DIVINA COMMEDIA NAGAI

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    PARADISO CANTO 20 - SESTO CIELO DI GIOVE: SPIRITI GIUSTI: DAVIDE, TRAIANO, EZECHIA, COSTANTINO (prima parte)

    392-393
    Il Sesto Cielo di Giove, descritto da Go Nagai: al posto dell'occhio dell'aquila (descritto in questo Canto) c'è l'occhio del pianeta Giove (la famosa macchia visibile sul pianeta)



    CANTO DEI BEATI; L'AQUILA RIPRENDE A PARLARE

    Dante paragona le luci dei beati che formano l'aquila alle stelle che appaiono in cielo alla sera (che è descritta da Dante come " ‘l giorno d’ogne parte si consuma"). Il Sole ("colui che tutto ‘l mondo alluma", cioè illumina) è ormai tramontato e la sua luce, dice Dante, si riflette negli astri.
    Infatti, era cosa comune nel 1300 pensare che le stelle brillassero della luce riflessa del Sole: se fino ad allora si pensava che il Sole fosse al centro dell'Universo, era normale credere che illuminasse di per sè tutte le stelle, visto che, in questa ipotesi, era l'unica luce del cosmo.
    I beati, paragonati alle stelle di Dante, non appena l'aquila (il "sole") ha smesso di parlare, aumentano il loro splendore, proprio come fanno le stelle dopo il tramonto, e intonano un canto, il cui ricordo è ormai svanito dalla memoria del poeta.

    Dante definisce l'aquila come " ‘l segno del mondo e de’ suoi duci", cioè il simbolo del mondo e dei suoi condottieri. L'ardore di carità degli spiriti beati che compongono l'aquila si manifesta nello scintillio delle loro luci. Quando smettono di cantare, Dante sente in quel momento una specie di mormorio, simile a un corso d'acqua, che scende dal monte; oppure, simile al suono della cetra che vibra; o ancora, alla zampogna, quando emette il suo soffio. L'aquila, infatti, sta riprende a parlare con questo tipo di suono, e stavolta il suono sembra uscire dal suo collo, come se fosse forato, trasformandosi poi in voce e in parole distinte.
    L'aquila, che si è trasformata nel simbolo araldico relativo, caratteristica dell'autorità imperiale, ora invita Dante a osservare con attenzione il suo occhio. Infatti, ora che ha la forma di uno stemma araldico, è vista quindi di profilo: si vede perciò solo uno dei suoi occhi.

    aquila


    E dice, riferendosi al suo occhio, che Dante deve guardare:

    "la parte in me che vede e pate il sole / ne l’aguglie mortali" (la parte di me che, nelle aquile mortali, vede e sopporta il sole)

    Infatti, si riteneva che l'aquila, che è l'uccello che vola più in alto di tutti, avesse la capacità di sostenere a lungo la vista del Sole.

    GLI SPIRITI GIUSTI: RE DAVIDE

    L'aquila dice che gli spiriti giusti che appaiono nel suo occhio sono, fra tutti gli altri che formano il suo corpo, i più degni in assoluto. Colui che è posto al centro dell'occhio, come se ne fosse la pupilla, è il re Davide.
    Davide (nato a Betlemme il 1040 a.C. circa e morto a Gerusalemme il 970 a.C. circa) fu il secondo re d'Israele (il primo fu Saul). Da Davide discende Giuseppe, il padre putativo di Gesù: per questo Gesù è chiamato "figlio di Davide". E' venerato come santo dalla chiesa cattolica e viene festeggiato il 29 Dicembre.

    Davide
    Davide: re, poeta, cantore, santo.


    Colui che luce in mezzo per pupilla, (Colui che splende in mezzo come la pupilla)
    fu il cantor de lo Spirito Santo, (fu il cantore dello Spirito Santo (re Davide)
    che l’arca traslatò di villa in villa: (che trasportò l'Arca Santa di città in città)

    L'aquila chiama Davide "cantor de lo Spirito Santo" perchè, tradizionalmente, è ritenuto l'autore dei 150 Salmi della Bibbia. Davide, in ogni caso, nella sua vita cantò davvero e compose versi: re Saul lo aveva nella sua corte proprio per le sue capacità di canto. Davide poi fu unto re dopo la morte di Saul. Riguardo al cenno de "l'arca traslatò di villa in villa" significa che Davide portò l'Arca dell'Alleanza, lo scrigno dove stava la Presenza Divina, in vari posti, fino a portarla alla fine a Gerusalemme, quando la conquistò.

    ora conosce il merto del suo canto, (ora conosce il merito del suo canto,)
    in quanto effetto fu del suo consiglio, (poiché fu effetto della sua volontà,)
    per lo remunerar ch’è altrettanto. (grazie alla beatitudine che è ad esso commisurata.)

    Qui Dante vuole dire che Davide, ora che è in Paradiso, comprende meglio l'importanza del suo dono di cantare, frutto ("merto") dello Spirito Santo e del suo "consiglio", cioè della volontà di Davide di seguire le ispirazioni divine, che gli davano la capacità di comporre i Salmi. Si tratta, in sostanza, della collaborazione tra Dio e l'uomo, che porta a grandi cose, di cui il canto è un simbolo. L'espressione "ora conosce" sarà ripetuta per sei volte, per ognuno degli spiriti indicati dall'aquila, sempre all'inizio delle due terzine dedicate a ciascuno di loro.

    GLI SPIRITI GIUSTI: L'IMPERATORE TRAIANO

    Nuova-immagine
    L'imperatore Traiano che ascolta la vedova.


    L'aquila presenta poi gli altri cinque beati, che formano il ciglio (o contorno) dell'occhio. Quello più vicino al becco è l'imperatore Traiano, che fece giustizia alla vedova (ne ha già parlato Dante tra gli esempi di umiltà nella Cornice dei Superbi del Purgatorio, nel Canto 10).

    Dei cinque che mi fan cerchio per ciglio, (Dei cinque beati che formano il cerchio che mi fa da ciglio,)
    colui che più al becco mi s’accosta, (colui che è più vicino al mio becco)
    la vedovella consolò del figlio: (consolò la vedovella facendo giustizia del figlio (Traiano)

    ora conosce quanto caro costa (ora sa quanto costa caro)
    non seguir Cristo, per l’esperienza (non seguire Cristo, poiché ha sperimentato)
    di questa dolce vita e de l’opposta. (sia la vita in Paradiso sia quella all'Inferno.)

    L'aquila allude al fatto che Traiano, secondo una leggenda, rimase nel Limbo fino a quando fu portato in Paradiso grazie alle preghiere di un importante Papa del secolo 500: san Gregorio Magno. Infatti, il santo, avendo saputo della bontà di Traiano, che era morto da tempo (Traiano morì nel 117), con le sue preghiere lo avrebbe fatto risorgere, battezzare e mandare in Paradiso. Cosa c'è di vero in questa leggenda? Intanto, come già ho detto, la Chiesa non riconosce l'esistenza del Limbo: anche ai tempi di Dante non era una verità di fede. Ma Dante inserisce comunque il Limbo nella Commedia proprio per ricordare l'importanza del Battesimo, che rende il Cristiano parte del Corpo di Cristo e gli apre la Salvezza, e la differenza quindi tra essere cristiani e non esserlo. E' una cosa infatti che è facile da dimenticare. Il resto, cioè la risurrezione di Traiano e il suo battesimo, è assai forzato, anche se ci sono stati dei casi di risurrezione ottenuti grazie alla preghiera: negli Atti degli Apostoli San Pietro, con le sue preghiere, fece risorgere la cristiana Tabità. E ci sono stati altri casi di risurrezione, anche ai giorni nostri. Comunque, è più probabile che San Gregorio Magno abbia "semplicemente" visto Traiano già in Paradiso.

    San Tommaso d’Aquino nel De Veritate, a proposito delle persone che non hanno avuto occasione di sentire l’annuncio del Vangelo (sia prima che dopo Cristo), partendo dal principio che Dio vuole salvi tutti gli uomini (1 Tm 2,4), scrive:
    “Dal fatto che tutti gli uomini sono tenuti a credere esplicitamente alcune verità per salvarsi, non c’è inconveniente alcuno che qualcuno viva nelle selve o tra gli animali bruti (cioè: nessuno è destinato a vivere nell'ignoranza). Poiché appartiene alla Divina Provvidenza provvedere a ciascuno le cose necessarie per la salvezza: perciò, se uno, educato secondo la ragione naturale, si comporta in maniera da praticare il bene e fuggire il male, si deve tenere per cosa certissima che Dio gli rivelerà, per interna ispirazione, le cose che deve credere necessariamente (e qui lasciamo fare a Lui dirgli quali cose e in che modo) o (nel caso che sia vissuto dopo la resurrezione) gli invierà qualche predicatore della fede, come fece con S. Pietro e Cornelio (San Pietro andò a trovare Cornelio parlandogli di Cristo e rendendolo cristiano col battesimo)” (De Veritate, 14, 11, ad 1).

    Insomma, se un non cristiano è buono, poi Dio lo aiuterà, in vie che sa solo Lui. Non stupisce quindi che Dio, per interna ispirazione, abbia potuto infondere in Traiano, universalmente noto per la sua bontà e la sua rettitudine, le nozioni essenziali per la sua salvezza. È lecito anche supporre che tali persone avrebbero desiderato esplicitamente il Battesimo, se ne avessero conosciuta la necessità: si tratta di quello che la Chiesa chiama "battesimo di desiderio".

    Dante sapeva del fatto che quella di Traiano era una leggenda: ma inserendola ha indicato delle cose fondamentali. Prima di tutto, l'importanza della preghiera (quella di Gregorio Magno), che salva anche le anime degli altri, non solo la propria; e il fatto che chi non è cristiano può salvarsi. Quello che interessava a Dante era l'insegnamento della leggenda, non la sua veridicità.

    GLI SPIRITI GIUSTI: RE EZECHIA

    Ezechia
    Ezechia chiede a Dio di farlo vivere ancora per qualche tempo e viene esaudito.


    L'aquila poi presenta, sempre nel suo occhio, Re Ezechia. Era un re di Gerusalemme: visse tra il 700 e il 600 a.C. Fu un re giusto, che rimosse con forza il politeismo nel regno di Giuda e rinforzò la fede nel Dio unico. E' famoso perchè chiese una grazia a Dio: piangendo ("per vera penitenza" dice Dante ), supplicò Dio di differirgli la morte, che gli era stata annunciata dal profeta Isaia: alla fine ottenne la grazia di vivere diversi anni ancora (quindici, per l'esattezza). La Chiesa Cattolica lo venera come santo e lo festeggia il 28 Agosto.

    E quel che segue in la circunferenza (E il beato che lo segue nel cerchio (dell'occhio dell'aquila)
    di che ragiono, per l’arco superno, (di cui parlo, nella parte alta (cioè: la parte superiore dll'occhio)
    morte indugiò per vera penitenza (ritardò la propria morte con una vera penitenza (re Ezechia)

    ora conosce che ‘l giudicio etterno (ora sa che il giudizio eterno)
    non si trasmuta, quando degno preco (non viene mutato, quando la preghiera di un'anima degna)
    fa crastino là giù de l’odierno. (sulla Terra rimanda quello che è già stato pronunciato.)

    Dante qui vuole dire che il giudizio divino - la morte, cioè - può essere rimandata con la preghiera, come ha fatto Ezechia, ma alla fine avviene.

    GLI SPIRITI GIUSTI: L'IMPERATORE COSTANTINO

    Costantino
    Costantino, con la famosa scritta che vide in cielo: "In hoc signo vinces", "In questo segno (la croce) vincerai"


    Viene dopo di lui Costantino (274-337), l'Imperatore romano che promulgò la libertà religiosa dei cristiani con l'Editto di Milano e spostò la capitale da Roma a Costantinopoli.
    Prima che Costantino diventasse imperatore, ci fu un periodo di guerre civili: Massenzio, di origini imperiali, si proclamò Imperatore di Roma con l'appoggio di tutti: esercito, senato, popolo. Mentre Massenzio prendeva il potere a Roma, Costantino, nominato anche lui imperatore, ma solo di nome, stava combattendo contro i Britanni e i Franchi. Costantino aveva l'appoggio del suo esercito e dei barbari che gli si erano sottomessi: ma questo non sarebbe bastato per battere Massenzio, che aveva in mano Roma e tutta l'Italia, con un esercito di gran lunga superiore al suo. Incerto, Costantino stava marciando col suo esercito verso Roma. Un giorno, al tramonto, Costantino, alzando lo sguardo verso il sole calante, vide sul cielo una croce di luce, sovrapposta al sole, e sotto di essa la scritta "In hoc signo vinces", cioè “con questo segno vincerai”. E non fu solo Costantino a vedere quella visione: anche gli altri soldati con lui rimasero stupiti nel vedere quella misteriosa scena. Insicuro del significato di questa visione, quella notte, Costantino rifletteva nella sua tenda. Gli apparve Cristo, che gli ordinò di usare il segno della croce, sotto forma di cristogramma, contro i suoi nemici, e in questo modo vincerà. Un cristogramma è una combinazione di alcune lettere dell'alfabeto greco o latino che formano un'abbreviazione del nome di Gesù. Nel caso di Costantino, il cristogramma usato fu quello più famoso di tutti: il Chi-Rho. Ha infatti le lettere greche Chi e Rho. "Chi" è la lettera greca "C" di Cristo e "Rho" la lettera greca "R": sono le prime due lettere del suo nome. "Chi" in greco si scrive con una "X" (che richiama quindi la croce) e nell'alfabeto latino corrisponde a "ch"; "Rho" in greco si scrive con una "P" e nell'alfabeto latino corrisponde alla "r".

    cristogramma
    Cristogramma Chi-Rho. Ai lati ci sono le lettere Alfa e Omega, che sono la prima e l'ultima lettera dell'alfabeto greco. Significa che Cristo è l'Inizio e la Fine, cioè è Tutto.


    Costantino seguì le indicazioni di Gesù e mise sul suo stendardo e sugli scudi dei suoi soldati il cristogramma Chi-Rho. Massenzio dispose i suoi soldati nei pressi di Saxa Rubra, cioè "grotte rosse" (il luogo era chiamato così per via della presenza di grotte di tufo rosso nella zona. Ma successivamente il luogo sarà chiamato così anche a causa dello scontro sanguinoso tra gli eserciti di Massenzio e Costantino, in cui la terra si tinse di sangue da ogni parte. Laggiù si trova attualmente il centro di produzione più importante della RAI). La zona di Saxa Rubra aveva il fiume Tevere alle spalle, e Massenzio fece costruire un ponte di barche alle sue spalle: il Ponte Milvio. Col fiume alle spalle, Massenzio era convinto che le truppe avrebbero combattuto con maggior furore; inoltre, la località poco pianeggiante avrebbe sfavorito la cavalleria di Costantino. Il 28 ottobre 312 avvenne la battaglia: Costantino attaccò furiosamente i fianchi dell'esercito di Massenzio, guidando personalmente la cavalleria. Il nemico andò in rotta, ritirandosi sul Ponte Milvio, che non poté reggere il peso di tanti uomini in fuga e crollò, facendo annegare tutti i soldati, compreso lo stesso Massenzio. Il giorno seguente, Costantino entrò trionfalmente a Roma, alzando la testa mozzata del suo avversario.

    Ponte-Milvio
    La battaglia di Ponte Milvio. Fu una svolta storica, sia per Roma, che per i cristiani, che per il mondo intero.


    Nel 313, Costantino promulgò l'Editto di Milano, che diede la libertà religiosa definitiva ai cristiani. Non si trattò di "Costantino che appoggia la maggioranza popolare approvando il Cristianesimo", come si dice spesso parlando dell'Editto di Milano: i cristiani a quel tempo erano ben lungi dall'essere la maggioranza. Anzi, erano reduci da una spaventosa persecuzione avuta da uno dei precedenti imperatori, Diocleziano: fu l'ultima, ma anche la più terribile, persecuzione romana dei cristiani, superiore persino a quella di Nerone. Lo stesso Costantino, che era pagano, scriveva di essere stanco e disgustato dalle crudeltà che i carnefici avevano commesso contro i cristiani sotto Diocleziano: infatti la ferocia dei persecutori era tale che anche gli altri pagani ne erano inorriditi. Costantino si fece battezzare sul letto di morte, nel 337.
    L'aquila così presenta Costantino:

    L’altro che segue, con le leggi e meco, (L'altro che vien dopo (Costantino)
    sotto buona intenzion che fé mal frutto, (in base a una buona intenzione che poi diede cattivi frutti,)
    per cedere al pastor si fece greco: (per lasciare Roma al Papa trasferì il governo imperiale a Costantinopoli)

    Costantino infatti trasferì il governo imperiale da Roma a Costantinopoli ("con le leggi e meco...si fece greco". "meco" significa se stesso), lasciando la città in mano al Papa. Una cosa, dice Dante, che diede amari frutti, perchè così l'Italia rimase senza un governo stabile. Infatti, col governo nella lontana Costantinopoli, l'Italia fu soggetta alle invasioni barbariche, fronteggiate con fatica dalla Chiesa e dai vari alleati che riusciva a trovare (Longobardi, orientali, ecc.)

    Tuttavia, la scelta di Costantino (che Dante chiama "bene operar") doveva essere stata fatta in base alle circostanze storiche di allora, perchè, come si vede, non c'è nessuna colpa per quello che ha fatto, visto che adesso è in Paradiso. Resta il fatto che un Impero lontano ha portato a dei pericoli vicini, come nota amaramente Dante ("avvegna che sia 'l mondo indi distrutto"):

    ora conosce come il mal dedutto (ora vede che il male scaturito)
    dal suo bene operar non li è nocivo, (dalle sue buone azioni non gli ha nuociuto)
    avvegna che sia ‘l mondo indi distrutto. (benché il mondo ne sia stato guastato.)

    BIBLIOGRAFIA

    https://divinacommedia.weebly.com/paradiso-canto-xx.html
     
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