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  1. DIVINA COMMEDIA DI NAGAI E DI DANTE: INFERNO, CANTO 3

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    Divina Commedia
    By joe 7 il 3 July 2021
     
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    LA DIVINA COMMEDIA, CONFRONTO FRA ORIENTE E OCCIDENTE: DANTE ALIGHIERI E GO NAGAI
    (primo post: qui; precedente post: qui)

    INFERNO, CANTO 3: INGRESSO ALL'INFERNO - GLI IGNAVI, CARONTE

    050-051
    Dante alla porta dell'Inferno.


    All'inizio del terzo canto, c'è la famosa epigrafe posta sulla porta dell’Inferno, e nel vederla a Dante ritornano le antiche paure. Le parole incise sono cupe, orride:

    "PER ME SI VA NE LA CITTA' DOLENTE, ("per me", cioè "attraverso di me")
    PER ME SI VA NE L'ETTERNO DOLORE,
    PER ME SI VA TRA LA PERDUTA GENTE.
    GIUSTIZIA MOSSE IL MIO ALTO FATTORE;
    FECEMI LA DIVINA POTESTATE, (il Padre, Dio)
    LA SOMMA SAPIENZA E 'L PRIMO AMORE. ("la Somma Sapienza": il Figlio, Gesù Cristo; "Il Primo Amore", lo Spirito Santo.)
    DINANZI A ME NON FUOR COSE CREATE
    SE NON ETTERNE, E IO ETTERNA DURO.
    LASCIATE OGNE SPERANZA, VOI CH'INTRATE."


    IL MAESTRO DEVE ESSERE PRESENTE, NON VIRTUALE

    Di fronte alla paura di Dante, Virgilio lo prende per mano con lieto volto e lo introduce dentro "a le secrete cose". Nei primi tre canti dell’Inferno, Dante presenta la sua straordinaria pedagogia: un discorso non può avvincere e convincere. Non è sufficiente neanche conoscere le ragioni e le motivazioni. Dante non avrebbe intrapreso il viaggio senza la compagnia e la guida lieta e rassicurante di Virgilio. Il ragazzo e l’adulto hanno bisogno, nel viaggio della vita, di una compagnia, oltre alla speranza. La presenza, il il lieto volto, che rappresenta la certezza che vale la pena intraprendere il viaggio, che c’è una meta bella, che il destino è buono e positivo, è fondamentale. Per questo, l'attuale idea di voler insegnare solo via internet porterà solo ad un disastro educativo. Chi impara ha bisogno di una presenza, di una persona in carne e ossa, non di una cosa vuota, cioè una macchina con video incorporato. Sant’Ignazio di Antiochia scriveva:

    "Si educa con quel che si dice,
    si educa meglio con quel che si fa,
    ma ancor di più con quel che si è".


    Si cammina nel viaggio della vita e della conoscenza con una compagnia, con un maestro, con un testimone della bellezza e della verità incontrate. Cioè con una persona in carne e ossa, in sostanza. Non con un computer, che è la caricatura di una presenza, è una cosa vuota, è un rapporto falso.

    GLI IGNAVI

    jpg


    Il tema della viltà occupa tutti i primi tre canti dell’Inferno. Non si può vivere se si è bloccati dalla paura. Invece della paura, per vivere occorrono entusiasmo e speranza. La paura porta all'abulia, al rifiuto di ogni attività, al rifiuto di ogni decisione ("Decidano altri per me!"). In sostanza, all'ignavia. Per questo, non è un caso che le prime anime che Dante incontra nel cammino siano quelle degli ignavi: i pusillanimi, che non sono neppure degni di stare all’Inferno. Hanno una collocazione tutta loro, l’Antiinferno. Costoro, che mai hanno vissuto perché mai hanno scelto, una volta morti devono inseguire un’insegna, che mai non ha posa. Punti da mosconi e vespe, loro, che nella vita non hanno mai inseguito un ideale e non avrebbero mai offerto il proprio sangue per un Ideale, ora devono versarlo per i vermi che sono in Terra. Il monito di Dante è molto forte e riguarda tutti noi. Ciascuno di noi, infatti, può rischiare di non prender posizione, di non scegliere, sopraffatto dall’illusione che si possa stare tranquilli, anche senza credere in nulla, anche senza scoprire una ragione per cui valga la pena intraprendere il viaggio della vita. Dante, tra gli ignavi, cita un personaggio misterioso che "fece per viltade il gran rifiuto": si pensa che faccia riferimento a papa Celestino V, famoso per aver abdicato al trono di Pietro. Tuttavia, è riconosciuto come santo dalla Chiesa Cattolica. Quindi non si sa ancora bene chi sia questo personaggio.

    CARONTE

    jpg


    Caronte è il traghettatore delle anime dannate, che Dante descrive traendo spunto dal personaggio virgiliano del libro VI dell'Eneide. Rispetto al Caronte classico, tuttavia, quello dantesco appare con tratti decisamente demoniaci (soprattutto gli occhi circondati di fiamme). Questo è coerente con l'interpretazione in chiave cristiana delle figure mitologiche: le divinità infere venivano spesso considerate personificazione del diavolo. Lo stesso farà Dante con altre creature infernali, come ad esempio Minosse, Cerbero, Pluto. La reazione del demone Caronte all'apparire di Dante è analoga a quella degli altri guardiani infernali che il poeta incontrerà più avanti: come loro, anche Caronte tenta di spaventarlo e di impedire il suo viaggio attraverso l'Inferno (quindi il suo viaggio verso il Paradiso e la salvezza!). Queste figure simboleggiano gli "impedimenta" di natura peccaminosa, che ostacolano il cammino di redenzione dell'anima umana. Non a caso, infatti, è sempre Virgilio (allegoria della ragione e della fede) a zittirli e a consentire il passaggio di Dante. Virgilio riduce al silenzio Caronte con la famosa frase: "vuolsi così colà dove si puote / ciò che si vuole, e più non dimandare". La ripeterà, con lievi varianti, anche con Minosse e con Pluto.

    IL DANTE DI NAGAI

    Davanti all'iscrizione della porta dell'Inferno, Nagai cita l'epigrafe sulla porta, però salta il passo in cui si fa riferimento alla Trinità. Spesso i riferimenti cattolici nel manga sono omessi, citando al suo posto, quando capita, solo un Dio generico, severo e sadico. Infatti, tutti i dannati sono visti come povere persone ingiustamente accusate. In particolare, le dannate sono tutte delle Miss Mondo nude, di bell'aspetto e dalla faccia innocente. C'è persino una scena in cui una dannata, nuda e formosa come le altre, cerca di scappare via da Caronte piangendo con occhi alla Candy Candy. Il lettore non riesce quindi a pensare che siano delle assassine o traditrici o cose simili. Lo stesso vale per gli uomini, ovviamente: ma sono soprattutto le donne a fare la parte delle "povere vittime". Invece, le anime dannate descritte da Dante sono piene di odio e di disperazione: bestemmiano Dio, i propri genitori, la propria nascita, tutta l'umanità, il posto e il tempo dove sono vissuti, e, al contrario dei dannati e dannate nagaiani, non cercano di scappare: anzi, hanno fretta di andare nel luogo della propria condanna eterna, spinti dal peso delle loro colpe e dal loro desiderio di stare il più possibile lontano da Dio, che ora odiano, come pure odiano ogni persona e ogni cosa. picchiati dal remo di Caronte, che li spinge nella barca in modo che siano ben distribuiti all'interno. Tutta un'altra cosa dalle "povere vittime" del manga.

    Riguardo agli ignavi, il Virgilio di Nagai commette un grave errore non solo aggiungendo qualcosa che Dante non aveva mai messo, ma che è anche completamente fuori dalla visione cattolica. Infatti, il Virgilio nagaiano ad un certo punto dice: "A questi (gli ignavi) è stata negata ogni possibilità di rinascere". Ma la visione cattolica non ammette la reincarnazione: si nasce una volta sola e si muore una volta sola, dopo c'è il Giudizio. Il corpo che abbiamo è e sarà eternamente il nostro, legato eternamente alla nostra anima anche nell'Aldilà. Non esistono cicli infiniti di reincarnazioni come nella religione orientale, che Nagai, invece, ogni tanto inserisce in questo manga.

    C'è anche un altro errore, sempre per la visione cattolica, che Nagai ha fatto, modificando le parole di Caronte. Infatti, il Caronte del poema dice: "Guai a voi, anime prave!" ("pravo" significa deviato, storto, che non è cresciuto nel modo giusto). Quello di Nagai invece dice: "Guai a voi, anime dannate che avete insozzato il mondo coi vostri peccati!". Qui è sbagliato, perchè il peccato è un'offesa fatta a Dio, non al mondo. Il peccato è rifiutare Dio, in modo più o meno grave. Il "mondo" qui non c'entra niente, è solo una creatura di Dio; non si identifica con Dio, come, invece, avviene nelle religioni orientali. Inoltre, il Caronte di Nagai si ribella agli avvertimenti di Virgilio, facendosi spuntare persino due corna sulla testa; porta Dante sulla barca solo perchè è svenuto dalla paura davanti a lui, afferrandolo senza ritegno con una mano sola. Quindi, Caronte, nel manga sembra non avere alcun timore di Dio.

    jpg


    Invece, nel poema, dopo l'avviso di Virgilio, Caronte non si cura più di loro e si occupa dei dannati, mostrando di aver timore della decisione di Dio, che protegge Dante attraverso Virgilio. Inoltre, Dante, nel poema, non sviene a causa di Caronte, ma a causa di un terremoto innaturale che avviene alla fine del canto: si ritroverà poi all'altra riva senza alcun ricordo del suo passaggio sulla nave di Caronte. Sempre nel manga, mentre Dante è sulla barca infernale, vede Beatrice in sogno, cosa che invece non accade nel poema.

    066-067
    L'immagine di Caronte presa dalle incisioni di Gustave Dorè, che Nagai ha inserito spesso nel manga.



    BIBLIOGRAFIA
    https://divinacommedia.weebly.com/inferno-canto-iii.html
    Bussola Quotidiana, Giovanni Fighera

    (Continua qui)

    QUI TUTTI I LINK SULL'ANALISI

    Edited by joe 7 - 27/11/2021, 18:15
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    Nagai ha snaturato non poco l'opera di Dante.
    Ancora oggi mi chiedo come certa gente scelga volontariamente il male, pur sapendo d'incorrere nel castigo divino.
     
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    CITAZIONE (Andrea Micky1 @ 3/7/2021, 19:04) 
    Nagai ha snaturato non poco l'opera di Dante.
    Ancora oggi mi chiedo come certa gente scelga volontariamente il male, pur sapendo d'incorrere nel castigo divino.

    Nagai non può fare altrimenti: ha, per forza di cose, una visione orientale e non può fare a meno di riferirsi a quella.

    Riguardo alla tua domanda, è il mistero della libertà dell'uomo. Dio non può costringere nessuno. Lui vuole che tutti siano salvi, ma non può costringere nessuno ad andare in Paradiso. L'Amore, per sua natura, non si impone mai. Il cristiano deve solo pregare perchè si salvino anche loro (e anche lui, ovvio: tutti possiamo cadere in tentazione).
     
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    C'è anche un altro errore, sempre per la visione cattolica, che Nagai ha fatto, modificando le parole di Caronte. Infatti, il Caronte del poema dice: "Guai a voi, anime prave!" ("pravo" significa deviato, storto, che non è cresciuto nel modo giusto). Quello di Nagai invece dice: "Guai a voi, anime dannate che avete insozzato il mondo coi vostri peccati!". Qui è sbagliato, perchè il peccato è un'offesa fatta a Dio, non al mondo. Il peccato è rifiutare Dio, in modo più o meno grave. Il "mondo" qui non c'entra niente, è solo una creatura do Dio; non si identifica con Dio, come, invece, avviene nelle religioni orientali

    Secondo me invece qui ha ragione Go Nagai : non si tratta di visioni orientali o panteistiche, il male è tale ed è pericoloso perchè è rivolto verso gli altri e fa dei danni nel mondo.
    L'eccesso di teocentrismo secondo me trasenta il fanatismo, una visione psicologica e individuale del peccatore che è causa della propria dannazione perchè si allontana liberamente dagli insegnamenti divini ci può stare, ma il male ha senso (negativo) soprattutto perchè arreca dolore ad altri concretamente
     
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    CITAZIONE (Ades @ 3/7/2021, 21:15) 
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    C'è anche un altro errore, sempre per la visione cattolica, che Nagai ha fatto, modificando le parole di Caronte. Infatti, il Caronte del poema dice: "Guai a voi, anime prave!" ("pravo" significa deviato, storto, che non è cresciuto nel modo giusto). Quello di Nagai invece dice: "Guai a voi, anime dannate che avete insozzato il mondo coi vostri peccati!". Qui è sbagliato, perchè il peccato è un'offesa fatta a Dio, non al mondo. Il peccato è rifiutare Dio, in modo più o meno grave. Il "mondo" qui non c'entra niente, è solo una creatura do Dio; non si identifica con Dio, come, invece, avviene nelle religioni orientali

    Secondo me invece qui ha ragione Go Nagai : non si tratta di visioni orientali o panteistiche, il male è tale ed è pericoloso perchè è rivolto verso gli altri e fa dei danni nel mondo.
    L'eccesso di teocentrismo secondo me trasenta il fanatismo, una visione psicologica e individuale del peccatore che è causa della propria dannazione perchè si allontana liberamente dagli insegnamenti divini ci può stare, ma il male ha senso (negativo) soprattutto perchè arreca dolore ad altri concretamente

    Il male ferisce sia Dio che l'uomo. E inevitabilmente anche il mondo.

    Nel giudizio finale, Gesù, che è Dio, dice "Via da me, maledetti, nel fuoco eterno, perchè avevo fame e non mi avete dato da mangiare; avevo sete e non mi avete dato da bere, malato e non mi avete visitato, nudo e non mi avete vestito, in carcere e non siete venuti a trovarmi." E i dannati rispondono: "Signore, quando mai ti abbiamo visto affamato, assetato, nudo, malato, in carcere?" E Gesù: "In verità vi dico, quello che non avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, non l'avete fatto a me." L'identificazione tra Dio e l'uomo qui è totale: il bene che fai a un uomo lo fai a Lui. Il male che fai a un uomo lo fai a Lui. Non si può offendere Dio senza, indirettamente, offendere anche l'uomo.
     
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    L'ignavia penso la riassuma benissimo il più celebre monologo di Trainspotting: “Scegliete la vita, scegliete un lavoro, scegliete una carriera, scegliete la famiglia, scegliete un maxitelevisore del cazzo, scegliete lavatrici, macchine, lettori cd e apriscatole elettrici. Scegliete la buona salute, il colesterolo basso e la polizza vita, scegliete un mutuo a interessi fissi, scegliete una prima casa, scegliete gli amici, scegliete una moda casual e le valigie in tinta, scegliete un salotto di tre pezzi a rate e ricopritelo con una stoffa del cazzo, scegliete il fai da te e chiedetevi chi cacchio siete la domenica mattina, scegliete di sedervi sul divano a spappolarvi il cervello e lo spirito con i quiz mentre vi ingozzate di schifezze da mangiare. Alla fine scegliete di marcire, di tirare le cuoia in uno squallido ospizio ridotti a motivo di imbarazzo per gli stronzetti viziati ed egoisti che avete figliato per rimpiazzarvi. Scegliete un futuro, scegliete la vita. Ma perché dovrei fare una cosa così? Io ho scelto di non scegliere la vita, ho scelto qualcos’altro, le ragioni? Non ci sono ragioni, chi ha bisogno di ragioni quando hai l’eroina?
     
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    CITAZIONE (berlicche6 @ 10/3/2023, 15:24) 
    L'ignavia penso la riassuma benissimo il più celebre monologo di Trainspotting: “Scegliete la vita, scegliete un lavoro, scegliete una carriera, scegliete la famiglia, scegliete un maxitelevisore del cazzo, scegliete lavatrici, macchine, lettori cd e apriscatole elettrici. Scegliete la buona salute, il colesterolo basso e la polizza vita, scegliete un mutuo a interessi fissi, scegliete una prima casa, scegliete gli amici, scegliete una moda casual e le valigie in tinta, scegliete un salotto di tre pezzi a rate e ricopritelo con una stoffa del cazzo, scegliete il fai da te e chiedetevi chi cacchio siete la domenica mattina, scegliete di sedervi sul divano a spappolarvi il cervello e lo spirito con i quiz mentre vi ingozzate di schifezze da mangiare. Alla fine scegliete di marcire, di tirare le cuoia in uno squallido ospizio ridotti a motivo di imbarazzo per gli stronzetti viziati ed egoisti che avete figliato per rimpiazzarvi. Scegliete un futuro, scegliete la vita. Ma perché dovrei fare una cosa così? Io ho scelto di non scegliere la vita, ho scelto qualcos’altro, le ragioni? Non ci sono ragioni, chi ha bisogno di ragioni quando hai l’eroina?

    Il monologo di Trainspotting non è frutto dell'ignavia: piuttosto è frutto del nichilismo, del pessimismo, del rifiuto di vivere e rifiuto della vita. E' un desiderio di morte. In pratica, quel monologo è la definizione della disperazione.

    L'ignavo, invece, non è un disperato: è chi non segue nulla e non crede in nulla, nè nel bene nè nel male. Segue solo il suo interesse, senza curarsi del giusto e dello sbagliato. Un esempio di ignavo è Don Abbondio dei Promessi Sposi. Infatti, io credo che, tra tutti i personaggi dei Promessi Sposi, questo sia il più malvagio. Infatti, ignavo era e ignavo rimane.



    Edited by joe 7 - 10/3/2023, 16:39
     
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    Mi sovveniva il peccato d'ignavia per quel "ho scelto di non scegliere" ma effettivamente Don Abbondio è la pusillanimeria personificata
     
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    CITAZIONE (berlicche6 @ 10/3/2023, 16:38) 
    Mi sovveniva il peccato d'ignavia per quel "ho scelto di non scegliere" ma effettivamente Don Abbondio è la pusillanimeria personificata

    Don Abbondio è sì vigliacco, ma soprattutto menefreghista, una caratteristica degli ignavi (e dei vigliacchi, tra l'altro: anche per questo sono tanto disprezzati). Per tutto il romanzo, infatti, non si chiede mai se quello che fa sia giusto o sbagliato: si chiede solo se sia coerente coi suoi interessi o meno. Questa è l'ignavia: non considerare il giusto e lo sbagliato, ma vivere senza stare nè da una parte nè dall'altra, ma solo coi propri interessi.
     
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    Infatti, nella capitolo primo Manzoni dice chiaramente che Don Abbondio "si era fatto prete per vivere tranquillo".
    Mia madre scrisse nei suoi appunti di scuola "Don Abbondio é sacerdote per egoismo".
     
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    CITAZIONE (Andrea Michielon @ 11/3/2023, 08:32) 
    Infatti, nella capitolo primo Manzoni dice chiaramente che Don Abbondio "si era fatto prete per vivere tranquillo".
    Mia madre scrisse nei suoi appunti di scuola "Don Abbondio é sacerdote per egoismo".

    Tua madre aveva perfettamente ragione e ha dato una definizione azzeccata del personaggio. Don Abbondio è una persona fondamentalmente egoista: non vede altro che se stesso.
     
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