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  1. DIVINA COMMEDIA DI NAGAI E DI DANTE: PARADISO, CANTO 1

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    Divina Commedia
    By joe 7 il 20 May 2023
     
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    PARADISO CANTO 1 - DANTE E BEATRICE ASCENDONO AL PARADISO: LA SFERA DI FUOCO TRA LA TERRA E LA LUNA
    (primo post: qui; precedente post: qui)

    STRUTTURA DEL PARADISO

    080-a



    La Terra, nella visione dantesca e cristiana, è al centro dell'universo. Non tanto fisicamente, quanto per la sua importanza, perchè è l'abitazione dell'uomo, fatto a immagine e somiglianza di Dio ed è il luogo dove Dio si è fatto uomo, è morto ed è risorto per noi. Quindi non c'è posto nell'Universo più sacro, e centrale, di questo. Il fatto che la Terra giri attorno al Sole o che il Sole giri invece intorno alla Terra non ha nessuna importanza davanti a questo. Se per i non credenti la Terra è un pezzo di roccia che vaga nello spazio senza senso, per i cristiani è il luogo più sacro, presente in un universo ordinato e con un fine. Quindi da una parte c'è il caso, o caos, e dall'altra parte c'è l'Ordine divino.

    SFERA DEL FUOCO

    Tra la Terra e il Primo Cielo, quello della Luna, c'è la Sfera del fuoco, dove si trovano ora Dante e Beatrice: è la più esterna delle sfere elementari della Terra, situate al di sotto del Cielo della Luna. E' quella che segna il confine tra la regione sublunare, in cui si trova la Terra, e il primo dei Nove Cieli, orbitanti al di sopra di essa. Seguendo il pensiero di Aristotele, la regione sublunare tra la Terra e la Luna era divisa in quattro livelli elementari: a partire dal basso, la terra, poi l'acqua, poi l'aria, e al di sopra di tutte il fuoco, come dimostrano le fiamme di un falò che tendono per natura verso l'alto, attratte dal luogo per loro più congeniale. La scienza medievale di Dante ereditò ampiamente la dottrina dei quattro elementi, disposti in sfere concentriche intorno alla Terra. Essendo il più puro di tutti, il fuoco, con la sua sfera, si innalzava ai massimi livelli nella sequenza ascendente della scala della Natura, nel cerchio più a ridosso del mondo celeste. Non si trattava solo di un luogo astronomico: la sfera del fuoco rappresentava infatti uno stato di coscienza più elevato e sottile, rispetto alla dimensione grossolana della terra. Anche oggi, con la terminologia scientifica moderna, che indica gli strati in cui suddividere la Terra e la sua atmosfera, presenta le varie sfere: la litosfera, idrosfera, ionosfera, ecc. In particolare è descritta la termosfera, chiamata così per le sue elevate temperature e per la sua alta quota: al di sopra di essa c'è l'ultimo strato, l'esosfera, con temperature ancora maggiori. Praticamente, la termosfera e l'esosfera equivalgono alla Sfera del Fuoco medievale: è qui infatti che cominciano ad incendiarsi e a disintegrarsi le meteore, i corpi solidi che provengono dallo spazio.

    I NOVE CIELI

    Dopo la Sfera del Fuoco, la Terra è circondata da nove sfere concentriche: i Nove Cieli del Paradiso, che Dante attraverserà. Oltre i Nove Cieli, c'è infine il "Primo Cielo", cioè l'Empireo (dal greco empýrios: infuocato, ardente). Si tratta del più alto dei cieli: è il luogo della presenza fisica di Dio, dove risiedono gli angeli e le anime accolte in Paradiso.

    Nell'ordine, contando dall'interno verso l'esterno, abbiamo:

    1) Il Cielo della Luna, gestito dagli Angeli. Lì ci sono gli Spiriti che mancarono ai voti (Spiriti Difettivi).
    2) Il Cielo di Mercurio, gestito dagli Arcangeli. Sono ad un livello superiore di quello degli Angeli. Lì ci sono gli Spiriti che operarono il bene per il desiderio di gloria.
    3) Il Cielo di Venere, gestito dai Principati. Sono creature celesti di livello ancora superiore: mano a mano che si sale, ci si avvicina sempre più a Dio, e le creature celesti che sono più vicine a Lui sono quindi di rango più elevato. Per questo, ogni Cielo che incontreremo avanzando sarà gestito da creature celesti sempre più elevate. In questo Cielo ci sono gli Spiriti Amanti.
    4) Il Cielo del Sole, gestito dalle Potestà. Li ci sono gli Spiriti Sapienti.
    5) Il Cielo di Marte, gestito dalle Virtù. Lì ci sono gli Spiriti Combattenti.
    6) Il Cielo di Giove, gestito dalle Dominazioni. Lì ci sono gli Spiriti Giusti.
    7) Il Cielo di Saturno, gestito dai Troni. Lì ci sono gli Spiriti Contemplativi.
    8) Il Cielo delle Stelle (cioè: "tutte le altre Stelle"), gestito dai Cherubini. Lì ci sono gli Spiriti Trionfanti.
    9) Il Cielo Cristallino o Primo Mobile, gestito dai Serafini. Sono il grado più elevato dell'Ordine Angelico e sono quelli più a stretto contatto con Dio. Il diavolo, o satana, era un tempo Lucifero, il "portatore di luce" ed era un Serafino. Per questo la sua ribellione è stata la più grave, perchè ha rifiutato Dio, anche dopo averlo contemplato in modo diretto. Poi è stato ricacciato nell'Inferno, insieme agli altri Angeli che lo hanno seguito, e che sono diventati dei demoni. Nella sua pretesa di essere superiore a Dio, satana ha fatto l'Inferno in nove gironi, imitando così le nove sfere celesti. Il nove è il simbolo della trinità (tre volte tre): per questo le Sfere Celesti hanno questa numerazione. Il Primo Mobile non contiene alcun astro visibile, ma origina e alimenta il movimento di tutti gli altri otto Cieli sottostanti. Infatti, nel Primo Mobile ci sono le Intelligenze Motrici: sono gli Angeli preposti al moto delle sfere celesti. Sono chiamati "Intelligenze" perchè sono forme separate dalla materia, che, con atto puramente intellettuale, realizzano il moto dei cieli. Per questo sono dette anche "motrici", cioè causa del movimento di tutte le Sfere Celesti.

    Infine, al di sopra di tutti, c'è uno spazio esterno, appunto l'Empireo, dove risiedono Dio, gli angeli e tutte le anime dei beati. Non è un'ulteriore sfera, perchè il suo vero centro è Dio. Inoltre, non è limitato dalle dimensione, né è costituito da materia, come gli altri cieli, ma è piuttosto un luogo spirituale, fuori dal tempo e fuori dallo spazio. Non ha senso, infatti, dire che Dio "sta lì ", come se fossimo nel campo fisico: sono concetti oltre la nostra comprensione. Mentre infatti i Nove Cieli, compreso il Primo Mobile, sono in perpetuo movimento, l'Empireo è eternamente immobile: ma anche qui è un modo di dire. Infatti, non è che sia "fotografato": semplicemente, è al di là della comprensione umana. Nell'Empireo ci sono le tribune su cui si siedono i beati, ognuno nel posto a lui destinato, a forma di anfiteatro, che il poeta paragona ad una "candida rosa"; poi ci sono le gerarchie degli angeli, che egli raffigura disposti su nove Cerchi Concentrici, ad immagine dei nove Cieli; e al centro di questi nove cerchi, un punto luminosissimo, che è Dio, la cui visione (in cui Dante arriva a scorgere i misteri della Trinità e dell'Incarnazione) costituisce la conclusione della Commedia.

    Infine, c'è una curiosità: l'espressione "essere al settimo cielo", che significa essere al massimo della felicità, deriva da una convinzione medievale, in cui si pensava che ci fossero sette cieli: infatti, il sette è un numero sacro che indica Dio ed è presente nella Bibbia (la settimana, i sette doni dello Spirito Santo e così via). Dante, invece, ha presentato nove cieli, indicando il nove come simbolo della Trinità. Inoltre, in America e in Inghilterra, esiste l'espressione "cloud nine" (Nuvola Nove), che è equivalente all'italiano "essere al settimo cielo": in questo caso, però, il termine inglese ha seguito la definizione dantesca.

    INIZIO

    Paradiso
    Inizia l'ascesa di Dante e Beatrice al Paradiso.


    Nell'incipit del Paradiso, Dante inizia subito parlando di Dio come "La gloria di colui che tutto move" e dichiara di essere stato nel Cielo più alto del Paradiso, l'Empireo, che riceve maggiormente la luce divina che poi si diffonde nell'Universo (è come dire che lì c'è Dio, anche se non ha senso dire "lì"). Laggiù ha visto cose difficili da dire a parole, perchè l'intelletto umano non riesce a ricordare quello che vede quando contempla Dio. Il Paradiso infatti comincia così:

    La gloria di colui che tutto move (La potenza di Colui (Dio) che muove ogni cosa)
    per l’universo penetra, e risplende (si diffonde in tutto l'Universo e splende)
    in una parte più e meno altrove. (più in alcune parti, meno in altre.)

    Nel ciel che più de la sua luce prende (Io fui nel Cielo (Empireo) che è più illuminato dalla sua luce,)
    fu’ io, e vidi cose che ridire (e vidi cose che chi scende di lassù)
    né sa né può chi di là sù discende; (non sa né può riferire;)

    perché appressando sé al suo disire, (infatti, avvicinandosi all'oggetto del suo desiderio (Dio),
    nostro intelletto si profonda tanto, (il nostro intelletto si addentra tanto in profondità)
    che dietro la memoria non può ire. (che la memoria non lo può più seguire.)

    Nonostante questo, il poeta dichiara che tenterà di descrivere il Paradiso come gli sarà possibile per la sua mente e il suo intelletto. Per questo, per questa ultima cantica, invoca l'assistenza di Apollo, il dio del Sole, perchè l'aiuto delle Muse non gli è più sufficiente per un'impresa simile, perchè è il massimo di quanto un uomo possa vedere e contemplare. Chiede quindi ad Apollo di aiutarlo tirandogli fuori l'ispirazione, proprio come un tempo lui ha "estratto" Marsia, scorticandolo vivo.1 Se gli permetterà di trasmettere almeno "l'ombra del beato regno", Dante potrà incoronarsi con le foglie di alloro. Infatti, a causa della scarsa ambizione umana, poche volte l'alloro2 può incoronare condottieri o poeti ("o cesare o poeta"). Apollo, la "delfica deità" (Delfi, antica città della Grecia, aveva lì il principale centro del culto di Apollo; inoltre era famosa anche per l'oracolo e il santuario di Apollo, dio ispiratore di poesia), dovrebbe essere lieto che qualcuno desideri essere incoronato dal suo alloro, poiché questo accade raramente nei tempi moderni. Anzi, Dante si augura che il suo esempio possa essere seguito da altri poeti migliori dopo di lui:

    Poca favilla gran fiamma seconda: (Una grande fiamma segue una debole scintilla:)
    forse di retro a me con miglior voci (forse dopo di me altri, con voci migliori,)
    si pregherà perché Cirra3 risponda. (pregheranno perché Cirra (Apollo) risponda.)

    ASCESA DI DANTE E BEATRICE

    D1
    Dante e Beatrice iniziano il viaggio. Nagai ha preso la scena da un'incisione di Dorè, che però qui rappresentava l'incontro tra Dante e Piccarda Donati, che avviene nel Cielo della Luna (III Canto del Paradiso): Nagai ha sostituito qui Piccarda con Beatrice.


    Dante inizia a descrivere il Sole ("lucerna del mondo") che sorge sull'orizzonte da diversi punti, ma quello da cui sorge adesso, che è l'equinozio di primavera (cioè l'inizio della primavera, il 21 Marzo) è il punto che si trova in congiunzione con la costellazione dell'Ariete. Questo significa che Dante, adesso, sta descrivendo il Sole che sorge a partire dalla sua posizione spaziale, non più terrestre (come l'alba e il tramonto). Il poeta, infatti, ha abbandonato la Terra fisica e sta vedendo il Sole praticamente dallo spazio. I raggi del sole, in quel momento, continua Dante, sono i più benefici per il mondo (significa che inizia la Primavera, appunto l'equinozio). Dante vede bene anche il punto dell'orizzonte in cui c'è l'emisfero nord, perchè lì è già notte, e la Terra è così per metà buia, e dall'altra parte l'emisfero sud, in cui è giorno pieno. Sta vedendo insomma la Terra dallo spazio. Dante vede anche Beatrice, che è rivolta a sinistra e sta fissando il Sole fermamente, come non potrebbe fare neanche un'aquila. L'atto della donna induce Dante ad imitarla, proprio come fa un raggio di luce riflesso, che sullo specchio si leva esattamente con lo stesso angolo del raggio vero. Dante, quindi, sta fissando anche lui il Sole come Beatrice, senza per questo avere alcun danno: e quasi non si accorge di quello che sta riuscendo a fare. Nell'Eden, da dove Dante aveva iniziato ad allontanarsi, le facoltà umane sono accresciute. Comunque, anche Dante non riesce a fissare a lungo il Sole: però lo ha visto abbastanza da poterlo osservare sfavillante tutt'intorno, come un ferro incandescente appena uscito dal fuoco. Dante, però, vede che la luce aumenta tutt'intorno a lui, quasi come se fosse spuntato un secondo sole: sta cominciando, cioè, a percepire sempre meglio le realtà celesti.

    TRASUMANAZIONE DI DANTE

    Dante distoglie lo sguardo dal sole e osserva Beatrice, che a sua volta fissa il Cielo. Il poeta si perde a tal punto nel suo aspetto, che subisce una trasformazione simile a quella di Glauco quando mangiò l'erba e divenne una creatura marina.4 E' impossibile descrivere a parole l'andare oltre alla natura umana ("trasumanarsi"), perciò il lettore dovrà accontentarsi dell'esempio mitologico proposto da Dante e sperare di averne esperienza diretta in Paradiso:

    Trasumanar significar per verba (Elevarsi al di là dei limiti umani non si può spiegare a parole:)
    non si poria; però l’essemplo basti (perciò basti l'esempio mitologico)
    a cui esperienza grazia serba. (a coloro ai quali la grazia divina riserva l'esperienza diretta.)

    Dante non sa nemmeno dire dire se, in questo momento, sia ancora in possesso del suo corpo mortale o sia soltanto anima. Dante si trova attratto dalla contemplazione del movimento rotatorio dei Cieli, che Dio rende eterno col desiderio continuo delle ruote celesti di avvicinarsi sempre a Lui, con l'armonia che Lui regola e stabilisce. Osservando l'incredibile spettacolo, a Dante il cielo gli sembra talmente acceso dalla luce del sole che nessuna pioggia e nessun fiume sono capaci di creare un lago così enorme.

    DUBBIO DI DANTE

    Dante avverte un fortissimo desiderio di conoscere l'origine del nuovo suono armonioso che sta ascoltando e della luce che sta contemplando. Beatrice, che legge nella sua mente ogni pensiero, si rivolge subito a lui per rispondergli: infatti, se nell’Inferno Dante parlava fin troppo all’inizio del viaggio e ha imparato a chiedere il dovuto al momento opportuno, nel Paradiso non c’è neanche bisogno di chiedere, perché la carità dei santi previene le domande. Beatrice, sorridendo, spiega al poeta che Dante immagina cose errate, poiché crede di essere ancora nell'Eden, sulla Terra. Invece non si trova più lì: egli sta salendo in Paradiso e nessuna folgore, nessun lampo, cadendo dalla sfera del fuoco in basso sulla Terra, fu tanto rapida quanto lo è Dante, che sta tornando all'Empireo, o Paradiso, il luogo che gli è proprio.

    L'ORDINE DELL'UNIVERSO

    Beatrice ha risolto il primo dubbio di Dante, ma, grazie alla stessa risposta della donna, ora il poeta è tormentato da un altro dubbio. Infatti, chiede a Beatrice come sia possibile che lui, che è dotato di un corpo mortale, stia salendo oltre la sfera d'aria (la Terra) verso quella del fuoco (tra la Terra e la Luna). Beatrice fa un profondo sospiro, poi guarda Dante come fa una madre col figlio che dice delle sciocchezze. Successivamente, spiega che tutte le cose dell'Universo sono ordinate tra di loro, così da formare un tutto armonico, simile a Dio. In questo ordine, tutte le creature razionali (cioè gli uomini e gli angeli) scorgono l'impronta di Dio, che è il fine a cui tendono tutte le cose. Tutte le creature, infatti, per loro natura tendono verso Dio, anche se per strade diverse, secondo l'impulso che è stato dato loro. Per esempio, il fuoco sale verso l'alto, il cuore degli esseri irrazionali è mosso da questo istinto, la Terra sta coesa in se stessa. Tale condizione è comune sia alle creature irrazionali che a quelle dotate di intelletto. Dio risiede nell'Empireo, come vuole la Provvidenza, e a questo il Cielo più alto, il Primo Mobile, tende più rapidamente di tutti gli altri. Dante e Beatrice, quindi, si stanno dirigendo lì proprio perchè il loro istinto naturale li sta spingendo verso il loro principio, che è Dio. È anche vero, purtroppo, che talvolta la creatura non asseconda questo impulso e quindi devia dal suo corso naturale, in virtù del suo libero arbitrio. Per questo, l'uomo talvolta si piega verso i beni terreni e non verso il Cielo, come una saetta che tende verso il basso. Quindi, Dante non deve stupirsi del fatto di ascendere verso il Cielo col suo corpo, proprio come fa un fiume che scorre dalla montagna a valle. Dovrebbe stupirsi piuttosto del contrario, se cioè non salisse in alto anche se privo di impedimenti: sarebbe come un fuoco che, sulla Terra, restasse fermo, invece di tendere verso l'alto. Dopo queste parole, Beatrice torna a fissare il Cielo.

    COMMENTO

    Beatrice spiega a Dante che il sigillo di Dio è presente in tutte le leggi della natura e questa luce di perfezione divina è ancor più evidente nell’Empireo. Proprio lì si stanno dirigendo Dante e Beatrice, attraversando prima la Sfera del Fuoco e poi passando attraverso gli altri Cieli, dove Dante incontrerà i Santi. Ogni creatura tende per natura verso l’alto, verso Dio. Il cuore di ogni uomo è fatto per la bontà, per l’amore e per la felicità. Questo significa la frase biblica che attesta che "l’uomo è stato creato ad immagine e somiglianza di Dio." Quando ci purifichiamo dal peccato, non possiamo che tendere verso il Cielo e l’assoluto. Perché allora accade spesso che l’uomo si corrompa, decada e si soffermi solo su beni effimeri? Perché l’uomo è libero e fragile.

    IL LUNGO PROEMIO

    Il Cantico del Paradiso inizia con un proemio, cioè un'introduzione, in cui Dante invoca l'aiuto non solo delle Muse, ma anche di Apollo, per realizzare la terza e ultima parte della Commedia: un lavoro assai più impegnativo degli altri, tanto che questo proemio è lungo il triplo di quello del Purgatorio e addirittura il quadruplo di quello dell'Inferno. Infatti, qui Dante si accinge a descrivere il regno santo come mai nessuno prima di lui aveva fatto e dovrà misurarsi con la difficoltà di riferire cose difficili anche solo da ricordare. Si anticipa così il tema della "visione inesprimibile", che tanta parte avrà nel Paradiso. Apollo, ovviamente, è personificazione dell'ispirazione divina, non il vero dio pagano. La poesia di Dante, quindi, dovrà essere ispirata da Dio e non dovrà essere un folle tentativo di gareggiare con la divinità nella rappresentazione di ciò che supera i limiti umani.

    LA LUCE

    L'aumento progressivo della luce e il dolce suono con cui ruotano le sfere celesti accendono in Dante il desiderio di capirne la ragione e Beatrice è sollecita a spiegargli che i due stanno salendo verso il Cielo. Dante allora chiede come sia possibile per lui, dotato di un corpo in carne e ossa, salire contro la legge di gravità: dubbio che sarà sciolto da Beatrice con una complessa spiegazione che occupa l'ultima parte del Canto. La donna assume fin dall'inizio l'atteggiamento che avrà sempre nel Paradiso, cioè di maestra che sospira e sorride delle ingenue domande del discepolo e fornisce spiegazioni di carattere dottrinale. Dove la ragione umana non può arrivare, deve intervenire la fede e dunque Dante deve credere che sta salendo con tutto il corpo in Paradiso, non essendo in grado di comprenderlo completamente a livello razionale.

    La luce come elemento visivo domina largamente l'episodio, segnando il passaggio di Dante dalla dimensione terrena a quella celeste, anche attraverso l'immagine del Sole, che è evocato nella spiegazione astronomica, poi indicato come oggetto dello sguardo di Beatrice, infine chiamato in causa con l'immagine di un secondo sole che sembra illuminare col suo splendore il cielo: il viaggio di Dante verso la luce è ovviamente il suo percorso verso Dio e tale immagine si ricollega a quella dei versi iniziali, in cui la gloria divina si riverberava in tutto l'Universo, e dove si diceva che Dante è giunto nel Cielo che "più de la sua luce prende", ovvero quell'Empireo verso il quale ha iniziato a salire in modo prodigioso.

    IL MAESTRO

    Una persona che davvero ama non trattiene l’altro su di sé, ma gli indica la strada buona, la verità, la bellezza, la bontà. Questa è la vera educazione: la Beatrice del Paradiso, infatti, non si comporta come donna amata, ma come maestra che spalanca il cuore di Dante. "Spalancare il cuore" vuol dire indirizzare al desiderio dell’assoluto.
    Scrive Saint Exupery nella Cittadella: "Se vuoi costruire una barca, non radunare degli uomini per tagliare la legna, dividere i compiti e impartire gli ordini. Ma insegna loro la nostalgia per il mare vasto e infinito". Nella stessa opera, compare la figura del capo che istruisce i generali spronandoli ad essere pienamente uomini, mantenendo vivo il desiderio: "Voi non vincerete, perché cercate la perfezione, non il desiderio. La torre, la roccaforte o l’impero crescono come l’albero. Esse sono manifestazioni della vita, in quanto è necessario che ci sia l’uomo perché nascano. E l’uomo crede di calcolare: crede che la ragione governi la costruzione delle sue pietre, quando invece la costruzione è nata dapprima dal suo desiderio, dopo dai suoi calcoli. I calcoli non fanno altro che dare forma al suo desiderio e illustrarlo. Voi perderete la guerra - quella della vita - se non desiderate nulla".
    In questo canto Dante, all'inizio, si trova ancora nell’Eden, per poi capire di essere ormai già "in viaggio". Dante, guardando negli occhi Beatrice che fissa il Sole, a sua volta inizia a guardare il Sole come per processo osmotico: l’uomo, infatti, impara sempre imitando un altro che ha già imparato, guardando un altro che sta camminando nella vita. Beatrice sta educando Dante a non rimanere in continuazione a guardarla negli occhi, perché un rapporto vero spalanca all’altro, non trattiene su di sé, ma spalanca a qualcosa di più grande. Un’amicizia vera e un amore autentico aprono agli altri, non rinchiudono. Beatrice sta educando Dante a perseguire la meta, che c’è. La realtà è positiva: non bisogna rimanere chiusi, concentrati solo sulla persona amata o sull’amico o sul maestro che abbiamo incontrato nella vita. Per questo motivo, il poeta fiorentino ha fatto uscire di scena il maestro Virgilio senza troppi rimpianti e nostalgie. Una volta che il compito del maestro è stato adempiuto, Dante continua la strada con un nuovo maestro, Beatrice. Il maestro non è un idolo.
    Quanto sta spiegando Dante nel primo canto del Paradiso è molto attuale per la società contemporanea, in cui abbiamo davanti a noi molti idoli, che mostrano non la verità e la bellezza, ma se stessi come risposta al bisogno e alle domande dell’uomo. Gli idoli non sono compagnia nel cammino dell’esistenza: se lo fossero davvero, mostrerebbero subito tutta la loro inconsistenza. Gli idoli sembrano affascinare per la loro presunta autonomia, per l’autosufficienza, come se fossero in grado di darsi la felicità da soli. L’uomo autentico, invece, sia il giovane che l’adulto, percepisce che non ha bisogno di idoli, ma di maestri. Oggi è sempre più necessaria la presenza di maestri. Il maestro, colui che guida e che è autorevole, non rimanda mai a sé come risposta ai problemi della vita, ma comunica altro, indirizza al bene e conquista gli altri proprio perché non avvinghia a sé. Il maestro sprona al «desiderio del mare aperto»: non si sofferma sulla noia del particolare slegato dal desiderio di navigare. Se si togliesse la brama del navigare, per quale motivo si dovrebbe faticare a tagliare la legna per costruire la barca? E ancora, come si può educare qualcuno intimorendolo, facendogli pensare che nella vita bisogna avere soltanto paura come si fa oggi? Che cosa possiamo dare a noi stessi e che cosa ai nostri figli, alle persone cui vogliamo bene, se non il bello e il vero che incontriamo? I divi idolatrati, invece, presentano se stessi come la soluzione. Anche la stessa Beatrice più tardi si farà da parte, perché non sarà lei ad accompagnare Dante alla visione di Dio.

    TRASUMANAR

    Nel viaggio, il poeta si sente trasumanar, cioè diventare qualcosa di più che un essere umano: questo termine, inventato da Dante, appare solo qui (quindi è un neologismo, cioè una parola inventata: a quanto ne so, nessun altro l'ha più usata). Quando Dante inizia a guardare il Cielo, qualcosa di straordinario inizia ad accadere, non descrivibile a parole. Scrive il sommo poeta:

    «Trasumanar significar per verba/ non si poria; però l'esemplo basti/ a cui esperïenza grazia serba».

    Per comunicare la sua esperienza, Dante conia un nuovo verbo, «transumanar»: il poeta non sente più il limite del corpo, si sente oltre la condizione umana, o meglio, si sente pienamente uomo. Tutti noi abbiamo sperimentato che, quando la nostra esperienza è grande e significativa, è difficile comunicarla a parole, perché abbiamo l’impressione di banalizzarla. Per questo, Dante ricorre alla "explanatio per argumenta exemplorum", cioè alla spiegazione attraverso l’uso degli esempi, espediente che è tipico dei trattati di mistica, presentando la storia di Glauco.

    BELLEZZA E BONTA'

    Beatrice è connotata dalla letizia e dal sorriso che trabocca dal suo sguardo. La bellezza di Beatrice proviene dal fatto che è bella e anche buona: infatti, è la bontà che rende belli, non il trucco o altre trovate. La bontà straripante che c'è nel suo animo infatti la rende ancor più bella. Beatrice diventa qui il compimento di quanto Dante aveva già anticipato vent’anni prima nella Vita nova, quando scriveva: «Tanto gentile e tanto onesta pare (cioè "appare")/ la donna mia». C'è un legame molto profondo tra la bellezza e la bontà. La bellezza non è slegata dalla bontà. Nel bambino questa coincidenza tra bellezza e bontà è chiarissima: non siamo noi adulti ad avere insinuato in lui la nozione di una identità tra bontà e bellezza. Infatti per un bambino la mamma è bella sempre, perché è buona, è il suo punto di riferimento. Quindi la mamma è bella e buona.

    Buon-Samaritano
    Il Buon Samaritano: la bontà genera bellezza.


    Allora Beatrice guarda Dante senza rimproveri, ma "con un pio sospiro", come una mamma di fronte ad un figlio "deliro", ovvero che esce dal solco, che dice sciocchezze. La Beatrice del Paradiso si è tramutata in maestra prima e in madre poi. Ora si tramuta in filosofa tomista, che spiega con dovizia di particolari, esemplificazioni e ricchezza di argomentazione le ragioni di quanto sta accadendo. Il discorso di Beatrice è ampio e conclude il canto sottolineando che tutta la realtà è bella, perché in tutta la realtà c’è l'impronta di Dio. Siamo noi che, spesso, non siamo in rapporto giusto con la realtà: perché, se fossimo in questo rapporto giusto con la realtà, ne coglieremmo tutta la bellezza, come afferma san Tommaso.
    È quello che comprende un genitore quando guarda il figlio. Il figlio può commettere qualsiasi azione anche negativa, ma la mamma, nei suoi confronti, prova sempre un sentimento di amore e sa cogliere la bellezza del suo animo. È quello che racconta Antoine De Saint-Exupery quando parla della rosa e del principe. Il principe, quando vede che ci sono altre rose, si sente un po' tradito perché era convinto che la sua fosse la sola rosa e che fosse bellissima perché era l'unica. A quel punto, è chiamato a riconoscere che la rosa è bella perché lui la ha dedicato del tempo: è il tempo che lui ha dedicato a quella rosa che la fa diventare unica per lui, che la fa diventare importante. La bellezza è la forma che rende l’universo simile a Dio: possiamo anche dire che la bellezza è segno di Dio, mentre la bruttezza, l'orrore, sono segni del demoniaco. Esiste, cioè, una via pulchritudinis cioè una "via della bellezza" che porta verso il Cielo. L’esempio dei fiori può essere utile per capire meglio quanto ho detto: se una ragazza trovasse sul proprio banco un mazzo di rose, non si fermerebbe ad osservare le rose, ma si chiederebbe chi gliele abbia portate e sarebbe tutta piena di domanda e di curiosità, finché non scoprisse l’identità del mittente. Allo stesso modo, di fronte alla bellezza del creato, non può non sorgere nell’uomo la domanda su Chi ci abbia donato questa bellezza.

    SOLO L'UOMO SA STUPIRSI

    Beatrice dice anche: "Qui veggion (vedono) l'alte creature (cioè gli uomini) l'orma / de l'etterno valore (cioè le tracce della virtù divina), il qual è fine / al quale è fatta la toccata norma (cioè è il fine di tutto l'ordine dell'universo). Cioè l’uomo, che è "alta creatura", è l’unico che sa cogliere la bellezza e stupirsi di fronte a lei. L'animale, invece, vive, ma non si stupisce per la bellezza. Questa è per Dante una delle peculiarità dell’uomo: la meraviglia di fronte al bello. Osserviamo quello che la bellezza suscita in noi: quando vediamo qualcosa che è davvero bello, la prima reazione è quella di stupore, di meraviglia, che ci fa rimanere estasiati, in contemplazione, come quando ascoltiamo una musica bella (la sinfonia 40 di Mozart, per esempio) o contempliamo la Cappella Sistina di Michelangelo. Nel momento in cui noi cerchiamo di definire la bellezza, noi già la stiamo deturpando, la stiamo in un certo senso corrompendo, perché siamo presi come da un desiderio di possesso della bellezza stessa.

    CREDERE PER CAPIRE, CAPIRE PER CREDERE

    Tutte le cose tendono verso l’ordine, verso la perfezione, verso Dio, in modo diverso. L’ordine e le leggi che lo scienziato scopre nell’universo sono segno e sigillo dell’impronta di Dio dell’universo. Gli studi scientifici portano ad approfondire la maestosità del Mistero che ci sovrasta e, nel contempo, a sorprendere la bellezza dell’armonia del cosmo. Insomma, ancora una volta Dante ci fa comprendere la verità delle parole di san Tommaso: "credo ut intelligam" ("credo per capire": credo per comprendere meglio) e "intelligo ut credam" ("capisco per credere": comprendo meglio e vado in profondità alla realtà per accrescere la mia fede).

    IL DANTE DI NAGAI

    Non ci sono le conversazioni tra Dante e Beatrice nel manga: Nagai qui inventa dei dialoghi di sana pianta. Dante, Beatrice ed altre persone (presumibilmente altre beate, tutte donne) salgono su una nuvola e si allontanano letteralmente dalla Terra, o meglio dall'Italia. E questo è curioso, perchè Dante dovrebbe trovarsi dalla parte opposta del mondo, sulla cima del Purgatorio. Infatti, Nagai fa credere che tutto questo sia un sogno di Dante, che si è addormentato nella selva oscura, a sentire i dialoghi:

    Beatrice: Dante, tu che un tempo mi amasti...vieni con me!
    Dante: Oh...Beatrice!
    Dante si fa scendere una lacrimuccia sul viso, poi, sorpreso, vede delle nuvole attorno a sè.
    Beatrice: Affinché tu non ti smarrisca in quella selva oscura infestata dalle fiere...io ti sarò accanto. In tutto ciò che farai, vedrai o udrai.
    Dante: Ma cosa...?
    Beatrice: Non te ne sei accorto? Stiamo salendo verso il cielo.
    Dante: Verso il cielo?


    Beatrice nel manga dice: "Affinché tu non ti smarrisca in quella selva oscura infestata dalle fiere", facendo intendere che Dante, come corpo, sia ANCORA LI', e si sta facendo un grandissimo sogno mentre dorme nella selva. Così il problema dell'"ascensione in carne e ossa" è risolto. Infatti, in Oriente non si contempla la risurrezione del corpo, ma solo la trasmigrazione delle anime: un concetto come un corpo in carne, sangue e ossa che salga nel più alto dei cieli (che per il cristianesimo è la base della sua fede, dovuta al fatto della risurrezione di Gesù, sia nello spirito che nel corpo) per loro è incomprensibile. Quindi Nagai trasforma tutta la Divina Commedia in un'esperienza mistica o in un sogno gigantesco.

    D2
    Viaggiano tutti via su una nuvoletta. =_=


    BIBLIOGRAFIA
    https://divinacommedia.weebly.com/paradiso-canto-i.html

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    1 Marsia: divinità dei boschi: sfidò Apollo in una gara di musica e perse. Per punizione per la sua arroganza, Apollo lo scorticò vivo. Il paragone che fa Dante è macabro, ma il poeta indica in modo simbolico il fatto: estrarre cioè dalla "buccia" del poeta il frutto della poesia ispirata da Apollo.

    2 l'alloro è chiamato da Dante "fronda peneia": infatti Peneo, divinità dei fiumi, trasformò sua figlia Dafne in alloro, perchè sfuggisse ad Apollo. Da allora, fu l'albero preferito di Apollo, che ne porta i rami sulla fronte come una corona.

    3 Cirra era una città sul golfo di Corinto, collegata con Delfi e con l'oracolo di Apollo a Delfi: spesso fu indicata per designare Apollo stesso.

    4 Glauco: personaggio delle Metamorfosi di Ovidio. Glauco è un pescatore della Beozia che notò che i pesci che aveva pescato mangiavano un'erba che li faceva tornare in vita e ritornare in acqua. Lui fece lo stesso e si trasformò in una creatura acquatica, gettandosi in mare.

    (Continua qui)

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    Edited by joe 7 - 27/5/2023, 15:03
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    Anche io, quando guado il panorama della finestra della mia camera, penso sempre alla bellezza del creato come opera di Dio.
     
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    CITAZIONE (Andrea Michielon @ 20/5/2023, 19:17) 
    Anche io, quando guardo il panorama della finestra della mia camera, penso sempre alla bellezza del creato come opera di Dio.

    Il Creato è sempre bello: anche se non è perfetto, contiene comunque l'impronta della bellezza divina.
     
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