alla misurazione del tempo tornerà alla fine del Canto, con la descrizione dell'orologio che tintinna e richiama i frati del monastero alla celebrazione del Mattutino, quindi all'inizio della giornata, riprendendo l'immagine iniziale del cosmo come una perfetta costruzione in cui nulla è lasciato al caso: su tutto domina la volontà di Dio, supremo architetto che ha reso possibile tutto questo.

    BIBLIOGRAFIA
    https://divinacommedia.weebly.com/paradiso-canto-x.html
  11. .
    GOLDORAK: IL FUMETTO FRANCESE DI GOLDRAKE - QUINTA E ULTIMA PARTE (attenzione spoiler!)

    CAPITOLO 9: METAMORPHOSE

    TRAMA

    Dopo il discorso di Rigel, Actarus decide di incontrare i Veghiani e cercare di fare la pace con loro. Diventa Duke Fleed e parte da solo con Goldrake, senza dire niente a nessuno. I veghiani vedono che Goldrake viene verso di loro senza armi e sono perplessi. "Vengo in pace. Dobbiamo parlare" dice Duke Fleed. Non gli credono e vogliono ammazzarlo, ma una veghiana, Argaia, sorella di Kehos e figlia del comandante Yros di Archen, dice che suo figlio Kasior ha 9 anni e vorrebbe un futuro di pace per lui. Kehos le dice che rischia la Corte Marziale per dire questo, ma il padre dei due, Yros di Archen, che è il Comandante, gli dice di non ascoltare il suo odio: ordina quindi che Duke Fleed sia ricevuto. Quando lo vede, gli dice: "Il sanguinario, Il demone di Fleed, Il distruttore di Vega: questi sono i modi con cui ti chiamano. Spero che ti piacciano." "Ho commesso troppi crimini mio malgrado, generale" risponde Duke Fleed. "Ti propongo di venire sulla Terra in pace. Ti proteggerò con Goldrake." "Dammi la prova che i terrestri saranno d'accordo con te." Yros gli consegna un fiore, detto Luxirocia: quando un giorno Actarus lo pianterà, vuol dire che i terrestri sono favorevoli all'iniziativa di Duke Fleed. Si stringono la mano, poi Duke Fleed parte.

    10-parliamodipace-blabla
    "Dobbiamo appianare le nostre divergenze, raggiungere un accordo col dialogo, rispettare le nostre diversità, accogliere gli immigrati, fare un civile confronto dialettico." "Duke Fleed, sei diventato noioso e peggio di un politicante scafato. Ti preferivo quando combattevamo, era più chiaro e onesto."


    Al ritorno, Maria, quando viene a sapere la novità, gli dice: "Tu sei tutto scemo! Ci hanno distrutto il Pianeta Fleed! Hanno anche ammazzato anche Naida, la donna della tua vita! E tu li vuoi proteggere?" Venusia, invece, è favorevole: "Potremmo dare loro la terra della Betulla Bianca: ora è disabitata." Alcor solleva il problema di quanto possa costare una cosa simile: pensa di vendere la sua azienda per trovare i soldi necessari. Procton cerca di convincere il generale Ota, che però non è d'accordo sull'idea. Actarus insiste: "Dobbiamo farlo, per la pace nel mondo." Ota, allora, gli propone di consegnargli Goldrake. Se lo fa, darà via libera ai veghiani. Actarus è perplesso, ma alla fine accetta. Successivamente, Actarus pianta il fiore che gli hanno dato i veghiani. Alcor si chiede come fanno i veghiani ad accorgersi del fatto che lui abbia piantato un fiore. Venusia replica ad Alcor: "Io non capisco come mai tu sei disposto a vendere tutta la tua azienda." "Boh, mi annoiavo." "Hai detto il vero quando hai detto che mi amavi?" "No, era solo detto nella foga del momento." "Sei geloso di Actarus." "No, è il mio fratello maggiore, lo ammiro, però è sempre quello che fa meglio di me." "Non sei obbligato a fare il primo della classe." "Per te lui lo sarà sempre." "Anche se lui era più grande, io lo vedevo come un fratellino da circondare con affetto...ci ho messo molto tempo a considerarlo un fratello maggiore come te." "Ah sì? E non hai mai pensato a qualcos'altro su di me, Venusia?" "Ehm, non so di cosa parli."

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    Venusia: "Actarus? Ma quale Actarus, io amo te!" Alcor: "E Maria? E Sayaka? E la sospensione dell'incredulità, che qui si è suicidata?"


    Però Kehos, il figlio del comandante supremo veghiano, ammazza il padre, Yros di Archen, a tradimento, dando la colpa a Duke Fleed: infatti odia Actarus fino al punto da arrivare a queste azioni. "Se ci arrendiamo ai terrestri, loro ci ammazzeranno" dice Kehos ai veghiani "Quindi useremo il Vegatron (lasernium in francese) che ci rimane sull'Hydragon e ammazzeremo Goldrake e Duke Fleed. Poi ci riprendiamo il Vegatron sulla Terra." Ma un bambino veghiano, Kasior, il figlio di Argaia, la sorella di Kehos, ha visto tutto di nascosto: sa che suo zio Kehos ha ammazzato il comandante Yros.

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    Argaia, col figlio Kasior, riconosce il fratello Kehos come nuovo comandante di Vega. Questi veghiani sono rappresentati come degli alieni qualunque.



    COMMENTO

    E' veramente tremendo come Actarus sia visto qui come un criminale e i veghiani come delle vittime, cambiando completamente la narrazione e la sua stessa morale. Per esempio, il comandante delle forze di Vega, Yros di Archen, si mette ad accusare Duke Fleed in questo modo: "Il sanguinario, il demone di Fleed, il distruttore di Vega" Questi sono i modi con cui ti chiamano. Spero che ti piacciano" Questa frase è stata detta dalla stessa persona che ha ri-attaccato Fleed e ha aggredito Tokyo ammazzando diverse persone e provocando devastazioni varie. Come dire: "Ma senti da che pulpito viene la predica". Ciononostante, si mette a fare delle lezioni di morale. =_= E' veramente disgustoso vederlo fare la vittima. E lo è anche vedere i Veghiani che fanno le vittime: "Il demone di Fleed" lo chiamano, senza mai tenere conto del fatto che il pianeta Fleed l'avevano attaccato loro, quindi hanno cominciato loro. Actarus ha fatto solo l'imperdonabile peccato di resistere contro la loro invasione e il loro sterminio. E poi: "il distruttore di Vega". E' stato Vega ad attaccare la Terra e a provocare la difesa di Goldrake. Posso dirvi che queste autogiustificazioni da parte di delinquenti veri e propri mi fa parecchio schifo e ribrezzo? Il colpevole che fa l'innocente e la vittima: davvero, non c'è niente al mondo di più disgustoso di questo. Però è una cosa che i colpevoli reali fanno spesso. E' raro vederne qualcuno che ammetta la sua colpa.

    Inoltre, Maria dice chiaramente che Naida era "la donna della vita di Duke Fleed". Cioè, stai parlando della tizia che l'ha fracassato di bastonate, l'ha ridotto ad un'ameba e poi si è suicidata fregandosene delle sue suppliche? Ci sarebbe parecchio da dire su di lei, ma ne abbiamo già parlato. "Donna della vita di Duke Fleed" un corno. Inoltre, se io avessi una "donna della mia vita" che si comporta così, andrei a vivere in un'isola deserta infestata dagli orsi, piuttosto che stare ancora un secondo insieme a quella pazza. Sul serio. Starei meglio lì. =_=

    Il dialogo "tra i fiori" tra Alcor e Venusia è come minimo disturbante. Alcor dice che è sempre stato geloso di Actarus (bell'amico), mentre invece nella serie classica l'ha sempre visto come un amico: la gelosia c'era solo nei primi due episodi, per poi lasciare spazio a una vera e profonda amicizia. Quindi questo è un Alcor come se lo immagina Dorison, ma non è quello vero. Come pure Venusia: come cavolo fa ad immaginare Actarus come un fratello maggiore? O addirittura come un fratellino da trattare con affetto all'inizio della serie classica? Ma quando mai? Qui Dorison sbarella completamente, mostrando di non aver capito niente, nè dei personaggi, nè della storia, nè della sua logica interna. L'originale Venusia è sempre stata innamorata di Actarus e questo amore è sempre stato ricambiato. Cambiare questo significa snaturare i personaggi. In tutta questa analisi avrò detto almeno trenta volte la parola "snaturare"...e con ragione. =_=

    CAPITOLO 10: NESSUNA PACE, NESSUN COMPROMESSO

    TRAMA

    Ad un certo punto, il Fujiama erutta. I militari aspettano l'arrivo dei veghiani, che atterrano in pace. Il generale Ota, come da accordi, riceve da Actarus il suo casco e Goldrake.

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    "Avete fatto una buona scelta a dare Goldrake a noi militari cattivi!" "Lo spero, generale." C'è qualcuno che ci crede a una scena così inverosimile?


    I veghiani però, all'improvviso, attaccano a sorpresa, guidati da Kehos, che guida il mostro Hydragon, insieme alla sorella Argaia e al figlio di lei, Kasior. Il mostro è vicino al Fuji eruttato, per estrarre il Vegatron. Actarus parte a bordo di Goldrake: il robot sale sul Goldrake 2. Duke Fleed dice ad Alcor di lasciar cadere Goldrake: vuole portare con lui il mostro nella lava e così suicidarsi. Alcor, all'inizio, non vuole farlo, ma Actarus lo convince, dicendogli di pensare a Venusia. Goldrake, cadendo, trascina nella lava il mostro con sè, ma, alla fine, il ragazzo veghiano Kasior dice la verità circa la morte del comandante Yros di Archen, accusando Kasior davanti ad Argaia. Lo sentono anche Actarus e tutti gli altri veghiani via radio. Argaia manda suo figlio Kasior, attraverso una capsula, a Goldrake, poi, con la testa del mostro, che è al suo comando, distrugge l'altra testa del mostro, che è guidata dal fratello malvagio Kehos. Il mostro esplode e Goldrake, in mezzo alla lava, è in difficoltà nel risalire. Ma Maria (dopo aver bevuto un pò al bar da sola, e dopo aver sentito la notizia dalla TV), salva Actarus con la Trivella Spaziale. "Brutto idiota, meno male che io sono un tipo sentimentale!" dice lei. Alcor, intanto, atterra male col Goldrake 2, ma arriva Venusia, che lo salva a bordo di una moto, e gli dice che lo ama. Però Kehos, nonostante il tentativo della sorella Argaia di ucciderlo, sopravvive e torna alla base volante. Vuole fare un attacco kamikaze con tutti i veghiani, per distruggere Goldrake e il Giappone. Ma gli altri soldati veghiani, che avevano capito che aveva ucciso lui il comandante Yros di Archen, che era anche suo padre, si ribellano: si tolgono i cappucci e lo ammazzano. Poi si suicidano tutti: se no, l'attacco, che non può essere fermato, provocherebbe la fine sia del Giappone che dell'unico veghiano sopravvissuto, il ragazzo Kasior. Actarus ringrazia Maria per averla salvata, ma lei gli dice che l'ha fatto solo perchè era suo fratello. "Tutti i veghiani meritano la morte" dice lei. "Anche lui?" le chiede Actarus, indicando il giovane Kasior. Il ragazzo non può parlare perchè è sotto shock.

    COMMENTO

    Come direbbe Darth Vader, il richiamo all'immigrazione è forte in questa storia. Infatti, il luogo dove accogliere i veghiani somiglia ad un campo profughi. Dorison la butta anche in politica quindi, tirando fuori anche la faccenda dell'immigrazione, usando Goldrake per sostenere la sua tesi. L'argomento è sempre "l'accoglienza indiscriminata a chiunque". Anche a chi ti ha appena distrutto la capitale di Tokyo e ha minacciato di far mandare via tutti i giapponesi dal Giappone entro una settimana. Qui cadiamo veramente nel ridicolo e nell'inverosimile, pur di sostenere la tesi sinistrorsa di Dorison.

    Actarus, perchè lo faccia cadere nella lava con Goldrake, ricorda ad Alcor di "Venusia che lui ama". E' incredibile sia la noncuranza di Actarus verso Venusia e viceversa, come pure quella tra Alcor e Maria. Altro stravolgimento. Gli autori non hanno capito niente di Goldrake.

    Maria che si mette a bere al bar mentre suo fratello va a combattere è una comica. A questo punto crediamo anche all'asino che vola.

    E' allucinante il fatto che tutti i Veghiani alla fine si facciano il suicidio di massa. Come pure il fatto che l'unico sopravvissuto veghiano sia un dolce puttino con gli occhioni alla Candy Candy. Questa storia sembra una presa in giro di Goldrake: e in parte lo è, ma è soprattutto una visione di parte di un autore che non ha voluto minimamente prendere in considerazione la storia originale.

    CONCLUSIONE: UN BAMBINO

    TRAMA

    E' finita: l'esercito e il Governo lasciano stare Goldrake e gli altri. L'astronave di Vega, che era atterrata senza fare danni ed era senza più veghiani sopravvissuti, diventerà un Santuario della Pace. Al ranch si festeggia: Kasior, il piccolo veghiano, è con Actarus e Maria. Nasce il figlio di Venusia e Alcor. Duke Fleed si è messo una giacchetta anni '90.

    COMMENTO FINALE

    Non c'è molto da dire: tutta questa storia è un delirio. Dorison usa i personaggi di Goldrake, cambiando loro sia la personalità che le relazioni, capovolgendo anche la logica della storia. Goldrake, da oppresso, diventa oppressore e i veghiani, da oppressori, diventano oppressi. Inoltre, inserisce la storia in un contesto realistico che la appesantisce ancora di più: Mette anche dei messaggi politici di sinistra (ma è come dire messaggi politically correct: ormai non si ammettono altri modi di pensare):

    - l'immigrazione: accettazione indiscriminata verso tutti (i veghiani, in questo caso)
    - l'accettazione del diverso (i veghiani, of course): non conta che il diverso sia cattivo o meno. Il fatto stesso che sia "diverso" lo qualifica automaticamente - e stupidamente - come "buono". Tutte balle: per esempio, chi la pensa in modo diverso dal politically correct non viene accettato. E già questo smaschera l'inganno del "rispetto del diverso".
    - l'eroe è in realtà un delinquente e il delinquente è in realtà un eroe: il capovolgimento dei concetti di bene e male.
    - basta un pò di dialogo (Rigel che dà l'acqua agli americani, Actarus che va a parlare coi veghiani) e non ci saranno più guerre, nè terremoti, nè inondazioni, nè malattie, nè morte. Il dialogo come toccasana universale e salvatore supremo dell'umanità. E' un'assurdità, ma si continua sempre a pensarlo.

    La serie originale di Goldrake, invece, parlava di valori positivi: il coraggio, l'amore, il sacrificio, l'altruismo, la difficoltà della situazione in cui ci si trova, la guerra e le sue atrocità, la speranza, la quotidianità, la comprensione. Soprattutto la speranza. Il Goldrake di Dorison ha poca speranza: i personaggi hanno tutti un aspetto rassegnato, invecchiato, cinico, triste, arrabbiato, cupo. Gli stessi colori sono cupi, totalmente diversi da quelli luminosi del Goldrake vero. La psicologia dei personaggi, oltre ad essere stata alterata, è piuttosto monocorde. Actarus è anonimo, come pure lo sono tutti gli altri: parlano per stereotipi, non dicono mai qualcosa di vero. Inoltre, si accusano a vicenda: c'è poco amore tra di loro. Sono vecchi, rassegnati, arrabbiati. Sembra di leggere un fumetto comunista stile "Cani sciolti" della Bonelli: non hanno nulla a che vedere con Goldrake. Il voto finale è zero.

    (Fine)
  12. .
    22 – LEONORA E' GRAVE
    "La neve cade dalla finestra" (titolo originale giapponese)

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    TRAMA

    Judy torna all'auditorio senza sapere cosa fare. Proprio adesso, che tra poco Leonora sarà chiamata a recitare la sua poesia, come farà lei a dirle che suo padre non verrà? Torna al suo posto, e le sue amiche Julia e Sallie la guardano preoccupate. "Che è successo?" "Gli hai telefonato?" "Al padre di Leonora? Sì, ha detto che non può venire." Poi Judy si guarda intorno. Leonora non si trova. "Ehi, dov'è andata Leonora?" "Cosa? Era qui un momento fa..." In quel momento, il professor Melnore chiama Leonora. "Miss Leonora Fenton. Ehm...Leonora Fenton? Può salire sul palco?" Judy si decide: "Vado a cercarla!" Judy cerca di sgattaiolare fuori dall'auditorium, mentre Melnore continua.
    "Ehm...allora miss Judy Abbott. Judy Abbott? Miss Abbott, cosa sta facendo?" Vistosi scoperta, Judy si alza. "Ehm...mi scusi, ma mi sono ricordata di una cosa molto importante, dovrei uscire..." "Una cosa importante? Ma qui siamo in classe!" "Lo so, mi scusi." Judy esce. "Che ragazza sfacciata!" sbotta Melnore.

    Judy si mette la giacca pesante: fuori nevica. "Leonora, dove sei? Leonora!" Judy continua a cercare, fino a che vede Leonora a terra in mezzo alla neve: ha camminato senza coprirsi per tutto un lungo tratto sotto la neve, poi non ce l'ha più fatta. "Leonora!" La ragazza non risponde: Judy la copre con la sua giacca e se la porta in spalla fino all'infermeria.

    Laggiù, la dottoressa e le infermiere la esaminano preoccupate. Un'infermiera esce e torna in continuazione dalla sala. Judy, preoccupata, le chiede: "Andrà tutto bene?" "La dottoressa la sta esaminando, adesso non può entrare." Arrivano Julia e Sallie, che dice: "Judy, ho saputo adesso...come sta?" "Non lo so. E' colpa mia! Se non avessi parlato al padre di Leonora della recita delle poesie..." "Smettila, piangere non serve" dice Julia "non fare questi discorsi!" Un'infermiera esce e le chiedono di Leonora. "Ha ancora febbre, se non scende non so..." Le tre ragazze non sanno che fare.

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    "Devo chiamare ancora il padre di Leonora! Deve sentirmi, deve sapere cosa sta succedendo!" esclama Judy, correndo al dormitorio dove si trova la segreteria della direttrice Sloan, che contiene un telefono. Julia e Sallie la seguono. In un primo tempo, pensano che la signora Sloan (miss Throne in Italia) sia andata a dormire - è quasi notte - ma la direttrice compare in quel momento. E' piuttosto restia a concedere l'uso del telefono, perchè crede che sia per il ragazzo di qualcuna. Ma quando le dicono di Leonora, passa subito loro il telefono. "Pronto? Signor Fenton, pronto? Come sarebbe a dire che la linea è occupata?" esclama Judy.

    "Fammi provare" dice Julia, prendendole il telefono "Sentite, qui è un'emergenza...uh? Maledizione, è caduta la linea!" Judy non vuole mollare: "Andremo da lui di persona!" Sallie replica, sorpresa: "Ma se è a Filadelfia, qui siamo a New York!" (si tratta di 150 km) "Andremo in macchina, lasciate fare a me!" esclama Julia, afferrando la cornetta e facendo un numero "Pronto? Sì, sono Julia Pendleton, è il Dipartimento di Trasporto? Ascoltatemi bene..."

    Sallie intanto va a prendere l'indirizzo del padre di Leonora, mentre Judy va a vedere come sta la ragazza. Julia conclude la telefonata:
    "Non vi preoccupate, parlerò io con mio padre. E' imperativo che veniate, è in gioco la vita di un'amica! Non mi interessa se avete tutto prenotato per un party, deve esserci qualcuno!" Julia riattacca. "Niente da fare. Ma com'è possibile che non ne azzecchiamo neanche una? E adesso Leonora chi la aiuta?"

    Judy, Julia e Sallie vedono Leonora: delira e continua a chiamare suo padre. "Ha bisogno di essere operata" dice la dottoressa. "Ma perchè non è stato fatto prima?" chiede Judy. "Voleva venire in questo collegio prima dell'operazione un'ultima volta: per fare l'operazione deve essere trasferita in un altro ospedale." Stanno tutte e tre accanto a Leonora, quando arriva la signora Sloan (Throne), che le tranquillizza:
    "Sentite, la dottoressa mi ha detto che non è più in condizioni critiche. Ho fatto mandare un telegramma al padre di Leonora, vedrete che verrà. Venite a mangiare qualcosa, è quasi ora di cena." Julia e Sallie accettano, ma Judy vorrebbe restare con Leonora, e resta accanto a lei tutta la notte, mentre l'ammalata ogni tanto piange o delira.

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    A Judy vengono in mente i momenti in cui aveva giocato a pallacanestro prima di crollare, e le vengono le lacrime agli occhi. Si addormenta anche lei fino al mattino, quando all'improvviso arriva il padre di Leonora. "Leonora, come stai?" Judy è sorpresa, però gli rimprovera il fatto di non essere venuto. "Lei non sa quanto Leonora la aspettasse!" "Sì, mi spiace, ma..." "Il lavoro, gli imprevisti, lo so"

    Leonora si riprende e si rivolge a Judy: "Non biasimare mio padre, Judy, la colpa è mia. Ti ho solo causato problemi" "No, Leonora, non è così..." dice lui. "Ho deciso, non farò l'operazione. Non voglio più essere un peso" "Ma che stai dicendo?" Anche Judy non crede alle sue orecchie. "Ne ho abbastanza, sarebbe stato meglio se io non esistessi più. Avrei dovuto morire come la mamma..." Il padre le dà una sberla. "Ma che stai dicendo? Dici di non voler essere un peso, ma con queste parole mi fai solo soffrire!" "Non voglio niente, lasciatemi sola! Ti ostacolo il tuo lavoro al cantiere navale, no? Non voglio che tu ti preoccupi più per me!"

    Judy non ce la fa più ed esplode. "MA LEONORA! Tu hai un padre con cui puoi parlare, che si prende cura di te, non puoi trattarlo in questo modo! Io un padre non ce l'ho, e tu ti lamenti perchè ce l'hai? Io lo vorrei un padre, ma non posso averlo! Renditi conto della fortuna che hai, e che io non ho, e mai avrò! Non metterti a fare i capricci!" Leonora e il padre la guardano sorpresi. "Ehm, scusate, ho un pò esagerato..." Leonora e il padre si guardano e si abbracciano.

    Pochi giorni dopo, Leonora, che si è ripresa, può recitare la sua poesia in classe davanti a suo padre, come voleva. Tutte le studentesse la applaudono e lei è imbarazzata: si rivolge al professor Melnore. "Devo proprio recitarla qui?" "Certo. Coraggio!" Leonora inizia:

    "La gentilezza solitaria riecheggia nel profondo mare nebbioso.
    Insegue una piccola nave che vaga nel vasto oceano.
    Posso sentire la tua voce, anche se non riesco più a vedere.
    So che sei qui, anche se non posso vederti.
    Posso sentire la tua gentilezza vicino a me,
    anche se armeggio alla cieca,
    cercando le tue mani.
    Non perderò la mia strada,
    nemmeno attraverso le onde impetuose,
    nè attraverso il profondo oceano infinito e nebbioso.
    Posso affrontare queste cose senza paura.
    Urla solitarie intrise di coraggio
    e amore senza pari.
    Andrò avanti senza esitazione.
    Continua a sperare, non importa quale sia la situazione,
    anche se non puoi vedere la luce:
    finché posso sentire la tua voce,
    non perderò mai la mia strada."


    Gli applausi sono fragorosi e Leonora abbraccia il padre, che è commosso.

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    Judy conclude la giornata raccontando nella sua lettera settimanale a Papà Gambalunga:

    "Caro Papà Gambalunga,

    Leonora ha lasciato l'ospedale del collegio riprendendosi completamente. Ora andrà in un altro ospedale, in Florida, dove le faranno l'operazione che la guarirà definitivamente dalla malattia al cuore. Sì, finalmente ha deciso. Prima di partire, lei e suo padre si sono fermati a salutarci: io, Julia e Sallie. Eravamo tristi e liete nello stesso tempo. Leonora mi aveva ringraziato per tutto, ma io le ho detto che non ho fatto nulla. Mi ha anche detto che, quando sarà guarita, studierà di più e diventerà un'autrice, forse una poetessa. Le ho detto che ce la farà sicuramente. "Fà del tuo meglio, Judy, io non mi arrenderò", mi ha detto, e le ho risposto: "Certo. Ti manderò tutto quello che scrivo. Criticami ancora, per favore!" "Certo, ricorda però che sono solo osservazioni, pensieri...non critiche!" Sì, Leonora mi ha insegnato tante cose, come per esempio che la vera gentilezza è cercare di comprendersi l'un l'altro. E così, Leonora è partita in macchina con suo papà, salutandoci dal finestrino. Noi l'abbiamo salutata, poi è saltata su Julia che mi ha messo in imbarazzo: voleva leggere la mia poesia, e lei e Sallie sono corse nel mio studio per leggere la poesia che avrei dovuto leggere quel giorno della recitazione. Non potevo dire loro che non avevo scritto niente...e poi Leonora nella sua poesia ha detto tutto quello che io volevo dire. Spero in futuro di poter scrivere qualcosa di meraviglioso come ha fatto lei.

    Con affetto,

    Judy."

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    (Continua)

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  13. .
    21 – BELLEZZA E TRISTEZZA
    "Bellezza e tristezza" (titolo originale giapponese)

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    TRAMA

    Leonora è a letto, nell'infermeria del collegio e sta dormendo. Judy è accanto a lei, mentre la dottoressa ha finito di esaminarla, dicendo: "Non doveva sforzarsi così!" "Dottoressa, è grave?" Chiede Judy, in pensiero per lei. "Non c'è da preoccuparsi. Può tornare al dormitorio, però dovrà riposare qui per almeno due giorni. Lei è Judy Abbott, la compagna di camera di Leonora, giusto?" "Certo." "Lei era la sua compagna di camera e non sapeva nulla della sua malattia?" "Malattia? Leonora non ci ha detto niente. Cos'ha?" "E' malata di cuore. Per questo è stata assente per un anno alla scuola." "Malata di cuore? Io non..." "Bè, non è grave, la sua malattia non peggiorerà adesso. Comunque, assicuratevi che non faccia degli sforzi. E' stata una pazzia mettersi a giocare a pallacanestro in quelle condizioni." "Sì."

    Arrivano Sallie e Julia, preoccupate: hanno saputo la notizia. "Judy, come sta Leonora?" "Calmatevi: sta dormendo adesso. La dottoressa mi ha detto che è malata di cuore." "Eh?" Entra un'infermiera e dice alla dottoressa: "Abbiamo chiamato il padre di Miss Fenton, ma sembra che non ci sia al momento, Gli ho lasciato un messaggio." "Capisco. Sarebbe meglio se lui fosse al suo fianco in un momento come questo, ma..." "Scusi" la interrompe Judy "e sua madre?" "E' morta tempo fa, purtroppo." "Vorrei stare con Leonora fino a che non viene suo padre. Posso farlo?" "Va bene, la ringrazio." La dottoressa e le infermiere si allontanano, e restano soltanto Judy, Sallie e Julia, davanti al capezzale di Leonora.

    "Ma perchè non ci ha detto niente della sua malattia?" si chiede Sallie. "Forse non voleva far preoccupare nessuno. Non voleva che provassimo dispiacere per lei." spiega Judy.

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    Judy sta al capezzale di Leonora per tutto il giorno, fino a che si addormenta anche lei sulla sedia. Leonora si riprende e vede Judy addormentata. "Dove sono? Judy!" "Leonora! Ti sei svegliata!" "Ti ho causato dei problemi, scusa. La dottoressa ti ha detto della mia malattia al cuore?" Judy è un pò imbarazzata e non sa cosa rispondere. Leonora capisce. "Mi dispiace...è stato sbagliato dirmelo?" chiede Judy. "No. Mi dispiace di farvi preoccupare." Tossisce un pò. "Aspetta, chiamo la dottoressa." "Non devi farlo, Judy. Sto bene. Mi passi dell'acqua, per favore?" "La caraffa è vuota...aspetta un momento, vado a riempirla."

    Dopo aver riempito la caraffa, Judy sta per tornare nella camera di Leonora, quando sente la voce della dottoressa, che sta telefonando al padre di Leonora. "Sì, esatto, mister Fenton, non è in condizioni critiche al momento. Però sarebbe bene che suo padre...sì...sì...capisco. Lo farò sapere alla signorina." Appende la cornetta, pensierosa. "Dottoressa, era il padre di Leonora?" chiede Judy. "Sì. Mi ha detto che non può venire oggi." "Cosa? Come può dire questo?" "La terremo d'occhio. Miss Judy, lei dovrebbe tornare al dormitorio, non può restare all'ospedale per tutto questo tempo..." "Ma suo padre è tutta la famiglia che ha!" insiste Judy.

    Quando torna da Leonora, la trova in piedi, che guarda la finestra. Versa l'acqua della caraffa in un bicchiere e lo passa a Leonora, che beve. "Grazie mille per l'acqua" Leonora tossisce ancora. "Stai bene? Dovresti restare a letto, ti stai sforzando troppo. Non potrai mostrare una faccia felice a tuo padre, così". Leonora è sorpresa. "Mio padre sta venendo qui?" "Mi dispiace. Ha detto che non può venire oggi." "Non hai niente da scusarti. Non possiamo farci niente. Mio padre è molto occupato per il suo lavoro. Gestisce un cantiere navale a Filadelfia. Non l'ho mai visto di persona questo cantiere, ma mi ha detto che sta costruendo un grande piroscafo che potrà attraversare l'Oceano Atlantico."

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    "Perbacco!" "Dopo la guerra di Cuba1, lui aveva avuto in commissione tante navi da costruire; ma adesso sembra che gli affari non stiano andando troppo bene. E mio padre viaggia sempre tra New York e Filadelfia." "Però sono sicura che tuo padre verrà domani." "Sì. Grazie per essermi stata vicina oggi. Dovresti tornare al dormitorio adesso, però." "Sì. Ma potrei restare qui con te ancora un pò?" Leonora è sorpresa, ma è felice di stare ancora con Judy.

    Il giorno dopo, vengono a trovarla, insieme a Judy, anche Sallie e Julia. "Sono felice che siate venute a trovarmi." Julia, un pò imbarazzata per tutto quello che aveva detto prima contro di lei, le risponde: "Tu avresti fatto lo stesso per noi. Dopotutto, siamo compagne di camera, no?" Sallie osserva un bouquet di fiori molto sgargiante sopra il comodino: ieri non c'era. "E' eccezionale quel bouquet, chi te l'ha mandato? Tuo padre?" "Sì. Mio padre sa quali fiori mi piacciono." "Hai un padre gentile." "Mi ha scritto che non può venire a trovarmi per il suo lavoro e gli dispiace. E' una lettera breve, ma l'ho letta tante volte." Judy è pensierosa. Vorrebbe fare qualcosa.

    Al cantiere di Filadelfia, il padre di Leonora riceve una telefonata. "Signor Fenton, ha una telefonata da parte di una certa miss Abbott."
    "Abbott? Judy Abbott? E' la compagna di camera di Leonora, passamela. Oh, sei tu! Ho saputo che ti sei presa cura di mia figlia, ti ringrazio molto. Sì, si, grazie per la tua preoccupazione: avrei preferito venire da voi a trovarla, invece di mandarle solo una lettera e dei fiori, ma sono occupato col lavoro. No, no, purtroppo sono occupato anche adesso. Come? Leggerete dei poemi a scuola?" "Sì, signor Fenton. Prima delle vacanze di Natale, è una tradizione del collegio. So che lei è occupato, ma per favore venga a trovarla." "Sì, capisco. Mi organizzerò in tempo. Grazie. Arrivederci."

    Leonora sta leggendo per l'ennesima volta la lettera di suo padre, quando arriva Judy. "Oh, Judy. E la scuola?" "Oggi pomeriggio non c'è lezione. Tuo padre è proprio come l'hai descritto; è davvero occupato. Gli ho parlato per telefono. E' sempre al cantiere navale." Leonora è sorpresa. "Hai parlato con mio padre?" "Bè, gli ho detto della tua lettura di poesie che farai prima di Natale e lui ha detto che sarebbe venuto a vederti." "Papà verrà..."

    Judy le recita la sua poesia: "Sii attiva. Danza. Continua a correre. Salta. Il tuo corpo sarà in una foresta verde. Sarai libera..." "Oh, smettila! Mi metti in imbarazzo!" "Ma tu sei davvero forte. Leonora, cosa c'è di eccessivamente dolce e sentimentale in questa tua poesia? Avevi detto così." "Ecco...perchè era un sogno che avevo. Quando ero stata assente per un anno, ero rimasta nel letto di un ospedale per tutto il tempo. La finestra quadrata era l'unico legame che avevo col mondo esterno. Pensavo solo al fatto di poter giocare ancora, di fare ancora dello sport. Avevo scritto quel poema dopo che mi ero ammalata, perchè non potevo più giocare a pallacanestro. Mi ero arresa alla mia malattia. Mi ricordavo del tempo in cui stavo bene per sfuggire alla mia solitudine." "Solitudine? Ma se hai tuo padre!" "Penso di sì. Mio padre." "Mi dispiace. Eri sempre sola alla finestra, vero?"

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    "Mio padre era occupato per il suo lavoro anche allora. Mi piace quella parte della tua poesia." "Eh?" Leonora lo cita: "Il campus diviso dai filari di alberi, i palazzi ben oltre, le piccole case, la chiesa. La neve copre tutto senza pregiudizio. Fino a che cammino sopra questa neve bianca mi sento di andare dovunque" Judy è sbalordita. "Hai memorizzato le mie poesie?"

    Leonora sta un attimo in silenzio, poi replica: "Judy. Tu non hai i tuoi genitori, vero?" Judy sobbalza: Leonora ha capito tutto solo leggendo le sue poesie! "Forse tu non hai..." Judy capisce la domanda e annuisce senza che Leonora continui: voleva dire che forse Judy non ha nessuno, nè genitori nè parenti: quindi è orfana, e Leonora l'aveva intuito. "Dovevo immaginare che saresti riuscita a capirlo. A causa del fatto che sono orfana, ho dovuto appoggiarmi solo su me stessa. Quindi le mie poesie sono incentrate solo su di me e sul mio problema. Ora capisco cosa volevi dire."

    All'improvviso, arriva un'infermiera: "Miss Fenton, c'è una telefonata da vostro padre!" "Da papà?" Judy accompagna Leonora al telefono, e lei risponde a suo padre: "Sì, il dottore ha detto che posso tornare al dormitorio già stasera. Sì, sto bene adesso. Mi spiace di averti fatto preoccupare...Come? Davvero? Verrai davvero, nonostante i tuoi impegni? Va bene, farò del mio meglio! Ciao, papà!" Si rivolge a Judy: "Hai sentito, Judy? Papà verrà a sentire le mie poesie!" "Te lo dicevo, Leonora!" Le due si abbracciano.

    Leonora ora ritorna al dormitorio, vestita normalmente e felice: apre una finestra e Sallie la saluta. "Adesso non dormi più all'infermeria."
    "Sì, preferisco dormire nel mio letto. Mi sento rinata." Judy ha dei problemi coi capelli, perchè non riesce a pettinarli e Leonora le consiglia di portarle un asciugamano, lavato con acqua calda e poi strizzato. Mentre Judy va a prenderlo, Leonora nota che Julia si è messa un vestito Chanel, e lei ne è sorpresa. "E' vero, è Chanel. Ma non mi piace molto questo colore..." "Non ne hai un altro?" "Sì, aspetta, te lo faccio vedere!" Judy arriva con l'asciugamano bagnato e strizzato: Leonora lo piega e lo mette sulla testa di Judy. "Lascialo lì per un pò e vedrai" Arriva Julia mostrando il vestito Chanel rosso. "E' molto bello, così intonato." "Grazie, è stoffa di Parigi. E' bello conoscere qualcuno che si intende di vestiti e colori!" dice Julia, dando un'occhiata allusiva a Judy.

    Vanno tutti a fare colazione: Judy alla sera scrive a Papà Gambalunga. "Caro Papà Gambalunga, Leonora ora sta meglio e Julia, Sallie e io chiacchieriamo spesso con lei, andiamo anche a fare la spesa insieme, ci siamo anche fatte una foto che ti mando qui: io sono quella con gli occhi chiusi: la foto era venuta così, ma il mio aspetto non è del migliori, in genere sono meglio. Ormai lei è diventata la mia compagna di classe più grande. Ci stiamo preparando per la recita delle poesie di fine anno prima di Natale: Leonora compone la poesia con rapidità, è entusiasta perchè sa che verrà suo padre a vederla. Io sono un pò in difficoltà, invece, con la poesia sono un pò invidiosa."

    Inizia la recita delle poesie, e Leonora è un pò preoccupata, perchè suo padre non è ancora arrivato. Judy, per sicurezza, svicola fuori e va a telefonare al padre di Leonora: ma lui le dice che non può venire, perchè è successo un incidente in cantiere, coi pompieri che stanno spegnendo i fuochi: non può allontanarsi. Judy è allarmata: come potrà dirlo a Leonora?

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    NOTA:

    Dal tratto, sembra che il sakkan di questo episodio non sia stato Shuichi Seki.

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    1 Guerra di Cuba (1898): è detta anche guerra Ispano-Americana. A quei tempi, Cuba era spagnola, e gli Stati Uniti erano interessati all'isola. Inoltre, i rapporti tra gli Stati Uniti e la Spagna erano tesi per altri motivi. La distruzione della corazzata americana Maine, provocata dagli spagnoli, fu il fattore scatenante che provocò la guerra tra gli Stati Uniti e la Spagna: il conflitto si concluse con l'indipendenza cubana, anche se controllata dagli Stati Uniti. E' forte il sospetto che gli americani stessi avessero fatto affondare apposta il Maine, con tutti i morti, per creare apposta un casus belli. La storia di Judy è ambientata circa nel 1912, quindi 14 anni dopo il conflitto.
  14. .
    20 – UNA NUOVA COMPAGNA
    "Una compagna di classe più anziana" (titolo originale giapponese)

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    TRAMA

    Judy, Julia e Sallie si stanno preparando in fretta per andare a lezione. Mentre scendono lungo le scale del dormitorio, sentono Miss Throne, la responsabile, che sta litigando con due uomini di fatica: "No significa no! Non lo permetterò!" "Ma...signora...noi dovremmo portare dentro questi mobili, abbiamo avuto il permesso dalla scuola..." "Sì, ho saputo dell'arrivo di una nuova ragazza nel dormitorio, ma non si possono portare dentro i propri effetti personali! I mobili delle studentesse devono essere tutti quelli forniti dalla scuola, e solo quelli!"

    Judy e le altre, incuriosite, si allontanano e, uscendo dal dormitorio, vedono molti mobili nuovi che dovrebbero essere portati dentro: si tratta di roba ricca e raffinata. "Caspita, quel letto è stato fatto in Francia!" dice Julia, che è sempre la più aggiornata alla moda. "Quindi sta arrivando qui una nuova studentessa..." osserva Judy. "E di buona famiglia, a quanto pare" aggiunge Sallie.

    Quando Judy e le altre arrivano in classe, si accorgono che tutte le ragazze parlano della nuova studentessa che sta arrivando. "Sembra che sia stata assente per un anno." spiega una di loro "quindi ha un anno più di noi. E' di famiglia ricca." Anche Julia è di famiglia ricca, ed è seccata nel vedere che sta arrivando una possibile rivale. Quindi la trova già antipatica. "Suo padre deve aver installato una compagnia petrolifera nel Texas, o qualcosa del genere. Posso dirlo nel vedere il suo gusto nella mobilia" dice lei, seccata. Judy è incuriosita: "Ma perchè questa ragazza è stata assente per un anno?" "Non lo sappiamo" dicono le altre.

    Arriva il professore di letteratura Melnore, che, battendo le mani, richiama la classe al silenzio. "Silenzio, prego, signorine, tornate ai vostri banchi. Buongiorno a tutte. Prima di cominciare la lezione, vorrei presentarvi la vostra nuova compagna di classe. Si chiama Leonora Fenton. Ha un anno più di voi, ma, per motivi personali, ha dovuto saltare un anno di scuola. Vorrei che tutte voi andaste d'accordo con lei." Si presenta una ragazza dai capelli biondi e lunghi, di lineamenti delicati e dal tono gentile. Con un lieve inchino, si presenta: "Mi chiamo Leonora Fenton. Sono lieta di conoscervi." "E' una persona gentile" osserva Judy sottovoce. Ma Julia, stizzita, replica: "Hmph! Ovviamente è la reginetta coccolata di una famiglia ricca e non certo nobile. Quel vestito che porta è fuori moda!"

    Leonora va a sedersi al suo banco, mentre Melnore continua la presentazione alla nuova arrivata: "Signorine, dovete considerarvi molto fortunate per averla ancora qui a scuola: perchè miss Fenton è una studentessa modello, le cui poesie sono state pubblicate sul nostro giornale scolastico. Non solo, con le sue capacità ha anche influenzato alcune studentesse che si sono poi laureate. Judy, anche tu devi impegnarti!" "Sì, professore." Leonora osserva Judy incuriosita. "Lei è Judy?" "Si, mi chiamo Judy Abbott. Lieta di conoscerla, miss Fenton." Il professor Melnore conclude: "Leggeremo alcuni poemi di miss Fenton alla festa natalizia."

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    Successivamente, dopo la lezione, Judy, Julia e Sallie trovano Leonora che sta leggendo un libro di poesie su una panchina. La salutano: "Miss Leonora." La ragazza abbassa il libro. "Potete chiamarmi solo Leonora: noi siamo compagne di classe, dopotutto, no?" Poi si rivolge a Judy: "Tu sei Judy Abbott, la ragazza che ha scritto quei poemi sul giornale scolastico, vero? Avevi scritto "Dalla nostra torre", giusto? Era fatto bene." Judy risponde, imbarazzata: "Ah, l'hai letto? Er, grazie, ma non era niente di speciale...era il primo poema che avevo scritto. Grazie, sono contenta che ti sia piaciuto." Leonora, però, replica, in tono più serio: "Mi era piaciuto, sì. Ma quella poesia era troppo sentimentale. Se continui così, non potrai migliorare."

    Judy è sorpresa. "Sentimentale?" "Io non so cosa senti tu, nel tuo cuore" continua Leonora "ma mi sembra che tu rimugini troppo sulla tua solitudine." "Cosa? Io rimugino troppo..." "Sì. Tu descrivi bene i tuoi sentimenti, ma non ci sono...temi universali nelle tue descrizioni. Ti sforzi troppo di essere capita dagli altri, e ti trasformi in un'eroina un pò superficiale. Ecco perchè non hai forza e non c'è profondità nelle tue descrizioni." Judy appare sempre più contrariata. "Io...un'eroina superficiale?" Julia salta su a difenderla (e anche un pò ad aggredire Leonora): "Oh, la poesia di Judy era splendida. Anche se non so che razza di poesie hai scritto tu!" "Io avevo scritto le stesse poesie di Judy all'inizio. Erano troppo focalizzate su me stessa e troppo sentimentali. Non erano buone, non mi avevano soddisfatto" Judy è offesa: "Così stai dicendo che anche i miei poemi non sono buoni, quindi. Grazie per le tue critiche." "Non erano critiche, erano analisi: il tuo lavoro è buono, Judy, ma puoi fare di meglio." Julia replica, beffarda: "Se sei una critica così brava, dev'essere divertente leggere i tuoi poemi in classe." "Non lo so, ma lo spero. Judy e io non dovremmo scappare dalla realtà nelle nostre poesie e penso che dovremmo scrivere onestamente." Judy capisce che Leonora è riuscita a guardarla dentro ed è un pò spaventata. "Io non sto scappando via da niente!" "Sì, invece."

    Sallie cerca di intervenire, prima che l'ambiente si scaldi troppo. "Ehm...dovremmo andare, la sala mensa ora sarà piena." Le ragazze si allontanano da Leonora e vanno a mangiare in sala mensa. Julia è sempre più seccata da Leonora, e nel vedere che anche Judy se l'è presa per via delle critiche alle sue poesie, cerca di tirarla dalla sua parte. "Non so se è più anziana di noi o altro, ma è una cosa spregevole commentare in questo modo. Giusto, Judy? Perchè non scrivi un poema così splendido da poter battere quella snob nel suo stesso campo?" Judy è pensierosa, perchè ripensa alle parole di Leonora. C'è del vero in quello che ha detto. Però... "Judy?" "Eh? Oh, no, Julia. Anche se tu dici che il mio lavoro è splendido, non è questo il punto..." "Andrà tutto bene. Puoi batterla!" "No, Julia, non è questione di vincere o di perdere..." "Ma non ti senti offesa dopo che ti ha detto tutte quelle cose?" "Bè, sì, ma non penso che le mie poesie siano così grandi..." "Non è vero! Fai del tuo meglio! Il tuo avversario è soltanto una ragazzina di famiglia ricca! Non ha cervello!" Le altre ragazze della mensa si voltano e Julia capisce di aver alzato un pò troppo la voce. Dopo un silenzio imbarazzato, lei si alza e si allontana, dicendo: "Detesto le persone che si vantano del loro status di famiglia. Scusatemi." "Ehm, senti chi parla!" sussurra una delle ragazze, senza farsi sentire.

    Judy e Sallie finiscono il pranzo in silenzio, perchè non sanno cosa dire. Poi tornano al dormitorio, dove sentono la voce di Julia: entrano e trovano nel loro salotto i mobili di Leonora. "Ma chi le ha detto che poteva portare tutte queste cose nella nostra stanza?" protesta Julia.

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    Compare all'improvviso un uomo elegante, che le saluta: "Scusatemi, ho avuto il permesso da Miss Sloan, la direttrice del dormitorio. Sono George Fenton, il padre di Leonora." Stringe la mano a tutte, tranne a Julia, perchè la ragazza si rifiuta di farlo. "Ehm...comunque, questa avrebbe dovuto essere la stanza di Leonora, ma immagino che sia stata una cosa troppo improvvisa. Spero di poter mettere tutto a posto." Judy prende coraggio a chiede al padre di Leonora: "Mi scusi, signor Fenton, ma perchè sua figlia è stata assente per un anno?" Lui resta un attimo in imbarazzo, poi risponde: "Bè, avrei dovuto dirvelo prima, per essere onesti. Lei..."

    All'improvviso, entra Leonora, arrabbiata. "Papà, smettila di fare così!" "Leonora, stai bene?" "Non ti avevo detto che non ho bisogno di tutto questo?" "Ma...perchè ti sei vestita così? Ti avevo preso dei vestiti nuovi, non devi metterti dei vestiti così vecchi." "Basta!" Poi si rivolge a Judy e alle altre due: "Dovete essere rimaste scioccate, scusatemi. Non c'erano altre stanze, così siamo diventate compagne di camera. Papà, io voglio usare il tavolo e il letto che hanno tutti, quindi porta via queste cose!" "Ma te le ho portate qui sin dalla Florida per te." "Sbrigati!"

    Il padre si rassegna e acconsente alla richiesta della figlia. Leonora si allontana, dicendo di fare due passi. Julia non ne è impressionata. "Sapevo che era un tipo così. Una figlia egoista di genitori ricchi." Judy è pensierosa. Cosa stava per dirle il padre di Leonora?

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    Mentre la nuova ragazza osserva una partita di pallacanestro giocata dalle studentesse, Judy viene a sapere da qualcuna che Leonora era stata famosa come giocatrice di pallacanestro. E allora perchè non gioca? si chiede lei. Sempre più strano. Poi, a Judy viene in mente un'idea: e se leggesse le poesie di Leonora per capirla meglio? Il professor Melnore aveva detto che erano state pubblicate sul giornale scolastico. Basterebbe andare un attimo in biblioteca...

    "Judy, dove vai? La classe pomeridiana è qui." le fa notare Julia. "Ecco...arrivo tra poco. Aspettatemi." Judy raggiunge la biblioteca, chiedendo dive si trovano gli scritti di Leonora Fenton. "Allora era questo che volevi sapere" nota Julia, dietro di lei: anche Sallie l'aveva seguita. "Eh? Ma cosa fate qui?" "Diamo un'occhiata anche noi a quello che ha scritto quella lì." Cercano, e Sallie dice che Leonora aveva scritto anche un romanzo. Judy fa leggere loro una poesia scritta da Leonora:

    Sii attiva, danza, continua a correre, salta!
    In quell'istante, il tuo corpo sarà in una foresta vergine,
    sarai libera,
    mentre i tuoi muscoli tesi si muovono dolcemente,
    il respiro caldo corre attraverso il tuo corpo,
    diventa un fiume,
    e darà acqua alle foreste vergini.
    Sii attiva, danza, continua a correre, salta!
    Salta sulla terra, e quando tu voli attraverso il cielo,
    tutto il tuo corpo sarà connesso con le antiche foreste.
    Non strappare le foglie,
    non fermarti mai.
    Sii attiva, danza, continua a correre, salta!


    "Non capisco di cosa parli" osserva Julia. "Questo è ad un livello molto più alto del mio" commenta Judy. "E' molto brava" dice Sallie. Ma Julia la rimbecca: "Sallie, ma da che parte stai?" "Questa poesia non è certo dolce nè sentimentale" riflette Judy. Alla sera, scrive la sua lettera a Papà Gambalunga:

    "Caro Papà Gambalunga, Leonora aveva criticato la mia poesia e me l'ero presa. Non pensavo che questo mi avrebbe agitata tanto. Ma, quando ho letto la poesia di Leonora, mi sono resa conto che ero stata superba. La poesia di Leonora era meravigliosa. Io non posso competere. Penso a lei come una meravigliosa studentessa più grande di me e non come una rivale. Eppure, a volte lei sembra fredda e distante..."

    Ad un certo punto, Judy sente delle voci in sala: si tratta di Sallie e Julia che giocano a carte. Julia parla a voce alta, mentre Leonora le osserva: in questo modo, Julia fa sentire Leonora come un'intrusa. Judy esce dalla camera e vede la scena. Leonora saluta Judy, poi si ritira nella sua camera. "Cos'è questo atteggiamento?" sbotta Julia "Se ha un problema, dovrebbe dirlo. Non ne posso più! Ne parlerò con la direttrice del dormitorio, e, se non funziona, ne parlerò con mio padre e andrò in un'altra camera da sola!"

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    E' sera e Leonora guarda alla finestra aperta, nel corridoio. All'improvviso, la porta della camera si apre e compare Sallie. "Ma cosa fai lì, Leonora? Prenderai freddo se resti in corridoio!" "Oh, Sallie. Scusa, non intendevo disturbare. Come sta Judy? Forse oggi ho detto delle cose cattive sule sue poesie." "Bè, sì, era un pò alterata. Ma, dopo che ha letto la tua poesia in biblioteca, ha cambiato atteggiamento." Leonora è un pò sorpresa e sorride. "Non doveva leggere la mia poesia. Non volevo dire delle cose brutte sulla sua poesia, la stavo solo commentando, da poetessa a poetessa. Glielo dirai tu questo? Se glielo dicessi io, lei penserebbe che dico delle bugie. Vorrei fare presto amicizia con tutte voi." "Ma Leonora, io...noi, insomma, siamo tutte tue amiche." Lei abbraccia Sallie: "Grazie, sei una persona gentile. Vai dentro, se no lo prendi tu un raffreddore." Chiude la finestra e aggiunge: "Sarò qui solo per poco, quindi torniamo nella nostra stanza." "Sì." Come sarebbe a dire "per poco"? pensa Sallie, perplessa. Poi va nella camera di Judy e bussa alla porta: la vede scrivere una poesia e dice divertita: "Tu sei come Leonora." "Io? Ma figurati." "No, sei proprio come lei, stavi scrivendo una poesia. Leonora era preoccupata per te. Ha detto che poteva aver detto delle cose cattive sulla tua poesia. Ma lei ha detto che ti aveva criticato come compagna poeta." "Compagna poeta?"

    Il giorno, dopo, Leonora è ancora seduta davanti al campo di pallacanestro, dove giocano le studentesse. Judy le si avvicina. "Mi spiace, ho detto delle cose in modo insensibile" si scusa Leonora. Judy le si siede accanto. "No, avevi detto la verità. E' solo che non ero stata mai criticata così prima" "So come ti senti. Una volta ero stata severamente criticata dal professor Melnore e allora avevo marinato la scuola per una settimana." "Per una settimana?!" "Ma lui aveva ragione. Mi ci era voluta una settimana per capirlo bene. Dopo, le mie poesie erano state pubblicate sul giornale della scuola. Se avessi avuto una compagna poeta con cui scambiarmi le critiche, forse avrei fatto di meglio." "Non pensavo che avresti fatto una cosa del genere...vuoi che diventiamo amiche?" "Certo." Si stringono la mano.

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    "Non è facile scrivere una poesia. Ci ho provato ieri" confessa Judy. "Anche per me. Quando penso di aver trovato qualche idea per una poesia, mi accorgo che l'avevo già letta prima da qualche parte. Ci sono dei momenti che penso che non ci sia più niente di nuovo da scrivere" "Oh, anche una persona col tuo talento la pensa così?" "Talento? Io non ho talento. Ho soltanto il desiderio di scrivere, è un'altra cosa." "Hai ragione, ci sono dei momenti che mi piace scrivere, e altri momenti no."

    "E' proprio per questo che non posso perdere tempo" "Perdere tempo?" Leonora sta in silenzio. Arriva una palla e lei la raccoglie. Si alza e inizia a giocare a pallacanestro con le altre. Gioca molto bene, ma all'improvviso cade a terra e perde sangue. Judy le corre subito incontro, la tira su e capisce che ha qualcosa di grave. "Leonora, cos'hai? Chiamate la dottoressa, presto!"

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    COMMENTO

    Leonora Fenton è appena accennata nel romanzo originale di "Papà Gambalunga". E' chiaro che è un'appassionata di poesie. Infatti, il libro che sta leggendo seduta in panchina dev'essere un'antologia di poesie. Osservando con attenzione si leggono questi due poemi:

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    Edgar Lee Masters, "Memorie di Spoon River"

    Louise Smith


    Herbert ruppe il nostro fidanzamento di otto anni
    quando Annabella ritornò al villaggio
    dal collegio, ahimè!
    Se avessi rispettato il mio amore,
    forse sarebbe diventato un bel dolore -
    chi sa? - riempiendomi la vita di profumo.
    Ma io lo torturai, lo avvelenai,
    lo accecai, ed esso si mutò in odio -
    edera mortale invece che clematide (è un rampicante come l'edera, ma non fa i danni dell'edera).
    E l'anima cadde dal suo sostegno,
    i suoi viticci si intricarono in rovina.
    Non lasciate la volontà farvi da giardiniere nell'anima,
    a meno che siate sicuri
    ch'essa è piú saggia dell'anima vostra.

    Thomas Stearns Eliot, "Mattino alla finestra"

    Sbattono piatti da colazione nelle cucine del seminterrato.
    E lungo i marciapiedi che risuonano di passi
    scorgo anime umide di donne di servizio
    sbucare sconsolate dai cancelli che danno sulla strada.
    Ondate brune di nebbia levano contro di me
    volti contorti dal fondo della strada,
    strappano a una passante con la gonna inzaccherata
    un vacuo sorriso che s'alza leggero nell'aria
    e lungo il filo dei tetti svanisce.


    Eliot tratteggia in questi versi uno scorcio di vita cittadina: è mattina, si riprende una giornata di lavoro. Attraverso il risveglio di un nuovo giorno di fatiche e di affanni, l'autore esprime il suo stato d'animo rispetto alla vita che ogni mattina ricomincia.
  15. .
    LA STORIA DELL'ALMANACCO TOPOLINO E DEGLI ALBI D'ORO

    L’Almanacco Topolino nacque nel 1957: era una rivista di grande formato che ha ospitato storie italiane e straniere. Ma dietro questo albo c'è una storia lunga. Per essere precisi, una primissima versione dell'Almanacco Topolino era nata nel lontano 1936: in comune aveva solo il titolo. Si chiamava infatti "Almanacco Topolino 1937": una edizione natalizia speciale che festeggiava l'anno nuovo. Era un supplemento degli Albi dei Tre Porcellini (il numero 14 per i filologi). Nel periodo anteguerra, queste edizioni speciali natalizie uscirono ogni anno (furono cinque uscite in tutto).

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    Dopo la guerra, nel maggio 1946 esce una seconda serie settimanale, chiamata Albi d'Oro, con una nuova numerazione che riparte da 1: pubblica materiale Disney e non Disney, una storia ad albo.

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    Il materiale non Disney era composto da personaggi americani o italiani: Brick Bradford, Audax, Principe Valiant (qui chiamato Valentino), Virus. In particolare, l'episodio di Brick Bradford "Il mostro d'acciaio" fu lo spunto per il giovane Sergio Bonelli per fare in futuro il suo Titan nelle storie di Zagor, mentre Virus fu il prototipo di Hellingen (si veda qui)

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    Tra questi Albi d'Oro, ad ogni fine anno comparivano, a partire da Dicembre 1947, dei numeri speciali chiamati "Almanacco Topolino", che contenevano il doppio delle pagine (e nel corso dell'anno compariva anche un "Almanacco Estivo").

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    L'Almanacco Topolino Speciale e l'Almanacco Estivo degli Albi d'Oro.


    A partire dal Gennaio 1953, gli Albi d'Oro divennero mensili, non più settimanali, con una numerazione da 1 a 12 per ogni nuova annualità e pubblicava soprattutto le storie di Carl Barks e di Floyd Gottfredson. L’ultimo Albo d’Oro esce nel dicembre 1956: la testata dell’Almanacco ha preso spazio, lasciando solo il logo quadrato dello storico albo. Gli ultimi tre numeri del 1956 si intitolano Almanacco Topolino, senza più menzione temporale alla successiva annata, e manterranno in seguito il titolo della testata con la stessa scritta in carattere e impostazione fino a dicembre 1978.

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    Il numero di Dicembre 1956 è praticamente il numero di passaggio dagli Albi d'Oro all'Almanacco Topolino. Il primo numero "ufficiale" dell'Almanacco Topolino è quello di Gennaio 1957.


    La numerazione annuale da 1 a 12 per le mensilità non varia fino al numero di gennaio 1970, che riporta il numero 157. Da ciò si capisce che la testata Albi d’Oro è cessata col numero di dicembre 1956 e la testata Almanacco Topolino è iniziata nel Gennaio 1957.

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    A partire dal numero 207 del marzo 1974, compariranno i disegni di Marco Rota, che faranno fare un salto di qualità alle copertine. Il numero 265 di Gennaio 1979 mostra alcuni cambiamenti: un riquadro che racchiude il disegno e la scomparsa del mese e del logo degli "Albi D’Oro", che era sempre rimasto fino ad allora.


    Successivamente la testata subisce diversi stravolgimenti: a partire dal numero 301 del 1982, la grafica di copertina cambia, con un carattere squadrato che provoca uno stacco netto col passato e, in più diverse sezioni illustrate con intento promozionale. Dopodichè, a partire dal n. 317 del 1983, si ha un nuovo look e si passa dal brossurato allo spillato. Continuerà così fino a Dicembre 1984. A Gennaio 1985, col numero 337, cambierà nome facendosi chiamare Mega Almanacco. Il formato è tascabile e il numero di pagine aumenta (230 pagine).

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    Le mutevoli versioni finali dell'Almanacco Topolino.


    Dopo un mare di cambiamenti, che sarebbe troppo lungo elencare qui, l'Almanacco Topolino, che ha cambiato poi di nuovo nome in Disney Mega, conclude la sua corsa nel Gennaio 2008 col numero 613. Disney Mega doveva solo contenere storie estere, ma non funzionò.

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    Inoltre, nel 1999 si tentò di ripristinare la testata originaria dell'Almanacco Topolino in una nuova collana, che riproponeva delle storie già apparse nella vecchia serie, insieme ad articoli di approfondimento. Ma durò poco: solo 13 numeri.

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    Per completare la carrellata, è necessario citare un altro Almanacco famoso: il Super Almanacco Paperino, una elegante e pregiata pubblicazione antologica, con le copertine di Marco Rota. Nel Dicembre del 1976 uscì la prima serie del Super Almanacco Paperino, durata 17 numeri; poi nel 1980 uscì la seconda serie, durata 66 numeri. Si concluse nel 1985.

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    Il primo numero della prima serie del Super Almanacco Paperino e il primo numero della seconda serie.


    Infine arriviamo ai giorni nostri, nell'Aprile del 2021 in cui ricominciano le pubblicazioni dell'Almanacco Topolino.

    L'ALMANACCO FU UN SECONDO TOPOLINO

    Come su Topolino, le storie erano tutte inedite, e l'ampio formato permetteva avventure disposte non su tre strisce, ma su quattro, simile ai fumetti di Barks, consentendo quindi una maggior ariosità alla storia. Il formato delle vignette, inoltre, era maggiore e quindi i disegni erano più grandi e più coinvolgenti. Da ricordare Il ritorno di Reginella (Almanacco Topolino 213 del Settembre 1974), in cui continuava la saga iniziata con la prima storia della sfortunata regina, che era stata pubblicata in passato su Topolino.

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    L'ALMANACCO TOPOLINO ATTUALE

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    Ad Aprile del 2021 ricominciano le pubblicazioni dell'Almanacco Topolino, in una copertina che ripropone, modificata, una delle copertine dell'Almanacco originale: il n. 166 dell'Ottobre 1970. Luca Boschi, già curatore dei Grandi Classici Disney, propose un nuovo Almanacco diviso essenzialmente in tre parti: un terzo contiene storie italiane ristampate; un terzo ripropone storie americane del periodo classico; l'ultimo terzo propone delle storie inedite straniere contemporanee.
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