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    60 ANNI FA: NASCONO I VENDICATORI (1963)

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    Oggi li chiamano col nome straniero Avengers, pronuncia uveniùz, che non significa niente alle orecchie di un italiano, mentre "Vendicatori" suona molto più drammatico. Ormai la lingua inglese sta monopolizzando tutto, anche le altre lingue, e l'italiano "Vendicatori" viene considerato roba di una lingua poveraccia, mentre l'incomprensibile inglese "Uveniuz" è il futuro. Permettetemi almeno di chiamarli "Vendicatori", così capisco almeno il senso di quella parola. Siamo italiani, siamo in Italia, quindi parliamo italiano.

    Siamo nel Settembre 1963 e i supereroi Marvel esistono ormai da due anni, con la creazione del Fantastici Quattro (un altro gruppo, tra l'altro) nel 1961. Dopo di loro furono creati, in ordine, l'Uomo Ragno, Hulk, Thor e Ant-Man (tutti realizzati nel 1962); poi Iron Man, gli X-Men e il Dottor Strange (tutti creati nel 1963, poco prima dei Vendicatori; l'unica eccezione sono gli X-Men, pubblicati contemporaneamente). Stan Lee e Jack Kirby pensarono di realizzare un nuovo gruppo composto coi personaggi finora realizzati, a imitazione della Justice League della DC, il gruppo che comprendeva Superman, Batman, Wonder Woman e altri.

    Chi mettere nel gruppo? Per prima cosa, esclusero l'Uomo Ragno, che era già abbastanza popolare per conto suo, non aveva bisogno di comparire su altre testate per avere maggior successo, e non era adatto ad integrarsi in un gruppo: era troppo indipendente. Il Dottor Strange non era popolare come l'Uomo Ragno, ma nemmeno lui era adatto a stare un gruppo: è difficile gestire un mago che in pratica può fare tutto. Rimasero Hulk, Thor, Iron Man e Ant-Man, insieme alla sua compagna Wasp. Ed ecco i Vendicatori. Ma come gruppo era troppo eterogeneo: Hulk, con la sua violenza e la sua furia incontrollabile, non era assolutamente adatto a stare in un gruppo. Quindi se ne andò via subito, già col secondo numero: l'arrivo di Capitan America al posto di Hulk nel 1964 stabilizzò il gruppo, che così ebbe tutti i suoi membri fondatori, col Capitano che divenne l'anima del gruppo.

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    La prima apparizione di Capitan America dopo la Seconda Guerra Mondiale, sul numero 4 dei Vendicatori /Avengers.


    Il nome dei Vendicatori fu scelto dalla Wasp, ma ovviamente i responsabili sono Lee e Kirby. Perchè un nome così drammatico? Perchè - secondo me - i due autori erano ebrei. E quindi conoscevano bene il termine ebraico go'el: indicava il parente prossimo a cui incombe il dovere di difendere i suoi. Il termine non ha in italiano una traduzione univoca, e, a seconda del contesto, può essere tradotto con: "redentore", "vendicatore del sangue", "colui che ha il diritto di riscatto". E' anche un termine attribuito a Dio, che vendica, salva, riscatta gli uomini. Quindi il termine "Vendicatori" significa: "coloro che riscattano, salvano, vendicano i torti subiti". Quindi i Vendicatori sono i "fratelli maggiori" che devono difendere "i parenti più prossimi", cioè coloro che non hanno poteri come i loro.

    Il gruppo ha avuto molti cambiamenti e molti membri: ma i Vendicatori originali, soprattutto Thor, Iron Man e Capitan America, sono sempre rimasti l'anima e la base dell'organizzazione. Da ricordare in particolare la Visione, Pantera Nera, Occhio di Falco, Scarlet e la Bestia come i Vendicatori più rappresentativi. Per concludere, il loro grido di battaglia "Avengers Assemble!" è stato tradotto efficacemente in Italiano come "Vendicatori uniti!"

    60 ANNI FA: ESCE BLUEBERRY (1963)

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    "La miniera del tedesco" e "Il fantasma dai proiettili d'oro" è una storia in due parti, da molti considerata la migliore del personaggio (ma anche le altre non sono da meno, in particolare "Ballata per una bara"). Questa è l'edizione migliore, forse, realizzata dalla Mondadori e con la traduzione della bravissima scrittrice e poeta Alba Avesini.


    Blueberry è il protagonista di una famosa saga western del fumetto francese. Uscì per la prima volta nel 1963 sulla rivista francese Pilote, la stessa di Asterix. Lo sceneggiatore era Jean-Michel Charlier (noto per aver realizzato altri famosi fumetti francesi come Buck Danny, Tanguy e Laverdure e Barbarossa: sì, quello che poi è stato trasformato nel pirata che Asterix e Obelix incontrano in ogni storia, dando un fracco di botte a lui e a tutta la sua ciurma). Il disegnatore era Jean Giraud (soprannominato Mœbius). Blueberry è un classico del fumetto mondiale, con i disegni strepitosi di Giraud, che raffigurò un western talmente realistico da viverci dentro, e la sceneggiatura coinvolgente, complessa e imprevedibile di Charlier.
    Il personaggio è un tenente dell'esercito, che all'inizio cerca di mettere pace tra bianchi e indiani o di portare giustizia in qualche paese, a volte coinvolto in avventure incredibili come quella della Miniera del tedesco. Successivamente, viene ingiustamente arrestato e da lì coinvolto in avventure senza freni: attentati al presidente, Angel Face/Faccia d'Angelo, mezzo milione di dollari sepolti in un cimitero, evasioni spettacolari, complotti, indiani da aiutare contro i soldati e due molossi sanguinari guidati da un pazzo, Chihuahua Pearl, la ballerina stupenda, intelligente e senza scrupoli, i compari Mac Clure e Red Neck, gli onnipresenti canyon e le praterie sterminate. Blueberry entrò giustamente nella leggenda.
    Il suo ciclo con Charlier e Giraud iniziò nel 1963 con Fort Navajo e subì un brusco arresto nel 1974 con la storia Faccia d'Angelo, a causa dei diritti con la Dargaud e di un contenzioso sugli stipendi non abbastanza alti. Inoltre, l'ambiente della Dargaud era diventata troppo sinistrorso per lo sceneggiatore Charlier. Pure Giraud, il disegnatore, abbandonò momentaneamente Blueberry per dedicarsi a storie fantascientifiche (e incomprensibili) come Arzach, cambiando il suo nome d'arte da "Gir" a "Moebius". Ma i lettori non erano soddisfatti: con "Angel Face" l'avventura di Blueberry era stata interrotta sul più bello e c'erano molte linee narrative da concludere. Anzi, persino gli autori di Ken Parker fecero notare la brusca interruzione di Blueberry inserendolo come cameo in una storia, dove Blueberry, coi capelli corti e baffi, vestito da soldato e in fuga, è proprio quello coinvolto nel periodo subito dopo "Angel Face".

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    Blueberry viene aiutato dagli amici di Ken Parker (dal sito brasiliano di Blueberry)


    Solo nel 1980, ben sei anni dopo, Blueberry tornò con la storia Naso Rotto, pubblicata sulla rivista "Metal Hurlant" (di cui era co-proprietario lo stesso disegnatore Giraud). Tra alti e bassi, Blueberry continuò la sua pubblicazione, fino ad "Arizona Love", incompleto a causa della morte dello sceneggiatore Charlier nel 1989. Fu il disegnatore Giraud a concludere la storia, che uscì l'anno successivo, il 1990: ma fu uno sviluppo poco convincente, con scene oniriche di cui Giraud era appassionato, ma che non facevano parte dello stile narrativo di Blueberry. Da allora ci fu un'altra pausa di cinque anni: nel 1995 uscì il primo Blueberry interamente disegnato e sceneggiato da Giraud: "Mister Blueberry", che iniziò un nuovo ciclo di 6 numeri, che si concluse nel 2007. Però la storia, per quanto riccamente disegnata, è senza la verve di Charlier: è lenta, con un Blueberry quasi ridotto ad essere un comprimario, e con parecchi voli di fantasia e scene oniriche tipiche della "fantasia malata" di Giraud che troviamo nelle sue storie fantascientifiche. Fu anche lo stile onirico dell'unico film realizzato su Blueberry (che fu per forza un flop). Dopo la morte di Giraud nel 2012, la serie di Blueberry fu interrotta e mai più ripresa. Sono stati fatti diversi spin-off sul passato di Blueberry realizzati da altri autori, ma in pratica la serie originale di Blueberry è finita.

    50 ANNI FA: NASCONO GLI ARISTOCRATICI (1973)

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    Gli Aristocratici sono una banda di ladri gentiluomini inglesi realizzati da Alfredo Castelli (lo stesso di Martin Mystere) e Ferdinando Tacconi nel 1973 sulla rivista Il Corriere dei ragazzi: questa rivista fu un tentativo di rendere "Il Corriere dei Piccoli" più "adolescente", più "adulto": ma non ebbe molto successo. Nonostante ciò, realizzò molte storie di qualità, tra cui, appunto, gli Aristocratici. Da notare che anche Tiziano Sclavi a volte collaborò con Castelli nella stesura delle storie. L'ispirazione per la creazione dei personaggi sembra dovuta ai film "Sette uomini d'oro" (1965) e "Il grande colpo dei sette uomini d'oro" (1966): due film italiani del regista Marco Vicario (attualmente, purtroppo, introvabili in DVD), che ispirarono anche Lupin III.

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    Sette uomini d'oro (1965): la base per gli Aristocratici e per Lupin III


    Gli Aristocratici, impeccabili ed eleganti, rubano più per il fascino dell'impresa che per il bottino, che in gran parte devolvono in beneficenza, trattenendo il 10% per rimborso spese. Di solito gli Aristocratici rubano soldi guadagnati disonestamente da strozzini o delinquenti, facendo in un certo senso giustizia. Il punto è che questi Aristocratici inglesi non sono tutti inglesi.

    Il capo è il Conte (non si sa il suo vero nome), il più anziano: è un vero e proprio gentiluomo inglese di vecchio stampo, con una flemma alla Conte Oliver di Alan Ford. Poi abbiamo Jean, la nipote del Conte, abile nel sedurre gli uomini (senza mai andare oltre, però: appunto da aristocratica); Alvaro, un italiano, seduttore ed espertissimo nello scasso; Moose, un burbero irlandese, dotato della forza bruta a volte necessaria per situazioni incresciose; Fritz, un tedesco, l'inventore del gruppo, esperto di elettronica, sempre pronto a sfornare marchingegni degni di James Bond. A dare loro la caccia è l'ispettore Michael Allen di Scotland Yard, innamorato però di Jean e da lei ricambiato: una cosa alla "Occhi di Gatto" che complica la faccenda.

    Inoltre, a volte gli Aristocratici collaborano di nascosto con le autorità per contrastare certi criminali intollerabili e davvero "disdicevoli", come direbbe il Conte: tipo gli spacciatori di droga o i commercianti d'armi. Il loro avversario ricorrente è Derek Collins, che fu il primo Aristocratico dopo il Conte: ma poi, come si suol dire, prese una brutta strada. A volte gli Aristocratici incontrano famosi personaggi di fantasia, come Sherlock Holmes, Tarzan o Arsenio Lupin.

    All'inizio, gli Aristocratici furono pubblicati sul Corriere dei ragazzi a partire dal n. 7/8 del 1973, per poi passare su Corrier Boy (il nuovo nome del Corriere dei Ragazzi). Dopo la chiusura della testata, le nuove storie furono pubblicate sulla rivista a fumetti tedesca Zack!. Dopo varie ristampe in Italia, gli Aristocratici furono pubblicati sul Giornalino: essendo però un settimanale cattolico, ci fu una modifica dell'impostazione della storia: da ladri gentiluomini, gli Aristocratici divennero dei finti ladri gentiluomini, che agivano così su ordine della Regina Elisabetta, per poter agire ogni qualvolta la polizia avesse le mani legate.

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    "Gli Aristocratici" è un fumetto con un un tono ammiccante ed ironico: in quegli anni'70 di contestazione giovanile, l'idea di una banda di ladri che collabora a modo proprio con la giustizia, rimanendo però autonoma, corrispondeva all'idea "anticonformista" di allora.

    50 ANNI FA: NASCE ROBIN HOOD DELLA DISNEY (1973)


    Nel 1973 nacque un altro ladro gentiluomo, oltre agli Aristocratici: il Robin Hood della Disney uscì infatti nell'autunno di quell'anno. Fu il primo film realizzato dopo la morte del fondatore Walt Disney, che era avvenuta nel 1966. Prima di morire, Disney aveva supervisionato Il libro della Giungla (1967) e aveva permesso la produzione degli Aristogatti (1970). Quindi quei film avevano ancora la presenza dello zio Walt. Robin Hood, invece, fu il primo film interamente realizzato senza l'intervento del fondatore.

    A dire il vero, già dagli anni '30 Disney pensava di fare un film sulla volpe Renart ("volpe" in francese si dice appunto "renard"). Si trattava di un personaggio del "Romanzo di Renart", una raccolta francese di racconti del 1100/1200, in cui i personaggi sono degli animali antropomorfi. Si trattava di favole satiriche, in cui, accanto al protagonista, appunto la volpe Renart, c'era anche il lupo Ysengrin, suo nemico (un prototipo dello Sceriffo di Nottingham, che era un lupo) e il Re leone (ovviamente il prototipo del Principe Giovanni). Renart, comunque, era un furbo mascalzone: non era certo adatto per un film disneyano, quindi l'idea di usarlo fu accantonata.

    Ma uno dei collaboratori di Disney, Ken Anderson, alla fine degli anni 50 pensò di usare uno dei personaggi di Renart, il gallo Chanteclair (da noi Cantagallo), come protagonista e con Renart come avversario. Disney, alla fine, preferì realizzare La spada nella roccia, perchè un gallo come protagonista non era molto accattivante. Nel 1968 Anderson ripescò la volpe Renart, ibridandola stavolta con la famosa leggenda di Robin Hood: la scelta fu azzeccatissima, perchè la furbizia di Renart/Robin era giustificata dalla sua intenzione di rubare ai ricchi per dare ai poveri. Wolfgang Reitherman diresse il film, come aveva già fatto con la Spada nella roccia, Il libro della Giungla e gli Aristogatti. Tutti film che, come Robin Hood, sono caratterizzati da un umorismo semplice, fisico, farsesco.

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    Una volpe con un misto di Lupin e Terence Hill.


    Robin Hood fu un grande successo: ben 10 milioni di dollari, la cifra più alta mai raggiunta fino ad allora da un film Disney. Il pubblico si innamorò della storia, con tutte le gag (il football di Lady Cocca, l'inganno di Robin travestendosi prima da indovina e poi da arciere), e i motivetti Urca Urca Tirulero e Giovanni re fasullo d'Inghilterra. Ma, insieme a questo, c'era anche il dramma della povera gente in prigione per non aver pagato le tasse; oppure la minacciata impiccagione di Frà Tuck; per non parlare dell'attacco al castello, con le fiamme finali e persino la presunta morte di Robin (che in una versione alternativa, poi scartata, quasi avveniva davvero). Oltre al dramma, c'era anche la storia d'amore sospirata tra Robin e Marian, che alla fine convolano a nozze: caso raro di un amore che passa dalla separazione al fidanzamento e al matrimonio.

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    Anche se non è molto pubblicizzato e c'è poco merchandising al riguardo, Robin Hood resta uno dei film Disney più amati dal pubblico.


    Ma anche gli altri personaggi sono azzeccatissimi: Lady Cocca, la buffissima dama di compagnia di Marian; il perfido sceriffo di Nottingham; il giovane Saetta, novello Robin Hood; gli avvoltoi Crucco e Tonto; il viscido servo Ser Biss e il perfido e complessato Principe Giovanni, e gli altri. Nella realizzazione dei personaggi, la Disney spinse all'estremo il suo antropomorfismo, lasciando interpretare i personaggi della storia non solo ad animali parlanti, ma anche a vere e proprie persone con le sembianze di animali, che si muovono in ambienti umani.

    Non è che Robin Hood "manchi di storia" come spesso accusano nei commenti: è una serie di scontri tra lui e il principe Giovanni, che ha un crescendo sempre più drammatico, fino alla battaglia finale al castello. L'arrivo di re Riccardo pone fine alla storia, perchè era effettivamente arrivata alla conclusione Non si poteva più fare altro: si doveva appunto concludere la storia con l'arrivo del deus ex machina, appunto Re Riccardo, citato tra l'altro per tutto il film. Dopo la battaglia nel castello, infatti, il Principe Giovanni ne esce rovinato, senza soldi e senza castello, mentre Robin e gli altri fuggono liberi nel bosco. E in inglese "bosco" significa, appunto, "hood"; e "Robin" significa "pettirosso", quindi un uccello: da qui il termine "uccel di bosco", cioè criminale fuggito. Quindi Robin è, per definizione, imprendibile.

    Un'altra critica fatta spesso a Robin Hood è quella di aver riciclato delle scene di Biancaneve, del Libro della Giungla e degli Aristogatti. Ma l'animatore Floyd Norman della Disney dice chiaramente che quella di riciclare le animazioni era una pratica tutt'altro che economica e non faceva affatto risparmiare tempo: infatti - ed è strano che nessuno lo abbia notato - i personaggi andavano comunque ridisegnati. Non si trattava delle repliche delle stesse scene di Duke Fleed che sale su Goldrake e cose simili: si trattava invece di ridisegnare intere sequenze. E perchè farlo, allora? "Perchè", spiega Norman, "quello era un vezzo tipico di Wolfgang Reitherman: preferiva utilizzare dei momenti già consolidati, che sapeva che avrebbero funzionato. Voleva andare sul sicuro."

    Per sapere altro su Robin Hood, vi rimando [IMG]?t=5819043[/IMG]qui.

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    Edited by joe 7 - 12/12/2023, 17:01
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    100 ANNI: NASCE BENITO JACOVITTI (1923).

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    Jacovitti e il catalogo della mostra JACOVITTISSIMEVOLMENTE su di lui a Roma e a Termoli. Il diavoletto rappresentato è Satanicchio (in altre versioni Pop Corn), il diavolo tentatore di Jak Mandolino, che gli suggerisce crimini malandati che puntualmente finiscono male.


    Benito Franco Giuseppe Jacovitti era nato a Termoli, nel Molise, il 9 marzo 1923. E' stato uno dei più importanti autori di fumetti italiani: il suo stile umoristico, coi vermoni, i salami, i nasoni, è stato praticamente unico nella storia del fumetto. Trasferitosi a Firenze, iniziò la sua carriera sul Vittorioso, il settimanale cattolico, dove lavorò per trent'anni, realizzando personaggi come Pippo, Pertica e Palla (i Tre "P"), la signora Carlomagno (fortissima vecchietta antesignana di Nonna Abelarda), Cip l'Arcipoliziotto (piccolo e supponente, che dice sempre "Lo supponevo!"), Zagar (una specie di Macchia Nera), Jak Mandolino, (il piccolo gangster di mezza tacca), Zorrykid (uno Zorro tutto da ridere), e tanti altri.

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    La signora Carlomagno.


    Senza dimenticare tanti personaggi one-shot, cioè comparsi una sola volta, ma memorabili, come il pirata Gamba di Quaglia, Giacinto corsaro dipinto, Mandrago il mago, l'Onorevole Tarzan. Sul Giorno dei Ragazzi creò il suo personaggio più famoso, il pistolero Cocco Bill, che beve solo camomilla e viaggia col cavallo Trottalemme. Da ricordare una sua memorabile interpretazione di Pinocchio a fumetti. A Roma e a Termoli hanno fatto una mostra su Jacovitti, il JACOVITTISSIMEVOLMENTE.

    100 ANNI: NASCE MORRIS, L'AUTORE DI LUCKY LUKE (1923)

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    Il belga Morris nacque nel 1923 a Courtrai, in Belgio, nella regione delle Fiandre, vicino al confine con la Francia. Fu uno dei più grandi fumettisti europei. Il suo vero nome era Maurice de Bevere, ma divenne famoso con il nome di “Morris”, che era la pronuncia inglese di “Maurice”. Il suo personaggio simbolo, Lucky Luke, il cowboy che spara più veloce della sua ombra, apparve per la prima volta sul settimanale belga a fumetti Spirou nel 1947. In particolare, in collaborazione con Goscinny, per vent’anni i due fecero i più famosi racconti di Lucky Luke, che fecero entrare il personaggio nel prestigioso pantheon del fumetto franco-belga: I cugini Dalton, Il giudice, Billy the kid, il 20° Cavalleria, Calamity Jane, La diligenza, Il piedidolci, Jesse James, Western Circus, Canyon Apache, Mà Dalton, Il cacciatore di taglie, Il Granduca, L'eredità di Rantanplan, Il cavaliere bianco, La guarigione dei Dalton, L'imperatore Smith, Il filo che canta. Morris è morto nel 2001 a Bruxelles, ma il personaggio di Lucky Luke continua le sue avventure con altri autori.

    75 ANNI FA: NASCE TEX (1948)

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    Il primo numero di Tex, "Il totem misterioso", uscì in formato economico a striscia: “L’albo più ricco al prezzo più povero”, come recitava la pubblicità di allora. Si trattava di 32 strisce/pagine vendute a solo 15 lire. Realizzato da Gianluigi Bonelli e Aurelio Galleppini, fu pubblicato il 30 settembre 1948. Erano gli anni del dopoguerra: in Italia era appena entrata in vigore la Costituzione, ma la situazione politica era molto tesa a causa dell'aggressività della sinistra. Proprio in quell'anno, un giovane universitario, Antonio Pallante, aveva sparato al segretario del Partito Comunista Palmiro Togliatti, che rimase gravemente ferito: per questo fatto, in Italia si sfiorò la guerra civile. Dal punto di vista cinematografico, la popolarità dei film western era altissima, con film come “Ombre rosse” o "Sfida infernale".

    Con quell'albo a striscia, nacque Tex Willer, Aquila della Notte per gli indiani, sempre a cavallo a raddrizzare torti insieme a Kit Carson, suo figlio Kit e l'indiano Tiger Jack: un eroe rassicurante, con pochi dubbi e incertezze, generoso, forte e abile con la pistola, che dice e fa quello che tutti vorrebbero dire e fare (e molto adatto in quei tempi incerti). Non ci vuole molto a capire che è soprattutto questo il motivo del suo successo: quello di essere un eroe positivo. L'unico sopravvissuto attuale, in mezzo a una marea di antieroi, eroi dubbiosi, eroi del "Sì, ma..." e simili.

    Il suo successo era nato per caso: tutti alla Bonelli puntavano invece sullo spadaccino Occhio Cupo, pubblicato su albi di pregio, che andava in giro con una mascherina ed era disegnato con grandissima cura da Galep. Nelle sue storie c'erano splendidi vascelli, meravigliosi vestiti, battaglie, duelli, scene drammatiche. Galep dedicava solo qualche disegnetto a Tex, che realizzava di notte nel tempo che gli restava. Adesso Occhio Cupo non se lo ricorda più nessuno.

    Il primo Tex ebbe come modello grafico l’attore statunitense Gary Cooper, con in più, però, un misto di Occhio Cupo: basta guardare i pantaloni neri e il fazzoletto nero al collo nella sua primissima apparizione, già dalla prima vignetta della storia. I pantaloni neri scompariranno, ma il fazzoletto nero resterà una costante texiana. Per non parlare del nome indiano "Aquila della Notte", che in qualche modo richiama l'"Occhio Cupo" scartato in passato.

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    La primissima apparizione di Tex, che compare sin dalla prima vignetta.


    Personaggio irruente, il dinamico e aggressivo, Tex compare sin dall'inizio come uno che si è già fatto un nome: infatti tutti lo conoscono e lui sa tutto di tutti. Nella prima storia, Tex aiuta la bella indianina Tesah, inseguita dal malvagio Coffin, a ritrovare il tesoro della Roccia Parlante. Tex alla fine sconfigge Coffin e il banchiere disonesto suo alleato.

    Tex era una lettura non ben vista a quei tempi, perchè il personaggio era assai più rude di adesso. Tesah, infatti, lo chiama “Il fuorilegge solitario”, mentre, nelle successive ristampe, Tesah lo chiamerà “il giustiziere solitario”. Quindi all'inizio si era sottolineato il suo stato di fuorilegge e non di giustiziere. Inoltre, Tex dice che uccide solo chi merita di essere ucciso. Infatti, all'inizio avrebbe dovuto chiamarsi Tex Killer, quindi "assassino", e non Willer: fu la moglie di Gianluigi, Tea Bonelli, a scoraggiare l'idea e a dargli un più tranquillo "Willer". Ma non si trattava solo di questo: l'indianina Tesah, o le belle Lupe o Marie Gold, o anche la malvagia Satania, mostravano bene tutte le loro forme (successivamente coperte nelle ristampe). Inoltre, le imprecazioni di Tex erano ben più colorite: ci fu persino una bestemmia, poi cancellata nelle ristampe. Non era quindi una "lettura per ragazzini". Solo successivamente lo divenne: ma all'inizio, anche se pochi lo sanno, c'era un Tex più violento e sboccato. Era comunque un fuorilegge-giustiziere che sapeva conoscere ciò che si celava nell’animo umano, e lo fa anche adesso: i giudizi di Tex infatti non sbagliano mai, e anche questo dà sicurezza al lettore.

    La prima storia di Tex contiene in nuce tutti gli sviluppi del personaggio: Tesah è la prefigurazione di Lilyth, e la stessa Lilyth chiamerà Tex come "l’amico di Tesah". Tesah, come Lilyth, è stata pure lei nella scuola dei “Padri bianchi”, cioè la Missione francescana. E, come Lilyth, anche Tesah scomparirà definitivamente dalle storie di Tex: non c'è posto per mogli o compagne nel West. Tra l'altro, già in questa storia compare il nome dei Navajos, i futuri indiani di Tex.

    Una curiosità: Gianluigi Bonelli concluse il suo lavoro di sceneggiatore di Tex con la storia Il medaglione spagnolo (Tex n. 364 del Febbraio 1991) con una storia che si rifà idealmente proprio con la sua prima storia con Tesah e Coffin. Infatti, le due storie presentano alcuni punti di collegamento: se nella prima Tex salva Tesah dalle mani di Coffin, in questa Tex e Carson salvano Daana, una ragazza india Papago, e suo fratello Chayo, dai tre bandoleros Juan, Paco e Mateo. Inoltre, abbiamo in entrambe le storie anche un antico medaglione legato ad un mitico tesoro. Anzichè da Galep, però, questa storia fu disegnata da Letteri (la copertina comunque è di Galep).

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    La prima storia di Tex sceneggiata da Bonelli è simile all'ultima sceneggiata da lui, "Il medaglione spagnolo" (Tex 364)


    In passato avevo fatto una lista delle migliori storie di Tex: a mio giudizio, ovvio, quindi è solo una mia opinione personale. Chi vuole può leggere la recensione delle storie qui.
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    ANNIVERSARI DEL 2023

    Per concludere l'anno, faccio l'elenco di tutti gli anniversari che mi è capitato di notare, chiedendo scusa a tutti quelli che ho trascurato.

    150 ANNI: ANNIVERSARIO DELLA MORTE DI ALESSANDRO MANZONI, LO SCRITTORE DEI "PROMESSI SPOSI" (1873)

    Il Manzoni morì nel 1873 in seguito a una brutta caduta, in cui battè la testa su uno scalino all'uscita dalla chiesa di San Fedele di Milano: fu sepolto nel Famedio del Cimitero Monumentale di Milano. La sua opera più famosa, "I promessi Sposi", è un capolavoro letterario, sia della letteratura italiana che di quella mondiale: Manzoni gettò le basi del romanzo moderno di natura storica, basato sulla quotidianità dei personaggi e sulla realtà del contesto storico in cui vivono. La narrazione si basa su un narratore onnisciente che racconta i fatti e li commenta. Anche i fumetti attuali hanno una simile impostazione: si pensi alla Storia del West, per esempio.

    Tuttavia, il Manzoni incontrò le critiche di cattolici come Giovanni Papini o Don Bosco, che non approvava un personaggio così vile e meschino come il prete Don Abbondio, o una donna perduta come la Monaca di Monza, che era una suora: infatti sono personaggi di cattivo esempio, che mettono in cattiva luce, con un certo compiacimento, i sacerdoti e le suore.

    Il più importante adattamento a fumetti dei Promessi Sposi è sicuramente quello di Claudio Nizzi, coi disegni di Paolo Piffarerio, realizzato nel 1989 sul Giornalino, la principale testata cattolica a fumetti del periodo, che a quei tempi aveva realizzato dei veri e propri capolavori a fumetti. Infatti, gli anni '70 e '80 del Giornalino furono gli anni d'oro della rivista: nei mercatini del fumetto usato quelle annate non le trovate facilmente, tanto per dire. L’adattamento dei Promessi Sposi qui è molto fedele, con disegni ben realizzati e una narrazione fluida e coinvolgente, in cui lo stesso Manzoni compare come narratore.

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    100 ANNI: ANNIVERSARIO DELLA FONDAZIONE DELLA WALT DISNEY COMPANY (1923). MA C'E' POCO DA FESTEGGIARE.

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    Buon Compleanno e cento di questi giorni!


    Nel 1923, Walt Disney e suo fratello Roy fondarono la Disney Brothers Cartoon Studio a Los Angeles, in California, nel quartiere di Hollywood: il nome forse fu scelto come imitazione della Warner Bros (appunto, i "fratelli Warner: nel 1918 i quattro fratelli Harry, Albert, Sam e Jack Warner fondarono il loro primo studio sul Sunset Boulevard di Hollywood, appunto la Warner Bros). Il nome della ditta ebbe diversi cambiamenti: nel 1926 fu rinominata The Walt Disney Studio, per poi passare a Walt Disney Productions e arrivare infine al nome attuale, Walt Disney Company, nel 1986. Successivamente, nel 2006 acquistò la Pixar (che, prima di passare alla Disney, fu la realizzatrice di Toy Story e Gli Incredibili). Nel 2009 acquistò la Marvel Comics, iniziando così l'infinita trafila di film di supereroi. Nel 2012 acquistò la Lucasfilm, e anche da qui partì una serie infinita di film, telefilm, franchising basato su Guerre Stellari, o Star Wars, se preferite.

    Oggi la Disney (e la Marvel, Pixar e Lucasfilm compresi in essa) non se la passa bene. Infatti, la maggior parte dei film Disney, sia quelli sui supereroi che quelli classici, negli ultimi anni hanno avuto un comune denominatore: cast basati in gran parte su attori di colore, infilando ovunque omosessuali e lesbiche, trans ecc. Il pubblico è fuggito a gambe levate. Oltre a ciò, c'è anche una qualità pessima di testi e sceneggiature, con trame davvero ridicole, sperando di nascondere tutto ciò con gli effetti speciali, che sono diventati il tappeto dove nascondere sotto lo sporco. Ma se lo sporco è una montagna, si nota che il tappeto ha un bel bubbone: cioè, anche gli effetti speciali non riescono più a nascondere cose fin troppo evidenti.

    Di conseguenza, quest'anno c'è stato il taglio di ben 7.000 posti di lavoro e una perdita di 5 miliardi di dollari e mezzo (a citare questi dati è Bob Iger, amministratore delegato della Disney). Anzi, secondo i recenti report riportati da Bloomberg, Disney ha perso 900 milioni di euro a causa degli ultimi film. Ma non solo: abbiamo anche il ribasso degli abbonati alla piattaforma streaming Disney+. Milano Finanza parla del crollo delle azioni Disney nel 2022, criticando anche il recente investimento della Disney sulla Fox, definendolo troppo costoso, vista la posizione debitoria di Disney. Cioè, la Disney è anche carica di debiti. Quindi c'è ben poco da festeggiare i 100 anni.

    Se il bilancio riesce a segnare ancora qualche punto in attivo, questo è dovuto - guarda caso - ai ricavi che arrivano da parchi, esperienze e prodotti della vecchia Disney classica, quella di Biancaneve, Robin Hood e a Spada nella Roccia, che attira ancora delle persone perchè trasmettono dei messaggi normali e non plagiati dal politicamente corretto. E sono anche storie molto migliori qualitativamente.

    Anche per la Marvel, che produce i fumetti dei supereroi (anche questi politicamente corretti con personaggi LGBT, omosessuali, versione nera o asiatica ecc. dei supereroi) le cose non vanno bene: la Disney ha licenziato Ike Perlmutter dal vertice del consiglio di amministrazione della Marvel, e, insieme a lui, ci sono stati altri siluramenti nell'ambito di un progetto di riduzione dei costi a seguito dei flop cinematografici e fumettistici che hanno squassato i bilanci. I lettori scappano a gambe levate e pure gli spettatori disertano le sale da quando i capi della compagnia si sono messi a fare indottrinamento lgbt, woke, inclusivo, ecc. E così è stato deciso di tagliare tutto il tagliabile.

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    Zio Walt, dove sei?


    Anzi, sui siti americani sono cominciate a circolare voci secondo le quali i vertici della Disney vorrebbero disfarsi del settore editoriale della Marvel, come del resto hanno fatto coi fumetti di Topolino, che oggi sono prodotti su licenza da altri editori (in Italia avviene così da decenni). L'incasso di una serie a fumetti è infatti molto modesto. Nessuna serie Marvel supera la quota di 100.000 copie e la media è scesa sotto le 35.000 copie. Per una compagnia come Disney l'incasso vendite di tali serie a fumetti equivale a spiccioli e tenere su il settore non conviene più.

    Per di più, il mercato, a causa di tante scelte sbagliate, si è ridotto ad una nicchia di fan che non è che il 10% di quello di una volta. Quando Claremont scriveva gli X-Men a metà anni '80, ogni numero vendeva circa 700.000 copie. Erano fumetti molto popolari, venduti a meno di un dollaro e ogni mese riversavano milioni di dollari nelle casse della società. Oggi un fumetto Marvel costa in media 4,99 dollari e data la crisi socio-economica del Paese accanto alle scelte narrative infelici non è più pensabile di vendere come una volta dopo la perdita di credibilità.

    In questo momento, la Marvel come struttura autonoma di fumetti non esiste più e il suo presidente, Dan Buckley, è stato posto sotto la direzione di Kevin Feige, che dirige i Marvel Studios, la divisione che produce i film. Con la perdita di ogni autonomia, il settore fumetti Marvel è passato sotto il controllo di quello filmico. Questo significa che le trame future dei fumetti saranno realizzate in funzione delle pellicole: quindi, sviluppi assurdi e psicologia da bambini dell'asilo.

    Senza una struttura editoriale a sè stante, la Disney potrebbe decidere di affidare la produzione dei fumetti Marvel a editori esterni su licenza, come fa coi fumetti di Topolino. E non è detto che siano tutti affidati allo stesso editore. Per ora si tratta solo ipotesi estreme, in quanto nell'immediato non dovrebbe accadere nulla: ma alla Disney la situazione è grave e l'intero settore entertainment sta traballando.

    Solo qualche esempio: il film "The Marvels" col Capitan Marvel femmina e le sue colleghe donne (una nera e una musulmana), è stato un flop pazzesco. Stesso discorso per Strange World (un film col protagonista omosessuale e di colore, con ambientalismo, animalismo e comunismo con l'annullamento della proprietà privata: un tonfo colossale), The Elemental (storia di elementi vivi contro la xenofobia), Red (una ragazza cinese che diventa un panda rosso), Soul (un cantante di colore che deve riunire la sua anima e il suo corpo dopo essere morto), Onward, Encanto, Lightyear (con un bacio lesbico, personaggi LGBT, fecondazioni artificiali), le varie Live Action della Sirenetta (nera) e di Mulan. Insomma, continuate pure a farvi del male, se ci tenete tanto: ne parleremo al prossimo centenario, se ci sarete ancora.

    Edited by joe 7 - 12/12/2023, 17:02
  4. .
    PARADISO CANTO 11 - QUARTO CIELO DEL SOLE - TOMMASO D'AQUINO PARLA DI SAN FRANCESCO

    San-Francesco
    San Francesco d'Assisi: letteralmente, un Altro Cristo.



    L'UOMO CHE SI PREOCCUPA DI COSE VANE

    Dante ha appena finito di ascoltare la presentazione della Corona dei Dodici Beati che gli ha fatto San Tommaso d'Aquino e osserva che i ragionamenti degli uomini sono fallaci e li inducono a volgersi alle cose terrene. Dante chiama questi ragionamenti "silogismi", cioè sillogismi: sono ragionamenti filosofici della scuola di Aristotele, basati sulla sola logica. Per esempio, "se M è A, e M è B, allora A sarà anche B". Per esempio: se M è una torta, e A sono i dolci, si ha: "la torta è un dolce", e se B sono gli alimenti, si ha: "La torta (M) è un alimento" si ha come conseguenza che tutti i dolci (A) sono alimenti (B). Oppure: "Tutti gli uomini sono mortali; Socrate è uomo; quindi Socrate è mortale." Non è che Dante condanni la logica aristotelica: condanna piuttosto la logica usata male, per giustificare dei pensieri insensati.

    O insensata cura de’ mortali, (O desiderio folle degli uomini,)
    quanto son difettivi silogismi (quanto sono fallaci i ragionamenti)
    quei che ti fanno in basso batter l’ali! (che ti inducono a volgerti verso il basso! (ai beni terreni)

    Di conseguenza, alcuni si dedicano agli studi giuridici (dietro a iura, cioè appunto gli studi giuridici), altri alle scienze mediche ("chi ad amforismi1 sen giva"). Altri si dedicano alle cariche ecclesiastiche ("seguendo sacerdozio"), altri ancora cercano di regnare con la violenza o con l'inganno ("regnar per forza o per sofismi"). Altri si dedicano ai furti ("rubare"), o agli affari politici ("civil negozio"), o al piacere carnale ("nel diletto de la carne involto s’affaticava") e all'ozio. Invece, Dante ora è libero da tutte queste cose ("da tutte queste cose sciolto"), accolto insieme a Beatrice nell'alto dei Cieli. Può sembrare strano che Dante metta insieme dei lavori normali (medico, giudice, governante), o addirittura vocazioni religiose, insieme ad attività illecite come il rubare, al tiranneggiare eccetera. Il punto è che, se si esclude Dio da ogni attività, sia lecita che illecita, persino nell'attività del sacerdozio, ogni attività allora diventa vana, perchè si tratta in definitiva di cercare solo se stessi.

    I DUBBI DI DANTE

    I dodici spiriti sapienti della prima corona si fermano, dopo essere tornati nel punto da cui erano partiti, simili a fisse candele ("come a candellier candelo", cioè come la candela di un candelabro). Tommaso d'Aquino riprende la parola, sorridendo, e in questo modo aumenta maggiormente il suo splendore. Tommaso dichiara che, leggendo nella mente di Dio, conosce i pensieri di Dante e sa che il poeta dubita riguardo a due sue affermazioni: la prima, quando quando aveva parlato del proprio Ordine Domenicano (in cui aveva detto che ci si arricchisce di beni spirituali, anche se ci sono Domenicani corrotti). Dal canto precedente, infatti, Tommaso aveva detto "u’ ben s’impingua se non si vaneggia":

    Io fui de li agni de la santa greggia (Io fui uno degli agnelli del santo gregge)
    che Domenico mena per cammino (che san Domenico conduce per il cammino,)
    u’ ben s’impingua se non si vaneggia. (dove ci si arricchisce di beni spirituali se non si devia dalla regola.)

    La seconda invece riguarda Salomone, che San Tommaso aveva dichiarato che fosse l'uomo più saggio mai vissuto. Sempre dal canto precedente:

    entro v’è l’alta mente u’ sì profondo (dentro vi è l'alta mente dove fu infuso un sapere così profondo,)
    saver fu messo, che, se ‘l vero è vero (che, se le Scritture dicono il vero,)
    a veder tanto non surse il secondo. (non ci fu un uomo più saggio di lui (Salomone).

    Eppure, alla fine della sua vita, Salomone era finito male, seguendo donne straniere che adoravano altri dei. Per cui è necessaria una spiegazione.

    LA SPIEGAZIONE DI TOMMASO D'AQUINO

    Per prima cosa, Tommaso spiega che la Provvidenza, che governa il mondo con l'infinita saggezza di Dio, al fine di rendere più salda e sicura la Chiesa, dispose la nascita di due principi che la guidassero e le stessero al fianco. Di questi, uno (san Francesco) fu pieno di ardore mistico di carità come i Serafini, l'altro (san Domenico) fu talmente sapiente da risplendere della luce dei Cherubini. Tommaso parlerà solo di Francesco, poiché le opere dei due ebbero un unico fine e quindi, lodando uno qualunque di essi, si lodano entrambi. Inoltre, San Domenico era stato il fondatore dell'ordine dei Domenicani, di cui faceva parte lo stesso Tommaso d'Aquino: quindi, lodando San Domenico, Tommaso avrebbe fatto un implicito elogio al suo ordine e un pò a se stesso.

    SAN FRANCESCO: LA NASCITA

    L'inizio della presentazione di San Francesco da parte di Tommaso ha una descrizione molto dettagliata del luogo dove visse il santo. Andiamo con ordine:

    Intra Tupino e l’acqua che discende (Fra il fiume Topino e il fiume Chiascio, che scorre)
    del colle eletto dal beato Ubaldo, (dal monte d'Ansciano ("colle eletto"), dove il beato Ubaldo pose il suo eremo,)
    fertile costa d’alto monte pende, (il fianco fertile di un alto monte (il Subasio), scende,)

    I fiumi Topino ("Tupino" nel poema) e Chiascio scorrono uno a destra e l'altro a sinistra di Assisi: per questo, San Tommaso li cita insieme. In particolare, si sofferma sul fiume Chiascio, perchè nasce da un monte, detto monte d'Ansciano, dove un santo, Ubaldo Baldassini, visse per un certo periodo da eremita. Qui è chiamato "beato" da Dante, ma era già stato canonizzato, cioè dichiarato santo, dalla Chiesa Cattolica nel 1192, più di un secolo prima di Dante. Più avanti ne parliamo. Infine, San Tommaso cita il monte Subasio: è il monte sul quale sorge Assisi, e ovviamente è tra i fiumi Topino e Chiascio. Sul Subasio c'è l'Eremo delle carceri, un monastero di grotte, dove san Francesco era solito rifugiarsi in meditazione coi suoi compagni. San Tommaso prosegue:

    onde Perugia sente freddo e caldo (dal quale monte Subasio Perugia sente il freddo e il caldo)
    da Porta Sole; e di rietro le piange (dal lato di Porta Sole; e dalla parte opposta del monte ("rietro") piangono,)
    per grave giogo Nocera con Gualdo. (perché in posizione più svantaggiosa, Nocera Umbra e Gualdo Tadino.)

    Sul Subasio, che è una montagna piuttosto estesa, dai pendii non troppo scoscesi e con un'altezza modesta, sorge anche la capitale, Perugia, che trae vantaggio dalla sua posizione, perchè è a ovest del monte Subasio: il monte copre il sole all'inizio della giornata, ma poi l'astro percorre tutto il suo arco ,illuminando Perugia. Inoltre, il freddo dell'inverno è ostacolato dal monte, che ne blocca i venti. Porta Sole, citata da Dante, è uno dei quartieri più antichi di Perugia, ed è nel punto più alto della città, chiamato appunto colle del Sole. Da lì si poteva sentire o il maggior caldo o il maggior freddo. Oggi Porta Sole non è più nella sua forma originaria, e ufficialmente è chiamata Porta dei Gigli: ma il nome originario, tra i perugini, rimane.
    Come ho detto, è il punto più alto della città: è a 494 metri sopra il livello del mare, e da lì si vede non solo tutta Perugia, ma anche Assisi. Porta Sole guarda a Oriente, dove sorge il sole: da qui il nome e la posizione vantaggiosa citata da Dante.
    Invece, i paesi di Nocera Umbra e Gualdo Tadino, che sorgono dal lato opposto del monte Subasio, a Oriente, sono in posizione svantaggiosa. Infatti, vedono per primi il sole, però poi la montagna ne copre il percorso, mettendoli subito in ombra; inoltre, in inverno il Subasio non li protegge dai venti, che evidentemente in quella zona sono costanti.

    Ora devo interrompere un momento il canto, per parlare del santo appena menzionato da Dante, Ubaldo Baldassini.

    SANT'UBALDO BALDASSINI

    190-Gubbio-SUbaldo
    La spoglia incorrotta di Sant'Ubaldo.


    Ubaldo Baldassini (1084–1160) nacque a Gubbio e fu vescovo del paese, e, prima di diventarlo, passò una vita da eremita proprio sul monte d'Ansciano. Dopo l'incendio di Gubbio del 1125, si adoperò per la ricostruzione del duomo e dell'ospedale. Aiutò la cittadinanza durante l'assedio a Gubbio voluto da undici città rivali (Perugia e altre) e trattò personalmente con Federico Barbarossa per evitare la distruzione della città. Colpito da malattia, continuò lo stesso senza sottrarsi, fino alla fine, ai suoi doveri vescovili. Domenica 15 maggio chiese l'estrema unzione e morì all'alba del 16 maggio 1160. Il suo corpo riposa incorrotto nella basilica di Sant'Ubaldo, a Gubbio, sul Monte Ingino.

    LA NASCITA DI SAN FRANCESCO

    Ora possiamo continuare la presentazione: dal fianco meno ripido del Subasio, continua San Tommaso, c'è Assisi, dove nacque un Sole per il mondo, cioè San Francesco: proprio come fa il Sole vero, che sorge talvolta dal fiume Gange ("talvolta": cioè all'equinozio di primavera, quando è più luminoso). Da notare che il Gange è in India. Quel punto ai tempi di Dante era considerato l'Estremo Oriente: il Giappone era ancora troppo lontano. Ai tempi di Dante, era solo il remoto "Cipango" citato da Marco Polo nel Milione, pubblicato nel 1298, poco prima della Divina Commedia. Marco Polo non potè andarci, perchè anche allora il Giappone/Cipango era un paese chiuso: gli stranieri, anche cinesi, non erano ammessi. Quindi ne sentì solo parlare alla corte del Kublai Khan. Inoltre, col paragone tra Francesco e il Sole, Dante ci sta comunicando l’analogia tra San Francesco e Gesù, che è il Sole per l’umanità: la stessa data di nascita di Gesù coincide con la festività del "Sol invictus" per i Romani, il 25 Dicembre: la data in cui le giornate cominciano ad allungarsi lentamente e le notti ad accorciarsi lentamente.

    Di questa costa, là dov’ella frange (Da questo fianco del monte, nel punto in cui esso)
    più sua rattezza, nacque al mondo un sole, (diventa meno ripido (cioè ad Assisi), nacque un Sole per il mondo (san Francesco)
    come fa questo tal volta di Gange. (come fa il Sole vero e proprio, che talvolta nasce dal Gange.)

    Perciò, continua Tommaso, se qualcuno parla di Assisi, non la dovrebbe chiamare così, ma "Oriente", visto che ha dato i natali al nuovo Sole, cioè il Santo. Da notare che Dante dice "Ascesi" anzichè "Assisi": nel dialetto del'Italia Centrale, infatti, Assisi era chiamata così. Ma non si può escludere che Dante facesse riferimento all'ascesi spirituale.

    Però chi d’esso loco fa parole, (Dunque, chi parla di questo luogo,)
    non dica Ascesi, ché direbbe corto, (non lo chiami "Assisi", poiché direbbe poca cosa,)
    ma Oriente, se proprio dir vuole. (ma lo chiami "Oriente", se proprio vuole parlarne.)

    SAN FRANCESCO SPOSA MADONNA POVERTA'

    Francesco-e-la-Povert
    Il matrimonio tra San Francesco e la Povertà.


    Francesco, continua Tommaso, era ancora molto giovane, quando cominciò a riverberare sulla Terra le sue benefiche virtù: infatti volle sposare una donna (la Povertà) alla quale nessuno vuole unirsi, come se fosse la morte, e a causa di essa venne in contrasto con il padre. Francesco si unì a lei in mistiche nozze, davanti al tribunale episcopale e al padre, spogliandosi dei beni e vivendo poi con la Povertà che amò sempre di più:

    Non era ancor molto lontan da l’orto, (Non era ancora molto lontano dalla sua nascita,)
    ch’el cominciò a far sentir la terra (quando Francesco cominciò a riflettere in Terra)
    de la sua gran virtute alcun conforto; (la sua luminosa virtù; )

    ché per tal donna, giovinetto, in guerra (infatti, ancora giovane, si scontrò (col padre) per una donna (la Povertà)
    del padre corse, a cui, come a la morte, (alla quale, come se fosse la morte,)
    la porta del piacer nessun diserra; (nessuno vuole unirsi;)

    e dinanzi a la sua spirital corte (e di fronte al tribunale episcopale)
    et coram patre le si fece unito; (e in presenza del padre le si unì in nozze;)
    poscia di dì in dì l’amò più forte. (in seguito, l'amò sempre di più ogni giorno.)

    Francesco, in rapporto a Madonna Povertà, viene descritto da Dante con un linguaggio cavalleresco-cortese ed erotico-carnale: lui si innamora e si sposa con Madonna povertà, disprezzata e reietta da tutti, e provocatoriamente Dante scrive che il Santo ha avuto un rapporto fisico con lei ("le si fece unito"). La povertà, dopo la crocifissione di Cristo, suo primo marito, era rimasta per più di millecento anni sola e disprezzata da tutti, e non era servito che Cesare durante la guerra civile con Pompeo la trovasse sicura e tranquilla in compagnia del pescatore Amiclàte2; non le servì dimostrarsi fedele e fiera, come quando aveva seguito, piangente, Cristo sulla croce, mentre Maria era rimasta ai piedi di essa. Tommaso precisa a questo punto che sta parlando di Francesco e di Madonna Povertà, unitisi appunto in mistiche nozze.

    SAN FRANCESCO, I FRANCESCANI E L'APPROVAZIONE DELLA REGOLA FRANCESCANA

    Francesco-e-il-Papa
    S. Francesco ottiene prima da Papa Innocenzo III l'approvazione a voce della Regola Francescana; poi otterrà da Papa Onorio III l'approvazione scritta.


    La concordia di Francesco e Povertà, il loro amore e il dolce sguardo dell'uno per l'altra suscitavano pensieri santi e indussero per primo Bernardo di Quintavalle a unirsi a loro e a seguirli scalzo, con lieta sollecitudine. Il suo esempio fu presto seguito da Egidio e Silvestro, che andarono dietro allo sposo per amore della sposa (aderendo all'ideale francescano di povertà); e Francesco fu a capo di quella famiglia, che ormai portava i fianchi cinti da una corda.

    La lor concordia e i lor lieti sembianti, (La loro concordia, il loro lieto aspetto,)
    amore e maraviglia e dolce sguardo (l'amore, la meraviglia e il loro dolce sguardo)
    facieno esser cagion di pensier santi; (producevano negli altri dei santi pensieri;)

    tanto che ‘l venerabile Bernardo (al punto che il venerabile Bernardo di Quintavalle)
    si scalzò prima, e dietro a tanta pace (fu il primo a togliersi le calzature e corse dietro a quella pace (seguì il santo)
    corse e, correndo, li parve esser tardo. (e, pur correndo, gli sembrava di essere lento.)

    Oh ignota ricchezza! oh ben ferace! (O ricchezza sconosciuta! O bene fecondo!)
    Scalzasi Egidio, scalzasi Silvestro (Egidio e Silvestro si tolgono anch'essi i calzari)
    dietro a lo sposo, sì la sposa piace. (e seguono lo sposo (Francesco), tanto piace la sposa (Povertà).

    Bernardo di Quintavalle fu il primo discepolo di San Francesco: fondò a Bologna, nel 1211, il primo convento francescano, ed assistette alla morte del santo. Egidio e Silvestro furono altri suoi seguaci: Egidio fu un uomo semplice e modesto, mentre Silvestro era stato il prete di Assisi e avrebbe seguito Francesco dopo un sogno, in cui il santo difendeva Assisi, minacciata da un terribile dragone. Francesco si recò poi a Roma per illustrare a papa Innocenzo III la sua severa Regola, e, nonostante fosse figlio di un mercante, Pietro Bernardone, non si vergognò della sua umile condizione e di fronte al pontefice si comportò con modi regali; il papa diede la prima approvazione - orale - all'Ordine.

    Indi sen va quel padre e quel maestro (In seguito quel padre e quel maestro se ne va (a Roma)
    con la sua donna e con quella famiglia (con la sua donna e con la sua famiglia,)
    che già legava l’umile capestro. (che già cingeva i fianchi con l'umile cinto.)

    Né li gravò viltà di cuor le ciglia (E la viltà d'animo non gli fece abbassare lo sguardo,)
    per esser fi’ di Pietro Bernardone, (essendo figlio di Pietro Bernardone,)
    né per parer dispetto a maraviglia; (né per essere tanto umile da suscitare meraviglia;)

    ma regalmente sua dura intenzione (ma, con atteggiamento regale, la sua severa Regola)
    ad Innocenzio aperse, e da lui ebbe (svelò a papa Innocenzo III e da lui)
    primo sigillo a sua religione. (ebbe il primo avallo al suo Ordine.)

    I seguaci aumentarono di numero, così papa Onorio III diede la seconda approvazione, stavolta scritta, con cui lo Spirito Santo coronò il santo volere di Francesco.

    Poi che la gente poverella crebbe (E dopo che i seguaci poveri aumentarono)
    dietro a costui, la cui mirabil vita (dietro a Francesco, la cui vita ammirevole)
    meglio in gloria del ciel si canterebbe, (si canterebbe meglio a gloria del Paradiso,)

    di seconda corona redimita (con una seconda corona venne coronata)
    fu per Onorio da l’Etterno Spiro (dallo Spirito Santo, attraverso papa Onorio III,)
    la santa voglia d’esto archimandrita. (la volontà santa di questo pastore.)

    "Redimita" è un latinismo, cioè un termine preso dal latino: in questo caso "redimire", cioè "incoronare", e vuol dire "coronata". "Archimandrita" invece è un grecismo, preso quindi dal greco, e significa "pastore". Si tratta di un linguaggio altamente letterario che impreziosisce il linguaggio di Tommaso.

    SAN FRANCESCO VA A CONVERTIRE I MUSULMANI

    Francesco-e-il-Sultano
    San Francesco propose al Sultano la prova del fuoco: lui si sarebbe gettato nel fuoco nel nome di Gesù, un musulmano lo avrebbe fatto nel nome di Allah: chi non si farà nulla avrà ragione e il suo Dio sarà il Vero Dio. Il Sultano rifiutò la prova. Immagine presa qui.


    San Francesco, continua Tommaso, si recò poi in Terrasanta, presentandosi davanti al Sultano, ma trovò quelle genti non ancora pronte alla conversione:

    E poi che, per la sete del martiro, (E dopo che, per desiderio del martirio,)
    ne la presenza del Soldan superba (alla presenza superba del Sultano d'Egitto,)
    predicò Cristo e li altri che ‘l seguiro, (predicò Cristo e i suoi discepoli)

    e per trovare a conversione acerba (e dopo che, avendo trovato quei popoli restii alla conversione)
    troppo la gente e per non stare indarno, (e per non stare lì invano,)
    redissi al frutto de l’italica erba, (era tornato in Italia,)

    San Francesco, seguendo le Crociate, andò dal Sultano Malik al-Kamil nel 1219. Nella vita di san Francesco d’Assisi narrata da san Bonaventura, si narra che San Francesco, insieme al suo compagno, Pietro di Cattanio, si recò in Terrasanta al seguito delle Crociate “tra gli infedeli, a portare con l’effusione del suo sangue, la fede nella Trinità”. La spinta che muove San Francesco a recarsi nei luoghi in cui imperversava “una guerra implacabile” tra Cristiani e Saraceni era la conquista della “sospirata palma del martirio” e la conversione degli infedeli. Non è che San Francesco avesse voglia di morire in senso masochistico: piuttosto, voleva testimoniare Cristo anche quando era rischioso. "Martirio" significa infatti "testimonianza". L’incontro con le guardie del Sultano fu molto violento: “Ma ecco che alcune guardie saracene, subito s’avventano su di lui come dei lupi e li arrestano; li malmenano con ferocia e disprezzo; li coprono d’ingiurie; li battono con sferze; li legano con dure catene. Dopo mille tormenti, sfiniti, per disposizione di Dio, vengono tratti alla presenza del Sultano, come Francesco desiderava”. Sulla durezza dell’accoglienza di Francesco presso il Sultano scrive anche un biografo recente, il danese Giovanni Joergensen: “i due frati furono trattati duramente, ma Francesco, a forza di gridare continuamente: «Soldano, Soldano!» (cioè: "Sultano"), poté finalmente ottenere d’esser condotto alla presenza del comandante dei credenti”.

    Sempre dal Bonaventura apprendiamo la grande fede che muove Francesco nel partecipare alla Quinta Crociata, rispondendo alla domanda del Sultano sul motivo della sua presenza in Egitto: “Non da uomo, ma da Dio siamo stati mandati, per mostrare a te e al tuo popolo la via della salute e annunziarvi il Vangelo”. A queste parole, è opinione assai comune tra i biografi di San Francesco, il Sultano rimase particolarmente colpito, tanto che invitò il santo di Assisi a rimanere con lui. Ma Francesco rispose così: “Si, volentieri rimarrò con te, se tu e il tuo popolo vi convertirete a Cristo”. Il Sultano allora sfidò Francesco, addirittura rifacendosi al Vangelo: “Il vostro Dio ha insegnato nei suoi Vangeli che non si deve rendere male per male. Quanto più dunque i cristiani non devono invadere la nostra terra?“. Ma Francesco replicò: “Non sembra che abbiate letto per intero il Vangelo di Cristo, nostro Signore. Altrove dice infatti: ‘Se un tuo occhio ti scandalizza, cavalo e gettalo lontano da te. Con questo, Gesù ci volle insegnare che dobbiamo sradicare completamente un uomo, per quanto caro o vicino — anche se ci fosse caro come un occhio della testa — che cerchi di toglierci dalla fede e dall’amore del nostro Dio. Per questo i cristiani giustamente attaccano voi e la terra che avete occupato, perché bestemmiate il nome di Cristo e allontanate dal suo culto quelli che potete. Se però voleste conoscere il creatore e redentore, confessarlo e adorarlo, vi amerebbero come loro stessi“. Francesco propose al Sultano la prova di Dio: attraversare il fuoco. Se lui fosse sopravvissuto alle fiamme, senza avere alcun danno, lui e il suo popolo si sarebbero convertiti a Cristo. Il Sultano, per paura di una rivolta popolare dei musulmani, rifiutò l’estrema prova: comunque rimase sbalordito dall’enorme fede di Francesco. Inoltre, ucciderlo avrebbe provocato la reazione rabbiosa dei Crociati, che erano vicino al loro campo, per i quali Francesco era un grandissimo santo, un uomo di Dio. Quindi il Sultano preferì lasciar andare via Francesco e gli altri. Va detto che San Francesco mai si oppose alla Crociata, definendola “la santa impresa”, in quanto con essa si sarebbero giustamente restituiti alla Cristianità i luoghi sacri della Redenzione, che furono sottratti dai cristiani con la forza da parte degli Islamici.

    SAN FRANCESCO E LE STIMMATE

    Stimmate
    14 Settembre 1224, giorno dell'Esaltazione della Croce: attorno a quel giorno, San Francesco riceve le stimmate sulla Verna, festeggiate il 17 Settembre. Si tratta di avere le stesse piaghe di Gesù; inoltre, nelle sue mani e nei suoi piedi si formarono come delle escrescenze a forma di chiodi. Fu il primo cristiano stimmatizzato (anche se si pensa che San Paolo abbia avuto le stimmate). Le stimmate indicano una vicinanza più completa all'amore e alla passione del Signore.


    San Francesco tornò in Italia e si ritirò sul monte della Verna, il "crudo sasso" fra Tevere ed Arno, dove ricevette l'ultimo e definitivo sigillo alla Regola, cioè le stimmate, che portò per due anni, fino alla morte.

    nel crudo sasso intra Tevero e Arno (sul monte della Verna tra Tevere e Arno)
    da Cristo prese l’ultimo sigillo, (ricevette da Cristo l'ultimo sigillo (le stimmate),
    che le sue membra due anni portarno. (che il suo corpo portò per due anni.)

    La Verna si trova sull'Appennino toscano. Si tratta davvero di un "crudo sasso", cioè un grande macigno che sembra sorgere all'improvviso dal terreno erboso circostante. Una leggenda narra che il roccioso Monte della Verna si fosse creato a seguito di un forte terremoto, con conseguente eruzione sul crinale della montagna, avvenuto nel momento della morte di Gesù in croce.

    Verna
    Il monte della Verna: qui San Francesco ricevette le stimmate.


    Tommaso conclude la sua narrazione: quando a Dio piacque chiamare a sé da questa vita San Francesco, questi raccomandò ai confratelli la sua donna, la Povertà, quindi la sua anima lasciò il corpo ed egli fu seppellito nudo nella nuda terra, secondo la sua volontà.

    Quando a colui ch’a tanto ben sortillo (Quando a Dio, che l'aveva destinato a un tale bene,)
    piacque di trarlo suso a la mercede (piacque di chiamarlo in Paradiso alla ricompensa)
    ch’el meritò nel suo farsi pusillo, (che egli aveva meritato nel farsi umile,)

    ("pusillo" è un latinismo, dal latino "pusillus", cioè "piccino, meschino", e vuol dire "umile".)

    a’ frati suoi, sì com’a giuste rede, (raccomandò ai suoi confratelli, come a legittimi eredi,)
    raccomandò la donna sua più cara, (la sua donna più cara (la Povertà)
    e comandò che l’amassero a fede; (e comandò loro che l'amassero restandole fedeli;)

    e del suo grembo l’anima preclara (e dal grembo della Povertà la sua anima illustre)
    mover si volle, tornando al suo regno, (volle muoversi, tornando in Paradiso,)
    e al suo corpo non volle altra bara. (mentre al suo corpo non volle altra bara che non fosse la nuda terra.)

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    La tomba di San Francesco, nella Basilica di San Francesco, ad Assisi. Non potevano certo lasciarlo nella "nuda terra"...


    TOMMASO CRITICA I DIFETTI DEI DOMENICANI

    Dopo aver finito l'elogio a San Francesco, Tommaso d'Aquino invita Dante a pensare quale fu il degno collega di Francesco nel governare la nave della Chiesa in alto mare: e questi fu appunto san Domenico, fondatore dell'Ordine cui appartenne il beato. Chi ne fa parte e si attiene alla Regola, non può che acquistare grandi meriti. Tuttavia, le pecore di questo gregge sono diventate ghiotte di altro cibo (cioè i beni terreni), quindi si allontanano dai loro pascoli (cioè, deviano dalla Regola) e, quanto più vagano, tanto più povere di latte tornano all'ovile. Certo, ci sono alcune fra di esse che si stringono al pastore (si attengono alla Regola), ma sono talmente poche, che occorre poco panno a confezionare le loro cappe.

    Ben son di quelle che temono ‘l danno (Certo, ce ne sono alcune che temono il danno)
    e stringonsi al pastor; ma son sì poche, (e si tengono strette al pastore (seguono la Regola), ma sono così poche)
    che le cappe fornisce poco panno. (che serve poco panno a confezionare le loro cappe.)

    A questo punto, Dante, se ha ascoltato con attenzione, può ben capire quali sono i difetti dell'Ordine Domenicano, e può intendere il biasimo di san Tommaso quando ha detto "U’ ben s’impingua, se non si vaneggia", cioè "ci si arricchisce spiritualmente (nell'Ordine Domenicano), se non si devia dalla Regola."

    COMMENTO

    Questo Undicesimo Canto del Paradiso è dedicato soprattutto a San Francesco, mentre il prossimo, il Dodicesimo, sarà su San Domenico. Le lodi di San Francesco sono state fatte da Tommaso d'Aquino, un domenicano, mentre quelle di San Domenico saranno pronunciate da San Bonaventura, un francescano. Tra l'altro, era consuetudine, nel Medioevo, che, durante le celebrazioni degli ordini mendicanti, un domenicano esaltasse il fondatore dei francescani (san Francesco) e un francescano mettesse in risalto i pregi del fondatore dei domenicani (san Domenico). Inoltre, San Tommaso, nel poema, rimprovera i Domenicani e San Bonaventura rimprovererà i francescani. I due canti, quindi, si riflettono a vicenda, formando un chiasmo, cioè un'inversione reciproca tra due frasi o versi consecutivi.
    Tommaso prende spunto dal dubbio di Dante circa le sue parole sui Domenicani per parlare di San Francesco, farne l'elogio e così rampognare i Domenicani infedeli. Per quanto riguarda l'altro dubbio di Dante, quello su Re Salomone, la risposta sarà data più avanti.

    Dante mette insieme San Francesco (1181–1226) e San Domenico (1170–1221) in questi due canti. Infatti, nel Medioevo, sono sempre stati visti insieme come complementari, essendo vissuti contemporaneamente e avendo aiutato la Chiesa ciascuno a modo suo: San Francesco, l'"Altro Cristo", con la sua povertà e carità, e San Domenico con la sua sapienza, scelti dalla Provvidenza come suoi principi e campioni.

    Nel Cantico del Paradiso sono frequenti gli attacchi contro al Chiesa: quello di S. Tommaso d'Aquino contro i Domenicani è solo un esempio, tra i tanti che seguiranno.

    STRUTTURA SIMBOLOGICA DEL PARADISO

    Se si dividesse il Paradiso in tre parti, riscontreremmo la presenza di figure basilari nel canto iniziale e in quello conclusivo di ciascuna delle tre parti. Vi è come un percorso cronologico, che, dall’epoca contemporanea a Dante, ritorna indietro nel tempo, fino al momento dell’Incarnazione. Potremmo parlare di una prospettiva temporale retrograda. Infatti, nella prima parte, abbiamo il primo canto, in cui troneggia la figura di Beatrice, colei che ha permesso al poeta di incontrare Cristo; mentre nell’Undicesimo canto, cioè questo, che conclude il primo terzo della Cantica, incontriamo san Francesco, che è uno dei santi principali del Duecento e dell’intera storia della Chiesa.

    La seconda parte si aprirà con san Domenico (Canto 12), un santo ancora del Duecento come San Francesco, e si concluderà con san Benedetto nel 22° canto, che fu il fondatore del monachesimo occidentale nel secolo 500: quindi si va indietro nel tempo

    La terza parte, col Canto 23°, introduce il trionfo di Cristo, e, attraverso l’incontro coi grandi apostoli (tra cui san Pietro, san Giacomo, san Giovanni) conduce fino alla Madonna (33° e ultimo Canto), che, col suo «sì», ha permesso l’Incarnazione, rendendosi così Corredentrice dell’umanità e, infine, alla visione della Trinità.

    Dai santi contemporanei di Dante si passa così gradualmente, sempre più indietro, fino a quel momento nel tempo in cui il Mistero, facendosi carne umana, ha mostrato all’uomo il modello da seguire, cioè Gesù Cristo: da allora ogni uomo è chiamato alla santità, cioè all'imitazione di Cristo.

    VITA DI SAN FRANCESCO

    Francesco-e-Lupo
    Il famoso incontro tra San Francesco e il Lupo di Gubbio.


    Nato nel 1181 (o 1182) ad Assisi, figlio di Pietro di Bernardone, mercante di tessuti con la Francia, Francesco cresce affascinato dai cavalieri che conosce attraverso la lettura dei romanzi d’Oltralpe. Perceval e Lancillotto sono solo alcuni esempi che sono per lui il modello ideale a cui vorrebbe assomigliare. Così, a 20 anni, partecipa alla guerra che vedeva contrapposta Assisi a Perugia e viene imprigionato. Più tardi, nel 1204, tenta di raggiungere Gualtieri III di Brienne per unirsi alla Crociata, ma si ammala nei pressi di Spoleto. Un’ennesima sconfitta per uno come lui che intendeva eccellere nel campo delle armi. Sono tutti episodi estremamente significativi nel percorso di conversione. Nel 1205, partito per Roma per ottemperare a compiti assegnatigli dal padre, dona parte dei beni ai poveri. Poi, sulla strada di casa, incontrando un lebbroso, lo abbraccia e lo bacia, riconoscendo in lui il volto di Gesù. Nello stesso anno, sente il crocifisso della chiesa di san Damiano rivolgersi a lui: "Francesco, va’ e ripara la mia casa che, come vedi, è tutta in rovina". Nel 1206, di fronte al vescovo, autorità religiosa e civile, dinanzi al padre e alla cittadinanza, Francesco rinuncia all’eredità paterna, lascia tutte le sue sostanze e inizia una vita nuova, tra la predicazione del Vangelo e la mendicanza. In poco tempo, molti diventano i suoi seguaci, tanto che nel 1209 si reca a Roma per chiedere l’approvazione orale della Regola da papa Innocenzo III. Al 1223, anno dell’approvazione scritta della regola da parte di papa Onorio III, risale secondo la tradizione anche il primo presepe a Greccio: infatti, San Francesco fu l'inventore del Presepe. Dopo aver seguito i Crociati in Terra Santa e aver cercato di convertire i Musulmani, ritornato in Italia, nel 1224, alla Verna, Francesco riceve le stimmate, portando così su di sè la sofferenza e l'amore di Cristo in croce. È anche l’anno in cui Francesco compone il Cantico delle creature, considerato il primo testo della letteratura italiana: fu realizzato dal Santo anche in contrasto con l'eresia catara/albigese, che disprezzava il Creato, considerandolo diabolico. Il 3 ottobre 1226 Francesco ritorna al Cielo. È sera, per questo il dies natalis, il giorno di nascita alla vita eterna, quello in cui si celebra il santo, è il 4 ottobre.

    CANTICO DELLE CREATURE

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    Altissimu, onnipotente, bon Signore,
    tue so' le laude, la gloria e 'honore et onne benedictione.
    Ad te solo, Altissimo, se konfàno
    et nullu homo ène dignu te mentovare.

    Laudato sie, mi' Signore, cum tucte le tue creature,
    spetialmente messor lo frate Sole,
    lo qual è iorno, et allumini noi per lui.
    Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore,
    de te, Altissimo, porta significatione.

    Laudato si', mi' Signore, per sora Luna e le stelle,
    in celu l'ài formate clarite et pretiose et belle.

    Laudato si', mi' Signore, per frate vento
    et per aere et nubilo et sereno et onne tempo,
    per lo quale a le tue creature dài sustentamento.

    Laudato si', mi' Signore, per sor'aqua,
    la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta.

    Laudato si', mi' Signore, per frate focu,
    per lo quale ennallumini la nocte,
    et ello è bello et iocundo et robustoso et forte.

    Laudato si', mi' Signore, per sora nostra matre terra,
    la quale ne sustenta et governa,
    et produce diversi fructi con coloriti flori et herba.

    Laudato si', mi' Signore, per quelli ke perdonano per lo tuo amore,
    et sostengono infirmitate et tribulatione.
    Beati quelli che 'l sosterrano in pace,
    ca da te, Altissimo, sirano incoronati.

    Laudato si' mi' Signore per sora nostra morte corporale,
    da la quale nullu homo vivente pò scappare:
    guai a quelli che morrano ne le peccata mortali;
    beati quelli che trovarà ne le tue santissime voluntati,
    ka la morte secunda no 'l farrà male.

    Laudate et benedicete mi' Signore' et ringratiate
    et serviateli cum grande humilitate.


    BIBLIOGRAFIA
    https://divinacommedia.weebly.com/paradiso-canto-xi.html

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    1 gli amforismi si riferiscono agli studi medici, perchè "Aforismi" era il titolo dell'opera di Ippocrate, il padre della medicina: nell'opera sono esposti i principi della professione del medico, volti ad una puntuale ricerca delle cause e le misure più efficaci contro le malattie.

    2 Amiclate: Nella Pharsalia (o Farsaglia) del poeta Marco Anneo Lucano, si parla di Amiclate, un pescatore talmente povero da non temere di lasciare la porta della sua capanna aperta durante le scorrerie di Cesare e Pompeo durante la guerra civile: tanto, non potevano rubargli nulla, visto che non aveva nulla.
  5. .
    31 - PELINE PESCA

    Peline va a far compere: prende degli ami da pesca per i pesci di lago, 5 cent l'uno. Passando, vede una donna che butta via una pentola ormai rotta nel suo fondo e Peline le chiede se la può prendere. La donna dice di sì, però si chiede cosa se ne può fare lei. Nel frattempo, il signor Bendit, che lavora per Pandavoine, va all'osteria e incontra l'ingegner Fabry. Mangiando insieme a lui, dice tra le altre cose che ci vorrebbe un buon traduttore per gli ingegneri inglesi che stanno collaborando con loro. Lui conosce l'inglese, ma non a un livello tale da parlare con gli ingegneri.

    P1


    Rosalie ora si è ripresa e, anche se ha un braccio al collo, si occupa di servire i clienti e porta da mangiare a Bendit e Fabry. Lui le chiede come se a passa Aurelie, e lei gli dice che se la cava benissimo, fa tutto da sola: le scarpe, le pentole, eccetera.
    "In pensione? E come fa?" chiede sorpreso Fabry.
    "Aurelie non è più nella pensione."
    "Eh? E dove sta adesso?"
    "Ecco...non glielo posso dire."
    "Perchè?"
    "Non ve lo posso dire dove sta perchè ho dato la mia parola d'onore."

    P1


    Peline aggiusta la pentola e prepara una lenza per la pesca. Inizia a pescare, mentre Barone si mette ad abbaiare contro un airone.
    "Non fare chiasso, Barone, o allontani i pesci" lo rimprovera Peline.
    Alla fine, prende solo un pesciolino.
    "Peccato, pensavo di prendere qualcosa di più grande. Devo andare in fabbrica, adesso."
    Riprende a portare il carrello, mentre Rosalie, che si è ripresa, porta da mangiare a Peline per la pausa pranzo.
    "Perchè non ti sei più fatta vedere?"
    "Ho avuto da fare: guarda, mi sono fatta la sottogonna. Ho anche fatto una forchetta col legno. Devo ancora migliorarla."
    "Ma ti posso dare io delle posate..."
    "No, grazie, ma non posso accettare. Tra l'altro, mi servirebbe il crine di quel cavallo."
    Peline si avvicina e, anche se con fatica, riesce a prendere qualche filo dalla coda del cavallo.

    P1


    Quando torna nella casetta, vede Paul, il fratellino di Rosalie, che gioca con Barone e inizia a preparare i crini di cavallo per legarli ad un'asta di legno e così pescare. Mette l'amo e lo getta in acqua: dopo un pò, riesce a prendere un pesce.
    "Bene, lo cucinerò subito."
    Il giorno dopo, Peline riceve la paga: 3 franchi e 60 centesimi. Va nel panificio. Mentre Rosalie spazza davanti all'osteria, vede Peline che arriva con un filone di pane: quest'ultima le dice che la vorrebbe invitare a pranzo nella sua casetta domani, che è Domenica.
    "Ah, porta con te le posate, per favore" aggiunge Peline.

    P1


    Arriva l'ingegner Fabry:
    "Oh, andate da qualche parte?"
    "Sì, ma la gita è riservata solo a noi due" dice Rosalie.
    "Ah, sono escluso allora. Va bene, fate una buona gita" e va all'osteria.
    Dopo che Peline se n'è andata, Paul dice a Rosalie:
    "Vi ho sentito, vengo con te domani!"
    "Aurelie ha invitato solo me" ribatte Rosalie.
    "Vuoi mangiare da sola con lei?"
    "Macchè mangiare, mi ha invitata solo per farle compagnia, non l'hai capito?"

    Ma intanto, Peline prepara il brodo e il pesce. L'ingegner Fabry passa da quelle parti, leggendo un libro, senza notare Peline. Arrivano Rosalie e Paul:
    "Scusa, ma Paul voleva venire e non c'è stato verso di convincerlo" spiega Rosalie.
    "Non importa, riposatevi un momento, vi dico io quando è pronto."
    Poi li chiama: Rosalie assaggia con le sue posate e Paul usa le posate di Peline (quindi ha preso il suo posto). Prendono la zuppa di erbe. Poi il pesce: è un branzino (o spigola) per Rosalie, mentre quello per Paul è una carpa. Inoltre, ci sono anche delle verdure, della cicoria, bacche e ravanelli.

    P1


    Mentre mangiano, sentono un rumore: un uomo è caduto nello stagno. E' l'ingegner Fabry, che si era appisolato su un ramo mentre leggeva ed è finito in acqua. Si mette a nuotare vestito, poi esce davanti a Peline e Rosalie. Loro gli asciugano i vestiti e Peline gli offre una zuppa calda.
    "Siete un bel tipo, però, ingegner Fabry!" commenta Rosalie.
    "E' vero: non leggerò più sugli alberi, è troppo pericoloso."
    Intanto, Paul gioca con Barone mostrandogli una rana.

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    COMMENTI

    Ecco quello che ha preparato Peline per Rosalie e Paul. Un pesce per ciascuno: un branzino per Rosalie e una carpa per Paul. Sanpei ne sarebbe andato fiero. Inoltre, c'è del pane, i tipici panini col taglio sopra, e delle verdure: cicoria, bacche e ravanelli, raccolti attorno all'isoletta dove si trova Peline, quasi una novella Robinson Crusoe.

    P1


    Il pranzo in fabbrica somiglia molto al tipico bento giapponese: un vassoio col coperchio, contenente ingredienti vari. Di solito, sono piccole porzioni di piatti freddi da mangiare fuori casa.

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    Nel romanzo non c'è il fratellino di Rosalie, Paul. Inoltre, avviene anche l'invito a pranzo di Peline con Rosalie: inoltre, è in quella circostanza che Rosalie dice che Bendit, il dipendente della fabbrica che sa l'inglese, si è ammalato e attualmente Peline è l'unica che conosce l'inglese, perchè l'ingegner Fabry deve andare via e c'è bisogno di un interprete di inglese per le persone che vengono dall'Inghilterra. L'incontro tra Fabry e le ragazze nel romanzo non accade.
  6. .
    30 - L'AMICA DI ROSALIE

    Peline si sveglia nella casetta e vede Barone che sta per fare la pipì dentro le mura, e Peline lo manda fuori:
    "Non fare i tuoi bisogni in casa, Barone!"
    Poi si alza e si guarda intorno.
    "Dovrò pulire a fondo qui."
    Sente abbaiare: Barone ha trovato delle uova di anatra da mangiare. Peline commenta:
    "Mah, forse la mamma le sta covando. Lasciale stare, Barone, eh!".
    Peline taglia i rami del salice piangente e ne fa delle frasche per pulire. Poi sente suonare la sirena e corre verso la fabbrica.
    "Barone, tu non puoi venire alla fabbrica. Fà il bravo e aspettami."

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    Peline incontra l'ingegner Fabry e lo saluta.
    "Come sta Rosalie?"
    "Bè, ieri ha avuto la febbre, il dottore l'ha visitata. Anche tu devi stare attenta quando lavori, eh!"
    Mentre Peline trascina il carrello, si accorge che una sua scarpa si è aperta.
    "E ora che faccio?"
    "Ehi, perchè ti sei fermata? Mettiti al lavoro!" grida Oreaux, il capomastro.
    Peline riprende come può, poi si lega la scarpa con un pò di corda. Ma se non fa subito qualcosa, tra un pò la scarpa andrà a pezzi.

    P1


    Dopo la giornata di lavoro, va all'osteria a trovare Rosalie. Sua nonna le dice:
    "E' stata male tutta la notte, adesso dorme. E' meglio non svegliarla. Il dottore ha detto che domani starà meglio."
    "Meno male, tornerò domani."

    Peline esamina i suoi soldi: non ne ha abbastanza per risuolare la scarpa. Sabato avrà la paga, ma sarà comunque troppo poco.
    "Bè, devo provare a fare quella cosa, allora" pensa Peline.
    Arriva Paul, il fratellino di Rosalie.
    "Ah, vieni, Paul. Mi aiuti a raccogliere le canne?" chiede lei. Dopo averne prese un pò, Peline le intreccia.
    "Cosa stai facendo?" chiede Paul.
    "Delle scarpe. Le mie si sono rotte."
    "Eh?"
    "Sì, faccio una suola di scarpa con questi vimini. In Spagna le fanno così."
    "Ma non fai prima a comperarle?"
    "Non ho abbastanza soldi."

    P1


    Il risultato però non è molto buono. Bisogna ritentare.
    "Scusa, Paul, ma devo stare attenta e tu mi stai distraendo. E' buio, è meglio se vai a casa."
    "Va bene: ma ti potrei portare le scarpe di Rosalie."
    "No, grazie, Paul, troverò una soluzione."
    Dopo che Paul si allontana, Peline osserva le canne intrecciate e dice:
    "Devo farmi un paio di scarpe ad ogni costo."
    Lavora tutta la notte, macina le canne e ottiene delle corde intrecciate, molto resistenti. Alla fine si riposa un pò, poi si sveglia e dice a Barone:
    "Devo andare in fabbrica. Tu non mi toccherai le corde, vero?"
    Barone abbaia.
    "Hmm, non mi fido. Le metto qui" e le lega ad un chiodo in alto al soffitto. "Vado in fabbrica, non giocare con le cordicelle!"

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    Peline corre in fabbrica a piedi nudi per rovinare meno le scarpe, poi se le mette in fabbrica e riprende il lavoro col carrello. Alla fine della giornata, va a comperare un ago, dello spago, della tela e un metro di nastro blu. Una volta in casa, Peline inizia a cucire le corde. Arriva Paul e porta delle candele.
    "Grazie, Paul. Troveresti mica delle pietre qui attorno per affilare il coltello?"
    "Aspetta."
    Dopo poco tempo, Paul le trova e Peline inizia a lavorare il coltello: poi toglie la suola dalla scarpa vecchia e con la pelle delle scarpe ne fa uno stampo modello per tagliare la pelle nuova per le scarpe nuove. Paul la saluta e Peline lavora tutta la notte: ma alla fine ha le scarpe nuove.

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    Alla mattina si mette le scarpe e va in fabbrica. Mentre lavora, un'operaia le dice:
    "Aurelie, dove hai comperato quelle scarpe? Sono molto belle. Sembrano fatte per ballare."
    "Me le sono fatte da sola."
    "Ma va là."
    "Sul serio."
    "Davvero? Fammele vedere un pò."
    "Ehi, voi due, lavorate!" dice il capomastro.

    Dopo la giornata, Peline va a trovare Rosalie, che è ancora a letto. In quel momento sta parlando con la nonna Francoise:
    "Nonna, mi puoi chiamare Aurelie? Mi annoio a non parlare con nessuno" dice Rosalie.
    "Ma ci sono tanti clienti adesso, figliola!"
    "Ma chi è più importante, i clienti o tua nipote?"
    "Su, porta pazienza, vedrai che Aurelie prima o poi verrà a trovarti."
    "Tu non mi vuoi più bene."
    Ad un certo punto, arriva Peline.
    "Ciao, Rosalie, cosa fai, litighi con la nonna?"
    "Oh, Aurelie, meno male che sei venuta, questa stava diventando insopportabile, non si sa più come trattarla."
    "Nonna, non dovevi badare ai clienti?" dice Rosalie seccata.
    "Va bene, va bene" e se ne va.

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    "Su, Aurelie, siediti qui e raccontami."
    "Come stai adesso?"
    "Bene, ormai è passata, ma il dottore ha detto che devo stare ancora a letto per un pò. Senti, dove hai trovato quelle scarpe? Sono molto eleganti."
    "Ti piacciono?"
    "Molto. Ti saranno costate, però."
    "Le ho fatte io. Mi sono costate solo 35 centesimi."
    "Stai scherzando?"
    "No, davvero. Te lo può dire Paul, lui mi ha vista mentre ci lavoravo."
    "Alla pensione?"
    "Io non sono più alla pensione."
    "Eh? E dove sei adesso?"
    "In un posto che non mi costa niente: la riserva di caccia. Ti ricordi che te ne avevo parlato?"
    "Sì, è vero. Ma ci abiti da sola?"
    "C'è Barone con me."
    "Ma non hai paura?"
    "Ci sono abituata."
    "Sei una ragazza strana. Io mi annoierei a stare da sola."
    "Metterò un pò in ordine il posto, con quello che devo fare non ho tempo di pensare che sono da sola. Devo anche fare le pentole e i piatti."
    "E' meglio se non dici a nessuno dove stai, Aurelie."
    "Certo. Non dire nulla neanche tu, mi raccomando."
    "Stai tranquilla."

    P1


    Peline se ne va:
    "Tornerò a trovarti domani, Rosalie. Ciao!"
    Peline è un pò sollevata: domani è giorno di paga.
    "Potrò prendermi una camicia."
    Va in negozio e prende 2 metri quadri di cotone.
    "40 centesimi."
    "Va bene."
    E, tornata a casa, inizia a prepararsi una camicia nuova con la stoffa.

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    COMMENTI

    Nel romanzo originale, a Rosalie accade di peggio: le viene tagliato il dito mignolo. Inoltre, sempre nel romanzo, Peline chiama il posto dove ora si rifugia "Buona Speranza". Anche nel romanzo, Peline riesce da sola a farsi un paio di scarpe, con lo stesso procedimento presente nell'anime. Più che con Fabry, nel romanzo Peline parla con Bendit, il dipendente che conosce l'inglese e che compare poco nell'anime.
  7. .
    29 - AL DI LA' DEL BOSCHETTO

    Il sole spunta sulla fabbrica di Maraucourt. Peline, stanca morta, si era addormentata sull'erba, sotto il salice. Barone si sveglia e si lava nel laghetto vicino. Anche Peline si sveglia e vede il boschetto col piccolo lago, dove stanno passando due paperi.
    "E' un posto bellissimo" commenta lei. Peline si incammina per dare un'occhiata e nota una costruzione di legno, piccola, abbandonata, oltre un tratto d'acqua: è un padiglione di caccia. Vorrebbe andare a vederlo, ma non è facile attraversare l'acqua. Barone trova un'asse di legno abbandonata sull'erba e Peline la usa, appoggiandola sulla barca lì vicino. Raggiunge così il padiglione di caccia.
    "Non è male, con un pò di ritocco si potrebbe stare qui."
    Si stende sulla paglia.
    "Mi piacerebbe stare qui, si sta meglio che da quella megera della pensione. C'è più luce e non ci sono estranei."
    Sente il fischio della fabbrica.
    "Aspettami qui, Barone: vado in fabbrica. Se hai fame, mangia questo pane. Non muoverti e aspettami."

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    Intanto, gli operai vanno al cotonificio. Rosalie chiama Aurelie, che non le risponde: infatti, Peline si è dimenticata di avere adesso questo nome.
    "Aurelie, cos'hai? Ti stavo chiamando" chiede Rosalie raggiungendola.
    "Eh? Ah, scusa, ero soprappensiero."
    "A cosa pensavi?"
    "C'è un boschetto poco fuori dal paese, dopo il dormitorio, ci ero andata ieri: ho visto un laghetto e una costruzione di legno...tu la conosci?"
    "Quello? Certo, è il padiglione da caccia dove vanno i cacciatori d'inverno: adesso non ci va nessuno."
    "Ottimo posto, ero andata stamattina a fare una passeggiata in quel bosco."

    In fabbrica, Peline riprende il lavoro del carrello e Rosalie la saluta. Il capomastro le dice:
    "Rosalie, non ti distrarre a salutare gli altri, puoi farti male! Pensa al lavoro!"
    Peline continua a trasportare il carrello e il capomastro le chiede se ha preso confidenza. All'improvviso c'è un grido: Rosalie si è fatta male.
    "Fammi vedere!" dice il capomastro.
    "Mi è rimasto tra gli ingranaggi..." dice lei.
    "Una brutta ferita al dito...te lo dicevo, Rosalie! Tornate al lavoro, voi, e fate attenzione! A lei penso io!"
    Le altre operaie tornano ai loro pezzi.
    "Aurelie, tu sei sua amica, vero? Portala dal direttore Toluel"
    "Ha bisogno di essere medicata."
    "Appunto, portala quindi dal direttore, che chiamerà il medico."

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    Le due ragazze si allontanano.
    "Non fa che combinare guai, quella" sospira il capomastro. Poi si rivolge alle altre: "Su, al lavoro!"
    Peline chiede a Rosalie:
    "Capitano spesso questi incidenti?"
    "Sì."
    "Devi andare dal medico."
    Rosalie quasi scoppia a piangere:
    "Toluel può rimproverarmi e non chiamare nessuno. E' un uomo molto meschino."

    Infatti, Toluel, quando vede la ferita, dice:
    "Non mi sembra molto grave."
    "Ha bisogno di un medico" insiste Peline.
    "Decido io cosa fare!" risponde lui, stizzito. Nel frattempo, Guillaume, il conducente di Vulfran Pandavoine, entra nello studio di Vulfran per accompagnarlo alla carrozza, e, quando Pandavoine esce, sente le voci di Peline e Toluel nel corridoio.
    "Aspetta, Guillaume" dice, ascoltando.

    "Allora, ripetimi quello che è successo" dice Toluel a Rosalie. "Sei sicura che non sia colpa tua?"
    "Ma cosa dice? E' ingiusto!" esclama Peline.
    "Tu torna al lavoro!"
    All'improvviso, entra Guillaume.
    "Cosa fate qui, Guillaume? Non disturbate" dice Toluel.
    "Non sono qui per conto mio. Il signor Pandavoine vuole parlarle" e mostra dietro di lui il signor Pandavoine: Toluel impallidisce.
    "Si può sapere perchè stavi urlando come un ossesso, Toluel?" chiede lui.
    "Ecco..."
    "Un'operaia si è fatta male" interviene Peline.
    Pandavoine riconosce la voce di entrambe:
    "Sei tu, Rosalie? Come stai? Sei stata dal medico? Ma perchè piangi invece di rispondere? Su, vai a casa. Dirò al dottor Rucher di venire a visitarti. Toluel, occupatene tu. C'è qualcuno che può accompagnarti a casa, Rosalie?"
    "C'è la mia amica Aurelie, che è qui con me."
    "Aurelie? Ah, tu sei quella ragazza di ieri, vero? Puoi accompagnare la tua amica a casa?"
    "Certo. Grazie, signor Pandavoine."

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    Le due ragazze escono dal cancello.
    "Il signor Pandavoine ha molta attenzione per me, ma credo che sia per via di mia nonna Francoise, che era stata la balia di suo figlio Edmond" commenta Rosalie.
    Quando arrivano, la nonna di Rosalie chiede preoccupata:
    "Che è successo?"
    Dopo aver spiegato, la tranquillizzano dicendo che tra poco verrà il dottore: Rosalie viene portata a letto. Arriva Paul, il fratellino di Rosalie, e chiede a Peline dov'è Barone: l'aveva cercato al dormitorio.
    "L'ho lasciato nel bosco" spiega Peline, mentre in quel momento Barone dà la caccia agli aironi.

    Peline va alla pensione: ha intenzione di abitare nella capanna del bosco, quindi chiede alla padrona di restituirle l'anticipo di ieri. Ma la vecchia megera non vuole sentire ragioni:
    "Se vuoi andar via dalla pensione fai pure, ma i tuoi soldi me li tengo."
    "Ma io non ho neanche dormito una notte lì!" protesta Peline.
    "Lo sai perchè mi faccio dare i soldi in anticipo? Proprio per evitare che mi capitino dei clienti volubili come te!"
    "Ma non è giusto!"
    "E' inutile, i soldi non te li restituisco. Sparisci!" e se ne va chiudendo la porta in faccia a Peline.
    Rassegnata, se ne va: col pagamento alla pensione, ormai ha pochi soldi. Se non arriverà al giorno di paga, sarà difficile sopravvivere. Ha solo un pò di soldi per prendere del pane.

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    Ma ormai ha deciso di dormire in quella casetta di legno e si dirige lì, chiamando Barone. Con lui compare anche Paul.
    "Sono venuto a fare compagnia a Barone" spiega il bambino.
    "Bravo, Paul" risponde Peline "Ma ora si sta facendo buio, è meglio se vai a casa."
    "Va bene. Ma adesso tu vivi qui, Aurelie?"
    "Sì, ma non dirlo a nessuno, mi raccomando."
    "Nemmeno a Rosalie?"
    "Glielo dirò io, non preoccuparti."
    Paul saluta Peline e se ne va.
    "Ho preso un pò di pane, Barone. Mangiamo?"
    Dopo aver mangiato, Peline si addormenta nel padiglione di caccia.

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    NOTE

    L'accuratezza dell'ambientazione della fabbrica Pandavoine è davvero ammirevole in questo anime. Queste scene andrebbero benissimo in un documentario, per dire.

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    Anche nel romanzo Rosalie si ferisce alla mano e viene aiutata da Peline e dal signor Pandavoine. Pure nel romanzo, Peline (chiamata Pierina) va a vivere nella piccola capanna dei cacciatori. Il guardiano, Oreaux, nel romanzo è chiamato "Papà Birillo".
  8. .
    ZOROBIN ENIES LOBBY ARC 3 - ZORO VS KAKU

    At Enies Lobby Zoro faces Kaku, one of the strongest of CP9, second only to Rob Lucci: here the swordsman's fighting spirit is more bestial than ever, precisely in these circumstances in which Robin's life is at stake. He is ready to kill the enemy in order to have the key: at the end, among all the keys recovered by Luffy's group, it will be Zoro's key that will free Robin from her agalmatolite handcuffs. It should be noted that Zoro tells Kaku that, in the fight before Water Seven, his strength did not match that of now. And yet, we have not seen Zoro do any particular training before arriving at Enies Lobby: in essence, the Zoro that Kaku faces is the same as the Water Seven. So what's the difference? The difference is that Zoro is more decisive and determined here, once he understands Robin's motivations. Indeed, Kaku himself says that Zoro's fighting spirit here is impressive, similar to that of a wild beast: and one can't help but think that Zoro is like this because of Robin.

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    Zoro calls the Usopp-sword "Hana Arashi": a term that contains the word "hana" (flower), which is Robin's symbol and recalls her devil fruit, the Flower Flower or Hana Hana No Mi, in the original.

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    "I must have the key immediately, otherwise I'll be a loser!": quite a romantic phrase, isn't it? Indeed, Zoro defines himself as "loser" in case of failure means that he will lose someone important, precisely Robin. You've never seen a Zoro so fierce.

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    Zoro's definitive fighting technique to beat Kaku and obtain the key that will free Robin is impressive: it is a technique he has never used before and it is similar to Robin's, in which he multiplies his arms and body, in a manner similar to Robin's Hana Hana No Mi/Flower Flower. Besides, Zoro's technique is called "Asura", which is the name of a demon: another characteristic that unites Robin (nicknamed "the demonic child") and Zoro (considered a demon by people). Not to mention that its resemblance to the technique of Robin is honorific and similar to that of Luffy who uses the Red Hawk in memory of his brother Ace. A truly direct Zorobin.

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    Zoro is in a great hurry to free Robin: this can be clearly seen from the dialogues. He doesn't want to waste time with various observations: we have the key, the way to go to Robin is open, you mustn't waste a moment of time. Of all of them, Zoro is the most determined.

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    Sanji: The roof of the tower slipped again...I wonder if it will hold! Zoro: Who cares? Now, with this key we have them all! Let's hurry and go where Robin is!

  9. .
    28 - LA FABBRICA DEL NONNO

    La gente di Maraucourt si sveglia e va in fabbrica alla 5,45, il momento in cui suonano le sirene. Peline e Rosalie escono per andare al cotonificio.
    "Barone, tu resta qui" dice Peline al cane, che rimane nell'osteria di Rosalie.
    "E' un cane intelligente" osserva l'amica di Peline.
    "Capisce tutto quello che gli dico" conferma lei.
    Mentre si avvicinano ai cancelli della fabbrica insieme agli operai, Peline nota un uomo con gli occhiali, fermo davanti all'entrata.
    "E' Toluel, il signor direttore" spiega Rosalie "Tutte le mattine aspetta l'arrivo del signor Pandavoine."
    "Sembra un pò arcigno" nota Peline.
    "Con gli operai, sì."

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    Rosalie si avvicina a Toluel e gli dice, mostrando Peline:
    "Signor Toluel, questa ragazza vorrebbe lavorare."
    "Va bene, con voi parlerò dopo, aspettatemi in ufficio."
    Il signor Pandavoine arriva in carrozza con Guillaume, il cocchiere: Toluel lo saluta cerimoniosamente. Come spinta da un impulso, Peline all'improvviso corre da Pandavoine e lo chiama, con stupore di tutti.
    "Fermati, Guillaume. Chi è la persona che mi chiama? Non riconosco la sua voce" dice Pandavoine.
    "Sono stata io, perdonatemi, mi chiamo Aurelie."
    Toluel, passato lo sbigottimento, va da Peline e la ferma:
    "Me ne occupo io, signor Pandavoine, mi dispiace per ques..."
    "Aspetta, Toluel" lo ferma Pandavoine alzando la mano. "Hai qualcosa da dirmi? Coraggio" dice a Peline.
    "Ecco...ho sentito dire che il signor Pandavoine ha una malattia agli occhi..."
    "Ehi!"
    "Calmati, Toluel. Continua."
    "Volevo solo dirvi che potreste farvi operare agli occhi, ci sono delle persone che hanno recuperato la vista così."
    Pandavoine è sorpreso.
    "Ti preoccupi per me? Sei gentile. Ma purtroppo sono vecchio e non posso reggere un intervento. Mi sembri giovane. Quanti anni hai?"
    "Ne ho tredici."
    "E dove lavori?"
    "Non ho un lavoro."
    "E la tua famiglia? I tuoi fratelli? Lavorano?"
    "Non ho fratelli, e i miei genitori sono morti."
    "Capisco. Toluel."
    "Si?"
    "Assumi questa ragazza e dalle uno stipendio di 60 centesimi all'ora. Andiamo, Guillaume."

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    Toluel è senza parole. Poco dopo arriva anche l'ingegner Fabry e Rosalie lo saluta: ma Toluel la rimbecca:
    "Rosalie, vai al lavoro!"
    La ragazza saluta Peline e si incammina. Toluel chiede a Peline:
    "Tu hai mai lavorato in un cotonificio?"
    "No, signore."
    "Bah, 60 centesimi a una sconosciuta che non ha fatto niente. Va bene, ti occuperai dei carrelli."
    Dopo che tutti gli operai sono entrati e il cancello è chiuso, arriva affannosamente il signor Theodore, il cugino di Peline (ma lui non lo sa).
    "Ancora tardi, eh, signor Theodore?" dice l'inserviente del cancello, che gli apre.
    "E lei chi è?" dice Theodore, osservando Peline.
    "Una nuova operaia."
    "Va bè" e si allontana in fretta.

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    Peline segue Toluel e va alla fabbrica: lui la presenta a Oreaux, il caporeparto.
    "Oreaux, ti ho portato un'altra operaia. Spingerà i carrell.i"
    "Va bene, signor Toluel."
    Peline vede Rosalie e si salutano.
    "Rosalie, non distrarti! Rischi di farti male al telaio! Lavora!" dice Oreaux. Poi si rivolge a Peline: "Dunque, tu ti chiami...?"
    "Peli...no, Aurelie."
    "Eh? Ti chiami Pelory?"
    "No, Aurelie."
    "Ah, bene. Dunque, Aurelie, questo è il carrello. Lo riempi col cotone in queste casse e poi lo spingi lentamente lungo le rotaie fino a quel capannone. Poi lo svuoti e lo riporti qui; lo riempi ancora e così via. Chiaro?"
    "Sì."

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    Peline inizia il lavoro, riempiendo e scaricando il carrello. Il lavoro è semplice, ma, per chi non ci è abituato, è pesante. Alla pausa pranzo, Peline e Rosalie mangiano insieme sotto un albero.
    "Ti ci vorrà almeno una settimana perchè tu riesca a portare il carrello con una mano" commenta Rosalie.
    Arriva l'ingegner Fabry, che sta leggendo un libro.
    "Sempre a leggere qualcosa, eh, ingegner Fabry?" dice Rosalie.
    "Appena ho tempo, leggo sempre qualcosa. Dovresti provarci anche tu."
    "Ah, a che mi servirebbe?"
    "Anche a me piacerebbe leggere" dice invece Peline "Che libro è?"
    "Sono "I Miserabili di Victor Hugo."
    "E di cosa parla?"
    "Bè, non l'ho ancora finito. Ma posso dirvi quello che ho letto finora: Jean Valjean, una persona povera, aveva rubato del pane per la sua famiglia perchè morivano di fame, ed è finito in carcere. Preoccupato per i figli della sorella, evade, ma viene sempre ripreso. Alla fine, dopo diversi anni, esce, ma nessuno lo vuole. Un giorno, un sacerdote lo accoglie nella canonica e lui, alla sera, gli ruba due candelabri d'argento. Un poliziotto lo cattura e lo riporta dal prete, che però dice che lui aveva regalato i candelabri a Valjean. Il ladro ne rimane commosso e promette di non rubare mai più. Alla fine riesce a diventare sindaco di una città sotto falso nome."

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    All'improvviso, suona la sirena e si deve tornare al lavoro.
    "Ehi, ingegner Fabry, poi ci dice come finisce la storia?" chiede Rosalie.
    "Leggete il libro" risponde lui.
    "Antipatico."
    Peline riprende il lavoro: alla sera, una volta finito, escono e Rosalie porta Peline ad una pensione dove ci si può riposare per pochi soldi.
    "Sono 20 cent a notte" dice l'alberghiera, una donna spocchiosa e antipatica.
    "Va bene" risponde Peline.
    "Dovrai pagare l'anticipo dell'affitto di una settimana. Questo è il tuo letto: come vedi, è in una stanza comune con gli altri letti. E non troverai altri posti così a buon mercato. Quel cane è tuo? Devi legarlo all'albero."
    Rosalie dice a Peline: "Ci vediamo domani."
    "Sì, grazie, Rosalie."
    Peline lega Barone all'albero, mentre alcune donne operaie si avvicinano a Peline e le dicono:
    "Te la passi bene, eh? Sei stata brava a fare le moine al padrone Pandavoine. Dovremmo provarci anche noi, eh? Ma è Toluel quello che stabilisce gli stipendi, quel pagliaccio ipocrita. Ti è andata bene, furbetta" e se ne vanno.

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    Peline, seccata, libera Barone e gli dice:
    "Andiamo un pò nel bosco a fare una passeggiata, cosa ne dici?"
    Vanno lungo il bosco e raggiungono un salice piangente. Peline si riposa lì sotto.
    "Mamma, oggi, quando ho visto passare il nonno, ho provato a dirgli chi ero, ma non ne ho avuto il coraggio. Adesso tutti pensano che gli abbia fatto le moine. Oggi l'ingegner Fabry mi ha raccontato una storia interessante. Vorrei farmi prestare il libro di Fabry per leggerlo..." poi si addormenta sotto il salice.

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    COMMENTO

    L'AMBIENTE DELLA FABBRICA

    Come si vede, nell'anime di Peline Story la ricerca storica è stata molto accurata, in particolare riguardo all'ambientazione dell'industria tessile di Pandavoine, che ha proprio la struttura tipica di un'industria dell'800.

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    Le cuffie erano necessarie perchè non si impigliassero i capelli nelle macchine tessili.


    Anche se adesso le industrie tessili si sono modernizzate, la struttura di base resta sempre la stessa.

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    "I MISERABILI": UN ROMANZO NEL ROMANZO

    L'ingegner Fabry racconta a Peline e Rosalie la storia dei Miserabili e di Jean Valjean, o almeno l'inizio: qui abbiamo qualche scena di come sarebbe stata la storia, se l'avessero realizzata secondo il meisaku classico, cioè con un taglio realista. E il fatto che ne abbiano parlato significa, forse, che alla Nippon Animation avevano pensato di farne una versione meisaku. Ma l'idea non fu mai realizzata a quei tempi: forse perchè era troppo impegnativa.

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    I "Miserabili" di Shuichi Seki: una versione dal taglio realistico.


    Tuttavia, la Nippon Animation non abbandonò l'idea e, anche quando il periodo d'oro del meisaku era già finito da un pezzo, ci provò lo stesso a fare i Miserabili nel 2007, con la serie "Il cuore di Cosette" usando come disegno uno stile il più possibile anonimo e simile a quello "giapponese standard", senza più badare all'aspetto realistico dei meisaku classici, realizzati a quei tempi da Shuichi Seki e da altri professionisti del disegno del meisaku. Non fu un gran successo di pubblico.

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    L'anonimo "Miserabili" della Nippon del 2007.



    CONFRONTO COL LIBRO ORIGINALE "IN FAMIGLIA" DI HECTOR MALOT

    Nel romanzo originale, Vulfran Pandavoine ha due nipoti: Theodore, il figlio del fratello, e Casimire, il figlio della sorella. Nell'anime, invece, abbiamo solo un cugino, Theodore, che è il figlio della sorella di Vulfran. Peline viene ospitata dalla nonna di Rosalie in una cameretta a pagamento. Il dialogo tra Peline e Pandavoine in questo episodio non avviene nel libro. Il primo incontro tra Peline e Pandavoine avviene invece quando lui si rivolge a Rosalie, scena descritta nell'episodio precedente. La scena di Fabry che racconta a Peline ed Aurelie dei Miserabili non c'è nel libro.
  10. .
    PARADISO CANTO 10 - QUARTO CIELO DEL SOLE - I 12 SPIRITI SAPIENTI DELLA PRIMA CORONA: BEDA IL VENERABILE, RICCARDO DI SAN VITTORE, SIGIERI DI BRABANTE (sesta parte)

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    Dante e Beatrice incontrano Tommaso d'Aquino: immagine di Nagai, presa da Dorè. Ma si tratta di una "contraffazione: l'originale di Dorè rappresentava l'incontro tra Dante e Carlo Martello d'Angiò, ma Nagai lo ha modificato presentandolo come l'incontro con San Tommaso d'Aquino.


    Siamo sempre nel Quarto Cielo del Sole, riservato agli Spiriti Sapienti. Tommaso d'Aquino conclude la presentazione a Dante dei dodici spiriti sapienti della Prima Corona (la Seconda Corona sarà presentata più avanti): dopo San Tommaso, Sant'Alberto Magno, Graziano, Pietro Lombardo, Salomone, Dionigi l'Areopagita, Paolo Orosio, Severino Boezio, Isidoro di Siviglia, arriviamo agli ultimi tre: San Beda il Venerabile, Riccardo di San Vittore e Sigieri di Brabante. Qui si fa cenno anche a Isidoro di Siviglia, di cui abbiamo già parlato. Ecco le sue parole:

    "Vedi oltre fiammeggiar l’ardente spiro ("Oltre vedi fiammeggiare lo spirito ardente)
    d’Isidoro, di Beda e di Riccardo, (di Isidoro di Siviglia, del Venerabile Beda, di Riccardo di San Vittore)
    che a considerar fu più che viro. (che nella contemplazione di Dio fu più che un uomo.)

    Questi onde a me ritorna il tuo riguardo, (E questi, dal quale il tuo sguardo torna su di me,)
    è ‘l lume d’uno spirto che ‘n pensieri (è la luce di uno spirito che fu oppresso da gravi pensieri,)
    gravi a morir li parve venir tardo: (tanto che la morte gli sembrò tarda: )

    essa è la luce etterna di Sigieri, (essa è la luce eterna di Sigieri di Brabante,)
    che, leggendo nel Vico de li Strami, (che, esercitando l'insegnamento nella 'Via della paglia' a Parigi,)
    silogizzò invidiosi veri." (dimostrò delle verità dottrinali che suscitarono invidie contro di lui." )

    BEDA IL VENERABILE

    Beda-il-Veberabile


    Beda il Venerabile (674-735), festeggiato il 25 Maggio, fu un monaco inglese e fu anche il patrono degli studiosi. Infatti, fu autore di opere storiche e religiose, ma anche su quasi tutti gli ambiti dello scibile umano. Fu un grande erudito, tanto che fu compreso nel numero dei Dottori della Chiesa. La sua "Storia dell'Inghilterra" ("Historia ecclesiastica gentis anglorum") fu indispensabile per la ricostruzione del periodo più antico della storia inglese, a partire dal crollo dell'impero romano: per questo lo chiamarono "Padre della storia inglese".
    Fece opere di grammatica, storia ecclesiastica e monastica notissime alla cultura medievale. Ancora più diffusa fu l'opera in cui definì i criteri e metodi della cronologia (De Temporibus liber, De Ratione temporum), dell'astronomia e della cosmografia (De Natura rerum). Disse della rotondità della Terra: una cosa già conosciuta sin dall'antichità, ma confermata dai suoi scritti.
    Fu famosa la sua profezia: "Finché resterà in piedi il Colosseo, resterà in piedi anche Roma; quando cadrà il Colosseo, cadrà anche Roma, e quando cadrà Roma, cadrà il mondo."
    San Beda fu sepolto nella Cattedrale di Durham, nell'Inghilterra del nordest. Si racconta che il termine "venerabile" lo scrisse un angelo: infatti, dopo la sua morte, un monaco, nello scrivere il suo epitaffio, scrisse solo: "Qui sono le ossa di Beda". La mattina dopo, il monaco trovò la scritta modificata: era stata cambiata da un angelo durante la notte, che corresse: "Qui sono le ossa del Venerabile Beda". Da allora, fu chiamato così.

    RICCARDO DI SAN VITTORE

    Riccardo-San-Vittore
    Riccardo di San Vittore, oltre ad essere un mistico, scrisse anche dei trattati di mistica.


    Riccardo di San Vittore fu chiamato così per via dell'abbazia benedettina di San Vittore a Parigi, di cui fu monaco e poi priore dal 1162 fino alla sua morte, nel 1173. Teologo, fu il massimo rappresentante della corrente mistica medievale e fu autore di molti libri teologici. Per esempio, il De Trinitate, sulla Trinità, il De Praeparatione animi ad contemplationem, cioè "La preparazione dell'anima alla contemplazione" e altre opere, come l'analisi sul Libro dei Salmi, sul Cantico dei Cantici e sull'Apocalisse. Di origine inglese o scozzese, ebbe una spiccata propensione alla mistica, che gli valsero l'appellativo di "Magnus contemplator", cioè "Grande contemplativo". Dante conobbe assai bene le sue opere: infatti, dice nella Commedia, che "a considerar fu più che viro", cioè nella sua contemplazione di Dio fu più che un uomo, cioè sublimò se steso. In particolare, Dante sostiene la sua osservazione sul fatto che ci sono delle visioni delle realtà superiori di cui si è incapaci di parlare e di cui poi si perde la memoria: infatti, spesso il poeta parla, nel Paradiso, dell'impossibilità di descrivere certe cose e anche di ricordarle perfettamente.
    E' la stessa cosa che si nota, per esempio, nell'Apocalisse dell'apostolo Giovanni, dove si può avvertire la difficoltà di San Giovanni di descrivere bene quello che vede. Infatti, come si fa a descrivere l'indescrivibile? E' una contraddizione in termini. Comunque, la mistica ci prova a farlo, pur coi suoi limiti. Riccardo di San Vittore fu sepolto nella sua Abbazia a San Vittore, a Parigi.

    SIGIERI DI BRABANTE

    Sigieri-di-Brabante
    Il contraddittorio Sigieri di Brabante.


    Sigieri di Brabante è il personaggio più problematico della Prima Corona dei Beati di Dante: non è un caso, infatti, che sia l'ultimo della lista. Rileggiamo la sua presentazione:

    Questi onde a me ritorna il tuo riguardo, (E questi, dal quale il tuo sguardo torna su di me,)
    è ‘l lume d’uno spirto che ‘n pensieri (è la luce di uno spirito che fu oppresso da gravi pensieri,)
    gravi a morir li parve venir tardo: (tanto che la morte gli sembrò tarda: )

    essa è la luce etterna di Sigieri, (essa è la luce eterna di Sigieri di Brabante,)
    che, leggendo nel Vico de li Strami, (che, esercitando l'insegnamento nella 'Via della paglia' a Parigi,)
    silogizzò invidiosi veri." (dimostrò delle verità dottrinali che suscitarono invidie contro di lui." )

    Sigieri fu maestro della facoltà delle Arti di Parigi, appunto nel "Vico de Li Strami", cioè Via della Paglia, o Rue du Fouarre, dove c'erano le scuole di filosofia. Si chiamava così perché gli studenti portavano con sé della paglia, con cui sedersi durante le lezioni. Sigieri fu il sostenitore dell'averroismo latino: si tratta di una dottrina della "doppia verità", che contraddice il cristianesimo. Infatti, secondo la fede cristiana, la ragione e la fede, che vengono entrambe da Dio, non si possono contraddire. Invece, l'averroismo latino dice che sono due verità che si contraddicono, anche se considera più importante la verità della fede. Ma, in questo caso, "fede" diventa una parola vuota, che non si incarna nella realtà e nel vero. E' l'esatto contrario di quello che dice San Tommaso d'Aquino. Che, curiosamente, è la stessa persona che presenta Sigieri di Brabante a Dante.

    Storicamente, Sigieri di Brabante fu accusato di eresia dalla Chiesa e lo stesso San Tommaso d'Aquino fu uno dei suoi principali avversari. Sigieri si appellò al Papa e scese in Italia per chiarire le sue tesi. Però, a Orvieto, fu ucciso da un servitore impazzito.

    Questa dualità tra fede e ragione proposta da Sigieri fu vissuta anche dal giovane Dante, che, tuttavia, nella maturità la risolse con la piena adesione alla fede, riconoscendo che la fede e la ragione non si contraddicono, nè possono contraddirsi. Ancora oggi non è chiaro perchè Dante abbia messo Sigieri tra gli Spiriti Sapienti (anche se è l'ultimo della lista, e questo è già di per sè significativo). Si pensa che Dante abbia voluto in lui sottolineare il tormento, "i pensieri gravi" che lui ben conosceva: l'angoscia derivata dai dubbi che la sua speculazione sollevava, senza essere capace di risolverli. E il fatto che Sigieri sia andato a chiarire le cose col Papa, senza riuscirci perchè morì durante il viaggio, indicava almeno la sua buona fede. Ma è difficile che le "verità dottrinali" di Sigieri, citate da Dante, e che suscitarono "invidie contro di lui", riguardino l'averroismo latino, che di certo non è una "verità dottrinale". E' probabile che Dante faccia riferimento ad altri argomenti filosofici di Sigieri, qui non chiariti.

    CANTO E DANZA DELLE ANIME

    Non appena Tommaso ha finito di parlare e di presentare la Corona dei Dodici Beati, questa ricomincia a ruotare e a cantare così dolcemente che ricorda a Dante un orologio che tintinna per chiamare i frati di un convento a celebrare il Mattutino (la prima delle lodi del convento, fatta durante la notte o comunque prima dell'alba), in modo tale da riempire d'amore lo spirito ben disposto. L'armonia di quel canto è tale che Dante non potrebbe descriverla, poiché solo chi la ascolta direttamente in Paradiso può averne un'idea precisa.

    Indi, come orologio che ne chiami (A quel punto, come un orologio che chiama,)
    ne l’ora che la sposa di Dio surge (nell'ora in cui la Chiesa si leva,)
    a mattinar lo sposo perché l’ami, (a recitare il Mattutino a Cristo affinché egli la ami ancora,)

    che l’una parte e l’altra tira e urge, (in cui una parte tira e l'altra spinge (le ruote dentate dell'orologio),
    tin tin sonando con sì dolce nota, (tintinnando in modo così dolce)
    che ‘l ben disposto spirto d’amor turge; (che riempie d'amore lo spirito ben disposto;)

    così vid’io la gloriosa rota (così io vidi quella gloriosa corona di spiriti)
    muoversi e render voce a voce in tempra (muoversi e cantare con un'armonia)
    e in dolcezza ch’esser non pò nota (e una melodia così dolce che non la si può capire,)

    se non colà dove gioir s’insempra. (se non in Paradiso dove la gioia diventa eterna.)

    COMMENTO

    Questo Canto si chiude con la descrizione del movimento armonioso della corona dei dodici spiriti, che viene paragonata al meccanismo di un orologio, i cui ingranaggi si integrano perfettamente per far suonare il richiamo alle ore canoniche. L'immagine si ricollega a quella iniziale del Sole, indicato come principale indicatore del tempo, e rimanda a quella del monastero, dove il tempo è suddiviso nei momenti liturgici, e dove i monaci vivono in perfetta armonia, come gli spiriti di questo Cielo (che appartennero quasi tutti, come quelli della seconda corona, che sarà descritta più avanti, a ordini monastici). Da rilevare infine la presenza nei versi finali dell'onomatopea tin tin, che riproduce il suono dell'orologio in maniera semplice e immediata, e del verbo "s'insempra" (che vuol dire "diventa eterno", coniato sull'avverbio «sempre»), che chiude il Canto, ed è uno dei tanti neologismi danteschi (cioè, parole inventate) presenti nel Paradiso, che, qui come altrove, ha la funzione di impreziosire ed innalzare lo stile, in corrispondenza con un argomento assai elevato. Tali artifici, come si vedrà, diventeranno via via più frequenti, nel corso del Paradiso. Inoltre, questi versi del "tin tin" sono una delle prime attestazioni degli orologi nel Medioevo: allora erano dei meccanismi che funzionavano appunto con ruote dentate e contrappesi, citate da Dante, e che facevano suonare dei martelletti o dei campanelli, come sveglia: da qui il tin-tin.

    IL DANTE DI NAGAI

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    Il Cielo del Sole mostrato da Nagai.


    Nagai ha dedicato diverse scene alla sezione dedicata al Cielo del Sole: fa incontrare solo Tommaso d'Aquino e Dante, con Beatrice. Inoltre, Tommaso è raffigurato come Carlo Martello d'Angiò: Nagai ha usato le sue sembianze, raffigurate da Dorè, per rappresentare il santo, che così porta un'assurda corona. Ecco i dialoghi:

    Beatrice: Ecco il cielo dove dimorano gli spiriti sapienti...il Cielo del Sole! Questo è il Quarto Cielo.
    Dante: Oh! che luce incredibile! E' talmente forte che dà le vertigini! Ahh...in questa luce così intensa...non riesco a vedere nulla...Beatrice, dove sei? Vedo solo un alone luminoso...
    Beatrice: Non devi vedere con gli occhi, ma col cuore! Questo è il mondo della luce, Dante, lasciati pervadere da questa luce!

    Beatrice


    La faccenda di "non vedere con gli occhi, ma col cuore" sa di intimismo orientale. Dante, invece, usa gli occhi per tutta la Divina Commedia, sia nell'Inferno, che nel Purgatorio, che in tutto il Paradiso. Nessun "occhio del cuore" per il Dante originale, ma occhi veri, come i miei e i tuoi. Questo, infatti, richiama la nostra futura ascesa in Paradiso anche come corpo, non solo come anima. Ma Nagai non è cattolico, non crede quindi nella resurrezione dei corpi. La religione orientale, tutta spirituale, mai corporea, parla sempre di continue reincarnazioni in corpi diversi. Quindi, per Nagai, gli occhi veri contano poco, a differenza del cristiano.

    Dante: Ma io...come posso fare, Beatrice?
    Beatrice: La luce non è altro che l'amore di Dio! Lascia che l'amore divino si diffonda dentro di te! Accettalo docilmente dentro il tuo cuore, lasciando che la tua anima riscopra l'innocenza della fanciullezza.


    Non esiste l' "innocenza della fanciullezza": anche il fanciullo ha il peccato originale. L'innocenza è quella in cui sei privo del peccato originale e di ogni peccato. Non si può identificare l'innocenza, cioè l'assenza di peccato, con un'età. Inoltre, questo "amore divino che si diffonde dentro di te come luce" diventa una misteriosa Forza anonima da Guerre Stellari. Invece, è vero che Dio è Luce, ma è soprattutto Persona: incontrare Dio è un incontro con Qualcuno, non con una "Forza" anonima e impersonale.

    Dante: Ah! Beatrice, ora ti vedo di nuovo...anch'io...sono diventato di luce?
    Beatrice: Sì, agli occhi dei viventi si potrebbe dire così...


    Non c'è nessuna "trasformazione in luce" in Paradiso: noi vedremo Dio come realmente è perchè saremo simili a Lui. Ma non si può spiegare questo: la "trasformazione in luce" non spiega niente e richiama ancora l'annullamento del corpo fisico. Ricordiamo che Dio ha un corpo, e l'avrà per l'eternità, perchè si è incarnato in Gesù Cristo. Non è solo spirito.

    Dante: Ah! Qualcuno sta venendo qui...
    Tommaso d'Aquino: Sono uno degli spiriti che vive nel Cielo del Sole...Tommaso d'Aquino.
    Dante: Oh! San Tommaso! Ti prego, aiutami tu a sciogliere i miei dubbi!

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    San Tommaso d'Aquino col vestito di Re Carlo Martello d'Angiò. Non so perchè Nagai ha scelto questa rappresentazione.


    Dante infatti chiederà a San Tommaso d'Aquino di spiegargli qualcosa nel prossimo canto. Ma la risposta del Tommaso del manga è ancora rivolta secondo il pensiero orientale:

    Tommaso d'Aquino: Tu, che dal mondo terreno ti incammini verso il Paradiso...le risposte che cerchi le troverai nel tuo cuore!
    Dante: Ma come...?! Vuol dire che le risposte ai dubbi che mi tormentano sgorgheranno direttamente dal mio cuore?


    Qui si esclude completamente Dio, considerando solo delle "risposte dentro il proprio cuore". Questo è l'intimismo orientale, simile alla conoscenza secondo la Massoneria. Ma la risposta invece è fuori, non dentro: è una persona, Gesù Cristo, Dio fatto uomo. Non esiste nessuna "risposta dentro il proprio cuore". Da soli non otteniamo nessuna risposta: ci vuole Qualcuno, al di fuori di noi, che ce le dia. Questo è il cristianesimo.

    Beatrice: Nel Paradiso non c'è bisogno di parole, e la voce non serve a chi come te è ora fatto di luce! Siamo nel Cielo del Sole, quello degli Spiriti Sapienti, ricordi? Apri il tuo cuore alla sapienza che dimora in questo cielo!

    Come sarebbe a dire che nel Paradiso non c'è bisogno di parole? Dio è Parola. Sì, i beati leggono la mente di Dante perchè sono tutti in Dio, ma usano sempre delle parole per spiegarsi. Non usano telepatie, sensazioni o altro.

    Dante: Tutti i miei dubbi sulla religione si stanno sciogliendo uno dopo l'altro....ora...ora riesco a comprendere...

    E' un capire senza parlare: ma questa scena nella Commedia non compare mai. Il vero Dante, invece, incontra in Paradiso delle persone con cui parlare, non incontra delle sensazioni che gli spiegano tutto senza dire niente. Dio ha creato la ragione, il cervello, la bocca: è giusto usare questi doni per capire, perchè Dio vuole che questi doni siano usati. Solo nell'incontro diretto con Dio non ci sarà più bisogno di parole: ma questa è la contemplazione della bellezza di Dio. Per avere un'idea, è come rimanere stupiti per un attimo, rimanendo senza parole, davanti alla immensa bellezza di un tramonto o di un'alba. Invece Dante e Beatrice, nel manga, contemplano con gli occhi chiusi.

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    Dante, Beatrice e Tommaso d'Aquino: Nagai qui introduce il Buddismo in un'opera cristiana come la Divina Commedia.


    Ma questo non è cristianesimo: questo è buddismo, in cui si guarda dentro di sè, perchè la realtà per il buddismo è illusione. Tutte le statue del Budda infatti hanno gli occhi chiusi, come segno del rifiuto del reale e del vero. Nella ricerca dell'interiorità si troverebbero le "risposte", dentro di sè, che sono "inesprimibili", cioè, sono senza parole nè spiegazioni, e "inconoscibili", cioè che non si possono trasmettere, ma solo sentire. E' l'intimismo orientale, il buddismo, il rifiuto della realtà in quanto tale.

    Invece il cristiano sa che Dio è creatore del Cielo e della Terra: il reale è vero perchè Dio è vero. Nagai qui presenta invece il Dio inesistente del buddismo (che di base è una filosofia atea). Quindi, in quella pagina con Dante e Beatrice che sono ad occhi chiusi, Nagai non avrebbe dovuto mettere un santo cristiano come San Tommaso d'Aquino, sostenitore della verità delle cose e della realtà. Come già ho detto una volta, S. Tommaso, nelle sue lezioni, portava una mela e diceva: "Questa è una mela. Chi non è d'accordo, può andarsene". Un buddista se ne sarebbe andato via subito.

    BIBLIOGRAFIA
    https://divinacommedia.weebly.com/paradiso-canto-x.html
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    27 - IL VOLTO GELIDO

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    Lungo il cammino, Peline vede finalmente il cartello "MARAUCOURT" con l'aggiunta sotto di "Fabbrica di Vulfran Pandavoine". E' pensierosa: ora che, in pratica, è arrivata, che fare? Ad un certo punto, vede una ragazza che trasporta a fatica un grosso cesto di patate e le cade una patata: Peline la raccoglie e gliela dà.
    "Posso aiutarti?" chiede lei.
    "Ma certo, grazie" risponde la ragazza.
    Mentre portano tutte e due il cesto, la ragazza chiede a Peline:
    "Da dove vieni?"
    "Da lontano. E' qui Maraucourt?"
    "Sì: qui siamo in periferia, però."
    "E c'è qui un cotonificio?"
    "Certo, è lo stabilimento del signor Vulfran Pandavoine. Ci lavorano tutti, lì ci saranno qualcosa come settemila operai. Cerchi lavoro?" "Bè, non saprei..."
    "Ecco, quella è la villa di Vulfran Pandavoine."

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    Peline alza gli occhi e vede un'enorme villa con tetti blu e una grande cancellata. Rimane senza parole: suo nonno dunque abita lì.
    "Lui ci vive da solo" continua la ragazza.
    "Da solo?"
    "Sì. Sua moglie è morta e suo figlio Edmond è all'estero. Il signor Pandavoine è un uomo molto rigido e severo, sai? Quindici anni fa aveva litigato con suo figlio e Edmond si sposò con un'altra ragazza e se ne andò."
    Peline ricorda le ultime parole di sua madre: il nonno di sicuro è ancora arrabbiato per questo. La ragazza continua:
    "Il signor Pandavoine voleva fare una villa per il figlio e per la moglie che avrebbe voluto lui."
    Ad un certo punto arriva un uomo con una paglietta in testa che le saluta:
    "Ciao, Rosalie. Sei sempre chiacchierona, vero? Chi è questa ragazza?"
    "E' un'amica. Mi ha aiutata a portare queste patate, sono molto pesanti, sa, ingegner Fabry?"
    "Ho capito" risponde lui, sollevando il cesto "Vorrà dire che te le porterò io. Andiamo."

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    "Grazie mille. Vieni con noi?" chiede a Peline.
    "Ah...no, grazie. Vorrei restare qui un pò a vedere la villa."
    "Va bene. Se mi vuoi trovare, io sono all'osteria Chamonix."
    "Grazie."
    Dopo che i due si sono allontanati, ad un certo punto, Peline vede il cancello che si apre e vede Vulfran Pandavoine uscire in carrozza, accompagnato dal cocchiere. E' senza parole. Il cancello si chiude, mentre Peline è ancora agitata per aver visto il volto severo del nonno. Capisce che è ancora in collera e, se si presentasse a lui come sua nipote, non l'accoglierebbe.

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    Scende in paese, cercando l'osteria Chamonix e la ragazza Rosalie, chiedendo ad una donna anziana che, prima di rispondere, la squadra in faccia, stupita. Poi risponde:
    "Bè, l'osteria Chamonix è il mio locale. Io sono la nonna di Rosalie. Ma come fai a conoscerla?"
    "Ci siamo viste questa mattina, signora."
    "Ho capito, seguimi."
    Mentre Peline segue la donna, le chiede:
    "Perchè prima mi avete fissata?"
    "Niente, solo, mi ricordavi qualcuno."
    La porta all'osteria:
    "Adesso chiamo Rosalie. Ah, tu come ti chiami?"
    "Ehm...Aurelie."

    Peline non ha voluto dire il suo vero nome, per sicurezza. Arriva Rosalie e le dice che vorrebbe trovare lavoro nel cotonificio.
    "Non è difficile" risponde lei "Devi andare a parlare col direttore Toluel domattina alle 6. Dove pensi di stabilirti? Hai un indirizzo?"
    "Bè, non so...quanto costano gli affitti? Coi primi guadagni potrei..."
    "Se pensi di affittare coi soldi di guadagno, non ce la farai mai. Hai mai lavorato prima in un'azienda? Sai usare le macchine per cardare il cotone?"
    "No."
    "Allora ti manderanno a spostare i carrelli, è una cosa che sanno fare tutti. La paga è di 50 centesimi all'ora. Io lavoro alle macchine e guadagno 80 centesimi all'ora."

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    Arriva il padre di Rosalie e la ragazza chiede:
    "Vorresti prendere lo spezzatino di patate? Mio padre è bravo!"
    "Ehm, grazie ma non so se posso pagarlo..."
    "Lascia stare" e Rosalie chiede al padre di farle gratis lo spezzatino. "Puoi dormire da me."
    "Ti ringrazio molto, Rosalie."
    La donna anziana ritorna.
    "Lei è mia nonna, Francoise" spiega Rosalie "E' stata la balia di Edmond Pandavoine. Il signor Pandavoine non lo dice, ma vorrebbe che il figlio ritornasse qui al più presto per gestire la fabbrica."
    Ad un certo punto, sentono l'avvicinarsi di una carrozza: è quella di Vulfran Pandavoine, che si ferma davanti all'osteria e chiama Rosalie. Quando la ragazza arriva, le consegna dei fogli.
    "Prendi questi documenti e dalli all'ingegner Fabry. Sono molto importanti, mi raccomando."
    "Non si preoccupi, signor Pandavoine, glieli farò avere senza problemi."
    "Sei ancora qui, Rosalie?"
    "Sì."
    "Prendi questa mancia per il lavoro" e le dà 50 centesimi.
    "Grazie."
    Poi Pandavoine dice a Guillaume, il suo cocchiere, di andare, e si allontanano.

    "Pandavoine voleva che mia nipote si chiamasse Rosalie: gli piaceva come nome, e piace anche a me" commenta la nonna Francoise. Peline aveva notato una stranezza:
    "Ma Rosalie, perchè il signor Pandavoine ti aveva chiesto se eri ancora lì? Tu eri davanti a lui!"
    "Il signor Pandavoine non ci vede, Aurelie. E' cieco."
    "Cieco? Quando è successo?"
    "Cinque anni fa ha avuto la polmonite, e già prima aveva dei problemi alla vista: la polmonite, purtroppo, ha dato il colpo di grazia agli occhi."
    Arriva il fratellino di Rosalie, che gioca con Barone. Mentre Peline continua a mangiare, pensando al senso di profonda solitudine che aveva avvertito nel nonno, Rosalie continua a raccontare:
    "Nonostante la sua cecità, è stato capace di mettere su lo stabilimento."
    "E' stato eccezionale!" commenta Peline.

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    Peline va a dormire nello stesso letto di Rosalie, mentre, accanto a loro, dorme il fratellino di Rosalie, con Barone in braccio.
    "Mi sei stata subito simpatica, Aurelie" dice Rosalie "Diventiamo amiche?"
    "Ma lo siamo già, Rosalie."
    "Grazie. E' meglio se dormiamo subito, domani dobbiamo alzarci presto. Buonanotte."
    "Buonanotte."
    Peline però non riesce a prendere sonno: pensa ancora al nonno.

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    COMMENTO

    La sezione di flashback in cui Peline ricorda le ultime parole della madre è stata tagliata nell'edizione italiana. Qui sotto c'è la città di Maraucourt dell'anime (in Francia c'è un paese chiamato Maricourt, ma è prevalentemente agricolo), dove è visibile lo stabilimento industriale Pandavoine, tipico delle prime industrie dell'800.

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    Si tratta di uno stabilimento tessile, fondamentale fonte di lavoro e di guadagno per tutto il paese e per quelli vicini.



    CONFRONTO COL LIBRO ORIGINALE "IN FAMIGLIA" DI HECTOR MALOT

    Ci sono alcune differenze: nel libro, Rosalie vive senza i suoi genitori, ma con degli zii e zie piuttosto cattivi che la costringono a lavorare nella fabbrica. Nell'anime, invece, Rosalie ha il padre che gestisce la trattoria. Anche nel libro c'è la nonna di Rosalie, che si chiama Francoise. Però, al posto della trattoria, Rosalie vive in uno spaccio di sali, tabacchi e drogheria. Sempre nel libro, le due ragazze non incontrano l'ingegner Fabry, anche se Rosalie lo menziona.
  12. .
    ZOROBIN ENIES LOBBY ARC 2 - EVERYONE READY TO ATTACK

    During the train ride to Enies Lobby, Sanji is with them: he failed to save Robin. Zoro doesn't scold the cook for his failure, which he often does in other cases. How come? It is likely that the reason is that Sanji, at that moment, is telling them some background on Robin's history, and they don't know anything about yet. So Zoro is attentive to what he says: among other things, the swordsman knows that Sanji has done everything possible against overwhelming opponents (he even warned him before!). Zoro's determination is also evident when he interrupts Nami: in fact, at that moment, the woman navigator had expressed some perplexity. It is clear that Robin is the priority for him.

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    Nami: It's true, but... Zoro: Forget it...we're going to save her anyway.



    Once they arrive at Enies Lobby and have sided against the CP9, the moment of truth arrives: Robin's confession. She, even if is still handcuffed, explains to them the reason for her behavior. Faced with Robin's confession, Zoro is the only one to actually comment on the fact. The others either repeat her name or are thoughtful. This shows how much Zoro cared to know why Robin had acted like this. Usually, Zoro listens to other people's stories with disinterest, but here it's quite different. Zoro cares Robin, and a lot.

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    Robin: You will only consider me a burden in the end! You will betray me and abandon me like the others! This is what I fear the most! That's why I didn't want you to come and save me! If this is a life I'm going to lose...I'd rather lose it now! Chopper: Robin...Sanji: Robin-chan... Rufy: ... Zoro: Here's how things stand...Nami: !!



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    Zoro: Here's how things stand...



    It's time for the real attack to Enies Lobby to free Robin: and it's also the first time that Zoro shows an "evil face" (following Nami's own words), due to another person's pain. Zoro is shown to be very eager to go into battle to free Robin as he has never been seen before: this also shows how much Robin is important to him. And it is also the first time that Zoro is seen so furious about what happened to a woman of the crew: in Alabasta arc, he was not so furious towards Crocodile when he tormented Bibi, telling her his plans for the destruction of Alabasta, while Zoro and the others were in a cage. Nami herself notes that here Zoro's face is really terrible: it's a sign that not even she, who had been one of the crew since the beginning, practically together with Zoro, had never seen him like this.

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    Zoro: Hurry up and lower the bridge! Nami: what an evil face!


    Not even with Nami Zoro it was like this: indeed, when she was suspected of betrayal because she had stolen Rufy's ship, Zoro had no second thoughts, reflections, or anything similar. He had no half measures: he speaks of eliminate her.

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    Zoro: We made it. The first thing is to find out where Nami hid the ship. Then, we'll slice her. Johnny: But why should we do that?! Usop: Are you dumb? We still don't know anything about what happened and you want to kill her?


    How come this? Well, I think it's because Zoro didn't have feelings for Nami in particular. Her betrayal hadn't shocked him like in Robin's case, and as such he had no problem thinking about slicing Nami apart. On the other hand, he was very attracted to Robin and, when the possibility arises that she has betrayed them (i was especially worrying, as Aoikiji had warned them about it), Zoro tries to stay calm and think rationally: it is the only thing you feel like doing, in case someone you really care about has cheated on you. Zoro, once he learns the truth, is ready to battle against Kaku of the CP9, whereas before, he had problems facing him; indeed, at that moment Kaku was weaker, because he had not yet had the powers of the devil fruit. Now Zoro is ready to face him even if he has become stronger than before.
  13. .
    1997: WALTHER P38 - COMMENTO
    Altro titolo: NOME IN CODICE: TARANTOLA

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    "Lupin III Walther P38" è il nono special televisivo, che commemora il 30° anniversario della nascita di Lupin. Infatti, il suo manga è stato realizzato proprio nel 1967. Questo special fu realizzato con un budget considerevole, il più alto impiegato fino ad allora sugli special televisivi. Il musicista, sempre lui, Yuji Ohno, realizzò l'opening "Lupin the Third's Theme '97 Version". Il produttore Toshio Nakatani, aveva pensato al tema della Walther P38 come caratteristica fondamentale del personaggio: infatti, questa pistola appare sin dalle prime storie della prima serie.

    Lupin qui ha una combinazione di vestiti simile a quella che aveva nel film Lupin e la pietra della saggezza: giacca rossa, camicia nera, pantaloni neri e cravatta gialla. Fujiko, invece, ha i capelli biondi, cosa ceh capita di rado, come per esempio nel precedente special "Il segreto del diamante Penombra".

    I toni qui sono molto scuri: solo quando Eileen e Lupin sono senza mascherina e in mezzo al bosco ci sono toni più vivi, sottolineando però, in questo modo, il clima di oppressione generale. Il concetto chiave di questo film è appunto la libertà in mezzo a una situazione opprimente: una libertà che Eileen ottiene solo con la morte, sottolineando il tono triste del film.

    EILEEN

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    Chiamata anche Ellen, Helen o Elena, è la "ragazza di Lupin" del film. Ha un ruolo così importante da togliere spazio anche a Fujiko, Jigen e Goemon, e l'ending, caso raro, è dedicata tutta a lei. Non si sa quale sia il suo cognome: quando parla di suo padre, lo descrive solo come un alcolizzato che ha venduto lei e suo fratello all'organizzazione Tarantola, solo per avere un pò di soldi per pagarsi da bere. Sulla madre non si sa nulla. Il fatto di essere stata abbandonata dal padre, e di essere cresciuta in mezzo a una banda di assassini, con solo il fratello a proteggerla, con in più la morte dell'amato fratello, l'ha segnata profondamente. Infatti, Eileen è un personaggio pessimista e rassegnato, che pensa, più che a liberarsi, ad uccidersi: infatti chiede a Lupin di ucciderla se il piano fallirà, e, quando si trova circondata dalle guardie, si pianta una pistola sotto il mento con l'intenzione di spararsi. E' una donna già morta dentro, nonostante i suoi desideri di libertà: desideri ai quali, in fondo, non ci crede. Anzi, come dice a Lupin, non sa nemmeno cosa farebbe una volta libera: come se non ci fosse un'altra vita oltre a quella dell'isola. E' una visione che somiglia molto all'ateismo.

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    Il suono della pioggia, per Eileen, è come una ninna nanna, dice lei: però la pioggia è un suono ripetuto e costante, tipico di un ambiente cupo e triste. Ed Eileen si trova spesso davanti alla tomba del fratello Alex, quasi come se lo volesse raggiungere. Insomma, il desiderio di morte in lei è già presente, e quando muore, non le dispiace molto, anzi si sente soddisfatta. Come se non volesse la libertà dall'isola, ma piuttosto la libertà da quella cosa pesante che si chiama "vita": eppure la vita va vissuta in qualunque condizione, non va mai rifiutata. E' una cosa troppo grande per essere rifiutata. In ogni caso, Eileen ha avuto un privilegio che accade di rado alle donne nelle storie di Lupin: quello di indossare la sua giacca, segno di un legame speciale con lui. Lo ha avuto anche Murasaki nella Cospirazione dei Fuma.

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    Non si sa nulla di Alex, il fratello di Eileen, che si vede solo in un breve flashback. Visto che ha gli stessi capelli verdi e gli stessi occhi azzurri della sorella, è possibile che fossero fratelli gemelli.

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    CURIOSITA'

    Vicky, l'assistente di Zenigata, è un uomo, ma, essendo un tipo piuttosto fragile e con un nome da donna, i doppiatori avevano pensato che fosse una donna. Quando Vicki presenta il dossier sulla P38 di Lupin, c'è anche un cenno alla storia di Cagliostro.

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    Funimori Kizaki, il character designer, è lontano dalle atmosfere classiche di Lupin: non aiuta il fatto di avere intorno una Fujiko bionda. Ha fatto il character designer di altre opere come Shadow Skill; è stato anche regista. Comunque non si è più occupato di Lupin.

    FUJIKO FASHION

    Fujiko in questo film compare poco e, stavolta, è senza la sua moto. Ha solo due tipi di vestiti: quello comune, con una giacchetta arancione legata in vita e un bikini nero aderente sotto. Inoltre, ha un paio di blue jeans tagliati che le lasciano scoperte le gambe, insieme a un paio di stivaletti beige. Un abbigliamento molto casual, quasi da campeggio.

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    Naturalmente ha anche il suo abito da lavoro: una tuta aderente verde che cambia colore a seconda della cupezza dell'ambiente, forse per fare il camaleonte. Quindi passa dal verde chiaro al blu scuro e al verde scuro.

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    La cosa strana è che, se in questo film Fujiko maltratta Lupin in modo particolare, è invece amichevole con tutti: si mette ad abbracciare anche Goemon e persino il panzone Bomber, così, forse perchè in una situazione difficile in cui se l'è appena cavata, Fujiko ha sempre voglia di abbracciare il primo che vede.

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    I TIPI TOSTI

    Qui Jigen e Goemon compaiono poco, ma sono talmente tosti che la loro stessa presenza è già carismatica di per sè. Come Totò che attirava subito l'attenzione anche se in un film faceva solo una particina: ma quando compariva, stracciava tutti. Proprio come Jigen e Goemon. Due duri così duri che più duri di così non si può. Ispettore Callaghan, spostati che qui non sei nessuno. =_=

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    DON'T FORGET MY EYES

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    Il titolo dell'ending è "Hitomi wo Wasurenaide" o "Don't Forget My Eyes" ("Non dimenticare i miei occhi", in riferimento agli occhi azzurri di Eileen). E' anche il leit-motiv del film. Infatti, è presente diverse volte in alcune scene sotto forma di musica da carillon. Ma nel finale è stato eseguito con l'uso di una fisarmonica, che rievoca la classica sigla "Fisarmonica" di Lupin, con un tono più triste, però. Il brano di Yuji Ohno è stato eseguito da Emi Shinohara; il testo è di Natsumi Watanabe. E' da ricordare che l'ending avviene in mezzo al cielo, a bordo del dirigibile, mentre Lupin osserva un gabbiano bianco che vola, che simboleggia lo spirito di Eileen che vola verso il cielo. Eccolo qua:

    Il cielo infinito è un luogo dove il cuore viaggia
    Posso soddisfare molti desideri

    Fianco a fianco, quando soffia il vento,
    tutto sembrava abbagliante.
    Viviamo come vogliamo,
    mentre si offusca la libertà nei tuoi occhi.

    La felicità è trovare la persona che ami,
    comunicare sguardi fiduciosi.

    Ho rinunciato ogni volta che mi sono fatto male,
    al sogno e al futuro.
    Sono sicuro che non dimenticherò mai
    di avere le ali bianche.

    Fianco a fianco, quando soffia il vento,
    tutto sembrava abbagliante.
    Viviamo come vogliamo,
    mentre si offusca la libertà nei tuoi occhi.


    LA WALTHER P38: LA PISTOLA DEGLI ANNI DI PIOMBO

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    La pistola Walther P38


    La Walther P38 è una pistola che fu prodotta in Germania nel 1938, ai tempi del Nazionalsocialismo, o Nazismo, di Adolf Hitler e, curiosamente, divenne il simbolo della lotta armata di sinistra degli anni di piombo. Infatti, gli autonomi di sinistra, come pure le Brigate Rosse e le altre frange rivoluzionarie di quei tempi, che occupavano le case e facevano azioni di guerriglia feroce, con numerose attività omicide, come simbolo sfoggiavano le prime tre dita a forma di pistola per indicare la loro arma più usata, appunto la Walther P38.

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    Autonomi di sinistra che agitano le tre dita, simbolo della P38


    Erano armi che venivano molto probabilmente dalle riserve dei partigiani di sinistra che le avevano sottratte alla Wehrmacht durante la guerra. A dire il vero, era più usata la revolver 38 special, un tipo diverso di pistola: ma, avendo lo stesso calibro, la Walther P38 entrò comunque nell'immaginario comune dei terribili Anni di Piombo. Anzi, la foto dell'autonomo (poi militante dei Proletari Armati per il Comunismo) che, durante una manifestazione, punta con entrambe le braccia tese una Walther P38 contro la polizia divenne il simbolo stesso del terrorismo di sinistra delle Brigate Rosse e affini. Quell'arma fu creduta per anni una P38, ma si trattava di una Beretta 22 con la canna lunga. Però somigliava alla Walther P38 e quindi fu considerata tale.

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    Forse l'immagine più famosa degli Anni di Piombo. La Walther P38 e il terrorismo erano sempre stati strettamente uniti.


    Perchè Lupin usa un'arma simile sin dall'inizio? La Walther P38 era diventata un simbolo di ribellione anche all'estero, come pure in Giappone, e Lupin era nato proprio nel contesto della rivoluzione culturale del '68. Quindi, la Walther P38 era un simbolo della sua "ribellione al sistema".
  14. .
    1997: WALTHER P38 / NOME IN CODICE TARANTOLA - TRAMA
    WALTHER P38 (titolo originale giapponese)
    LUPIN III - NOME IN CODICE: TARANTOLA
    LUPIN III - WALTHER P38: NOME IN CODICE TARANTOLA

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    Regia: Hiroyuki Yano. E' stato il "ghost director" di Dead or Alive.
    Sceneggiatura: Shinzo Fujita (soggetto) e Shoji Yonemura (sceneggiatura). Entrambi sono stati già visti all’opera su All’inseguimento del tesoro di Harimao.
    Character designer: Fuminori Kizaki.
    Musiche: Yuji Ohno (come al solito)
    1° trasmissione in Giappone: 1 agosto 1997
    1° trasmissione in Italia: 7 novembre 1999 su Italia 1.
    DVD in Italia: Dynit (2004); Yamato Video (2008)
    Precedente film: Il segreto del diamante penombra
    Film successivo: Tokyo Crisis

    TRAMA

    E' notte, l'ora dei ladri: in una villa si svolge un concerto e Lupin raggiunge la cassaforte, dove però trova Zenigata e si vede circondato dagli agenti di polizia.
    "Abbiamo seguito il tuo avviso, Lupin!"
    "Non è mio, Zazà: sono venuto appunto per sapere chi è stato."
    All'improvviso avviene un attacco da parte di una banda di commando assassini, che uccide tutti gli uomini della villa. Lupin vede una ragazza, Eileen, tra i killer: poi una pistola Walther P38 spara da qualche parte e sembra che uccida Zenigata. Gli assassini fuggono su un elicottero.

    Poco tempo dopo, Lupin e Jigen sono su una barca, travestiti da comuni marinai.
    "Sicuro che i tizi del colpo alla villa siano su quell'isola?"
    "Sì, Jigen. E' la banda di assassini più famosa del mondo: l'Organizzazione Tarantola. Uno dei membri era stato catturato, ma era morto: aveva il tatuaggio di una tarantola sulla mano."
    "Ehi, Lupin, stai facendo un giro troppo largo per raggiungere l'isola" nota Jigen.
    In tutta risposta, Lupin getta in acqua un barile, che viene subito polverizzato da un laser, proveniente da un satellite spaziale. Jigen sobbalza.
    "Visto? C'è un satellite laser che controlla chi si avvicina all'isola, a meno che non faccia un determinato percorso, appunto quello che sto facendo."
    "Pazzesco. Ma quanti soldi hanno?"
    "Sono finanziati da tutti i governi del mondo. Quindi in quell'isola c'è una quantità di oro che neanche te la immagini."
    "Siamo qui per l'oro, quindi?"
    "Anche. L'uomo con la P38...io lo conosco."

    Arrivano al porto dell'isola e fuggono in un nascondiglio. Zenigata, intanto, è in ospedale sotto osservazione, ma è riuscito a sopravvivere grazie alla sua tessera da poliziotto, che gli aveva bloccato la pallottola. Intanto, sull'isola, gli assassini attaccano Lupin e Jigen: in particolare, Lupin rivede Eileen.
    "Ferma! Battermi con le donne non è uno dei miei passatempi preferiti. Soprattutto quando si tratta di una ragazza carina come te."
    "Ti informo che questa ragazza carina sta per ucciderti."
    "Vedremo, piccola."
    La distrae con una sigaretta esplosiva, poi cerca di baciarla.
    "Hai gli occhi troppo belli per essere un'assassina."

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    Arrivano gli altri assassini e Lupin è costretto a scappare. Fujiko, intanto, che è anche lei sull'isola, rischia di essere scoperta, ma riesce ad ingannare gli altri: ufficialmente è una del gruppo della Tarantola. Nella sua stanza, Fujiko si rilassa, ma poi viene aggredita da qualcuno: è Lupin, che si rivela.
    "Un errore imperdonabile, Fujiko. Non devi mai abbandonare la guardia, nemmeno quando sei in camera tua. Fai più attenzione, chéri!"
    "Lupin? Sei impazzito? Non permetterti mai più di fare queste cose!"
    Lupin nota il simbolo della tarantola sul dorso della mano destra di Fujiko.
    "Wow, questa sì che è classe! Che bel tatuaggio!"
    "Non prendermi in giro, buffone!" Fujiko gli molla uno schiaffo.
    "AHIO! Ti hanno iniettato il veleno?"
    "Sì, e tu come fai a saperlo?"
    "Ho le mie fonti. Sei un pò nervosetta, eh? Su, raccontami, tesoro: che stai combinando qui?"
    "Non ti riguarda!"
    "Non ti arrabbiare, pussy pussy!"
    Lupin si allontana.

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    Goemon, intanto, che era arrivato nell'isola insieme a Fujiko, mangia insieme a Jigen in una caverna-nascondiglio.
    "Come mai ti sei messo a fare la guardia del corpo della nostra cara Fujiko, Goemon?"
    "Sembrava un buon affare, vista la quantità di oro che c'è qui. Ma è stata davvero dura. Lei mi passava solo fagioli tutti i giorni!"

    Intanto, all'ospedale, Zenigata, che è in via di guarigione, si vede affibbiare un novellino come aiuto:
    "Piacere di conoscerla. Sono Vicky Flanagan!"
    Zenigata protesta e, nella foga, cadono sulle scale tutti e due e Zenigata si trova con una gamba rotta.

    Intanto, nell'isola, Eileen è davanti a una tomba con su scritto "Alex".
    "Nasce da qui il tuo odio, vero?" Eileen si volta di scatto: è Lupin.
    Lupin, oltre ad evitare i suoi colpi, le prende la collana col gioiello che aveva addosso. C'è dentro una foto con l'iscrizione: "A Eileen, che guarda sempre il cielo."
    "Te l'aveva scritta lui?"
    All'improvviso, Lupin si vede circondato e catturato. Restituisce la collana ad Eileen e la saluta, seguendo gli altri. Poi viene legato a un letto di laboratorio: davanti a lui compare il capo degli assassini, Gordeaux, che gli dice che gli sarà inserito il simbolo della tarantola.
    "Uh, si vede che sei quel tipo di pazzoide che si diverte a fare i tatuaggi ai suoi uomini. Scommetto che tuo padre faceva i timbri alle poste!"
    "Le tue battute sono penose, Lupin. Non potrai mai più lasciare l'isola. Ora sta per esserti iniettato, attraverso il tatuaggio, un potentissimo veleno, neutralizzato però dal gas dell'isola. Avrai sempre bisogno di una maschera piena di quel gas ogni volta che lascerai l'isola: avrai tempo massimo 24 ore, dopodichè il veleno farà effetto. Il tatuaggio diventerà rosso e morirai."
    "E tu pensi che questo basterebbe a imprigionare Lupin?"
    "Certo."
    Lupin sorride.
    "Bè, ne riparleremo."
    Dopo aver iniettato il veleno, Gordeaux affida Lupin ad Eileen. La ragazza esclama:
    "Ti hanno iniettato il veleno, eh?"
    "Oh, solo un pessimo tatuaggio. Ne ho visti di migliori."
    "Non potrai mai farcela contro Gordeaux."
    "Tu dici? In vita mia, io non ho mai perso."

    In magazzino, Eileen mostra a Lupin la tuta rossa da membro della Tarantola che lui dovrebbe indossare. Con Eileen c'è anche Fujiko, che fa la magazziniera dell'organizzazione. Lupin esamina la tuta, perplesso, poi la butta via.
    "No, no, no. Non mi piace. Roba di pessimo gusto, come il tatuaggio: è tutto stile Gordeaux, cioè stile bifolco. Preferisco i miei vestiti."
    "Non ti arrendi mai, vero?"
    "Perchè dovrei?"
    Lupin dà un salutino a Fujiko: lei, per tutta risposta, gli sbatte lo sportello in faccia.
    "Cherie, in questa storia sei troppo nervosa."

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    Dopo aver giustiziato una persona che non aveva eseguito gli ordini, uno degli assassini, un pazzo con la mania dei coltelli, sfida Lupin e i due combattono. Lupin lo sconfigge, ma poi intervengono anche gli altri: Eileen, allora, stende Lupin con un calcio, e lui sviene. Mentre è svenuto, ricorda lo sparo a Zenigata e lo sparo fatto a lui in passato da qualcuno: era stata la stessa pistola, una Walther P38. Si sveglia in un'infermeria, dove il dottore, chiamato Doc, un mite omuncolo con gli occhialini, parla ad Eileen:
    "Ci serve il suo aiuto, cerca di capire."
    Lupin li raggiunge.
    "Allora, volete spiegarmi perchè mi avete portato qui? Dev'esserci un motivo se mi hai mollato quell'ultimo calcio, Eileen: volevi portarmi dal tuo Doc."
    "Complimenti. Questo renderà più facile il nostro compito. Seguici."

    Scendono in una caverna, insieme ad altri membri della banda e a Jigen, che si è unito a loro. Trovano una nave da guerra abbandonata, su cui alcune persone stanno lavorando. Doc si spiega:
    "Stiamo progettando la fuga a bordo di quella nave. Vogliamo distruggere il satellite laser e sto studiando un antidoto per il veleno. Possiamo poi caricare tutto l'oro sulla nave e andarcene."
    "Perchè avete deciso di fuggire proprio ora?"
    Eileen e gli altri rispondono:
    "Siamo stanchi di tutto questo!"
    Jigen si toglie la sigaretta, esala il fumo e dice:
    "Questo improvviso pentimento è un pò sospetto."
    Lupin interviene:
    "Va bene, accettiamo. Dai, Jigen, da qualche parte bisogna pur cominciare."

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    Gordeaux riceve gli ordini per un nuovo omicidio e incarica Eileen e Lupin per il lavoro. Poi Eileen vede un'altra Eileen che le si avvicina: è Lupin travestito da lei, che ha appena raccolto tutti i dati sul veleno. Nel frattempo, Gordeaux fa portare nel luogo segreto i lingotti d'oro che i committenti per gli omicidi gli avevano consegnato: Fujiko e Goemon lo seguono.

    A Tokyo, Zenigata parla con Vicky, il poliziotto affidato a lui: non si riesce a trovare nulla sulla Tarantola. Furioso, Zenigata si dirige verso la centrale della polizia per saperne di più: ma Vicky, nel tentativo di fermarlo, cade dalle scale con lui, spaccandogli l'altra gamba.

    Intanto, nel loro nascondiglio, Lupin, Eileen, Fujiko e gli altri si iniettano l'antidoto del Doc: il marchio della Tarantola scompare, sono tutti guariti. Lupin però fa notare:
    "Un momento, non manca qualcosa? La distruzione del satellite laser?"
    Doc estrae un CD.
    "Ecco. Era stato ideato da Alex, il nostro esperto di elettronica."
    "Alex? Era il nome sulla tomba dove ti avevo incontrato, Eileen."
    "Lui era mio fratello, Lupin. Fare quel programma era stata una fatica tale che gli costò la vita."

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    Eileen è seduta alla finestra, osservando la pioggia: ormai è notte. Compare Lupin. Domani devono partire, ufficialmente per la missione che Gordeaux ha affidato loro: invece andranno a distruggere il satellite.
    "Non riesci a dormire, Eileen? Sarà il rumore della pioggia."
    "Il suono della pioggia è come una ninna nanna. Me lo ripetevo anche da bambina, quando mi hanno portata qui. Allora, Lupin, che vuoi?"
    "Perchè sei sempre così fredda e distante? Domani partiamo insieme per una missione da cui dipende la nostra vita. Avere fiducia l'uno nell'altro è fondamentale."
    "Non serve a niente!"
    "Ti sbagli. Avrei una piccola cosa da chiederti. Perchè sei diventata un'assassina?"
    "Da piccola non avevo neanche un tetto per proteggermi quando pioveva. Mio padre era un alcolizzato. Aveva venduto me e mio fratello all'organizzazione solo per un pò di soldi per pagarsi da bere."
    "Ecco perchè adesso non ti fidi più di nessuno. Povera piccola. Io invece sono abituato ai tradimenti. Anche se nel mio caso sono sempre faccende di donne."
    "Ora voglio farti io una domanda, e rispondimi sinceramente: perchè sei venuto su quest'isola?"
    "Per l'oro. Per cosa, se no?"
    "Non mentire! C'è dell'altro lo sento. Devi dirmi la verità. Allora potrò fidarmi di te!"
    Lupin resta in silenzio per un pò.
    "Eileen, cosa farai quando lascerai finalmente quest'isola?"
    "Eh? Non lo so. Veramente, non ho mai pensato al futuro."
    "Vuoi fuggire senza sapere cosa fare del tuo futuro? Io invece sono venuto qui per concludere un capitolo del mio passato."
    "Un capitolo del tuo passato? Che capitolo?"
    "Sogni d'oro."
    Lupin si allontana.

    Il giorno dopo, i due partono a bordo della nave, controllata dal satellite.
    "Lupin, mi devi fare una promessa solenne. Ti prego, è importante."
    "Una promessa? Ma certo, tesoro, io adoro fare le promesse! E appuntamenti! E cene! O, meglio ancora, perchè non stabiliamo direttamente..."
    "Finiscila, sto parlando sul serio. Se qualcosa andasse storto e dovessero catturarmi durante la missione, promettimi che mi ucciderai. Lo farò io stessa se mi sarà possibile, ma se non potessi farlo, uccidimi tu, ti prego."
    Lupin è sorpreso.
    "Scherzi?"
    "Mai stata più seria. Preferisco morire piuttosto che tornare un'altra volta in prigione su quell'isola!"
    "Eileen, capisco perfettamente il tuo stato d'animo, ma è contro i miei principi fare del male alle donne. E anche ai bambini."
    "Promettimelo!"
    "Ho detto di no. Su, ragazza, pensa positivo: tu sei col grande Lupin! La tua libertà con me è assicurata!"

    Intanto, gli altri compagni di Lupin ed Eileen hanno completato la galleria: Jigen e Fujiko entrano nel deposito osservando le montagne di lingotti. Jigen fa un fischio, impressionato.
    "Ma sul serio ce lo portiamo via tutto, Fujiko?"
    "Certo, che domande!"
    "Ma saranno tonnellate!"
    "Non perdere tempo a pesarli e datti da fare!"

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    Lupin ed Eileen tornano di nascosto in un altro punto dell'isola, dove, secondo i piani, li aspetta un aereo in un hangar: con quello andranno nella base dove si trova la sede di controllo del satellite, per distruggerlo. Prima di partire, si iniettano l'antidoto del Doc: non potevano farlo prima, per non destare sospetti. Il marchio della tarantola scompare dalle loro mani. Sono liberi. Eileen si toglie la mascherina, esce dall'hangar e respira l'aria.
    "Che profumo ha l'aria pura?"
    "E' passato così tanto tempo. Da questo momento non sono più un burattino dell'organizzazione Tarantola, basta coi delitti. Il vento, il cielo, l'erba, gli alberi sembrano tutti così diversi. Dev'essere questa la sensazione che si prova ad essere liberi."
    "Credo di sì, ma a volte la libertà dà diversi svantaggi, perchè non è mica facile da mantenere. Infatti ci sono una quantità di cose da fare per conservare sempre e comunque la libertà. Tipo quello che stiamo facendo adesso."
    Partono con l'aereo: però prima devono fare una piccola deviazione.

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    Infatti, raggiungono Zenigata all'ospedale: l'aereo di Lupin ed Eileen compare davanti alla finestra.
    "Zazà, che gioia vederti così in forma! Ho un regalo per te!"
    Gli getta addosso un cesto di vivande, poi si allontana, mentre Zenigata gli impreca dietro. Ma Vicky, il poliziotto spaccagambe, gli dice:
    "Ispettore! C'è un messaggio di Lupin nel cesto!"
    "Fammi vedere!"

    Mentre Fujiko e gli altri si iniettano l'antidoto, Jigen e Goemon piazzano le cariche fissate da Bomber, uno della banda di Doc ed Eileen, per distrarre gli uomini di Gordeaux. Sono perplessi. Goemon chiede:
    "Jigen, Lupin ha scoperto a chi apparteneva la Walther? Quella di cui parlava, che ha sparato contro Zenigata?"
    "Ancora no. Sa solo che faceva parte di quel commando che ha assalito la villa. Ma sono sicuro che lo troverà."
    "Lui scopre sempre chi è il suo nemico, alla fine."
    "Ed è soltanto alla fine che la sua vendetta diventa implacabile, Goemon. Non si scherza con lui, quando vuole vendicarsi di un torto."
    "Lupin è fatto così."

    Lupin ed Eileen, a bordo di una jeep, raggiungono la base che controlla il satellite, dopo aver legato i piloti e averne preso il posto. Piazzano delle bombe, facendo accorrere le guardie nella zona opposta dove loro devono andare. Lupin, travestito da guardia, va alla sala controllo e dice agli scienziati:
    "Signori, c'è un grave problema: la sala dei computer è stata danneggiata! Siamo attaccati! Mettetevi subito al riparo!"
    Intanto, Eileen spacca tutti i comandi di controllo delle telecamere. Però arrivano delle guardie che la mettono in difficoltà. Intanto, uno degli scienziati accompagna Lupin alla sala comandi del computer, per controllare i danni descritti.
    "Ma qui non è successo niente!" dice sorpreso lo scienziato.
    "Non ancora, tesoro. Grazie per avermi portato qui."
    Gli spruzza del gas soporifero e inizia a lavorare al computer, quando sente la radio interna: Eileen è stata scoperta e la stanno inseguendo.

    "Arrenditi, non hai più scampo" dice una delle guardie: ormai Eileen è circondata.
    "Arrendermi? E tornare ad essere prigioniera? Scordatevelo!"
    Eileen punta la pistola su di sè, pronta a spararsi. Ma, all'improvviso sente il suono di un carillon: è quello del suo medaglione, che le aveva regalato suo fratello. E la ragazza ricorda le parole scritte lì: "A Eileen, che guarda sempre il cielo" Istintivamente, alza lo sguardo e vede Lupin: capisce quello che sta per fare e salta in alto, mentre Lupin fa cadere dei cavi elettrificati. Visto che sono tutti in un ambiente pieno d'acqua, le guardie finiscono fulminate, tranne Eileen, che si era aggrappata a una presa del soffitto.
    "Perchè sei venuto ad aiutarmi, Lupin?"
    "Sarebbe un vero peccato non vedere più una ragazza così carina. Sbrighiamoci!"
    Le restituisce il carillon e tornano alla sala computer. Iniziano ad entrare nel programma di controllo del satellite. Lupin inserisce il CD e inizia il conto alla rovescia. Ma il satellite non esplode.
    "Ma che succede, Lupin?"
    "L'esplosione è stata fissata, ma tra un'ora. Non capisco. Il programma del CD è stato alterato!"

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    Nell'isola della Tarantola, avvengono le esplosioni programmate da Bomber, ma sono troppo violente. Jigen osserva:
    "Bomber, non ti sembra un pò esagerata come "distrazione"? Hai calcato un pò la mano con gli esplosivi."
    "Non è possibile!"

    Lupin ed Eileen sono sul viaggio di ritorno a bordo dell'aereo. Lupin cerca di contattare Jigen e gli altri, ma non ci riesce.
    "Hanno tagliato i fili della radio dell'aereo. Questa storia non mi piace!"

    Jigen e gli altri si allontanano a bordo della nave, carica di oro.
    "A quest'ora, Lupin avrà distrutto il satellite."
    Ma nessuno di loro sa che il satellite è ancora attivo: quindi stanno andando incontro alla morte. Anzi, ad un certo punto, sulla nave compaiono Gordeaux e i suoi uomini. La battaglia è feroce.

    Intanto, l'aereo con Lupin e Eileen si avvicina all'isola.
    "Lupin, perchè il programma sul CD era diverso? Solo mio fratello era in grado di modificarlo. Nessun altro!"
    Lupin risponde, cupo:
    "E' stato lui. Ha costretto tuo fratello a cambiarlo."
    "Lui chi?"
    Ma Eileen, all'improvviso, si sente male: il veleno della Tarantola torna ad essere attivo e il marchio sulla mano ricompare.
    "Eileen! Eileen!" Lupin le mette la maschera di sicurezza: ma anche lui si sente male. Anche per Lupin il veleno della Tarantola ritorna a funzionare.
    "Resisti! Non mollare! Non mollare!" ripete Lupin a se stesso, tenendo fermi i comandi e cercando la maschera.

    Intanto, sulla nave la battaglia infuria. Fujiko, sparando tra uno sparo e l'altro, dice:
    "Non possiamo arrenderci ora, se no è la fine!"
    All'improvviso, prova dolore: il tatuaggio è ritornato. Inoltre, vede che le pallottole hanno scheggiato l'oro, facendo vedere l'anima di piombo: è oro finto.
    "E' una trappola! Ma allora il satellite funziona ancora! Jigen, Goemon, tutti, muovetevi! Dobbiamo abbandonare subito la nave!"
    "Cosa?"
    Non c'è più tempo per avvertire: solo Fujiko, Goemon e Jigen riescono a raggiungere l'acqua, poco prima che la nave esploda, colpita dal laser, portando con sé tutti quanti, amici e nemici.

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    Lupin atterra.
    "Eileen, tutto bene?"
    La ragazza annuisce: ora si è ripresa. Ora che sono tornati all'isola che contiene il gas, possono togliersi la maschera.
    "Brutta notizia: abbiamo ancora bisogno di quel gas."
    "Dobbiamo aiutare gli altri! Sono in pericolo!"
    Eileen corre verso la base di Gordeaux: Lupin la rincorre.
    "E' pericoloso, aspetta!"

    Intanto, Gordeaux compare nel video degli organizzatori dell'isola degli assassini: è ferito e mormora:
    "Lupin...è stato lui! Ha fatto esplodere la fortezza per poter rubare l'oro. Maledetto!"
    Una pistola spunta fuori e uccide Gordeaux: il video si spegne. Gli organizzatori non hanno scelta: per coprire tutto, faranno esplodere l'isola con le cariche atomiche installate all'interno.

    Ma Gordeaux si riprende: quella era stata tutta una recita.
    "Ora daranno la colpa a Lupin e potremo scappare via con l'oro prima che facciano esplodere l'isola! Giusto, Doc?"
    "Esatto" sogghigna lui. Era stato lui a far finta di sparare a Gordeaux.
    "E ora che è passata l'ora, il satellite si autodistruggerà."
    Gordeaux apre un pannello e vi entra: lì c'è il nascondiglio dell'oro. Poi punta la pistola su Doc:
    "Ora l'oro sarà soltanto mio!"
    "Ah, vuoi eliminarmi perchè non ti servo più, vero?"
    "Voltare le spalle agli altri è la tua specialità, se non sbaglio."
    Prima di premere il grilletto, Gordeaux si sente male e crolla a terra.
    "Che succede?"
    "Ti piace il nuovo veleno che ti ho inserito poco fa prima di spararti?"
    "COSA? TU, SPORCO..."
    Doc spara e ammazza Gordeaux, stavolta sul serio.

    Compare Eileen e punta una pistola a Doc.
    "Ora capisco, Sei stato tu a progettare questo piano diabolico! Come hai fatto a convincere mio fratello Alex a cambiare il programma? Parla!"
    "Oh, tuo fratello ti voleva molto bene, sai. Non ha fatto obiezioni quando gli ho detto che ti avrei uccisa se non avesse fatto quelle modifiche. E' morto tra atroci sofferenze, grazie al veleno. Se solo avessi visto la sua faccia, quando..."
    Mentre parla, Doc scatta e cattura Eileen, puntandole contro la pistola.
    "Che aspetti, Lupin? Vieni fuori! Lo so che sei qui!"
    Compare Lupin: ha la faccia cupa.
    "Hai cambiato faccia, ma dentro sei rimasto il solito criminale."
    "Sono contento che ti ricordi di me."
    "E come potrei dimenticarti? Sei stato il mio primo complice! Avevamo programmato insieme quella rapina, ma proprio sul più bello mi avevi sparato con la mia Walther che avevi in mano ed eri fuggito col bottino. Ero sopravvissuto per puro miracolo. Ma, da quel momento, tu e la Walther eravate misteriosamente spariti dalla circolazione."
    "Aspettavo dietro le quinte. Volevo usare il bottino per un'impresa più grande. Sei venuto qui grazie al mio falso annuncio di rapina alla villa come immaginavo. Hai sospettato di me sin dall'inizio, vero?"
    "Già. Anche se il tuo aspetto è cambiato, hai ancora addosso l'inconfondibile profumo della morte."
    "Però sei caduto nella mia trappola che ti avevo teso."
    "L'ho fatto apposta per Eileen. Altrimenti avrei agito in un altro modo."
    "Bah. L'amore è sempre stato il tuo punto debole. Sei troppo tenero, Lupin, mi dai il voltastomaco!"
    "Ora vedrai se sono davvero tenero. Una sola Walther al mondo è più che sufficiente: quella che porto adesso!"
    Lupin gli punta contro la pistola, e Doc punta la pistola su Eileen.
    "Getta la pistola, Lupin."
    "No, Lupin! Spara!" grida Eileen.
    Lupin lascia cadere la pistola e Doc spara: però Lupin evita il colpo, raggiungendo la sua Walther. Doc scappa con Eileen, svenuta, e raggiunge un dirigibile, col quale parte: lì dentro c'è anche il famoso oro.

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    Lupin insegue Doc a bordo di una moto e incontra Jigen, Goemon e Fujiko.
    "Che succede, Lupin?"
    "Doc ha rapito Eileen e l'ha presa in ostaggio! Voi andate a disinnescare la pila atomica: hanno inserito il sistema di autodistruzione dell'isola!"
    Lupin parte con la moto e atterra sul dirigibile. Doc prende la P38 e va da Lupin.

    Intanto, Jigen e gli altri raggiungono il punto dove si trova la pila atomica: ma ci sono degli apparecchi laser come difesa.

    Lupin e Doc si fronteggiano a bordo del dirigibile.

    Jigen e gli altri raggiungono la sala controllo della bomba: Fujiko raggiunge il computer e inizia a ticchettarci sopra.
    "C'è qualche speranza? Ti intendi di queste cose, Fujiko?"
    "Lascia fare a me, Jigen, abbiamo tempo a sufficienza. Basta modificare i dati qui..."
    Fujiko lavora col computer, poi lo schermo dice che inizia il conto alla rovescia. Lei grida un AAAH! che fa rizzare i capelli.

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    Eileen cerca di aiutare Lupin, ma Doc le spara: però lui viene disarmato da Lupin, che gli spara. Il dirigibile apre la sua sezione, che contiene l'oro con Doc, ferito, sul ciglio dell'uscita, dove lo ha costretto Lupin. Sia Eileen, ferita, che Lupin puntano insieme la pistola contro Doc. Ma lui sogghigna.
    "Sei davvero sicuro di poterlo fare, Lupin?"
    Doc tira fuori una boccetta.
    "Questo è il vero antidoto, Lupin. Lo vuoi, giusto? E allora getta la pistola!"

    Goemon taglia le pareti.
    "Ho trovato! Ecco qui il dispositivo di comando!"
    Jigen controlla, perplesso.
    "E' uno di questi fili sicuramente. Bisogna tagliare quello giusto."
    Fujiko gli dice:
    "E se sbagli?"
    "Esplodiamo."

    Eileen e Lupin prendono la mira contro Doc. Lui è spaventato.
    "No, aspettate, non vi interessa avere l'antidoto?"

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    Jigen maneggia i fili, sudando freddo.
    "Qual'è il filo giusto? Quello rosso, no, no, quello blu! No..."
    Goemon gli fa cenno di spostarsi.
    "Lasciate fare a me."

    Doc grida: "FERMI! NON SPARATE!"
    Eileen e Lupin sparano: Doc viene ucciso e cade giù con tutto l'oro.

    Goemon taglia il filo rosso.

    Lupin si accorge che Eileen perde troppo sangue e le mette addosso la sua giacca.

    Jigen chiede a Goemon:
    "L'hai interrotta, ci hai azzeccato. Toglimi una curiosità: perchè hai scelto il rosso?"
    "Perchè è il colore delle prugne."
    Fujiko sviene.

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    Intanto, sul dirigibile, Lupin e Eileen parlano. Ormai lei è mortalmente ferita.
    "Perdonami, Lupin. Potevate avere l'antidoto..."
    "Cosa vuoi che me ne importi, posso prepararne uno anche da solo. Pensa piuttosto a non muoverti e a non parlare, che bisogna curarti."
    "Vuoi sapere una cosa, Lupin?"
    "Zitta, non parlare. Potrai farlo dopo che ti avrò medicato la ferita."
    Lupin cerca di fermare il flusso di sangue, ma non c'è niente da fare.
    "Lascia stare, Lupin. Ti ricordi quel paesaggio che avevamo visto, quando ci eravamo tolti la maschera, poco prima?"
    "Certo."
    "In quel momento...mi sono sentita libera per la prima volta. Grazie, Lupin, grazie. Hai mantenuto la promessa..."
    "Eileen! Eileen!"

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    Arriva Zenigata su una barca, diretta verso l'isola: ha seguito le indicazioni di Lupin. L'ispettore capo lo contatta.
    "Zenigata, non approvo la sua condotta, si ritiri subito in Centrale!"
    "E' troppo tardi, signore. La stampa ha intuito lo scoop, è già qui. Prego? Come dice? Mi spiace, ma non capisco bene: la linea è molto disturbata."
    Zenigata spegne il telefonino.

    Fujiko e Goemon si allontanano dall'isola a bordo del dirigibile. Lupin, ancora sull'isola, manda l'ultimo saluto ad Eileen: l'ha sepolta insieme al fratello. Jigen gli si avvicina.
    "Coraggio, Lupin. Andiamo."
    "Sì. Solo un momento."
    Mette il ciondolo di Eileen sulla sua croce e si allontana.

    Fujiko, sul dirigibile, osserva delusa il risultato.
    "Niente oro, solo un carico di gas dell'isola e il veleno da analizzare per farci l'antidoto. Puah."
    "Vedila con filosofia" osserva Goemon "Lupin è meno contento di te."

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    Lupin, in silenzio, osserva dal dirigibile un uccello bianco che vola, simile ad Eileen. Ora lei è libera.

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    Edited by joe 7 - 21/11/2023, 22:39
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    GRENDIZER U: LE PRIME OSSERVAZIONI

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    Già a Ottobre 2022, Go Nagai e la Dynamic Planning avevano annunciato l'uscita di un nuovo progetto su Goldrake, detto Project G (la G ovviamente sta per Goldrake, o Grendizer, se preferite). Nagai precisò che saranno coinvolti i migliori professionisti del Giappone. Il progetto è stato finanziato e prodotto dalla Manga Productions, una sussidiaria della MISK Foundation dell'Arabia Saudita. L'anime è stato realizzato dallo studio Gaina, da non confondere con la Gainax di Hideaki Anno e Evangelion.

    Ora, grazie alle nuove informazioni, sappiamo che nel 2024 - quindi l'anno prossimo - il Project G si realizzerà, diventando un reboot di Goldrake, chiamato Grendizer U, anche se, per ora non sappiamo che significato abbia questa "U". Un reboot è un rilancio, o riavvio, in cui la storia viene azzerata e reinterpretata, sempre però coi personaggi di base. Un reboot non è un remake, che significa rifacimento: nel remake, infatti, tutto viene reinterpretato alla base, cambiando sia i personaggi che l'ambientazione. Un esempio classico di remake è Per un pugno di dollari, remake di Yojimbo-La sfida del samurai.

    Grendizer U sarà realizzato dal regista Mitsuo Fukuda, famoso soprattutto per Gundam SEED, una versione alternativa del classico Gundam. Ecco la sua dichiarazione:

    “Questo è il mio lavoro preferito dai tempi in cui ero uno studente e impazzivo per gli anime, quindi prima di tutto spero di riuscire a farne un’opera che non tradisca i miei sensi. Come ad altri fan del passato, non mi piacciono i cambiamenti senza spiegazione. Quindi non puoi lasciarlo così? Se me lo chiedete, non avrebbe senso e non varrebbe la pena di guardarlo, quindi è difficile decidere quanto cambiare. In sostanza, io sto ricostruendo le origini e i temi di fondo dell’opera Grendizer e la sto rivisitando nell’era attuale. Se siete fan del passato, vi piacerà in modo diverso, quindi vi prego, guardatelo tutti”

    Non capisco bene cosa voglia dire "non tradisca i miei sensi". Che significa? :huh: Inoltre, il regista dice che "non mi piacciono i cambiamenti senza spiegazione": d'accordo, ma allora, perchè, subito dopo, dice che farà dei cambiamenti, senza dare nessuna spiegazione? :huh: Dice inoltre: "sto ricostruendo le origini e i temi di fondo dell’opera Grendizer e la sto rivisitando nell’era attuale". Non so: vuol dire allora che il Goldrake originale non andava bene per il mondo d'oggi? Inoltre, se Fukuda cambierà i temi di fondo dell'opera, per forza di cose stravolgerà tutta la storia. Nell'intervista, Fukuda non dice di essere un appassionato di Goldrake, ma solo degli anime in generale, quindi non so...

    Lo sceneggiatore è Ichiro Okouchi, famoso per la sceneggiatura di Code Geass, un anime-mecha peculiare, col malvagio-ma-con-buone-intenzioni Lelouch e con conflitti politici e di rivolta; inoltre ci sono robot-mecha vari stile Gundam. Un regista e uno sceneggiatore gundamiani che fanno Goldrake, il non-Gundam per eccellenza. Chissà cosa ne verrà fuori. :o:

    Gundam-seed
    Gundam Seed, realizzato dal regista, e Code Geass, realizzato dallo sceneggiatore: tutti personaggi-grissino, proprio come quelli di Grendizer U. Si vede che è la moda.



    Il character designer è il famoso Yoshiyuki Sadamoto di Nadia ed Evangelion. Qui sotto abbiamo la key-visual, o immagine di presentazione, di Grendizer U realizzata da lui.

    Key-Visual-italiano


    Come si vede, il testo è in italiano, con la traduzione del testo giapponese sotto il titolo: per capire il significato della frase, qui sotto c'è la trama di base.

    TRAMA DI BASE

    La trama di base è la seguente: in seguito ad un devastante attacco da parte delle forze di Vega sul pianeta Fleed, Duke Fleed e Goldrake fuggono sulla Terra. Laggiù, il dottor Umon, il capo del Centro di Ricerche Spaziali, lo adotta come suo figlio e lo chiama Daisuke. Mentre Duke Fleed, privo di memoria, e Umon lavorano fianco a fianco nel Centro Ricerche, all'improvviso compaiono degli UFO nel cielo di Tokyo, e Daisuke sta per riavere la sua memoria.
    Come si vede, la trama richiama l'incipit del manga di Ota, dove anche lì Daisuke/Actarus è privo di memoria e la recupererà successivamente durante l'attacco di Vega.

    Passiamo alle prime immagini.

    GOLDRAKE

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    Ecco il nuovo Goldrake U, o Grendizer U, se preferite. Non è che mi piaccia molto, anzi: quelle borchie sulle braccia, per esempio, non si possono vedere...per non parlare dei giunti all'inizio delle gambe. Tutta questa mania dell'iperrealismo rende i robot piuttosto goffi: non sarebbe stato meglio rappresentarlo senza quelle giunture? In fondo è un racconto animato, non un documentario. Ma ci sono altre cose, non richieste dal "realismo", che stonano: quelle enormi spadone rosse che rappresentano il Maglio Perforante sono un vero e proprio pugno nell'occhio. Ci sarebbe da chiedere come fa Goldrake a muoversi con simili ricci giganteschi addosso. Le corna mi sembrano esageratamente lunghe. Inoltre, con tutte quelle bogne sporgenti (la "V" rossa sul petto, i tratti rossi sulle "mutande", la sporgenza sulla delimitazione della spalla) lo fanno sembrare un robottone bitorzoluto con la testolina microscopica: la spalla infatti è PIU' GROSSA della testa. Qui Goldrake, insomma, ha la testa piccola e il corpo enorme, cosa che lo rende sproporzionato. Tutta un'altra cosa dalle linee eleganti del Goldrake originale. Bocciato in pieno. Almeno per me. =_=

    Goldrake-vero1
    Al "realismo" preferisco l'armonia e l'eleganza, con le proporzioni corrette.



    LO SPACER, O ATLAS
    (lo so che non si chiama Atlas, ma lasciatemi divertire ^_^)

    grendizer-u-immagine


    Dunque, questo sarebbe il nuovo Spacer. Più che un disco volante, visto dall'alto sembra un triangolo volante, con Goldrake sulla punta che si vede appena, senza le braccia estese fuori. Così compresso, sembra un tappo di sughero infilato nel collo di una bottiglia. Inoltre, quelle due impalcature, invece di una sola, che sorreggono le enormi lame rotanti danno un senso di fragilità al disco. Per non parlare delle ridicole bende nere messe dietro, che sembrano il fiocco di un pacco regalo o di una bomboniera.

    Atlas
    L'astronave originale di Goldrake mi sembra più funzionale.



    ACTARUS - DUKE FLEED

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    Mah. Un fragile ragazzino imberbe, tutto pelle e ossa, dalla forma di un grissino, che fa la parte del principe (forse è meglio chiamarlo "principino") di Fleed fuggito dal suo pianeta. Non mi sembra molto convincente. Gli autori avevano detto di voler fare una versione di Goldrake adatta al pubblico di oggi: quindi faranno tutti i personaggi ragazzini, a differenza degli uomini, e adulti, che affrontavano Vega nella versione originale. Questo Duke Fleed, come gli altri, sembra un tizio così minuto e leggero che, con una sola sberla, lo faresti volare lontano quindici metri. Inoltre, questo Actarus/Duke Fleed è una specie di personaggio gender fluid, o LGBT, di cui non si capisce il sesso. Infatti ha vari tratti femminili e una sessualità indistinta, dando il solito messaggio errato che la sessualità non è solo quella uomo-donna ma ce ne sono altre. Tutta un'altra cosa dall'originale Actarus-Duke Fleed: uomo, maschio, normale, semplice. L'eroe di un tempo, insomma.

    Actarus-2-versioniok
    "Ma chi è questo grissino?"



    ALCOR

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    Questo Alcor, o Koji Kabuto, se volete, fa davvero pena. Ha le gambe a stecco peggio di Capitan Harlock, senza averne l'imponenza, e sembra che si possano spaccare da un momento all'altro, tanto paiono fragili. Porta una giacchetta blu, una camicetta che esce fuori stile "ribelle alla Dylan Dog". I pantaloni sono talmente attillati che c'è da chiedersi come faccia a metterseli. E questo sarebbe l'eroico Alcor che guida il TFO e fa lo spericolato in mille circostanze? Come direbbe Totò: "Ma mi faccia il piacere!"

    Alcor
    L'Alcor originale era più convincente.



    SAYAKA YUMI

    sayaka-1


    Stavolta, alla fine, sono riusciti ad inserire Sayaka nell'anime di Goldrake. Un personaggio che non c'entra nulla e che metterà per forza Maria Fleed in secondo piano, visto che Sayaka è ufficialmente la "ragazza di Koji". Invece il "Koji" originale dell'anime non aveva nessun rapporto con Sayaka (era in sostanza un altro personaggio) ed era legato a Maria Fleed. Ma lasciamo perdere, tanto questo è un reboot. Questa Sayaka ha i capelli blu, manco fosse un'aliena, e ha addosso degli stivali lunghi e larghi bianchi dal tacco basso, che danno un'impressione di magrezza rachitica alle gambe della ragazza. Tutti grissini qui. Ha anche un vestitino rosa-bianco con delle aperture ai fianchi e una cintura-pendaglio con una "S" stilizzata attaccata: l'iniziale di Sayaka, presumo. Ha anche un'espressione assente, tanto che mi chiedo se questa Sayaka sia in realtà un robot. Visti i capelli blu, potrebbe anche essere.

    Sayaka
    L'originale Sayaka aveva l'espressione più determinata e un fisico più "in carne", meno pelle e ossa; inoltre, aveva capelli bruni normali.



    MARIA GRACE FLEED

    maria-fleed


    Ovviamente anche Maria è una ragazzina, dalle forme di grissino anche lei, con un cerchietto misterioso sulla testa che stona parecchio. Un ricetrasmettitore? O Maria è un'androide? Boh. I guanti lunghi e gli stivali-reggicalze lunghi non sono aderenti al vestito, dando l'impressione di una ragazzina che si è messa i vestiti di sua mamma. La tuta da combattimento praticamente è la stessa, anche se ha delle placche e delle deviazioni di design piuttosto inutili. Per non parlare del tacco alto e rosso con la suola rossa, che mi sembra di cattivo gusto.

    Maria
    La vera Maria Fleed non ha certo delle forme da grissino.



    VENUSIA

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    Questa è stata la modifica più allucinante. Questa sarebbe Venusia? Ma se sembra un ragazzo, e fa il paio ad Actarus che sembra un femminiello. Ancora il mescolamento dei sessi stile gender. Questa "Venusia" ha i capelli lunghi stile Actarus che le stanno malissimo, con un'inutile crocchia di capelli raccolta dietro; porta un camicione ampio bianco, a mezze maniche grandi, con un ghirigoro blu sopra. Ha un paio di pantaloni blu corti e larghi che richiamano un pò quelli della Venusia originale; infine porta un paio di ciabatte come quelle di gomma da spiaggia. E ovviamente le solite gambe e il solito fisico da grissino. :sick:

    Venusia
    QUESTA è Venusia!



    RUBINA BERYL VEGA

    Rubina-Beryl-Vega


    Ufficialmente dovrebbe chiamarsi Telonna Aqua Vega, ma credo che questo sia un errore, visto che praticamente è uguale alla Rubina originale. Quindi, fino a prova contraria, la chiamerò Rubina Beryl Vega. Comunque, abbiamo qui un altro grissino. Sembra che sia anche qui la figlia di Vega, insieme però a sua sorella Telonna (il personaggio qui sotto). Inoltre ha in più il nome "Beryl", berillo, un minerale, che fa il paio col rubino, che dà il nome alla protagonista. Perchè poi abbiano aggiunto quel nome è un mistero. Comunque anche qui c'è la "mascolinizzazione" della donna, con Rubina che porta un ridicolo mantello con enormi spalliere stile Ken il guerriero, per farla apparire più imponente e mascolina senza riuscirci. Il vestito è praticamente lo stesso del personaggio originale, con qualche leggera variante. Ha i capelli con ciuffi, per darle un aspetto più "maschile". La solita macedonia del gender.

    RUBINA-vestito-e-corpo
    Questa Rubina è decisamente più bella.



    TELONNA AQUA VEGA

    Telonna-Aqua-Vega


    Qui Rubina ha una sorella, Telonna Aqua Vega, che ovviamente è un richiamo alla Telonna figlia di Yabarn della prima versione di Goldrake, Uchu Enban Daisenso, o La battaglia dei dischi volanti. Perchè poi abbiano aggiunto "Aqua", il termine latino che sta per "acqua", lo sanno solo loro. Anche qui il personaggio ha le forme di un grissino, con poche "sporgenze", che sembra che stiano lì solo per dovere. Ha un vestito bianco aperto davanti sulla gonna, ma con le gambe coperte da stivaloni aderenti bianchi, che finiscono coi soliti tacchi. Se si è messa la gonna, perchè allora si è messa anche gli stivaloni coi tacchi? In pratica ha due vestiti addosso. :huh: Il nastro rosa incrociato che porta addosso la fa sembrare una bomboniera, e le spalline metalliche rosa che finiscono a punta stonano non poco col resto. I capelli sono biondi come quelli della Telonna originale, mentre sulla fronte ha un gioiello rosso (mi pare).

    Telonna
    Come si vede, la veste è stata presa dall'abito da cerimonia della Telonna originale. Nella scena a destra, invece, ha l'abito da combattimento. Gli altri personaggi sono il Duke Fleed e la Venusia di Daisenso. Di certo anche questa Telonna non è un'anoressica e nemmeno ha le forme da grissino.

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