ZAGOR EPISODI

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    ZAGOR 92-95: VUDU (analisi di Ivan)

    Testi: Guido Nolitta (Sergio Bonelli)
    Disegni: Franco Bignotti
    Pagine: 253
    Anno: 1972

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    Zagor edizione originale Zenith: n. 143-146 (usciti nel 1973). I numeri reali di Zagor sono 92-95. Infatti, l'edizione Zenith originale pubblicò Zagor a partire dal numero 52, quindi ha la numerazione sfasata che continua ancor oggi, con 51 numeri in più. Prima del numero 52, pubblicava storie di altri personaggi bonelliani come Hondo, Kociss, eccetera. Tutte le varie ristampe di Zagor, invece, seguono la numerazione reale: in questo caso, gli albi hanno i numeri 92-95.

    TRAMA

    Zagor si trova ad Haiti con Cico e Bosambo, dopo la drammatica conclusione di "Libertà o morte!". Laggiù conosce un ricco coltivatore di canna da zucchero, Alan O'Keefe, al quale alcuni stregoni vudu avevano rapito il figlio e lui, insieme ad una banda di mercenari, per riaverlo commette delle stragi, ammazzando sacerdoti vudu come Tullius e Lorgina, insieme ai loro fedeli. Zagor è perplesso davanti alla crudeltà di O'Keefe, e lo è ancora di più, quando un haitiano mezzo sacerdote, "Guedè" Danseur, gli dice che O'Keefe non ha mai perso il figlio, ma lo tiene nascosto, in modo da avere così una scusa ufficiale per sterminare tutti i seguaci del vudu, che lui odia in un modo feroce e sanguinario. Zagor cerca di fermare O'Keefe, ma viene imprigionato insieme a Cico e Bosambo. Quando tutto sembra perduto, quella notte arriva all'improvviso un gruppo di zombi dotati di machete, che sono i seguaci vudu uccisi da O'Keefe e dai suoi: tra di loro ci sono anche i morti Tullius e Lorgina. Alan O'Keefe e i suoi uomini vengono sterminati dai non-morti e gli unici sopravvissuti sono Zagor, Cico e Bosambo, che, il mattino dopo, vengono liberati da "Guedè" Danseur.

    COMMENTO

    Sinceramente questo non rientra fra i miei episodi preferiti della Golden Age, pur contenendo molti aspetti pregevoli. Più che una vera e propria storia di Zagor, "Vudu" sembra un'esposizione didattica sulla mitologia del Vudu haitiano, con una vicenda che si sviluppa in modo autonomo, indipendente dalle azioni del protagonista. In primis, va rilevato che questo è uno dei rari episodi in cui Zagor rimane passivo agli eventi. E' vero che si agita molto, scazzotta, rischia la pelle più volte e smaschera le menzogne di O'Keefe...ma, a differenza di altri episodi simili (tipo "Sandy River" o "Tigre"), qui le azioni di Zagor non influiranno di una virgola sull'esito finale della vicenda. Supponiamo infatti di rimuovere la presenza di Zagor dalla storia: O'Keefe ucciderà comunque i sacerdoti Vudu e verrà poi giustiziato dagli zombi. Il tutto come se Zagor non fosse mai approdato ad Haiti. Insomma, qui Zagor fa solo da spettatore agli eventi principali, pur partecipando a molti eventi secondari. Questa inattività del protagonista è un "difetto"? Secondo me no. O meglio, non necessariamente. Una tantum ci può stare anche che l'eroe venga messo in disparte e la storia si sviluppi per conto proprio. In altre parole, in questo tipo di storie Zagor rappresenta l'occhio del lettore: attraverso di lui viviamo la vicenda, pur senza che ne modifichi l'andamento. E se la vicenda è buona, il fatto che il protagonista rimanga passivo diventa un dettaglio secondario. ^_^ "Vudu" rappresenta anche uno dei pochi episodi consequenziali di Nolitta, dato che prosegue direttamente dal finale di "Libertà o morte", con il trio Zagor-Cico-Bosambo in fuga da Britannia verso l'isola di Haiti. Intensa la sequenza dell'approdo dei naufraghi sulla spiaggia. Qui fanno la conoscenza di Tullius, un sacerdote Vudu, che li istruisce sulle usanze religiose dell'isola.

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    La svolta è rappresentata da un assalto di Alan O'Keefe, un ricco commerciante di Haiti, che provoca la morte di Tullius. O'Keefe si giustifica, dicendo che i suoi assalti sono motivati dal voler ritrovare suo figlio, rapito dai seguaci del Vudu.

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    La mia impressione è che qui Zagor prenda troppo in fretta per vera la versione di O'Keefe...ma del resto, questo è coerente con la sua tipica ingenuità di considerare gli sconosciuti "buoni finché non dimostrano il contrario". =_= Se Zagor non influenza gli eventi di questo episodio, Cico lo fa ancora meno. Qui, infatti, l'apporto del messicano si limita a qualche gag (spicca quella in cui si finge posseduto dagli spiriti per scroccare il cibo offerto alle divinità), restando anche lui spettatore passivo. Risalta, tuttavia, il bel discorso che Cico fa a Zagor per esorcizzare il tragico ricordo della loro recente avventura a Britannia:

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    Pure Bosambo non ha nessun ruolo attivo, e la mia sensazione è che il suo contributo come personaggio si fosse esaurito nell'episodio precedente, risultando – qui – un peso morto. Un'altra cosa che mi ha convinto poco è la sequenza in cui Zagor incontra Guedè Danseur. In breve: prima questo mezzo pagliaccio recita la parte della povera vittima indifesa, poi accoppa a tradimento i due uomini di O'Keefe, poi cerca di uccidere anche Zagor, poi gli rivela che il rapimento del figlio di O'Keefe è solo una messinscena, poi si mette a scherzare con Zagor e Cico come se fossero tre vecchi amiconi, e infine si mette a fare un allegro balletto...con ancora i due cadaveri stesi bellamente a terra (che in quel momento, per quanto ne sa Zagor, erano ancora suoi alleati!) :huh:

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    Insomma, pur mostrandosi dubbioso sul resoconto di Guedé, Zagor gli concede troppa libertà d'azione senza nemmeno aver prima verificato le sue affermazioni (il che è inverosimile, dato che – al di là dei suoi buffi atteggiamenti da giullare – Guedè ha appena dimostrato di essere un imbroglione e un assassino a sangue freddo!) :huh: A riprova di quanto sopra: mentre Zagor fa la sua incursione nella casa dove, presumibilmente, dovrebbe essere nascosto il figlio di O'Keefe, Guedè viene lasciato tranquillamente libero in compagnia del solo Cico. Zagor non si preoccupa nemmeno di legarlo o di farlo tenere sotto tiro; se Guedé gli avesse raccontato solo un mucchio di frottole, nulla gli impedirebbe di accoppare Cico e di attendere Zagor all'uscita della casa per fare secco anche lui. Qui la credibilità comportamentale dei personaggi va a farsi benedire. :|

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    In sintesi, mi pare che qui Nolitta abbia fatto passare l'ambiguo Guedè Danseur dalla parte dei "buoni" usando modalità un po' troppo sbarazzine. :unsure: Inquietante la scena del rituale Vudu al cimitero. In questa circostanza, Nolitta lascia l'incantesimo dei bokor all'immaginazione del lettore, creando così un effetto molto più suggestivo rispetto al mostrarlo smaccatamente.
    I timori di Guedè Danseur (che si affretta ad allontanarsi, visibilmente impaurito) rafforzano la sensazione che "a breve accadrà qualcosa di terribile".

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    Scoperta la verità, Zagor affronta O'Keefe, rinfacciandogli di averlo ingannato, e che in realtà lui è un fanatico religioso che usa la scusa del (finto) rapimento del figlio come pretesto per spazzare via da Haiti il culto del Vudu.

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    Purtroppo, Zagor non riesce a controllare la situazione e viene catturato assieme a Cico e Bosambo. L'astuto O'Keefe si prepara ad ucciderli, per poi incolpare i seguaci del Vudu.

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    LA PERLA

    Tutta la scena finale con gli zombi. Una sequenza magistrale: dal preannunciarsi del loro arrivo da parte dello sconvolto Frankie, al loro lentissimo avvicinarsi alla capanna, all'incredulità di O'Keefe e dei suoi uomini, all'inefficacia delle armi da fuoco, al sistematico sterminio dei loro bersagli. Il tutto è rafforzato dalle suggestive didascalie di Nolitta e dal tratto di Bignotti, efficacissimo nel rappresentare visivamente la scena.

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    Che noia le didascalie, vero? Eliminare, eliminare! :(


    Si ha proprio l'impressione di vivere in prima persona lo stato d'animo degli assediati, che passa gradualmente da sicurezza ad incredulità e infine a disperazione.

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    La risata folle e isterica di O'Keefe un attimo prima di essere trucidato dagli zombi è la ciliegina sulla torta.

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    In definitiva: un episodio secondo me non riuscitissimo, con tanti spunti interessanti, ma anche con molte sequenze poco convincenti, comunque riscattato dall'intenso finale.

    DISEGNI

    Gran bel lavoro di Bignotti, il cui segno si presta perfettamente alle atmosfere cupe della storia (assieme a "Molok", lo definirei il suo episodio più riuscito su Zagor). Spiccano in particolar modo le tavole finali, con l'arrivo degli zombi che emergono dalla nebbia.

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    Storia: 7,5
    Disegni: 9

    Edited by joe 7 - 19/4/2024, 17:30
     
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    ZAGOR 1-2: LA FORESTA DEGLI AGGUATI (analisi di Ivan)

    Testi: Sergio Bonelli (Guido Nolitta)
    Disegni: Gallieno Ferri
    Pagine: 152
    Anno: 1961

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    Zagor edizione originale Zenith: n. 52-53 (usciti nel 1965). I numeri reali di queste storie di Zagor sono 1-2. Infatti, l'edizione Zenith originale pubblicò Zagor a partire dal numero 52, quindi ha la numerazione sfasata che continua ancor oggi, con 51 numeri in più. Prima del numero 52, pubblicava storie di altri personaggi bonelliani come Hondo, Kociss, eccetera. Tutte le varie ristampe di Zagor, invece, seguono la numerazione reale, in questo caso 1-2.

    TRAMA

    Questa è la prima storia di Zagor, dove sia lui che Cico vengono presentati ai lettori.

    A Pleasant Point, un luogo di ritrovo e di commercio nella foresta di Darkwood (non citata per tutta la storia), un piccolo messicano di nome Cico si trova lì di passaggio, insieme ai suoi amici commercianti, cercando di ingannare un oste per avere qualcosa da mangiare a scrocco senza riuscirci e, per un incidente - semplicemente Cico si era scontrato contro di lui, camminando - Regan, un rinnegato, lo minaccia di morte e, in un assedio, lui e i suoi alleati, gli indiani Delaware di Kanoxen, uccidono tutti gli amici di Cico e tengono prigioniero il messicano per torturarlo. Nel frattempo, un uomo agile e vestito con una casacca rossa e un'aquila stilizzata sul petto, che porta una scure e si fa chiamare Zagor, insegue i Delaware e il rinnegato e alla fine riesce a liberare Cico, mentre Regan fugge. Zagor accompagna Cico a Forte Henry, per portarlo al sicuro. Laggiù affronta Mac Barry e il suo compare Jack, accusandoli di trafficare il whisky con gli indiani. Ad un certo punto, però, Zagor viene catturato dai due e viene gettato in acqua con dei pesi attaccati addosso. Ma Cico, di nascosto, si tuffa nel fiume e lo salva. Fingendosi un fantasma, Zagor riesce a spaventare Mac Barry e Jack, che vengono catturati. Cico si offre di accompagnare sempre Zagor e lui lo porta alla sua capanna nella palude. Propone a Cico di travestirsi da lui per ingannare i Delaware di Kanoxen, dove ha intenzione di andare, per sfidare Regan a duello secondo le regole indiane. Nonostante gli inganni di Kanoxen, Zagor sconfigge Regan, che viene ucciso in uno scontro accanito sott'acqua. Ma Kanoxen e i Delaware vogliono vendicare Regan e Zagor si trova accerchiato: tuttavia Cico, che si era travestito da indiano per seguire il duello, aiuta Zagor a fuggire su una canoa. Successivamente, Zagor viene a sapere che l'Avamposto 5 è stato assediato e tutti gli uomini sono stati massacrati dai Delaware, grazie all'aiuto di un altro rinnegato, che alla fine Zagor riesce a scoprire: si tratta di un infido commerciante di nome Ronet. Zagor e Cico bloccano le azioni di Ronet a Forte Pitt, impedendone il massacro, e Kanoxen è costretto ad attaccare senza l'aiuto del traditore. I Delaware vengono respinti e Zagor insegue Kanoxen: ma entrambi finiscono nelle sabbie mobili. Cico, nelle sue disavventure, raggiunge Zagor e lo salva: ma per Kanoxen non c'è più nulla da fare.

    COMMENTO

    Eccola qui: la prima storia di Zagor. La storia, in sé, non è nulla di straordinario: si tratta di un episodio di mera presentazione di quegli elementi che faranno da base alla nuova collana. Tuttavia, rimarrà comunque la miglior storia fino al ritorno di Nolitta, un paio di anni dopo.

    Il primo episodio di una serie è fondamentale per presentare le basi che verranno poi utilizzate nelle storie future. In pratica, bisogna "convincere" i lettori che varrà la pena seguire la nuova collana anche nelle uscite successive. E per valutare la neonata serie Zagor, è doveroso immedesimarsi nella mentalità di un lettore di fumetti dei primi anni '60. Qui abbiamo un tarzanide che vive in una foresta del nordamerica, un giustiziere solitario di stampo classico, una via di mezzo tra Tarzan e Phantom, l'Uomo Mascherato. Nulla di molto originale, negli ingredienti in sé. L'impianto è molto semplice, direi quasi ingenuo, in cui anacronismi e incongruenze storiche sono dispensati a piene mani (tipo la presenza nel 1830 di pistole a tamburo, treni, dinamite e liane nel nordamerica), ma fanno parte di quelle licenze tipiche dei fumetti anni '60, destinati a un pubblico di giovanissimi.

    Pur avendo una trama di base definita, l'episodio non ha uno svolgimento lineare: è più un insaccato misto di scene a sé stanti, utili a presentare le caratteristiche della serie. Si ha la sensazione che la narrazione salti un po' "di palo in frasca", passando da una situazione all'altra in modo poco omogeneo. Questo effetto è dovuto probabilmente al formato a striscia, che doveva conservare una certa autonomia di lettura da un albetto all'altro, pur facendo parte di una storia unica. Così, per un blocco di pagine (circa 25, cioè il corrispondente di un albetto rimontato in formato "bonellide") assistiamo alla vicenda di Regan, in un altro blocco assistiamo alla sotto-trama di Mac Barry, in un successivo blocco assistiamo alla vicenda di Ronet, poi si torna di nuovo a Regan...e così via. Insomma, lo svolgimento appare un po' spezzettato, anche se va detto che questo tipo di frammentazione è al servizio del presentare le caratteristiche della nuova collana, e in tal senso svolge bene la sua funzione. Infatti, gli elementi presentati sono tutti ben chiari: abbiamo un protagonista, un compagno-spalla, un'ambientazione precisa, dei nemici definiti, e uno scopo da raggiungere. Il tutto comprensibile anche per dei bambini (che erano gli ideali destinatari di questo tipo di fumetti). Quindi, dal punto di vista editoriale, l'impianto rispetta fedelmente le esigenze richieste per un primo episodio di una nuova collana.

    UN APPUNTO SUL CHI ABBIA REALMENTE CREATO ZAGOR (o la maggior parte di Zagor).

    Assodato che il personaggio sia stato studiato in coppia da Nolitta e Ferri, la mia opinione è che la maggior parte dell'impostazione di base l'abbia ideata Ferri più che Nolitta. Tale convinzione è supportata dai dati analizzati da Sauro Pennacchioli su Giornale Pop. Comunque, non è importante chi dei due abbia dato il contributo maggiore, poiché nelle fasi iniziali Zagor non è ancora il "vero" Zagor, ma solo un fumetto d'avventura come tanti altri dell'epoca. Diventerà qualcosa di speciale solo in seguito, grazie all'evoluzione di Nolitta come autore, e ciò rende irrilevante stabilire chi, tra Nolitta e Ferri, abbia definito le caratteristiche del personaggio nella sua fase "embrionale".

    Se la paternità della creazione di Zagor è in dubbio, ciò di cui sono convinto è che la creazione di Cico sia tutta opera di Nolitta. Infatti il messicano è sempre rimasto praticamente identico a come è stato presentato in questo episodio. Qui appare subito fin dalla prima pagina, intento a truffare un barman:

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    Viene descritto come un mangione, goffo, pasticcione, anche un po' pauroso, ma dotato di intraprendenza e senso della giustizia. Pur a modo suo, riesce quasi sempre a portare a termine gli scopi che si è prefissato (potremmo definirlo un efficace "improvvisatore", che compensa con l'ingegno le sue lacune di prestanza fisica). Salva la vita a Zagor per ben tre volte (e c'è da chiedersi come abbia fatto a sopravvivere finora senza il messicano). E' sorprendente notare che l'episodio contiene una ventina di gag cichiane senza che ciò intacchi la drammaticità generale della vicenda. Questo è un aspetto che Nolitta ha saputo ben padroneggiare fin dal primo numero: in 20 anni sotto la sua direzione, sono rari i casi in cui gli inserti comici possono essere apparsi fuori luogo. Tra le varie gag, spicca quella in cui Cico deve procurarsi delle penne per travestirsi da indiano, e le prende da un tacchino...assai poco collaborativo. :lol:

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    Zagor entra in scena a pagina 12. Non gli viene ancora dato un nome, però di lui capiamo subito che è un tipo atletico, risoluto, e ha una profonda conoscenza dell'ambiente boschivo.

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    Il nome "Zagor" viene pronunciato per la prima volta dagli intimoriti indiani dopo che ha lanciato il suo caratteristico grido di guerra.

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    L'origine del soprannome viene rivelata quando si presenta a Cico. Nell'occasione si auto-descrive come un giustiziere solitario che agisce nella zona chiamata DARKWOOD (una foresta dall'estensione imprecisata).

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    C'è pure un accenno a facoltà straordinarie, nel suo percepire ad istinto un pericolo non visibile.

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    Gli antagonisti sono i classici nemici dei territori "di frontiera" dei primi anni del 1800:
    - REGAN, un rinnegato bianco che sfrutta l'alleanza con una tribù indiana per reciproco tornaconto.
    - KANOXEN, un bellicoso sakem alleato di Regan.
    - MAC BARRY, losco affarista che vende whisky agli indiani.
    - RONET, un traditore che favorisce Kanoxen sabotando le difese del forte dall'interno.
    A proposito di Kanoxen, un pur acerbo Nolitta lascia il segno del suo stile in occasione della fine del sakem nelle sabbie mobili, una morte affrontata con grande dignità.

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    La vignetta finale stabilisce la linea generale delle storie entranti, con Zagor che accoglie Cico come aiutante fisso. Le avventura successive partiranno da questi canoni.

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    DISEGNI:

    Un Ferri che per ora del "Ferri che verrà" ha ancora ben poco. Formalmente, i suoi disegni sono efficaci, ma il suo stile non si contraddistingue ancora come un qualcosa di unico, risulta nella media dei buoni mestieranti dell'epoca. Facendo il paragone tra questi disegni e quelli – ad esempio – di ANGOSCIA, la sua evoluzione stilistica appare straordinaria.

    Storia: 7
    Disegni: 8

    Qualche nota conclusiva:

    UNA QUESTIONE DI STILE

    Non ci sono dati precisi sul successo ottenuto nell'immediato da questa nuova collana a strisce; ad intuito, presumo che sia stato nella media di tante altre iniziative fumettistiche dell'epoca. Per come è stata presentata nei suoi fondamenti di base, la serie "Zagor" non era nulla di particolarmente originale o degno di lode; è solo col ritorno di Nolitta (soprattutto dopo il trittico Avvoltoio/Guerra/Preda umana) che questa anonima collana ha avuto un'impennata di gradimento, distinguendosi in modo netto dalle altre testate compagne di edicola.

    Certo, c'è voluto tempo (circa 5 anni) prima che la serie assumesse un'identità ben definita, fondata sullo stile del suo autore principale. E qui torna il solito discorso sull'importanza del "COME" raccontare rispetto al "COSA" raccontare: Gianluigi Bonelli e Ferri narravano dello STESSO personaggio e degli stessi elementi narrativi, ma non credo che sarebbero mai riusciti ad elevare la mediocre (fin lì) serie Zagor ai livelli che oggi ricordiamo. Gianluigi Bonelli e Ferri hanno scritto delle storie senza infamia e senza lode, direi nella media del panorama fumettistico dell'epoca, ma non certo memorabili. Probabilmente, senza il rientro di Nolitta, la collana a strisce "Zagor" sarebbe finita presto nel dimenticatoio, come tante altre anonime testate dell'epoca.

    Per capirci, Nolitta avrebbe potuto esercitarsi su una qualsiasi altra collana (Miki, Blek, Piccolo Ranger) e probabilmente l'avrebbe elevata ai medesimi fasti di Zagor. Il fatto che si sia affermato proprio su Zagor lo ritengo casuale, poiché le caratteristiche di base della collana non erano – e non sono tutt'oggi – nulla di eccezionale. E' proprio una questione di stile narrativo: nelle mani di un bravo narratore, una serie dall'impianto banale può diventare un'icona memorabile. Il percorso evolutivo/qualitativo da LA FORESTA DEGLI AGGUATI a MAGIA SENZA TEMPO è un esempio da manuale.

    A riprova di questo concetto, si può rilevare che le successive storie di Gianluigi Bonelli e Ferri NON sono in contrasto con lo Zagor di questo primo episodio; sarebbero però risultate in contrasto (e in maniera nettissima) con lo Zagor golden-age, quello della piena maturità stilistica di Nolitta. Quindi, per fare una storia conforme alla collana, non si tratta semplicemente di rispettare i canoni del personaggio (il "Cosa" raccontare), bensì di riprodurne lo STILE NARRATIVO (il "Come" raccontare). E' questa la causa, a monte, della sensazione di inadeguatezza di molte storie apparse sulla collana, che, pur rispettando le linee guida generali e basandosi magari su un buon soggetto, trasmettono comunque ai lettori storici una sensazione di estraneità allo Zagor che conoscevano. :|

    Eppure ci sono stati dei casi in cui è stato dimostrato che lo Zagor nolittiano può esser riprodotto anche al di fuori di Nolitta. Penso ad esempio a PUGNI E PEPITE, IL RITORNO DEL VAMPIRO, o IL TESORO MALEDETTO, ovvero episodi che, se non fosse stato per i credit, avrei giurato che fossero stati scritti da Nolitta in persona. Non per i loro soggetti, bensì per lo stile narrativo con cui tali soggetti sono stati raccontati.

    Senza usare questo stile, le storie di Zagor risultano semplici episodi di avventura buoni per un qualunque altro personaggio a fumetti. Ma Zagor è stato qualcosa d'altro, qualcosa di più di un semplice fumetto d'avventura. E ciò che contraddistingueva questo "qualcosa di più" è proprio lo stile di Nolitta, il suo peculiare modo di raccontare storie basate su trame molto semplici – per non dire quasi banali. Sono state poche, infatti, le volte in cui Nolitta si è distinto per la sofisticata elaborazione del soggetto di base. Nolitta era una sorta di "Fabrizio De André del fumetto", un artista capace di incantare la platea usando solo due accordi, che, però, colpivano in pieno il cuore dell'ascoltatore. Una questione di classe. La quale, fondamentalmente, è una questione di stile.
     
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    100 - IL MIO AMICO GUITAR JIM - Analisi di Ivan
    Testi: Guido Nolitta
    Disegni: Gallieno Ferri
    Pagine: 126
    Anno: 1973

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    Zagor edizione originale Zenith: n. 151 (uscito nel 1973). Il numero reale è 100. Infatti, l'edizione Zenith originale pubblicò Zagor a partire dal numero 52, quindi ha la numerazione sfasata che continua ancor oggi, con 51 numeri in più. Prima del numero 52, pubblicava storie di altri personaggi bonelliani come Hondo, Kociss, eccetera. Tutte le varie ristampe di Zagor, invece, seguono la numerazione reale, cioè col numero 100.

    TRAMA

    Zagor e Cico sono a Galveston, in Texas, ad aspettare una nave che li porti a Darkwood. Nell'attesa, incontrano una loro vecchia conoscenza, Guitar Jim, il bandito canterino, attualmente redento (forse). Lui ha accettato l'offerta di Julio Ordonez, una persona misteriosa che vuole assumere degli uomini che lo proteggano dagli apaches, durante il suo viaggio ai monti Guadalupe, dove vuole trovare una persona. L'offerta viene fatta anche a Zagor, che però rifiuta e alcuni uomini di Ordonez vogliono rispondere alle sue provocazioni. Guitar Jim colpisce alle spalle Zagor, lasciandolo svenuto, poi si allontana con gli uomini di Ordonez. Quando si riprende, Zagor vuole dare il benservito a Guitar Jim per il suo tradimento e si mette sulle tracce di Ordonez e dei suoi. Quando scopre che sono circondati dagli apaches, per salvarli cattura il loro capo, Chorrito, per tenerlo come ostaggio. Gli apaches si ritirano e Zagor, appena raggiunge gli uomini di Ordonez, riempie di botte Guitar Jim. Dopodichè, Zagor e Cico seguono il gruppo di Ordonez, che però si lasciano scappare Chorrito e lo uccidono durante la sua fuga. Raggiungono in fretta la loro meta: un ranch gestito da Marco Medina, un uomo pacifico e amico degli apaches. Ordonez si rivela essere un killer mandato dall'ex-socio di Medina per ucciderlo. Infatti Medina e il suo compagno Ignacio Vargas erano stati dei criminali; ma, mentre Medina si era redento e si era ritirato, Vargas era diventato governatore dell'Oklahoma. Per questo aveva mandato il killer Ordonez ad ammazzare il suo ex-socio, che sapeva del suo passato di fuorilegge e gli avrebbe compromesso il successo. Zagor ostacola Ordonez e alla fine lui e i suoi compagni si rifugiano nel ranch, mentre Ordonez e gli altri li assediano e danno fuoco alla fattoria. Ma, quando Zagor e gli altri escono dall'edificio in fiamme per affrontare Ordonez e i suoi, scoprono che erano già stati uccisi tutti dagli apache, che lasciano vivi Zagor e gli altri per rispetto verso Medina. Alla fine, Guitar Jim giustifica il suo gesto dicendo che aveva colpito Zagor alle spalle perchè lui non sarebbe sopravvissuto contro gli uomini di Ordonez. Successivamente, li saluta e si allontana per andare a fare fortuna in California. Medina, invece, andrà in Oklahoma per accusare l'ex-socio Vargas. Zagor e Cico tornano a Galveston per aspettare una nave, come all'inizio della storia.

    COMMENTO

    Primo centenario e secondo albo a colori. La storia non è un capolavoro; la trama contiene alcuni passaggi poco convincenti, però sono compensati dalla consueta fluidità dello stile narrativo di Nolitta.
    Si tratta in definitiva di una storia western classica, semplice, scorrevole e coinvolgente, in cui i pregi superano di gran lunga i difetti di impianto.

    PREGI

    Oltre al colore, Nolitta omaggia il centenario con una trentina di pagine in più rispetto al classico bonellide di 100 pagine. Ciò gli permette di sviluppare il soggetto col suo tipico stile arioso, senza doverlo comprimere per rispettare il formato-standard. Purtroppo, quello del limite di pagine prefissato è un difetto comune a quasi tutta la recente produzione zagoriana (o bonelliana in generale), in cui gli interventi per dilatare o comprimere la storia rispetto alla sua durata ideale risaltano in maniera evidente. :( Suggestiva la carrellata iniziale di didascalie che introducono l'ambientazione della storia a Galveston.

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    Idem per le digressioni (apparentemente superflue) durante l'inseguimento di Zagor a Guitar Jim.

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    Può sembrare un dettaglio da poco, eppure queste pennellate quasi "poetiche" contribuiscono a calamitare il lettore all'interno della storia. Uno stile ormai considerato (a torto) obsoleto, in favore della narrazione moderna che si concentra solo sulla mera FORMA (trama & azione), sacrificando la costruzione delle atmosfere e della suggestione emozionale. :( Di grande effetto il "tradimento" di Guitar Jim durante la rissa nel saloon, che provoca l'indignazione di Zagor.

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    Significativa la risposta di Zagor a Cico durante l'attacco degli apaches al gruppo di Ordonez. Qui Nolitta sintetizza molto bene l'intima filosofia del suo personaggio, a volte tacciato di essere "pro-pellerossa" a priori.

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    Intensa la scena in cui Zagor "punisce" Guitar Jim per averlo colpito alle spalle nel saloon. Qui la reazione di Zagor è forse esagerata (non si scomoda neanche a chiedergli una spiegazione, come se i fatti fossero inequivocabili), ma il pathos della sequenza è di grande effetto.

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    Le scene di azione (lo scontro con gli apaches di Chorrito e l'assedio nella fattoria di Medina) sono abbastanza "di routine", tuttavia lo stile narrativo di Nolitta le rende comunque appassionanti. Risalta in particolare la sequenza dell'assedio finale, con Zagor e Jim costretti a tentare una sortita-suicida. Il senso di disperazione degli assediati è reso davvero molto bene. :lol:

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    DIFETTI

    Un po' troppo cordiale l'incontro iniziale con Guitar Jim. Bisogna considerare che nel finale di Lo sceicco nero, lui e Zagor avevano esternato solo un reciproco rispetto, non certo un'amicizia così profonda da far supporre baci & abbracci al loro prossimo incontro (infatti, Zagor consegna Guitar Jim alla giustizia, invece di lasciarlo libero, come avrebbe supposto una "amicizia" degna di questa nomina). Sarebbe stato più verosimile che Zagor si fosse dimostrato più sospettoso nel ritrovarsi di fronte ad un fuorilegge che aveva mandato in prigione (e che per quanto ne sa, potrebbe essere animato da propositi di vendetta verso il suo catturatore). Ciò avrebbe anche reso più credibile il "tradimento" di Guitar Jim durante la rissa nel saloon (tradimento che invece, dopo quella sequenza da vecchi amiconi, appare un po' troppo forzato). Va tenuto presente che, nonostante la sua allegria e il suo charme, Guitar Jim rimane pur sempre un rapinatore e un assassino; Zagor dovrebbe essere molto più diffidente prima di concedergli fiducia come se fosse un compagnone di antica data. -_- Riprendendo il punto sopra, va rilevato che qui la personalità di Guitar Jim si discosta parecchio da quella dei 3 episodi precedenti. Non ci si aspetta che un incallito rapinatore abbia una svolta così "buonista" dopo aver passato un po' tempo in carcere. Per intenderci, questo Guitar Jim ha ben poco in comune con il Guitar Jim di IL FUGGITIVO (breve storia comparsa su Zagor 30) o Gli sciacalli della foresta; il Guitar Jim di La mano di Allah è una via di mezzo che approfondisce il personaggio, connotandolo di coscienza e senso della giustizia, senza contraddire le sue precedenti versioni...ma qui, secondo me, la sua versione "buona a tutto tondo" risulta un po' troppo distante dal personaggio iniziale. Manca di quella carognaggine che lo rendeva così ambiguamente affascinante. :=/:
    A tal proposito: in occasione del pestaggio di Zagor a Guitar Jim, Nolitta avrebbe potuto far mantenere il dubbio sulla conversione buonista del bandito canterino, facendogli pronunciare una frase di apparente minaccia, tipo "Hai fatto un errore a colpirmi, Zagor...Ti assicuro che la cosa non finisce qui!" Insomma, una frase che non va a contraddire i futuri sviluppi della trama, ma che in quel momento dà ai lettori l'impressione che Guitar Jim sia ancora la vecchia canaglia che conoscevano. Comunque sia, questa è l'ultima volta che Nolitta ha utilizzato Guitar Jim, un personaggio difficile da gestire proprio per l'incoerenza comportamentale con cui, di volta in volta, è stato presentato (sia da Nolitta che dai successivi autori).

    Inoltre, il comportamento di Medina nel finale è poco convincente. In primis, se ha deciso di troncare col suo passato da fuorilegge per dedicarsi ad una vita tranquilla, è poco credibile che rinunci alla propria libertà solo per chiudere i conti con un suo vecchio complice. Inoltre, se ha degli scrupoli di coscienza nel sapere che il suo ex-socio è diventato un rispettato governatore, non si capisce perché abbia aspettato così tanto per decidere di smascherarlo pubblicamente. (Come dire: se Vargas non avesse cercato di accopparlo, Medina se ne sarebbe infischiato del fatto che ora è diventato un importante politico?) :?

    Nel finale, in poche vignette si passa da una situazione disperata alla scoperta che il problema era già stato risolto da terzi. Un passaggio brusco che appare più una chiusura sbrigativa, piuttosto che il naturale sviluppo degli elementi narrativi presentati. Infatti gli apaches compaiono dal nulla giusto per togliere dai guai gli assediati; la spiegazione di Medina che li descrive come "suoi amici" risulta una trovata facilona che non cancella la sensazione di "deus ex machina" del loro inaspettato intervento. =_=

    DISEGNI

    Un Ferri un po' affrettato nel ripasso a china, come se sapesse che la presenza del colore avrebbe già provveduto ad ottenere i contrasti nei disegni. Sempre efficace, comunque. La colorazione riprende lo stile già usato in Indian Circus, con gradevoli toni acquarellati. Nell'occasione, lo stile di colorazione non è costante (a volte gli elementi cambiano colore da una vignetta all'altra) ma globalmente è un buon risultato.

    Storia: 7,5
    Disegni: 9
    Colori: 8
     
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    ZAGOR 32-34: LA CASA DEL TERRORE (analisi di Ivan)
    (questa analisi è un approfondimento dell'analisi già realizzata da Ivan qui)

    Trama: Nolitta (Sergio Bonelli)
    Disegni: Gallieno Ferri
    Pagine: 135

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    La storia “La casa del terrore” di Guido Nolitta apparve per la prima volta negli Albi a strisce di Zagor, dal n. 8 al n. 12 (26 aprile-21 giugno 1967). Poi furono ristampati nell'edizione originale collana Zenith n. 83, 84, 85 (usciti nel 1968). Però i numeri reali di Zagor nella collana sono: 32, 33, 34. Infatti, l'edizione Zenith originale pubblicò Zagor a partire dal numero 52, quindi ha la numerazione sfasata che continua ancora oggi, con 51 numeri in più. Prima del numero 52, pubblicava storie di altri personaggi bonelliani come Hondo, Kociss, eccetera. Tutte le varie ristampe di Zagor, invece, seguono la numerazione reale, in questo caso 32, 33, 34.

    STORIA

    Il giovane Stanford, accompagnato dal detective Bat Batterton, Zagor e Cico va a trovare suo zio che vive in un maniero a Windy Cliff. Ma scopre che lo zio è morto e che la casa è infestata da un inquietante spettro di una donna morta da secoli...solo alla fine si scopre che è tutto un trucco da parte di un gruppo di criminali che usava il maniero come rifugio per gli evasi di prigione.

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    L'indimenticabile casa stregata Windy Cliff: il richiamo a "Cime tempestose" è evidente... ^_^



    COMMENTO DI IVAN

    Riletta e rivalutata al rialzo. Un classico sempreverde. Quest'episodio ha quasi 60 anni, eppure sono convinto che un giovane neo-zagoriano lo potrebbe leggere con lo stesso coinvolgimento emotivo che abbiamo provato noi leggendolo in tenera età. :lol:

    PREGI

    Il primo pregio riguarda la collana in generale, ovvero la conferma che Nolitta era un autore in crescita esponenziale, e che quindi le sue ultime buone storie non erano state solo un exploit fortuito. Il Sergione stava affinando il suo particolare stile, quello stile per cui il COME raccontare vale più del COSA raccontare.

    Anche in questo episodio, al di là di alcune forzature nel soggetto, la narrazione coinvolge a ritmo incalzante vignetta dopo vignetta, senza perdere un colpo. E questo è il segreto dei grandi raccontastorie: fare in modo che le (inevitabili) incongruenze di una storia scivolino via senza che il lettore ci dia peso.

    Questa è una delle prime incursioni di Nolitta nel genere horror (o meglio, falso horror). L'atmosfera “haunted house” è resa alla perfezione, e, fino alla scoperta che la bara di Nathaniel Stanford è vuota, tutto lascia credere che la casa sia davvero infestata da un'entità arcana.

    Le apparizioni “sovrannaturali” di Priscilla funzionano molto bene. In particolare, è geniale l'idea del fantoccio fatto comparire a mezz'aria fuori dalle finestre, che rende apparentemente inspiegabili le scomparse del “fantasma”.

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    Certo, i lettori moderni sono più smaliziati; negli horror sono abituati a ribaltamenti e contro-ribaltamenti delle premesse iniziali (in Dylan Dog è un cliché ormai inflazionato), ma negli anni '60 l'horror che infine si rivela un'abile messinscena era ancora una strategia narrativa di grande effetto. E Nolitta se la gioca bene.

    (In proposito, vorrei condividere un piccolo amarcord con gli amici zagoriani più anzianotti) :lol:
    Io ho letto questa storia a 6-7 anni su un albo unico (proprio LA CASA DEL TERRORE scritta rossa), quindi la fifa procuratami dall'atmosfera horror è durata solo una mezz'oretta, cioè fino a quando ho appreso che la faccenda del "fantasma" era tutta una messinscena. E ricordo di essere rimasto un po' deluso: infatti, mi piaceva l'idea di credere che, almeno nei miei amati fumetti, i fantasmi esistessero veramente...ma quella immediata rivelazione me l'aveva un po' castrata.

    Bisogna però considerare che questa storia era stata originariamente pensata per gli albetti a strisce, quindi i lettori che l'avevano letta in quel formato avevano dovuto trepidare per circa UN MESE prima di scoprire che si trattava di una macchinazione. E durante quel mese mi immagino la loro strizza di sera, per paura di un'apparizione di Priscilla nel buio della cameretta...Beati loro, sigh! (Della serie: quando bastava poco per emozionarsi.) :lol:

    ZAGLAMPO4-008
    Tutta la saga della Casa del Terrore nei libretti settimanali di Zagor. ^_^


    Ben sfruttati Cico e Bat, la cui goffaggine fa da perfetto contraltare all'aura horror della vicenda. Da notare che i loro (numerosi) siparietti comici non intaccano minimamente l'atmosfera horror dell'episodio. Anche questo aspetto faceva parte della magia dello stile di Nolitta, che sapeva piazzare le gag nel modo giusto, ottenendo un mix equilibrato di Dramma & Commedia, introvabile in altri fumetti similari – e che rendeva Zagor un fumetto UNICO, nel pur vasto panorama editoriale dell'epoca. Oggi, purtroppo, Zagor non è più un "fumetto unico", e, secondo me, una delle cause principali del suo appiattimento è proprio la rottura di quel delicato equilibrio tra Dramma & Commedia che caratterizzava lo Zagor dei tempi di Guido Nolitta. :(

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    Mi sento di fare un approfondimento sull'utilizzo di Cico nelle storie di Nolitta. Anche qui, a margine delle consuete gag che esaltano i suoi tratti di mangione/pauroso/pigro/maldestro, Nolitta gli concede anche ruoli risolutivi all'interno della trama "seria"...ma svolti sempre alla maniera di Cico. Quindi, per salvare Zagor, che sta per essere ucciso da Annie, non irrompe nelle scuderie sparando come farebbe un Kit Carson, bensì fa cadere "per sbaglio" la ragazza sollevando la botola sotto i suoi piedi. Si ottiene lo stesso risultato (cioè salvare Zagor), ma seguendo le regole del "personaggio Cico".

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    Ecco; ora vorrei chiedere da quanto tempo non si vede più QUESTO modo di sfruttare Cico all'interno della narrazione. La mia sensazione è che il messicano sia percepito dalla maggioranza degli autori come una presenza-fastidio da accantonare con un pretesto qualsiasi, piuttosto che una risorsa aggiunta – come lo era ai tempi di Nolitta. =_=

    Tra le pieghe della storia, Nolitta coglie anche l'occasione per esprimere la sua opinione sulla caccia alle streghe (opinione che personalmente condivido in toto; le motivazioni "religiose" erano solo un pretesto di facciata per perseguitare persone scomode al potere politico dell'epoca). Il Sergione espone il tutto in modo semplice e diretto, senza né dilungarsi in spiegoni accademici, né lasciando punti in sospeso. Insomma, il numero di parole giusto affinché un concetto possa essere compreso al volo sia dai bambini che dagli adulti. Questa universalità di destinatari (sia bambini che adulti) era la formula vincente dello "stile Nolitta", non solo nei dialoghi ma anche nella semplicità delle trame e nella fluidità della narrazione.

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    L'impianto narrativo riguardante le evasioni è, invero, un po' forzato (un tunnel naturale che per caso finisce proprio sotto il forte, scoperto per caso da una famiglia di banditi in fuga, che per caso aveva scelto casa Stanford come suo temporaneo rifugio, che per caso aveva fama di casa stregata, e sempre per caso Landon incontra un suo vecchio conoscente nel carcere del forte...), ma se si sorvola sulla fortunosità di questa serie di circostanze, sono tutti elementi organizzati tra loro in modo lineare.

    Il personaggio di Priscilla/Annie è affascinante anche in versione “umana”: bella, scaltra, spietata, manesca...e pure pianista e lanciatrice di coltelli. Da sposare. :lol:

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    Struggente la fine di David che, ferito a morte, arranca verso i prigionieri con l'intento di ucciderli per proteggere la sua famiglia. Pur legato, Zagor riesce comunque a guadagnare abbastanza tempo per sfinire il moribondo. Si tratta di una tipica sequenza "allungabrodo" (narrativamente, infatti, si poteva far morire David subito durante l'assalto dei paesani) ma di grande intensità emotiva per il suo svolgimento. Lo stato di sofferenza di David è comunicato molto bene, e devo dire che un po' mi è dispiaciuto per lui, perché tutto sommato era un personaggio che mi stava simpatico. :lol:

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    Nolitta conclude la vicenda con un finale dolceamaro: pur avendo risolto il mistero e sgominata la famiglia Landon, Zagor non riesce ad impedire la distruzione di Casa Stanford. Una nota di tristezza per evitare un happy ending completo che forse avrebbe stonato con le atmosfere presentate nella prima parte della storia.

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    DIFETTI

    Non si nota immediatamente, ma c'è una perplessità che riguarda la presenza di un maggiordomo in Casa Stanford. In teoria, il suo padrone è morto da tempo, nessuno lo paga per le sue mansioni...quindi cosa ci sta ancora a fare a casa Stanford? :huh: In pratica, è un occupante abusivo, ma nessuno dei nuovi arrivati si preoccupa di chiedersi il motivo per cui si trova ancora lì; lo accettano e basta (come lo accettiamo noi lettori). :lol:

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    Mi è parso un po' gratuito l'attacco dei paesani contro Casa Stanford. Intendo dire: la maledizione aleggia da vari decenni...e tutt'ad un tratto, i timorosi abitanti di Lafayette si trasformano in leoni proprio nel momento in cui, casualmente, Zagor si trova in pericolo di vita. Questa improvvisa spavalderia sa più di pretesto buttato lì da Nolitta per cavare d'impaccio Zagor & C. (Comunque, narrativamente è funzionale.)

    Una piccola incongruenza nei dialoghi: la falsa Priscilla viene chiamata a più riprese sia “Marta” che “Annie” (Ok, facciamo finta che il suo nome sia “Annie Marta” e buona così.) :lol:

    DISEGNI

    Ferri dimostra di trovarsi pienamente a suo agio con le atmosfere tenebrose. La sua Priscilla è davvero inquietante. Ed anche David è una perfetta riproduzione dell'Uncle Creepy di Reed Crandall.

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    Una menzione particolare per la prima vignetta in cui appare la lugubre casa di Windy Cliff:

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    ZAGOR 154-157: TROPICAL CORP (analisi di Ivan)

    Testi: Guido Nolitta (Sergio Bonelli)
    Disegni: Franco Donatelli, con l'aiuto di Francesco Gamba
    Pagine: 321
    Anno: 1978

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    Zagor edizione originale Zenith: n. 205-208 (usciti nel 1978). I numeri reali di Zagor sono 154-157. Infatti, l'edizione Zenith originale pubblicò Zagor a partire dal numero 52, quindi ha la numerazione sfasata che continua ancor oggi, con 51 numeri in più. Prima del numero 52, pubblicava storie di altri personaggi bonelliani come Hondo, Kociss, eccetera. Tutte le varie ristampe di Zagor, invece, seguono la numerazione reale, cioè coi numeri 154-157.

    TRAMA

    Drunky Duck, il postino indiano amico di Zagor, è inseguito dai soldati di un reggimento speciale appena insediatosi a Darkwood: il Tropical Corp, agli ordini del Colonnello Caniff. I militari vogliono uccidere il postino perchè non consegni a Zagor una lettera che il colonnello Perry, amico di Zagor e prigioniero in un manicomio a Charleston, ha affidato a Drunky Duck. Zagor salva il postino e legge la lettera: sembra che Perry sia stato messo in manicomio contro la sua volontà dagli uomini del Tropical Corp, perchè aveva scoperto che loro, per trovare un rimedio contro la febbre gialla, ne avevano diffuso volontariamente il morbo tra gli indiani di Darkwood. Dopo una rocambolesca fuga dal manicomio, Zagor e Cico portano via Perry e vengono inseguiti dai soldati del Tropical Corp, sotto la guida del capitano Nicholson. La caccia del Tropical Corp è spietata e Nicholson usa anche Tonka, l'amico di Zagor, come esca per catturarlo. Anche se lo stesso Nicholson viene ucciso insieme a suoi uomini, Zagor viene catturato e Caniff, insieme al dottor Massey, inietta a Zagor il morbo della febbre gialla. Tonka e un gruppo di indiani riesce a liberare Zagor, ma vengono scoperti e assediati: nello scontro, Massey perde la vita, ma Caniff sta per avere la meglio usando un cannone. All'improvviso, arriva il ministro Pickenz, che Zagor aveva contattato giorni prima grazie a Drunky Duck, che aveva spedito il messaggio (Pickenz conosce Zagor dai tempi di Ora Zero). Il ministro degrada Caniff e lo mette agli arresti, ordinando lo scioglimento del Tropical Corp. Il colonnello Perry - che è anche un medico - riesce a guarire Zagor, trovando un rimedio contro la febbre gialla.

    COMMENTO

    Bella storia del periodo post-golden age, anche se a mio parere si cominciano già ad intravedere dei segnali di stanchezza da parte di Nolitta – almeno rispetto alle sue opere migliori.

    PREGI

    Il Sergione immette nella serie una tematica di non facile trattamento, ovvero la guerra batteriologica. Qui uno spietato commando militare diffonde tra gli indiani di Darkwood il morbo della febbre gialla, in modo da testarne la cura su cavie umane sacrificabili senza rimorsi. Correttamente, Nolitta tiene in considerazione che siamo circa nel 1830, quindi adatta a tale periodo la conoscenza scientifica delle malattie tropicali. (A volte invece gli autori hanno la tendenza a riportare le conoscenze attuali in periodi storici ancora "pionieristici", creando così un effetto stridente.) In questo episodio abbiamo uno Zagor dinamico e risoluto come poche altre volte. Corre, lotta, soffre, si indigna, fa impazzire i nemici, e continua strenuamente a combattere anche quando viene contagiato dal tremendo morbo.

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    E va rilevato che nel fare tutto ciò risulta sempre molto UMANO: ha comportamenti credibili e reazioni coerenti col suo carattere, e per superare le difficoltà deve ogni volta sudare e sputare sangue. Ciò induce il lettore ad empatizzare con le azioni del protagonista (una empatia che purtroppo gli autori moderni riescono ad evocare solo di rado, proponendoci uno Zagor robotico, anaffettivo e pure incoerente da una versione all'altra, che ispira ben poco coinvolgimento emotivo). :(

    Nella gag iniziale, c'è la terza apparizione del Going-Going. Purtroppo sarà anche l'ultima volta con Nolitta. Peccato, poiché a me questo strambo animale mangiatutto piaceva assai.

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    Cico aspirante ranicida è fantastico! "Vi ammazzerò tutti, ranocchioni del demonio! Ammazzerò i grandi! I piccoli! I medi! I verdi, i gialli... Farò una strage! UNA STRAGE!!" :lol:

    Buona la suspense provocata dal fatto che la lettera di Perry si interrompe all'improvviso dopo aver annunciato una "grave minaccia" incombente su Darkwood. Un trucco narrativo molto semplice, ma efficace.

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    Spassosa la sequenza in cui Cico si finge pazzo per essere internato nel manicomio dove è rinchiuso Perry.

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    Sempre a proposito della sequenza del manicomio, è bizzarra la trovata in cui Zagor e Cico si intrufolano nella stanza di Perry...all'insaputa l'uno dell'altro, col rischio di rovinarsi i piani a vicenda. :lol:

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    I militari del Tropical Corp sono delle canaglie di prim'ordine. Su tutti spicca il colonnello Caniff, il cui fanatismo lo spinge a vette di crudeltà quasi demoniache. Veramente odioso. Uno dei pochi villain nolittiani che risulta essere un malvagio senza mezze misure, tipo Raskin o McCarty, il Collezionista

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    Curiosamente, qui Nolitta affida un ruolo "serio" anche a Drunky Duck (e mi pare che sia la prima ed unica volta nella collana). Sarà proprio Papero Sbronzo a garantire l'arrivo della cavalleria nel finale, risolvendo una situazione disperata per gli assediati.

    DIFETTI

    Stavolta il ritmo narrativo di Nolitta non è fluido come al solito. Può essere una mia impressione personale, ma trovo che procede un po' "a singhiozzo", alternando scene briose a lungaggini insolite (tipo il verbosissimo flashback di 10 pagine di Perry). E anche alcune sequenze sembrano buttate lì in modo un po' forzoso, quasi col solo scopo di aumentare il numero di pagine (come la insolita "doppia" sequenza iniziale con Drunky Duck, in cui la gag con Cico avrebbe dovuto essere risparmiata per un altro episodio). Insomma, in confronto a storie precedenti, qui la trama sembra procedere un po' "al rallentatore" persino rispetto alla tipica lentezza nolittiana. Credo che il miglior Nolitta avrebbe compattato questa storia su 2 albi e mezzo, invece che su 3 e passa. Una eccessiva dilatazione dei tempi narrativi c'è e si nota. <_<

    Sconcertante la scena in cui Zagor spara alle spalle di un nemico disarmato. :huh: Sequenza davvero inconcepibile, soprattutto sapendo che la storia è di Nolitta in persona e non di un autore novello che conosce poco il personaggio di Zagor. Chissà cosa gli era passato per la testa mentre scriveva quella scena (va be', anche i grandi hanno diritto a prendersi una sbornia di Grumello ogni tanto).

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    Nel finale mi è parsa troppo immediata la presentazione di Zagor perfettamente guarito subito dopo la vignetta che lo ritraeva moribondo. Ok, dalla didascalia del cambio-scena capiamo che sono passate 2 settimane, ma narrativamente ci stava bene il conservare un po' di incertezza sul destino di Zagor ancora per qualche vignetta.

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    ZAGOR 161-165: AFFONDATE IL DESTROYER! (analisi di Ivan)
    (Qui l'analisi di Joe7)

    Testi: Guido Nolitta (Sergio Bonelli) e Decio Canzio
    Disegni: Franco Donatelli e Francesco Gamba
    Pagine: 380
    Anno: 1979

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    Zagor edizione originale Zenith: n. 212-216 (usciti nel 1978-79). I numeri reali di Zagor sono 161-165. Infatti, l'edizione Zenith originale pubblicò Zagor a partire dal numero 52, quindi ha la numerazione sfasata che continua ancor oggi, con 51 numeri in più. Prima del numero 52, pubblicava storie di altri personaggi bonelliani come Hondo, Kociss, eccetera. Tutte le varie ristampe di Zagor, invece, seguono la numerazione reale, cioè coi numeri 161-165.

    TRAMA
    Nota: essendo una storia piena di colpi di scena, contiene quindi molti SPOILER. Chi legge è avvertito.

    Zagor e Cico vanno verso la zona dei Grandi Laghi, nel paese di Big Bay, per rispondere alla chiamata di Daniel Bowie, un amico di Zagor. Durante il viaggio, incontrano il colonnello Grant, che viene assalito insieme alla sua scorta da una banda di fanatici separatisti che vogliono ritornare ad essere governati dagli inglesi (siamo vicini al confine col Canada, territorio inglese). Zagor aiuta Grant a superare il blocco e alla fine incontra Daniel, al cimitero di Big Bay, dove commemora le lapidi dei suoi compagni uccisi dal "Destroyer", una corazzata galleggiante costruita dagli inglesi per compiere atti di pirateria e usurpare la proprietà dei Grandi Laghi agli americani, dando così sostegno ai separatisti. Il "Destroyer" è comandato dal generale Butcher "il macellaio", un uomo crudele e spietato, che non solo attacca le imbarcazioni, ma mette a ferro e a fuoco anche la città di Barley, vicino a Big Bay, attaccandola coi suoi cannoni. Per evitare una guerra aperta con l'Inghilterra, il generale Grant propone a Zagor e Daniel, insieme al trapper Mac Enroe, che conosce la zona, di inoltrarsi sotto falso nome nei boschi del Canada per distruggere quella fortezza galleggiante. Ma l'impresa, dopo molte difficoltà, finisce in un fallimento e quasi tutti finiscono ammazzati, compreso Mac Enroe, a causa del tradimento di Neal, un uomo del gruppo di Grant, che si rivela essere al servizio degli inglesi. Tutti diventano prigionieri di Butcher e Zagor viene torturato dallo spietato comandante. Quando tutto sembra perduto, Zagor, aiutato dalla pioggia, riesce a liberarsi e a uccidere Neal, liberando i suoi compagni. Approfittando della notte, salgono di nascosto sul Destroyer, catturando Butcher e gli altri. Preso possesso del Destroyer, Zagor e Grant lo usano contro la nave della marina inglese che aiutava Butcher. Successivamente, piazzano delle cariche esplosive e mettono Butcher e i suoi uomini su una scialuppa. Al momento della distruzione del Destroyer, Butcher sale, non visto, sul Destroyer, per avere la rivalsa, ma rimane coinvolto nell'esplosione.

    COMMENTO

    Buona storia del periodo "Silver Age", con la particolarità di essere stata scritta a quattro mani da Nolitta e da Canzio. Il risultato finale è più che buono, anche se è difficile attribuire i vari pregi & difetti ad un autore oppure all'altro.

    Sulla paternità di questa storia girano tante voci non confermate. A quanto pare, il soggetto è di Nolitta, che avrebbe scritto anche la sceneggiatura della prima parte (non si sa bene fino a quale punto) per poi venire completata da Canzio sulla base del soggetto nolittiano. Come che sia, si nota che non è una storia "nolittiana al 100%": in alcune sequenze, non possiede il suo tipico pathos...ma è difficile stabilire se ciò sia dovuto al cambio di mano con Canzio oppure al personale mutamento di stile che il Sergione stava già attuando da qualche tempo sulla testata Zagor. :=/:

    Tutta la prima parte (quella sceneggiata presumibilmente dal solo Nolitta) funziona piuttosto bene. Spiccano in particolare:
    - Le cruente azioni di guerra del Destroyer;
    - L'impotenza della flotta americana;
    - La prudenza delle autorità per evitare incidenti diplomatici tra USA e Inghilterra;
    - La conseguente decisione di organizzare un commando che sconfini in incognito sul suolo anglo-canadese per far esplodere la corazzata.
    Tutto molto dinamico ed avvincente (al netto di alcune lungaggini di troppo nel ritmo narrativo).

    La vera discriminante tra lo stile di Nolitta e quello di Canzio sta nei DIALOGHI. Nella seconda parte, è infatti possibile riscontrare molti dialoghi non in linea con quelli "tradizionali" del Sergione. Li definirei banalotti, freddamente funzionali, ma privi di quella enfasi tipicamente nolittiana.

    Anche le invenzioni per far procedere la trama sono ben poco nolittiane; probabilmente nel soggetto di Nolitta erano riportate solo delle indicazioni sommarie, e Canzio le ha risolte alla propria maniera (cioè più in stile "Piccolo Ranger" che in stile "Zagor"). :=/:

    (NOTA: Canzio è stato sceneggiatore di molte storie del Piccolo Ranger, dove capitavano spesso situazioni simili)

    Pure le gag di Cico, a volte, non sono coerenti con quelle tipiche del Cico nolittiano. Sembrano battute di un autore che ha studiato il personaggio solo superficialmente, e lo fa agire/parlare per semplice imitazione a grandi linee dell'originale, ma senza averne colto l'essenza di fondo. Ribadisco la mia idea che nessun autore può comprendere appieno il vero Zagor se non comprende anche il vero Cico. Per me questa è una regola imprescindibile.

    Daniel incarna bene lo stereotipo del patriota americano su una terra di confine. Di lui val la pena menzionare la struggente scena iniziale al cimitero, e la sua reazione indignata ad una frase "disfattista" di Cico:

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    Butcher (di nome e di fatto): decisamente una carogna come poche. Svolge bene il ruolo di antagonista, ed è odioso quanto basta per risultare indimenticabile...però, secondo me, il suo aspetto crudele è stato sovraccaricato oltremisura, al punto che, più che un fanatico revanscista, appare un sadico che si è unito alla causa inglese solo per poter sfogare liberamente i suoi istinti omicidi. A mio parere, avrebbe dovuto essere più caratterizzato dal punto di vista "ideologico", in modo da relazionare la sua crudeltà ad un preciso scopo militare. Intendo: sghignazzare compiaciuto mentre cannoneggia dei poveracci non ha nulla a che fare con un'ideologia politica, è solo gusto personale nel veder soffrire altri esseri umani. Lo avrei visto meglio più flemmatico (tipo il suo omologo Warwick in Fucilazione, che mai lo si è visto godere per i massacri commessi dal suo esercito). :=/:

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    Il (finto) giallo del traditore. Orsù, alzi la mano chi non aveva già capito con largo anticipo che la spia del gruppo era Neal (la inutilmente lunga – in apparenza – sequenza dell'accensione del sigaro avrebbe fatto nascere immediati sospetti persino ad un lettore ritardato.) :rolleyes:

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    I gialli di Nolitta sono sempre stati abbastanza all'acqua di rose, ma del resto non ha mai dimostrato molta passione per il giallo di tipo "whodunit" ("Chi l'ha fatto?"). Quindi Neal poteva benissimo essere mostrato fin da subito come il traditore, tanto l'importante è che non lo sapessero i suoi compagni di pattuglia (poiché la storia viene vissuta attraverso gli occhi dei protagonisti e non dei lettori).

    La scena della trappola nell'avamposto mi sembra realizzata male. I soldati inglesi aspettano allo scoperto i nostri eroi, gettando alle ortiche l'effetto sorpresa. Che tattica sarebbe? Quella di scambiarsi fucilate, sperando di sparare meglio degli avversari? Il difetto sta nella sua dinamica: il commando di Grant finisce in una trappola, vengono circondati dai soldati inglesi, hanno una dozzina di fucili puntati su di loro...e nonostante ciò, reagiscono facendo secchi tutti come se nulla fosse! :huh: Insomma, una situazione disperata risolta con una faciloneria disarmante, per nulla verosimile (cosa sono 'sti soldati inglesi, dei bradipi? Alla prima mossa sospetta dei circondati, dovrebbero ridurli tutti a un colabrodo in 1 secondo). =_= Lì ci voleva un'invenzione narrativa che riequilibrasse la posizione di estremo svantaggio degli assediati, tipo il minacciare di far esplodere la bomba se gli inglesi non avessero abbassato i fucili, o un qualche altro trucco a sorpresa...ma così come si è vista, la scena non convince proprio. :?

    Intensa la scena del confronto tra Butcher e Zagor appeso sottosopra. Lo stile dei dialoghi rivela che è opera di Canzio, tuttavia questa sequenza gli è riuscita in modo particolarmente...nolittiano. Raramente si è visto un cattivo così amorale e fiero di esserlo nella saga. Un approfondimento psicologico sublime ma che dura troppo poco, in particolare in quel che poteva uscire nel confronto con l'eroe.

    zgr161i


    Canzio aveva fatto tutto bene...ma ha rischiato di rovinare tutto con la replica finale di Zagor "Ho capito: sei un idiota!" =_=

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    No, Butcher non è affatto un "idiota". Questo potrebbe pensarlo solo una persona superficiale che ha bisogno di risposte facili facili sul PERCHE' certi individui commettono atroci nefandezze: "Fanno del male perché sono degli idioti, punto". E per Canzio non c'è da sprecare altro tempo in riflessioni (mentre invece di elementi su cui riflettere ce ne sarebbero eccome...ma non è questa la sede per approfondire l'argomento). Al posto di "Sei un idiota", sarebbe stato più appropriato se Zagor avesse risposto una cosa tipo "Certo che ho capito, Butcher...In realtà tu sei solo un sadico vigliacco che si nasconde dietro l'alibi della causa inglese per soddisfare il suo gusto di fare del male agli indifesi!" Non la trovate più funzionale?
    Butcher è un malvagio abbastanza particolare, dato che, di solito, i cattivi lo sono "funzionalmente": cioè, vogliono impossessarsi di qualcosa, o uccidere qualcuno. Lui invece lo era "a prescindere", proprio per come è fatto. Insomma, Butcher è l'uomo che alla domanda: "Perché fai tutto questo male?", risponde compiaciuto: "Perché posso". Infatti. Solo per quello, "perché può". E tanto gli basta. Mi sembra infatti che a Butcher non importi un granché della causa inglese, e che, se gli americani gli avessero offerto lo stesso incarico (cioè poter massacrare cittadini inglesi inermi) per lui non avrebbe fatto nessuna differenza. Del resto, lui stesso non ha mai detto "Io disprezzo gli americani", bensì "Io disprezzo la gente comune"...quindi, presumibilmente, anche la gente comune di cittadinanza inglese.

    Dopo la conquista del Destroyer, lascia perplessi la scelta del colonnello Grant di lasciare libero Butcher. :huh: Ma scherziamo? Il Macellaio deve rispondere di genocidio contro cittadini inermi, mica bruscolini! (Insomma...Ve li immaginate gli abitanti di Big Bay, se gli dicessero che il responsabile dei vili massacri è stato lasciato tranquillamente andare dopo la sua cattura? Se volessero impiccare Grant, non potrei certo dargli torto.) :angry:

    zgr161l


    Il contro-assalto di Butcher è un'ottima trovata, che rivitalizza una storia che sembrava ormai conclusa. Efficace il modo in cui Nolitta/Canzio gioca sul fattore tempo, facendo coincidere l'esplosione del Destroyer proprio con l'istante in cui Butcher stava per attivare il cannone che avrebbe spazzato via la barca di Zagor & C.

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    Altra perplessità nel finale, quando Zagor appare quasi rattristato per la fine di Butcher. :huh:

    zgr161n


    Personalmente l'ho trovato uno spreco di sentimentalismo, del tutto fuori luogo. Un commiato di omaggio ad un nemico può starci bene – ad esempio – per la morte di Ben Stevens...ma non certo per quella di Butcher, il quale non era altro che un folle assassino senza nessuna attenuante per i suoi crimini. <_< Qui probabilmente Canzio non ha studiato bene la filosofia con cui Zagor mostra pietas verso un nemico morto; secondo me, Nolitta non avrebbe mai fatto concedere da Zagor questo onore ad una carogna come Butcher. E se lo avesse fatto, è presumibile che avrebbe espresso lo stesso concetto con parole meno banali (diciamolo: il discorso di Zagor è scioccherello, da chierichetto mormone. "Chi siamo noi per giudicare?" Ma santo cielo, Canzio...Cosa dovremmo pensare, allora, della "giudiziosa" promessa fatta da Zagor a Nicholson, che in confronto a Butcher era un angioletto?)

    zgr29e


    IN DEFINITIVA:

    La storia è buona, ma non buonissima. Avrebbe potuto esserlo SE fosse stata interamente sceneggiata da Nolitta. E' il tipico esempio che dimostra che il COSA raccontare (il soggetto) conta assai meno del COME raccontarlo (la sceneggiatura). In questo caso, Canzio si è attenuto fedelmente al soggetto di Nolitta: ma le differenze di stile narrativo sul COME trasporre le medesime scene risaltano notevolmente (almeno qui sulla testata Zagor; probabilmente sul Piccolo Ranger sarebbero risultate invece meno stridenti). Insomma, nonostante che il risultato finale sia più che dignitoso, parlerei tranquillamente di occasione mancata per realizzare una storia da top ten. :=/:

    DISEGNI: Curioso lavoro in tandem tra Donatelli e Gamba, come già visto in Il cavaliere misterioso. Tuttavia, data la similarità del loro segno, il contrasto di stili non stona più di tanto. Sul piano delle copertine, magnifica quella di LA RESA DEI CONTI.

    zgr161c



    Storia: 7,5 (8 le parti di Nolitta, 7 quelle di Canzio)
    Disegni: 7 (Donatelli) 6,5 (Gamba)
     
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