ZAGOR EPISODI

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.  
    .
    Avatar

    Senior Member

    Group
    Administrator
    Posts
    13,425

    Status
    Anonymous
    ZAGOR 167-169: IL VENDICATORE ALATO (analisi di Ivan e Joe7)

    Testi: Guido Nolitta (Sergio Bonelli)
    Disegni: Gallieno Ferri

    jpg jpg


    Zagor edizione originale Zenith: n. 218-220 (usciti nel 1979). I numeri reali di queste storie di Zagor sono 167-169. Infatti, l'edizione Zenith originale pubblicò Zagor a partire dal numero 52, quindi ha la numerazione sfasata che continua ancor oggi, con 51 numeri in più. Prima del numero 52, pubblicava storie di altri personaggi bonelliani come Hondo, Kociss, eccetera. Tutte le varie ristampe di Zagor, invece, seguono la numerazione reale, in questo caso 167-169.

    TRAMA

    Zagor e Cico ricevono una chiamata di aiuto da Miwok, il capo degli indiani Munsee, e, nel viaggio verso la tribù, incontrano l'ingegner Robson, che sta costruendo una nuova ferrovia, ma è minacciato da un ricattatore misterioso che uccide le persone del cantiere senza lasciare tracce. Inoltre, quando arrivano nel villaggio Munsee, scoprono che è completamente deserto e che Miwok è morto. Affrontano all'improvviso un indiano dotato di ali che li abbatte facilmente. Quando Zagor si risveglia, scopre che il responsabile di tutto è Ben Stevens, un suo vecchio nemico dai tempi del "Re delle aquile", che aveva circuito un inventore chiamato Prometeus, perchè realizzasse una persona con le ali, impiantando ad un indiano le ali di un'aquila. L'assassino degli uomini di Robson è appunto l'indiano alato agli ordini di Stevens, che lui ha chiamato Ultor, cioè Vendicatore. Inoltre, aveva cercato di imporre ai Munsee la consegna di altri indiani per trasformarli in esseri alati, ma il rifiuto di Miwok aveva scombinato i piani di Stevens, che però fece uccidere Miwok da Ultor. Stevens fa affrontare Ultor con Zagor in un'arena: ma Zagor riesce ad avere la meglio e uccide Stevens. Prometeus, che era prigioniero di Stevens, riesce a liberarsi grazie all'aiuto di Cico e, anche se mortalmente ferito, uccide Ultor prima di morire.

    ---------------------------------------------------------

    COMMENTO DI IVAN

    Terzultima storia di Nolitta su Zagor. Ritorna in scena Ben Stevens, probabilmente “a grande richiesta”, data la particolare affezione dei lettori per questo riuscitissimo personaggio. A mio avviso, quest'episodio è inferiore a "Il re delle aquile", ma, se si evita il paragone con l'illustre predecessore e lo si prende solo di per se stesso, risulta comunque uno dei picchi più alti del periodo post-golden age.
    La cosa migliore dell'episodio è l'atmosfera di mistero iniziale. Nolitta è sempre stato un maestro nel creare questo tipo di suspense. Ci viene presentata una serie di strani avvenimenti, in apparenza scollegati tra loro: la richiesta d'aiuto di Miwok, l'inspegabile atitacco al treno, il ricatto a Robson, la scomparsa dell'intera tribù dei Munsee...e, fino al momento in cui Nolitta comincia a rivelare il filo conduttore comune, la tensione narrativa rimane ai massimi livelli.
    Affascinante la rappresentazione grafica del “nuovo” Ben Stevens, che qui - oltre alle sue già note sciagure fisiche - ha perso anche una gamba. Nolitta sembra accanirsi sul poveretto, fornendogli sempre nuovi motivi per avercela col mondo. Nolitta elimina subito Miwok dalla vicenda, e questo è già un mezzo “shock”, visto che il saggio capo dei Munsee era un personaggio familiare ai lettori.

    image


    Molti episodi riusciti anche tra le sequenze minori (come del resto era tipico dello stile narrativo di Nolitta, il cui maggior pregio non stava tanto nel creare le trame, quanto nel saperne narrare magistralmente le singole scene): il delirio del macchinista, unico superstite dell'assalto al treno; il vecchio munsee reso pazzo dalla paura; il bizzarro incontro tra Stevens e i due rapinatori, ai quali rende le pistole dopo averli “ammorbiditi” a suon di stampellate; il racconto di Stevens su come sia riuscito a salvarsi da una caduta che sembrava mortale; la scena in cui Ayala “insegna” a volare a Ultor, come se fosse il suo cucciolo; la disperazione della madre di Ultor: un momento struggente, forse la sequenza più memorabile (per quanto solo “en passant” e senza influenza sulla mera trama); il cameo finale con Ayala, finalmente liberata dalle macchinazioni di Stevens.

    image


    Una singolarità editoriale: l'albo “IL VENDICATORE ALATO” ha 8 pagine in più della lunghezza standard. Probabilmente Nolitta aveva giudicato ottimale così la durata della storia, pur essendo compattabile in vari punti.

    DIFETTI

    Ben Stevens non mi è sembrato all'altezza della sua precedente apparizione. Per due motivi:
    1) Personalmente, non gradisco molto quando un personaggio, che aveva avuto successo in una storia realistica, ritorna inserito in un contesto dai risvolti sovrannaturali (è già accaduto anche con Eskimo o Frida); mi dà un po' l'idea di fargli perdere quell'aura di realismo che l'aveva reso così umanamente credibile.
    2) Bisogna ricordare che Ben Stevens è fondamentalmente una VITTIMA, un pacifico cercatore d'oro che ha subìto una grave ingiustizia che lo ha indotto a trasformarsi in criminale. Qui invece è un malvagio senza mezze misure; manca quella pietas che la sua condizione di vittima ispirava al lettore. Persino Zagor, che nel precedente episodio aveva mostrato compassione per le sventure di Stevens, qui sembra non provare alcuna pietà per i suoi atti criminali - tant'è che nel finale non viene dedicata neanche mezza vignetta per commemorare la morte del miglior villain (imho, obv) creato da Nolitta.
    Prometeus è una figura interessante, ma secondo me non è stato caratterizzato a dovere. Per esempio, non si comprende come abbia potuto organizzare un laboratorio scientifico in una zona così isolata (e pure tutto DA SOLO), ed anche ad eseguire complicate operazioni chirurgiche con mezzi di fortuna. Pure la sua filosofia “buonista” contrasta col fatto di aver trasformato un essere umano in un mostro contro la sua volontà, e dopo averlo rapito con la forza. Non mi convince del tutto pure il modo in cui continua ad assecondare i desideri di Stevens, anche dopo aver capito con che razza di criminale ha a che fare. Tutti questi piccoli dettagli sarebbero trascurabili, se presi singolarmente, ma sommati insieme forniscono un'immagine di Prometeus nel complesso poco convincente.

    DISEGNI

    Ennesima storia in cui Ferri si trova stretto coi tempi di consegna, ed ennesima collaborazione con Bignotti. Il risultato del lavoro in tandem è più che buono, anche se, verso il finale, è inevitabile notare l'affrettatezza di molte tavole. Nonostante ciò, finché Ferri non si è trovato costretto a guardare l'orologio (o meglio il calendario), i disegni sono di un livello eccelso, e l'atmosfera cupa è resa alla perfezione.

    VOTO FINALE
    Storia: 8,5
    Disegni: 8,5
    (Si alternano tra il 10 e il 7)

    ----------------------------------------------------------

    COMMENTO DI JOE7

    E' da notare l’ambiguità di fondo del personaggio di Prometeus, che credo sia il vero protagonista-avversario di Zagor, pur non essendo effettivamente un nemico, invece di Stevens, che penso sia uno specchietto per le allodole.

    image


    Infatti, Prometeus è una specie di “scienziato pazzo” alla Hellingen, ma con un aspetto angelico, anziché demoniaco, cosa che fa risaltare la sua ambiguità. Prometeus non è certo una “brava persona”: accetta di fare un esperimento sull’indiano trasformandolo in un mostro contro la sua volontà. La sua drammatica fine, insieme a quella di “Ultor”, ha un impatto molto forte nella storia, tanto da far passare in secondo piano la fine di un criminale noto come Stevens, che viene infatti liquidato in poche vignette.

    image


    E’ per questo che credo che la storia di Zagor sia essenzialmente tra lui, Prometeus e Ultor: Stevens è solo un prestanome, avrebbe potuto benissimo essere impersonato da un cattivo qualunque. Ma usarlo in quella storia, insieme all’aquila Ayala, ne ha fatto aumentare la qualità: una delle abilità da narratore consumato che aveva il Nolitta dei tempi d'oro.

    Edited by joe 7 - 17/9/2019, 18:00
     
    Top
    .
  2.  
    .
    Avatar

    Senior Member

    Group
    Administrator
    Posts
    13,425

    Status
    Anonymous
    ZAGOR 129-133: KANDRAX IL MAGO (analisi di Ivan e Joe7)

    Sceneggiatura: Guido Nolitta (Sergio Bonelli)
    Disegni: Gallieno Ferri

    jpg jpg jpg

    jpg


    Zagor edizione originale Zenith: dal n. 180 al 184 (usciti nel 1976). I numeri reali di Zagor sono: da 129 a 133. Infatti, l'edizione Zenith originale pubblicò Zagor a partire dal numero 52, quindi ha la numerazione sfasata che continua ancora oggi, con 51 numeri in più. Prima del numero 52, l'edizione Zenith pubblicava storie di altri personaggi bonelliani come Hondo, Kociss, eccetera. Tutte le varie ristampe di Zagor invece seguono la numerazione reale, in questo caso da 129 a 133.

    TRAMA

    In una sonnolenta cittadina con le strade ricoperte di fango, due noti personaggi combinano i soliti disastri: Cico si spaccia per "trasportatore a pagamento di gentili donzelle da una parte all'altra della strada" e gli capita tra le mani una donna cannone; Bat Batterton, l'investigatore, per sbarcare il lunario si spaccia per il terribile killer Johnny Boia e viene alla fine debitamente pestato. In queste circostanze, Zagor, aiutando i suoi disgraziati amici, fa la conoscenza col dottor Mac Leod, che sta dirigendo una spedizione archeologica in un sito celtico. Zagor, una volta che scopre che nella spedizione si trova Samuel Toby, un assassino pluriomicida, raggiunge la spedizione. L'uomo è un inoffensivo malato di mente che scatta solo sotto determinati stimoli: in un suo impeto di follia, ferisce Cico, che viene curato e Zagor resta insieme con gli uomini della spedizione, insieme ai quali si trova il suo amico Digging Bill, cercatore di tesori, che spera di trovare qualcosa di prezioso tra le rovine celtiche. E' proprio l'intervento di Digging Bill tra gli scavi che provoca il risveglio, dopo millenni, di Kandrax, un druido celtico con grandi poteri, che vuole rapire Margie Coleman, un'amica del dottor Mac Leod, per immolarla agli dei celtici come sacrificio. Soggiogando Chino, il pistolero, Musky Han, l'indiano, e Willie Howell, l'uomo di fatica del ranch dei Coleman, riesce a far rapire Margie. Zagor dovrà trovare Margie in tempo, prima della sesta luna, in cui avverrà il sacrificio, e sarà ostacolato dai tre uomini soggiogati da Kandrax. Zagor arriva all'ultimo momento, riuscendo alla fine, con fatica, a sopraffare il druido e salvare Margie.

    ---------------------------------------------------------------------

    COMMENTO DI JOE7

    Kandrax il mago fu forse la prima storia di Zagor che lessi, e ne rimasi stupefatto per il dramma della storia, mescolata con l'umorismo e la perfetta caratterizzazione dei personaggi. Non c'è un momento di pausa, la storia scorre dall'inizio alla fine senza stancare un attimo, in un perfetto dosaggio dei tempi. Una storia corale, con quasi tutti i comprimari principali della serie: uno dei botti finali prima del ritiro di Nolitta (ancora lontano, a quel tempo, ma ormai l'epoca d'oro stava avviandosi alla fine). L'ambiente celtico, la minaccia su Margie, i tentativi di Kandrax di realizzare il suo obiettivo di sangue, il povero pazzo omicida Samuel Toby si bilanciano perfettamente coi siparietti comici della storia, come quelli di Cico che tenta di racimolare soldi trainando delle panzone attraverso la strada fangosa e Bat Batterton che si traveste da killer pluriomicida da parodia. La poesia di Nolitta, in cui la vita è sia dramma che gioia, resta coinvolgente anche a distanza di anni: sono storie che rimarranno sempre nei classici. I disegni di Ferri sono ovviamente superlativi: il disegnatore era nato per fare Zagor.
    Storia e disegni: 10 e lode.

    ----------------------------------------------------------------

    COMMENTO DI IVAN

    PREGI

    Storia per la quale non trovo un aggettivo sufficiente. Signori: questo è Zagor, questo è Nolitta, questo è Fumetto. Lo si può definire l'episodio “migliore” della golden age - e quindi dell'intera serie? Forse no; sarebbe fare un torto a pari capolavori come “Oceano”, “La marcia della disperazione”, “Tigre”...però di sicuro è l'opera più impegnativa di Nolitta. A cominciare dalla sua lunghezza (420 pagine, un record per l'epoca) e dall'inserimento di un numero spropositato di personaggi ed elementi narrativi, che hanno rappresentato una vera SFIDA per le capacità di Nolitta di saper equilibrare fra loro una così elevata quantità di ingredienti. Sfida vinta a pieni voti. Innanzitutto, una cosa che appare subito evidente: quest'episodio si compone di due storie in una. Infatti, il primo albo, “Follia omicida" fa praticamente storia a sé, e serve solo per “obbligare” Zagor ad unirsi alla spedizione di McLeod. Si tratta, in definitiva, di un lungo PROLOGO che introduce alla storia vera e propria (lo scontro con Kandrax), anche se in esso vengono già presentate le premesse della storia entrante: il professor McLeod, Bat Batterton e Digging Bill, nonché l'ambientazione sommaria della vicenda principale. Il prologo in sé è probabilmente uno dei tanti "spunti brevi" che venivano in mente a Nolitta e che poi raccordava con altri spunti indipendenti (in genere altri due) fino a creare una storia vera e propria. Questo episodio introduttivo è incentrato su Samuel Toby, uno psicotico che da persona mite si trasforma in un furioso assassino quando sente parlare in spagnolo.

    image


    Una rarità nella serie: Cico si prende una pallottola sparata a bruciapelo da Toby, rischiando seriamente di lasciarci la pelle. A memoria, mi sembra la prima volta in cui il messicano è stato posto in una situazione così drammatica (a parte forse in "Ora zero"). Spassosissima la gag iniziale con Cico in versione “traghettatore di donzelle”. Gag che fa da preludio alla contro-gag di Bat Batterton nei panni dell'improbabile killer Johnny Boia, una caricatura degli spietati pistoleri del West.

    image OK1


    Originalissimo l'avversario di turno: Kandrax, un druido celtico “ibernato” in tempi antichi e ridestato per caso dalla scelleratezza di Digging Bill. A mio avviso, Kandrax è uno dei villain più riusciti di Nolitta. Anche le manifestazioni dei suoi poteri sovrannaturali (ipnotismo, levitazione, proiezione del corpo astrale), non sono mai troppo esagerate da risultare pacchiane (a differenza dei successivi ritorni di Kandrax, in cui, per il solo fatto di essere un “mago”, gli sono stati attribuiti poteri ridicoli e privi di senso della misura).

    image


    Altra rarità per Nolitta: in quest'episodio c'è una forte impronta femminile, data dalla presenza della bella Margie Coleman. Ferri la rappresenta magnificamente; graziosa senza essere troppo sexy. Dopo Frida, sarà la prima ragazza che si vede avere un appassionato bacio con Zagor.

    OK1


    Ben riuscito anche il campionario degli altri personaggi: il professor McLeod, studioso di civiltà antiche, colto ed entusiasta. Svolge il classico ruolo “informativo” delle storie di Nolitta, cioè colui che spiega (e talvolta riassume) il contesto ambientale in cui è immersa la vicenda.

    image


    Bat Batterton: in verità in questa storia non fa granché...ma i suoi siparietti comici con Cico e Digging sono irresistibili. Tanto basta. Digging Bill: qui è meno “furfante” rispetto alle sue precedenti apparizioni, anche se non manca di ricorrere a stratagemmi non proprio puliti (tipo l'impersonare un fantasma per far fuggire i lavoranti allo scavo archeologico) pur di assecondare la sua ossessiva ricerca di un tesoro.

    image image


    Chino: infallibile pistolero asiatico con un proprio codice d'onore (codice che, curiosamente, mantiene anche mentre si trova in stato di ipnosi durante il duello con Zagor). Musky-Han: pellerossa “multiforme”: da devoto aiutante di McLeod, a pavido coniglio spaventato, a spietato sicario di Kandrax. Affascinante il suo dialogo con Chino sulla “etica del duello contro un nemico”. Willie Howell: gigante forzuto al servizio di McLeod. Anche lui sarà uno dei tre soggiogati da Kandrax che affronteranno Zagor. Memorabile la loro lotta nelle acque del lago, dove alla fine Zagor cerca di affogarlo in preda ad una incontrollabile furia, riuscendo a recuperare lucidità solo all'ultimo momento. Randall aiutante tuttofare di McLeod. Non viene molto caratterizzato da Nolitta, però la sua morte (per mano dell'ipnotizzato Chino) risulta comunque un episodio toccante.

    image image image image


    In quest'episodio, Zagor prende più botte che in tutti gli albi di Toninelli messi insieme: colpi di scure in testa, pallottole nella spalla, Willie lo sbatacchia come un sacco di patate...Alla fine Zagor crolla stremato, e si presenta allo scontro finale con Kandrax in uno stato pietoso ed epico insieme: la scena in cui compare davanti al druido sorreggendosi con un bastone, furioso come non mai, vale da sola l'intero albo (per non dire l'intera serie): data la situazione e le sue premesse, mi è difficile ricordare una scena in cui l'apparizione di Zagor sia stata più intensa. Un vero e proprio “payback” da manuale, con tanti conti da saldare e tensione narrativa a mille.

    image


    Il ritmo narrativo è incalzante. E lo dico malgrado questa storia contenga molti intermezzi in apparenza statici (personaggi che discutono fra loro, o McLeod che impartisce lezioni di storia antica). Non bisogna confondere il ritmo con l'azione; l'abilità di Nolitta stava anche nel riuscire a mantenere alta l'attenzione del lettore pure durante gli intermezzi di “grasso” (un'abilità, purtroppo, poco affinata dagli autori moderni).

    DIFETTI

    Non scherziamo: qui non avrebbe senso mettersi a parlare di “difetti”. Ad impegnarsi, qualcosina si potrebbe trovare...ma in questa circostanza sarebbe del tutto irrilevante farlo notare. Di fronte ad una storia simile, che senso avrebbe mettersi a piluccare - ad esempio - sulla totale inverosimiglianza del fatto che lo sceriffo si trova in tasca per puro caso un foglio che spiega le ragioni della follia omicida di Toby? Lasciamo perdere; godiamocela e basta.

    DISEGNI

    Sono l'unica nota dolente della storia. Appare subito evidente che stavolta c'erano tempi MOLTO stretti nella realizzazione delle tavole, cosicché a Ferri era stato affiancato il solito Bignotti. Tuttavia, a differenza della "Marcia della disperazione", dove ciascun disegnatore aveva eseguito separatamente una propria sequenza di tavole, qui è stata adottata - saggiamente - la stessa soluzione vista in "Tigre": ovvero, che Ferri ha realizzato le figure e Bignotti gli sfondi, con un risultato finale più che accettabile. Ma anche così, stavolta certe sequenze sono veramente “tirate via” di frettissima, appena abbozzate: soprattutto in "La sesta luna", dove ci sono tavole al limite del pubblicabile. Per fortuna che la storia ha un tale pathos da indurre a sorvolare sulla evidente affrettatezza dei disegni. Nonostante ciò, io dico: %&$£" ai limiti di tempo!. Personalmente, sarei stato ben disposto a saltare un'uscita e a pagare il doppio quella successiva, pur di garantire a Ferri di poter lavorare con calma e assicurare a QUESTA storia disegni di una qualità ottimale. Sigh!

    VOTO

    Storia: 10
    Disegni: si alternano tra il 10 e il 7

    Chiudo con una curiosità spicciola: nel famoso referendum del 1981, questo episodio si piazzò al 2° posto delle storie più apprezzate dai lettori, dietro solo a "Magia senza tempo". Parere personale: con tutto il rispetto per la storia-testamento di Nolitta, secondo me “KANDRAX” le dà almeno mezzo punto di distacco. Augh, ho detto!

    Edited by joe 7 - 17/9/2019, 17:51
     
    Top
    .
  3.  
    .
    Avatar

    Senior Member

    Group
    Administrator
    Posts
    13,425

    Status
    Anonymous
    ZAGOR 95-99: OCEANO (analisi di Joe7 e Ivan)

    Trama: Guido Nolitta (Sergio Bonelli)
    Disegni: Gallieno Ferri

    image image image

    image


    Zagor edizione originale Zenith: n. 146-150 (usciti nel 1973). I numeri reali di Zagor sono: 95-99. Infatti, l'edizione Zenith originale pubblicò Zagor a partire dal numero 52, quindi ha la numerazione sfasata che continua ancora oggi, con 51 numeri in più. Prima del numero 52, pubblicava storie di altri personaggi bonelliani come Hondo, Kociss, eccetera. Tutte le varie ristampe di Zagor invece seguono la numerazione reale, in questo caso 95-99.

    STORIA

    Mentre si trovano ad Haiti, Zagor e Cico incontrano due loro amici, il capitano Fishleg e Digging Bill, cercatore di tesori. Stavolta l'obiettivo di Digging Bill è l'oro dell'"Esmeralda", un antico galeone spagnolo affondato al largo di Haiti: ma le persone interessate all'oro sono molte, e, oltre all'ambiguo Hammad l'egiziano, anche lo spietato Capitan Serpente cerca ossessivamente l'oro...

    OK1 OK2



    --------------------------------------------------------

    ANALISI DI JOE7: LA BALLATA DELLA SCONFITTA

    Il finale di "Oceano" riassume molto bene la filosofia di Nolitta e Zagor: per comprenderla appieno, credo sia molto importante cogliere il senso del finale, nel discorso di Zagor che cerca di descrivere Digging Bill senza riuscirci bene.
    Lì, secondo me, è tutto Nolitta. La scoperta che ci sono dei sassi al posto del tesoro fa parte proprio della filosofia nolittiana. E' una "poetica del fallimento", o meglio, del fallimento apparente. Nolitta voleva dire che, in un mondo in cui solo i risultati sono quello che conta, le cose che invece veramente contano sono altre. Lui era un poeta, e voleva fare delle storie con questo sottofondo di poesia.
    Una scoperta - chessò? - di un mostro al posto del tesoro, o di un folletto, o di qualcosa comunque di straordinario al posto dell'oro avrebbe rovinato la filosofia nolittiana. Sarebbe stato un colpo di scena magari efficace, ma assai povero di contenuti veri. Zagor, quello classico almeno, non ha finali a sorpresa, che sono una costante di Dylan Dog: si tratta di due schemi narrativi diversi. Nolitta aveva uno stile di impostazione del racconto diversa da quella di Sclavi: dove lui è frammentato e complesso, Nolitta spesso è lineare e semplice. In "Oceano" si trova la quintessenza di Zagor, la sua vera rappresentazione, la sua filosofia.
    Sì, anche la sua filosofia: in particolare, nel finale, che è uno dei più splendidi che abbia mai visto nella storia del fumetto, Digging Bill continua ancora a scavare e a cercare il tesoro. Come per dire che quello che conta non è trovare il tesoro, o realizzare l'obiettivo, ma la strada che fai nel realizzarlo. La scoperta del forziere pieno di sassi da parte di Capitan Serpente, come ho detto, è emblematica. Digging Bill non troverà mai il tesoro, perchè è destinato a sfuggirgli in continuazione. E Zagor a volte riuscirà nell'intento di realizzare la giustizia, a volte no, ma in ogni caso ci proverà, ed è questo che conta. E non raggiungerà mai la giustizia definitiva...come Digging Bill.

    OK3

    OK4


    Per questo (e altro), questa storia è la quintessenza di Zagor.

    DISEGNI: 10 e lode
    STORIA: 10 e lode


    ----------------------------------------------------------------------

    ANALISI DI IVAN

    Ho delle resistenze a commentare una storia simile senza rischiare di cadere nell'adorazione...Con “OCEANO” siamo nel pieno della “golden age” zagoriana. E' la storia che più ne rappresenta la quintessenza: avventura, mistero, magia, ritmo incalzante, personaggi magnificamente tratteggiati, poesia, ironia e umorismo...e soprattutto, la maestria di Nolitta nel dosare tutti questi ingredienti in modo equilibrato, senza che uno stoni vicino all'altro. Una sinfonia perfetta. Da notare che anche qui ritroviamo un marchio distintivo ricorrente nelle storie di Nolitta, ovvero la sua classica suddivisione delle trame in 3 tronconi principali ben distinguibili:
    1) Il prologo “terrestre” ad Haiti contro Hammad;
    2) Le scene marine col ritrovamento dell'“Esmeralda” e il recupero del tesoro;
    3) La sequenza sull'isola dei pirati

    DIFETTI

    Rilevo un solo passaggio un po' debole: nel finale dell'albo “Bandiera Nera”, quando i marinai (ben armati, nota bene) sono assediati dai pirati nella baracca, è poco verosimile che Zagor proponga di giocarsi la loro libertà o schiavitù in un duello contro Capitan Serpente.

    OK5


    Nel caso che Zagor fosse stato sconfitto, ve li immaginate i marinai che consegnano docilmente i loro fucili a dei piratacci già pronti a buttarli tutti agli squali...soltanto per tener fede alla parola data? Dai: patto o non patto, io mi difenderei lo stesso fino all'ultimo proiettile! Forse, in questo caso, a Nolitta sarebbe bastato far stabilire che la posta in gioco fosse semplicemente il FORZIERE, e lo scopo sarebbe stato raggiunto lo stesso. Comunque è un dettaglio marginale che non toglie nulla alla funzionalità della storia. Volendo, si può ravvisare anche l'assenza dell'elemento femminile, che avrebbe aggiunto un tocco di fascino in più alla storia.

    DISEGNI: 9,5
    Qui Ferri è semplicemente MAGICO, soprattutto nelle scene sottomarine. Peccato solo che, in alcune pagine della parte finale, si senta la sua fretta di dover consegnare per tempo le tavole all'editore. Unica pecca di un lavoro altrimenti sublime.

    STORIA: 10

    Edited by joe 7 - 15/9/2019, 21:34
     
    Top
    .
  4.  
    .
    Avatar

    Senior Member

    Group
    Administrator
    Posts
    13,425

    Status
    Anonymous
    ZAGOR 32-34: LA CASA DEL TERRORE (analisi di Joe7 e Ivan)

    Trama: Nolitta (Sergio Bonelli)
    Disegni: Gallieno Ferri

    image


    Zagor edizione originale Zenith: n. 83, 84, 85 (usciti nel 1968). I numeri reali di Zagor sono: 32, 33, 34. Infatti, l'edizione Zenith originale pubblicò Zagor a partire dal numero 52, quindi ha la numerazione sfasata che continua ancora oggi, con 51 numeri in più. Prima del numero 52, pubblicava storie di altri personaggi bonelliani come Hondo, Kociss, eccetera. Tutte le varie ristampe di Zagor, invece, seguono la numerazione reale, in questo caso 32, 33, 34.

    STORIA

    Il giovane Stanford, accompagnato dal detective Bat Batterton, Zagor e Cico va a trovare suo zio che vive in un maniero a Windy Cliff. Ma scopre che lo zio è morto e che la casa è infestata da un inquietante spettro di una donna morta da secoli...solo alla fine si scopre che è tutto un trucco da parte di un gruppo di criminali che usava il maniero come rifugio per gli evasi di prigione.

    -----------------------------------

    ANALISI DI JOE7: CAPOLAVORO DI TERRORE E COMICITA'

    L'atmosfera inquietante della "Casa del terrore" non si dimentica, come pure lo sguardo dell'inquietante Priscilla (che ha una certa somiglianza con Morticia della Famiglia Addams). Anche le scene comiche di Cico e Bat Batterton fanno da perfetto contraltare al racconto horror.

    OK1


    Forse, l'unica cosa che mi dispiace è che l'impostura si sia risolta troppo presto, per non parlare della donna che ha fatto le veci dello spettro, mai più rivista. Davvero un peccato, ma Nolitta era pieno di idee e inevitabilmente ne lasciava in giro tante... I disegni sono spettacolari e rendono bene l'atmosfera angosciante della storia, senza mai renderla opprimente alla "Dylan Dog" per intenderci. Mi chiedo che effetto faceva una storia come questa nel lontano 1968. In un articolo su "Tuttozagor", Sergio Bonelli conferma l'ispirazione di Priscilla a Morticia della Famiglia Addams; ma altre fonti di ispirazione furono "Topolino nella casa dei fantasmi", con una inquietante Drusilla, e il film "Suspense" (1961) con Deborah Kerr, dove compariva la donna fantasma preferita di Nolitta.
    Storia: 10 (non scherziamo, una storia come questa non te la dimentichi!)
    Disegni: 10

    -----------------------------------------

    ANALISI DI IVAN

    PREGI

    Classicone zagoriano. Una delle prime incursioni di Nolitta nel genere “falso horror”. Storia breve (140 pagine), ma densa di eventi che si susseguono con ritmo incalzante. A mio parere, la si può trovare godibilissima ancora oggi. L'atmosfera “haunted house” è resa alla perfezione, e fino alla scoperta che la bara di Nathaniel Stanford è vuota, tutto lascia credere che la casa sia davvero infestata da un'entità spettrale. Le apparizioni “sovrannaturali” di Priscilla funzionano.

    OK2


    In particolare, geniale l'idea del fantoccio fatto comparire a mezz'aria fuori dalle finestre, che rende apparentemente inspiegabili le scomparse del “fantasma”. Ben sfruttati Cico e Bat, la cui goffaggine fa da perfetto contraltare all'aura horror della vicenda. L'impianto narrativo riguardante le evasioni è, invero, un po' forzato (un tunnel naturale che per caso finisce proprio sotto il forte, scoperto per caso da una famiglia di banditi in fuga, che per caso aveva scelto casa Stanford come suo temporaneo rifugio, che per caso aveva fama di casa stregata, e sempre per caso Landon incontra un suo vecchio conoscente nel carcere del forte...), ma se si sorvola sulla fortunosità di questa serie di circostanze, sono tutti elementi organizzati tra loro in modo lineare. Il personaggio di Priscilla/Annie è affascinante anche in versione “umana”: bella, scaltra, spietata...e pure pianista e lanciatrice di coltelli. Da sposare.

    OK3



    DIFETTI

    Non si nota a colpo d'occhio, ma c'è una perplessità che riguarda la presenza del maggiordomo David in Casa Stanford. In teoria il suo padrone è morto da tempo, nessuno lo paga per le sue mansioni...quindi che ci sta ancora a fare a casa Stanford? In pratica, è un occupante abusivo: ma nessuno dei nuovi arrivati si preoccupa di chiedersi il motivo per cui si trova ancora lì. Lo accettano e basta (come del resto i lettori). Inoltre, è un po' gratuito l'attacco dei paesani contro Casa Stanford. La maledizione aleggia da vari decenni...e, tutt'ad un tratto, senza una precisa ragione, i timorosi abitanti di Lafayette si trasformano in leoni proprio nel momento in cui, casualmente, Zagor si trova in pericolo di vita. Questa improvvisa spavalderia sa più di pretesto buttato lì da Nolitta per cavare d'impaccio Zagor & C.; non è giustificata da un motivo credibile, se non il ritrovamento di due paesani annegati...Mah, un po' deboluccio. Narrativamente è funzionale, comunque. Infine, una piccola incongruenza nei dialoghi: la falsa Priscilla viene chiamata a più riprese sia “Marta” che “Annie”. (Ok, diciamo che il suo nome è “Annie Marta” e non facciamone un caso.)

    DISEGNI

    Ferri a suo agio con le atmosfere tenebrose. La sua Priscilla è davvero inquietante. Ed anche David è una perfetta riproduzione di Zio Tibia (Uncle Creepy) di Reed Crandall.

    OK4 OK5


    Storia: 7,5
    Disegni: 9


    CURIOSITA':

    Nel blog "Lo spirito con la scure" hanno trovato il soggetto originale di Ferri per la "Casa del terrore": la dimora degli Stanford! Sulla posizione geografica della casa, non si è sicuri: Gualtiero, il figlio di Ferri, tempo fa aveva postato su Facebook questa foto, raffigurante - parole sue - "la vera casa che servì al padre da modello per quella degli Stanford, che si trova credo nei dintorni di Recco, in Liguria, dove vivo io... era proprio uguale!"

    casaterr


    Ivan ha commentato: "Li mortacci. Fa paura anche solo in foto. Chi diamine l'ha progettata? Nosferatu?" :huh:

    Edited by joe 7 - 26/10/2020, 14:08
     
    Top
    .
  5.  
    .
    Avatar

    Senior Member

    Group
    Administrator
    Posts
    13,425

    Status
    Anonymous
    ZAGOR 85-87: ZAGOR CONTRO IL VAMPIRO (analisi di Joe7 e Ivan)

    Testi: Guido Nolitta (Sergio Bonelli)
    Disegni: Gallieno Ferri

    image image image


    Zagor edizione originale Zenith: n. 136-138 (usciti nel 1972). I numeri reali di Zagor sono: 85-87. Infatti, l'edizione Zenith originale pubblicò Zagor a partire dal numero 52, quindi ha la numerazione sfasata che continua ancora oggi, con 51 numeri in più. Prima del numero 52, pubblicava storie di altri personaggi bonelliani come Hondo, Kociss, eccetera. Tutte le varie ristampe di Zagor invece seguono la numerazione reale, in questo caso 85-87.

    TRAMA

    Zagor e Cico, per fare un favore al vecchio amico Parkman, accompagnano il figlio di lui in una carovana dove il giovane Parkman deve fare da guida e capocarovana, perchè non gli accada nulla. Durante il viaggio avvengono fatti strani ed inquietanti, con morti misteriose e uomini impazziti, mentre uno strano carro di zingari, che fa parte della carovana, continua a seguire la fila, indifferente a quello che accade, mentre al loro interno custodiscono gelosamente una bara. Parkman, Zagor e Cico accompagnano i misteriosi zingari al castello del loro padrone per ricevere la paga per il viaggio: ed è l'inizio di un incubo, in cui Zagor per la prima volta dovrà affrontare un non-morto assetato di sangue...

    -----------------------------------------------

    ANALISI DI JOE7: UN CLASSICO INTRAMONTABILE

    L'atmosfera angosciosa, o meglio, inquietante, dura per tutta la prima parte della storia, durante il viaggio della carovana di Parkman, in cui il vampiro non compare mai, ma i suoi effetti spaventosi sono ben visibili anche se, per chi è coinvolto, non spiegabili.

    OK1


    Quando compare alla fine il barone Rakosi, sin dall'inizio il lettore capisce che il vampiro è lui. E' persino scritto nel titolo, con una straordinaria copertina che evoca le scene di Nosferatu, il film di vampiri del 1922 di Murnau!

    OK2


    Ebbene, il lettore sa che Rakosi è il vampiro, ma i personaggi no! Quindi chi legge soffre nel sapere che Zagor e gli altri sono in serio pericolo e non può avvisarli, in un perfetto stile hitcockiano, che Nolitta sottolinea con le scene incredibilmente comiche e nello stesso tempo paurose di Cico che sfugge agli attacchi del vampiro senza nemmeno rendersene conto.

    OK3


    E' da notare anche la curiosità del fatto che in questa storia - caso più unico che raro - quasi nessuno chiami Zagor e Cico coi loro veri nomi (il primo è chiamato Gordon e il secondo Pereira), quasi come se facessero da contraltare alla falsa identità del barone Rakosi, ufficialmente normale proprietario di un maniero. Comunque, quando la verità sul vampiro viene scoperta, è un crescendo drammatico che culmina col vampiro che viene distrutto dall'alba del sole, lasciando solo polvere davanti ad uno stupefatto Zagor. Una scena tra le migliori in assoluto della serie.

    OK4


    E' da notare che, negli anni successivi, lo stupore di Zagor comparirà sempre meno, affrontando cose straordinarie come se fossero ordinaria amministrazione, facendo perdere per sempre quel "sense of wonder", o senso di meraviglia, che aveva agli inizi e che lo rendeva più umano. In ogni caso, un vero e proprio capolavoro con un vampiro classico il più possibile e nello stesso tempo angosciante il più possibile, complici le magiche chine di Ferri, che sanno rendere inquietante il passaggio del barone Rakosi da sereno e pacato nobile a belva assetata di sangue.

    OK5



    LO STRANO COMPORTAMENTO DI RAKOSI

    E' da notare anche un passaggio particolare, che ha sollevato diverse discussioni (si veda l'analisi di Ivan qui sotto): quando Rakosi viene scoperto, non affronta direttamente Zagor, ma scappa, lasciando l'incarico di eliminarlo ai suoi servi, gli zingari gitani. Eppure ha una forza straordinaria e avrebbe potuto ammazzare Zagor con le sue mani senza problemi. Perchè non l'ha fatto?

    OK6


    In sostanza, non cerca lo scontro diretto con Zagor: anche dopo che ha mandato contro di lui gli zingari, alla fine Rakosi si dirige verso la sua bara, mentre sta per finire la notte, come ha sempre fatto. Eppure, quella non era una notte come le altre: era STATO SCOPERTO. Avrebbe dovuto essere più guardingo, sospettoso. Invece, nulla: si muove come ha sempre fatto. Perchè? Per paura di Zagor? Non mi sembra che ne abbia mai avuta: sapeva la differenza di forza tra lui e il suo nemico. Allora, perchè questo strano comportamento? Una risposta plausibile, anche dal punto di vista psicologico, è questa: Rakosi, anche se vampiro, restava una persona di sangue nobile. E un nobile non si abbassa a combattere contro un plebeo come Zagor: per questo gli manda contro altri plebei, come gli zingari suoi servi, che, è sicuro, uccideranno Zagor senza problemi e faranno sparire il suo corpo, come avranno sicuramente già fatto in passato in casi simili. Quindi, non solo sottovaluta il nemico, ma lo disprezza anche, non ritenendolo degno di lui. Un nobile non può abbassarsi a combattere contro uno che non lo è. Mi sembra assai convincente come spiegazione e permette di capire meglio il vampiro non solo come mostro, ma anche come l'uomo che era.

    OK8


    Si può obiettare che Rakosi credeva di potersi sottrarre alla cattura, andando semplicemente a dormire alla sua bara. Ma allora perchè non è andato subito nella bara, invece di aspettare quasi l'alba per farlo? Era andato a, diciamo, fare prelievi? Per tutta la notte? Ben sapendo che era stato scoperto da Zagor? In pratica, allora, ha passato una serata di routine, senza preoccupazioni. Quindi, se non era preoccupato, era perchè era sicuro che gli zingari suoi fedeli avessero già sistemato il problema, magari ammazzando anche Cico, così, tanto per andare sul sicuro. E la notte successiva avrebbe avuto il boccone più grosso: Parkman sarebbe diventato un suo seguace vampiro. Insomma, tutto stava andando bene, almeno per il barone: che motivo aveva di fuggire?

    -------------------------------------------------------------------------------------

    ANALISI DI IVAN

    Un classicissimo. Non a caso è comunemente considerato l'episodio che innesca la “golden age” zagoriana. Una curiosità: nel famoso referendum del 1981, questa storia fu votata comunque...nonostante che il regolamento limitasse i voti solo a storie pubblicate negli ultimi 5 anni. Uno sforamento che testimonia la particolare affezione dei lettori per questo episodio.

    PREGI

    [...] (Ok, inutile farne l'elenco o si fa notte. Tanto, chiunque abbia letto la storia sa bene di quante pregevolezze è infarcita)

    DIFETTI

    Secondo me, la nota stonata in questa sinfonia quasi perfetta è che...la prima manifestazione vampiresca di Rakosi ci viene mostrata tramite una gag con Cico, in cui il barone non fa esattamente la figura del terribile mostro scaltro e quasi invincibile. Diamine; Nolitta ha impiegato 120 pagine per creare un'atmosfera satura di mistero e di aspettativa...e poi mostra per la prima volta la natura sovrannaturale del nemico nell'ombra facendogli fare una figura da goffo pagliaccio?! Forse sarebbe stato meglio posticipare quella gag DOPO aver presentato il vampiro per quello che in realtà è, aggiungendo PRIMA una apposita sequenza “seria”. In breve, non è la gag (che è gustosa e anche narrativamente importante) a non funzionare, bensì la sua collocazione temporale all'interno della storia. Inoltre, c'è una piccola sbavatura di coerenza comportamentale: quando Rakosi fugge perché spaventato dalla croce di Cico, Zagor lo insegue calandosi dalla balconata...e Rakosi continua a fuggire. Perché? A quel punto non c'é più la croce a inibirlo, quindi ora potrebbe facilmente fare a pezzi Zagor appena scende dalla balconata. Inoltre, non si comprende perché Rakosi non rimanga a dare man forte ai suoi ungheresi, preferendo invece eclissarsi senza motivo nella boscaglia. Forse Nolitta avrebbe potuto ovviare a questi dubbi sul comportamento di Rakosi semplicemente mettendo la croce di Cico in mano a Zagor durante il suo inseguimento; in quel caso sia la fuga di Rakosi che la sua mancata partecipazione allo scontro tra Zagor e gli ungheresi sarebbero apparse giustificate.

    DISEGNI

    Si può azzardare a dire che proprio con questa storia Ferri raggiunga il top della sua maturità. Magistrale nelle scene notturne e nei giochi di chiaroscuro nei primi piani dei personaggi (il suo Rakosi è davvero inquietante). E che dire della sequenza nella cripta? Un'atmosfera insuperata.

    VOTO

    Storia: 9,5
    Disegni: 10

    Edited by joe 7 - 15/9/2019, 21:29
     
    Top
    .
  6.  
    .
    Avatar

    Senior Member

    Group
    Administrator
    Posts
    13,425

    Status
    Anonymous
    ZAGOR 58-60: FUCILAZIONE! (analisi di Ivan)

    Testi: Guido Nolitta (Sergio Bonelli)
    Disegni: Gallieno Ferri

    image image


    Zagor edizione originale Zenith: n. 109-111 (usciti nel 1970). I numeri reali di Zagor sono: 58-60. Infatti, l'edizione Zenith originale pubblicò Zagor a partire dal numero 52, quindi ha la numerazione sfasata che continua ancora oggi, con 51 numeri in più. Prima del numero 52, pubblicava storie di altri personaggi bonelliani come Hondo, Kociss, eccetera. Tutte le varie ristampe di Zagor, invece, seguono la numerazione reale, in questo caso 58-60.

    TRAMA

    La storia inizia in modo quotidiano: Zagor e Cico raggiungono in canoa una città per vendere delle pelli per conto di un amico malato. Cico, lasciato solo sulla barca, viene avvicinato da una bellissima ragazza che vorrebbe fare un giro in canoa con la sorellina. Cico acconsente subito volentieri: ma, oltre alla sorellina, arriva anche il fratellino, Robertino, che salta sulla canoa sfondandola perchè il piccino pesa diversi quintali.

    zgr60h


    Zagor vorrebbe strozzare Cico per la perdita della canoa, ma bisogna trovare al più presto un'imbarcazione. Salgono su un battello dove, però, vengono derubati e buttati ai pesci. Zagor riesce a liberare lui e il suo amico, e va alla ricerca dei ladri. Dopo aver raggiunto e sconfitto i primi due, trova anche il terzo e ultimo ladro, che aveva appena preso un accordo con tre nuovi clienti da spennare (e ammazzare) successivamente. I tre ingenui clienti scambiano Zagor per un ladro e lo attaccano: ma vengono sconfitti facilmente e il malinteso viene chiarito. I tre sono inglesi e devono raggiungere un posto poco frequentato entro pochi giorni, e Zagor si offre di fare da guida per loro. Da qui parte la storia vera e propria. Durante il viaggio, Zagor salva la vita a Roddy, uno dei tre. Zagor si accorge che il suo gruppo è seguito da uno sconosciuto, ma non riesce ad identificarlo. Alla fine, i tre raggiungono il luogo previsto, dove incontrano un loro connazionale, Warwick, che uccide a sangue freddo la misteriosa persona che seguiva il gruppo e che Zagor aveva appena catturato: come giustificazione, Warwick risponde che doveva trattarsi di un malfattore. Zagor è perplesso su questo, ma non può far altro che salutare Warwick e i tre che se ne vanno. Ma l'uomo misterioso è ancora vivo e viene curato da Zagor. Dice di chiamarsi Harriman e rivela di appartenere al servizio segreto americano: sospetta che Warwick e i tre inglesi facciano parte di un gruppo che vuole ribellarsi agli Stati Uniti per restituirli all'Inghilterra. Dopo varie ricerche, Zagor e Cico scoprono, sorpresi, un intero accampamento nascosto, con delle giubbe rosse dei tempi del secolo scorso agli ordini di Warwick, che ha il ruolo di generale. Zagor manda Cico alla ricerca di aiuto, mentre controlla la situazione: viene però catturato dai due mercanti canadesi di armi per i ribelli, Dubois e Perroquet, che lo portano da Warwick. Il generale pensa di far torturare Zagor dai suoi alleati indiani, ma a sorpresa compare un battaglione di soldati americani, contattati da Cico, che ordina loro la resa. Warwick rifiuta e ordina di fucilare Zagor. Ma il capo del plotone d'esecuzione è Rodd, al quale Zagor aveva salvato la vita, e fa fare ai soldati una finta fucilazione con proiettili a salve. Zagor, dopo aver inscenato la sua morte, aiuta i soldati americani. A causa dell'ostinazione di Warwick, la battaglia diventa una strage: tutti muoiono, compreso Roddy. Zagor è furioso per l'assurdità di quello che è successo, e dà la caccia a Dubois e Perroquet, perchè non possano godere i soldi sporchi di sangue che hanno guadagnato vendendo le armi a Warwick. L'inseguimento è difficile perchè i due canadesi sono abili e spietati: ma, alla fine, anche con l'aiuto di Cico, i due criminali vengono sconfitti. In proposito, vorrei ricordare la scena in cui Cico interviene in una situazione drammatica tagliando la gamba finta di Perroquet: sequenza grottesca e memorabile, un tipico esempio di “gag seria” (il modo migliore di utilizzare Cico).

    zgr60g



    ANALISI DI IVAN

    Quant'è piacevole questa nolittata pre-golden age. Storia semplice e dalla lettura scorrevolissima. L'ho riletta dopo almeno 10 anni, e me la sono proprio goduta. A mio parere potrebbe essere pubblicata tale e quale anche oggi, senza risentire di vintagismo o di datazioni nello stile.

    PREGI

    Linearità della trama: E' interessante osservare la linearità del COME Nolitta arriva al nocciolo della vicenda, partendo da premesse di circostanza. Cico perde la canoa –> lui e Zagor devono perciò chiedere un passaggio su una barca –> vengono derubati dall'equipaggio –> Zagor li insegue per recuperare il maltolto –> stende i barcaioli, che avevano già preso accordi con altri ignari passeggeri –> questi ultimi prendono le difese dell'equipaggio e si scontrano con Zagor –> Zagor apprende che i tre sono rimasti senza una guida, e si offre di scortarli a destinazione...e da lì parte la storia vera e propria. Come si può notare, sono tutti passaggi consequenziali l'uno con l'altro, fluidi e senza forzature. I narratori moderni sembrano aver perso un po' questa semplicità nel modo di inanellare gli avvenimenti che portano al nucleo della storia.

    Retroterra storico: La storia rappresenta una delle rare incursioni “politiche” di Nolitta su Zagor; qui ci viene presentato un complotto di revanscisti inglesi per riconquistare i territori persi dopo la Guerra d'Indipendenza (tema poi ripreso anche in “AFFONDATE IL DESTROYER”). Nolitta rende credibili le premesse di base, e da lì può sbizzarrirsi contornandole di avventura pura. (Forma e Contenuto: il semplice segreto di un'opera di narrativa ben riuscita.)

    Il personaggio di Roddy: Fra i comprimari, spicca il personaggio di Roddy, giovane inglese combattuto fra i suoi ideali irredentisti e il fatto di dover ricorrere a mezzi amorali per perseguirli. Un classico personaggio “alla Nolitta”, né buono né malvagio, bensì con molte sfumature di grigio.

    zgr60d



    Somiglianza con altre opere: Al di là della tematica del tutto differente, è da notare la similarità di struttura della trama con l'episodio “GLI EVASI”: anche qui infatti abbiamo la cattura di Zagor, una grande battaglia che si risolve con la vittoria dei “buoni”, e un epilogo avulso in cui Zagor insegue i farabutti responsabili dello scontro.

    I trafficanti d'armi: Ben riusciti i due trafficanti d'armi, Dubois e Perroquet. Nonostante siano comprimari di secondo piano, Nolitta riesce a conferirgli spessore e una credibile pericolosità. I due canadesi sono infatti abili e astuti: per sconfiggerli, Zagor avrà bisogno prima dell'aiuto di Cico e poi del barcaiolo scozzese Mac Enery. Da notare che qui Zagor si comporta in modo “toninelliano”, voltando le spalle a Dubois credendolo ormai fuori gioco...però in questo caso la dinamica della scena rende accettabile il comportamento di Zagor, che nell'occasione appare solo “un po' ingenuo” e non “un babbeo totale” come invece capitava nei suoi voltaspalle di toninelliana fattura.

    La caratterizzazione di Cico: Come sempre in quel periodo, il Cico di Nolitta emerge alla grande. Al di là delle consuete gag (fantastica quella iniziale che innesca la vicenda) il messicano svolge anche ruoli risolutivi. E' un peccato che i narratori moderni lo utilizzino quasi “per forza”, incastrandolo in qualche modo nelle storie solo in virtù del suo essere coprotagonista della collana, e non invece come risorsa aggiunta. La mia impressione è che Cico sia diventato un personaggio disarmonico con la moderna versione di Zagor, mentre invece con Nolitta lui e Zagor erano invece due parti perfettamente complementari.

    La caratterizzazione dei personaggi: Una nota particolare sui dialoghi: una caratteristica di Nolitta era quella di riuscire a descrivere efficacemente situazioni e personalità con una sola breve battuta, senza doverci dedicare vignette (o addirittura pagine) superflue che appesantiscono il ritmo di lettura. Ciò rendeva memorabili gli episodi anche per le battute che in essi venivano pronunciate.

    zgr60a
    La cinica filosofia di Warwick riassunta in una frase


    zgr60b
    L'intera personalità di Dubois descritta in una singola battuta


    zgr60c
    Una frase secca e precisa per innescare l'epilogo



    DIFETTI

    Un pò di spiegazionismo... A spezzare l'assoluta fluidità di lettura di questa storia c'è un'unica parte un po' pesante, ovvero la sequenza di 10 pagine(!) in cui l'agente segreto Harriman informa Zagor sul complotto di Warwick. Decisamente un po' troppo lunghetto come dialogo: di solito, Nolitta era abile anche nel trovare un modo per rendere scorrevoli le pagine spiegazioniste. Qui, invece, si lancia in un dialogo-fiume piuttosto statico.

    Una fucilazione in cui gli occhi bendati li hanno i soldati: Un po' improbabile la dinamica della finta fucilazione, dove nessuno dei soldati del plotone si accorge che in realtà il prigioniero non è stato colpito da nessun proiettile. Anche la frase che Nolitta mette in bocca a Zagor (“Una manciata di sangue animale gettata sulla mia casacca al momento giusto...”) sa di rattoppo alla bell'e meglio, che denota la difficoltosità di rendere narrativamente credibile una scena del genere. Ma va be'; per una volta, anche Nolitta si è accontentato del COSA raccontare più che del COME raccontarlo. ;)

    I fratelli di Cico: Non è un “difetto”, bensì solo una piccola incongruenza che riguarda la gag finale con Cico:

    zgr60e


    In realtà, sappiamo da “CICO STORY” che il messicano ha altri 7 fratelli. Probabilmente, Nolitta si ricordava di questa scena, ma ha glissato in favore della nuova idea. E tutto sommato ha fatto bene; le buone idee non devono essere obbligatoriamente vincolate ad una rigorosa coerenza con il passato. Un esempio lampante è il ripescaggio di Hellingen in “ORA ZERO”, dove Nolitta ha scansato tout-court la sua morte avvenuta nell'albo “VITTORIA”.

    DISEGNI

    Un Ferri lanciatissimo verso la piena maturità artistica. Non siamo ancora ai livelli di “ANGOSCIA”, ma la magia del suo segno si fa già sentire. Soprattutto nei giochi di chiaroscuro nei primi piani, che diventerà uno dei suoi tratti distintivi.

    zgr60f



    VOTI
    Storia: 8,5
    Disegni: 9

    COMMENTO PERSONALE (JOE7)

    Oltre all'accurata analisi di Ivan, sulla quale non ho molto da aggiungere, posso solo dire le mie impressioni. La storia, come tante in quel periodo, inizia tranquillamente per poi salire in un crescendo emotivo con due picchi: il primo, nell'assurda e spietata fine degli inglesi e il secondo, ancora più drammatico e coinvolgente, nella caccia a Dubois e Perroquet. Infatti, della storia ricordavo soprattutto quello: la caccia determinata e terribile che fa Zagor ai due trafficanti, che si rivelano veramente pericolosi, lasciando una scia di sangue sulla loro strada. La storia di Nolitta descrive sia le crudeltà del fanatismo (Warwick) che del cinismo (Dubois e Perroquet), con un Cico in ottima forma e uno Zagor idealista e determinato come non mai, senza che ci sia qualcuno a cantargli delle lodi tipo: "E' lo Spirito con la scure, ce la farà" eccetera. Nolitta preferiva i fatti agli elogi, senza dubbio. Sostanzialmente, i miei voti sono gli stessi di Ivan.

    Edited by joe 7 - 8/9/2019, 18:06
     
    Top
    .
  7.  
    .
    Avatar

    Senior Member

    Group
    Administrator
    Posts
    13,425

    Status
    Anonymous
    ZAGOR 376-379: OMBRE SU DARKWOOD (analisi di Joe7)

    Testi: Mauro Boselli
    Disegni: Gallieno Ferri

    376_ombre_su_Darkwood 377_agente_speciale 378_hellingen_vivo

    379_duello_nello_spazio


    Zagor edizione originale Zenith: n. 427-430 (usciti nel 1996-1997). I numeri reali di Zagor sono: 376-379. Infatti, l'edizione Zenith originale pubblicò Zagor a partire dal numero 52, quindi ha la numerazione sfasata che continua ancora oggi, con 51 numeri in più. Prima del numero 52, pubblicava storie di altri personaggi bonelliani come Hondo, Kociss, eccetera. Tutte le varie ristampe di Zagor, invece, seguono la numerazione reale, in questo caso 376-379.

    COMMENTO

    Torna Hellingen, e questo è il sesto ritorno, realizzato da Boselli e Ferri, prima del successivo ritorno, realizzato da Burattini.

    Il mio giudizio su questa storia è totalmente negativo. Non mi erano piaciuti l'Hellingen e lo Zagor di Sclavi (soprattutto "Incubi"), e nemmeno mi erano piaciuti questi Hellingen e Zagor di Boselli. La psicologia dei personaggi è semplicemente desolante.

    Le frasi sono di una banalità che fa vergognare chi legge:

    "Hellingen, maledetto!" "Ti distruggerò, Hellingen! Ayaaaak!" "Annienterò Zagor!"


    Frasi simili e ridicole ripetute in diversi modi, e in diverse salse: sono veramente monotone, da videogioco o da anime robotiche senza molte pretese. Manca anche la tensione: Zagor e Cico affrontano delle avventure, più che incredibili, allucinanti e psichedeliche, da ubriacatura colossale di grappa. Scusate, si mettono insieme:

    - dei centauri e altri esseri mezzi uomini e mezzi animali
    - il pozzo e il pendolo di Edgar Allan Poe
    - le telecamere a circuito chiuso
    - un indiano che parla in contrariese (cioè al contrario di quello che vuole dire: se appare comico all'inizio, alla lunga stufa)
    - Hellingen all'inizio è polvere, poi è cyborg, poi è uomo (?), poi è spirito, poi è demone, poi è tormentato perchè diventi più cattivo
    - castelli che spuntano all'improvviso
    - mostri fantasy
    - pupazzi legnosi cattivi e bambole cattive
    - persone che ritornano da morte per poi morire subito (Ben Stevens)
    - corvi parlanti
    - assassini con pugnale nascosto nel corpo
    - Edgar Allan Poe in persona
    - Altrove (da allora non ce ne siamo più liberati di questo insopportabile inserimento preso dalle storie di Martin Mystere)
    - la maschera della morte rossa

    Potrei continuare, ma credo di aver dato comunque una vaga idea della follia della storia. Bene, Zagor e Cico affrontano situazioni che dire assurde è un eufemismo, ma sono tutti imperturbabili come se andassero al bar a farsi un cappuccino con la brioche.

    Il pathos qui va a farsi friggere, come pure la credibilità. Va bene la sospensione dell'incredulità, ma qui siamo alla credulità totale. Mi meraviglio che non siano comparsi anche Goldrake o Topolino a questo punto, già che c'eravamo.

    Zagor, Cico, Rochas, Doc e Hellingen stesso non c'entrano quasi nulla nella storia. I veri protagonisti sono tutti gli altri che Boselli ha creato e ha introdotto nella storia: Poe, il Contrario, il corvo parlante, Wendigo, che hanno tutti dei ruoli ben più importanti. Addirittura, ad un certo punto, sembra che lo scontro sia tra Hellingen e Poe, non tra Hellingen e Zagor! Ma allora Zagor che ci sta nella storia a fare? :huh:

    Quanto mi manca il classico, semplice, onesto Hellingen che voleva usare le sue scoperte scientifiche per la conquista del mondo e per far vedere a quelli che lo deridevano quanto aveva ragione lui. Ma sembra che non interessi a nessuno. Tutti vogliono trasformarlo in un banalissimo rappresentante del male puro, come nella storia di Burattini.

    VOTO: Perchè?

    Edited by joe 7 - 19/9/2019, 17:23
     
    Top
    .
  8.  
    .
    Avatar

    Senior Member

    Group
    Administrator
    Posts
    13,425

    Status
    Anonymous
    ZAGOR 39-40: VITTORIA! (analisi di Ivan)

    Testi: Guido Nolitta (Sergio Bonelli)
    Disegni: Franco Donatelli

    image image image


    Zagor edizione originale Zenith: n. 90, 91 e 92 (usciti nel 1968). I numeri reali di Zagor sono: 39, 40, 41. Infatti, l'edizione Zenith originale pubblicò Zagor a partire dal numero 52, quindi ha la numerazione sfasata che continua ancora oggi, con 51 numeri in più. Prima pubblicava storie di altri personaggi bonelliani come Hondo, Kociss, eccetera. Tutte le varie ristampe di Zagor invece seguono la numerazione reale, in questo caso 39, 40 e 41.

    Questa è una storia “anomala” dal punto di vista editoriale: fu infatti la prima ad essere scritta appositamente per la collana ZENITH GIGANTE, che fino ad allora aveva solo ripubblicato le storie già precedentemente uscite nel formato a “striscia”. Infatti, Zagor fu pubblicato nel formato a striscia prima di finire sulla collana Zenith a partire dal numero 52: inizialmente, furono ristampate tutte le storie già apparse nel formato a striscia. Quindi questa fu la prima storia originale realizzata per l'edizione Zenith, in cui Nolitta fece tornare in vita Hellingen. Data la dinamica della sua “morte” nel finale di quest'episodio, sembra evidente che a quell'epoca Nolitta NON aveva intenzione di riutilizzarlo in futuro...

    OK1



    TRAMA

    Zagor e Cico fanno la conoscenza del professor Bauer, un eminente meteorologo, e poco dopo sono presi di mira da persone misteriose che tentano di attentare alla loro vita. Indagando, fanno la conoscenza del capitano Fishleg e della sua scalcinata ciurma, che dà la caccia a un misterioso mostro marino nel lago Erie. Ma si scopre che il mostro è un prototipo di sommergibile che investe l'imbarcazione di Fishleg, provocando la morte dei membri del'equipaggio. Zagor, Cico e Fishleg sono resi prigionieri dai membri dell'equipaggio che li portano ad una base segreta, dove Zagor scopre che, dietro a tutto questo, c'è il professor Bauer, la cui vera identità è quella di Hellingen, lo scienziato che aveva costruito Titan e che Zagor credeva fosse morto. Con il sommergibile creato da Hellingen e da lui chiamato Squalus, Hellingen vuole recuperare Titan, che si era inabissato nelle acque dell'Erie: ma non ci sono uomini abbastanza forti per il lavoro da effettuare. Grazie ad una soluzione iniettata su Zagor, Hellingen gli annulla la volontà e lo costringe a lavorare per il recupero di Titan, cosa che alla fine è quasi ottenuta. Ma Cico, di nascosto, inserisce dell'acqua nelle soluzioni che Hellingen inietta su Zagor: questo permette allo spirito con la scure di tornare in sè e provocare la collisione tra Titan e lo Squalus, distruggendoli entrambi. Mentre cerca di catturare Hellingen, lo scienziato lo blocca con un raggio paralizzante e sta per ucciderlo, quando Fishleg lo uccide con un colpo di arpione in petto. La base esplode e i tre riescono a fuggire in tempo.

    PREGI

    Hellingen è molto più definito rispetto alla sua precedente apparizione. Qui è più arrabbiato, più cupo e soprattutto più vendicativo: infatti, identifica già in Zagor la sua nemesi personale (onore che non si era abbassato a concedergli nel loro primo scontro, ritenendolo solo un selvaggio forzuto). A questo si aggiunge anche una affascinante caratterizzazione “fisica”, tramite il suo volto sfigurato dall'incendio in cui si presumeva fosse morto. Nolitta si sbizzarrisce nel circondarlo di invenzioni “futuristiche”, mantenendo tuttavia un certo realismo nei marchingegni di sua creazione. Abbiamo così un prototipo di sommergibile, lampadine ante-litteram, sieri ipnotici e raggi paralizzanti. Inoltre, dalla precedente storia ricompaiono i monitor e l'automa gigante Titan. Dopo una prima parte “di rodaggio”, con una serie di misteriosi attentati di un mandante ignoto, la storia procede con un ritmo serrato. Appassionante la caccia al misterioso “mostro lacustre” (una presunta balena che si rivelerà invece essere il sommergibile Squalus), dove Zagor incontra per la prima volta Fishleg e il suo improbabile equipaggio di scalcinati marinai. La successiva cattura di Zagor si ricollega alla sequenza iniziale, rivelando che dietro gli attentati c'era il redivivo Hellingen. Azzeccatissimo l'espediente che ribalta una situazione in apparenza disperata: Cico allunga con acqua il siero ipnotico che mantiene Zagor schiavo di Hellingen, permettendogli di ridestarsi prima del previsto. Nell'occasione è interessante notare che Hellingen disprezza Cico al punto di concedergli una quasi totale libertà d'azione, non ritenendolo in alcun modo pericoloso. Qui Hellingen si fa ingannare dalle apparenze vedendo solo il lato buffonesco del messicano, senza cogliere le molteplici altre sfaccettature del personaggio. E, secondo me, il rapporto Hellingen/Cico non è mai stato approfondito come meriterebbe; colmare questa lacuna potrebbe essere un interessante spunto per le prossime apparizioni del mad doctor.

    OK2


    Di grande effetto la trovata di usare lo Squalus come “ariete” contro Titan, in modo da far distruggere a vicenda entrambe le minacce più pericolose.

    OK3


    In poco più di 2 albi, si contano almeno 8 gag di Cico, senza che la drammaticità della storia ne venga intaccata. Ciò dimostra che a fare testo non sono le “gag” in sè, ma la maestria da parte dell'autore nel collocarle al posto giusto. Questa di Nolitta è una sensibilità narrativa che solo poche volte gli altri autori sono riusciti ad imitare, accontentandosi di piazzare le gag cichiane un po' a casaccio, oppure rinunciandovi in toto ritenendole inappropriate.

    DIFETTI

    (Impressione meramente personale): Comprendo l'intenzione di Nolitta di creare attesa per una minaccia non definita, però l'intero albo “ODIO” mi è parso di fatto un po' troppo lento come sviluppo narrativo. Sia il casuale incontro con l'Hellingen mascherato, sia la (conseguente) serie di inspiegabili attentati, mi hanno dato la sensazione di sequenze “appiccicate” alla trama principale, che sarebbe funzionata benissimo anche senza questo lungo prologo. Forse una soluzione per rendere questa parte introduttiva più coerente con la seconda parte della storia, sarebbe stata quella di far aggregare Zagor alla spedizione di Bauer, il quale (senza smascherarsi) poi avrebbe presto manifestato il suo intento di fargli la pelle. Il mistero sul movente di tanto astio da parte dello sconosciuto Bauer sarebbe rimasto intatto fino alla rivelazione finale, però intanto il personaggio avrebbe acquisito già una sua importanza all'interno della narrazione. Invece il presentare Bauer solo di sfuggita all'inizio, secondo me ha poco spessore (soprattutto in previsione del loro secondo incontro, prima che si tolga la maschera).

    OK4


    La ciurma di Fishleg era una combriccola di simpaticissimi cialtroni; personalmente ho trovato inappropriata la decisione di farli restare secchi. Il contrasto tra comico & tragico è un po' troppo stridente, in questo specifico caso. Davvero; non è da Nolitta presentare dei personaggi così buffi solo per poi accopparli dopo poche pagine.

    OK5


    Un po' gratuita la trovata di eliminare la banda di Hellingen tramite una esplosione “ritardata” (e pure del tutto CASUALE) del rottame dello Squalus. Un Nolitta più maturo avrebbe probabilmente pensato ad una soluzione più giustificata.

    DISEGNI

    In questo episodio Donatelli se la cava discretamente. I paesaggi marini e gli interni “tecnologici” sembrano ambientazioni fatte su misura per il suo segno minimalista. Anche il suo Hellingen dal volto deturpato ha una carica drammatica molto efficace, persino più grottesca delle future versioni di Ferri (che lo ha rappresentato in modo forse più “realistico” ma meno terribile).

    OK6


    Certo, al solito bisogna chiudere un occhio sulle sue lacune di prospettiva (eterno punto debole di Donatelli), ma nel complesso i disegni scorrono via senza strafalcioni troppo evidenti. Cosa chiedere di più ad un onesto artigiano di quell'irripetibile epoca? (By the way: un altro punto debole di Donatelli sono sempre state le figure femminili...però gli va riconosciuto che nel rappresentare le racchione era insuperabile (si veda in proposito la squaw Fior-di-Zucca, la “promessa sposa” di Cico: quale altro disegnatore sarebbe riuscito a raffigurare una scorfana più orripilante? Chapeau, grande Frank!)

    OK7



    VOTO: Storia: 7,5 Disegni: 7

    Edited by joe 7 - 7/9/2019, 16:00
     
    Top
    .
  9.  
    .
    Avatar

    Senior Member

    Group
    Administrator
    Posts
    13,425

    Status
    Anonymous
    ZAGOR 107-109: ORA ZERO! (analisi di Ivan)

    Testi: Guido Nolitta (Sergio Bonelli)
    Disegni: Franco Donatelli

    jpg jpg jpg


    Zagor edizione originale Zenith: n. 158, 159 e 160 (usciti nel 1974). I numeri reali di Zagor sono: 107, 108, 109. Infatti, l'edizione Zenith originale pubblicò Zagor a partire dal numero 52, quindi ha la numerazione sfasata che continua ancora oggi, con 51 numeri in più. Prima del numero 52, pubblicava storie di altri personaggi bonelliani come Hondo, Kociss, eccetera. Tutte le varie ristampe di Zagor invece seguono la numerazione reale, in questo caso 107, 108, 109.

    L'episodio conclude la prima vera “trasferta” di Zagor, facendolo tornare a Darkwood dopo una lunga assenza, per la precisione da “Angoscia” (n. 85 - numero reale della serie - quindi 20 numeri fa). Va detto che siamo in piena golden age zagoriana, quindi l'elevata qualità della storia è pressochè scontata.

    TRAMA

    Zagor e Cico, dopo un lungo viaggio ricco di avventure raccontate nei due anni precedenti della gestione della serie, tornano alla fine a Darkwood: ma non è un ritorno felice. Tutti i trapper e gli indiani sono stati fatto allontanare dalla foresta per ordine del nuovo colonnello di forte Bravery, Kraizer, e dei misteriosi soldati cercano di uccidere i due: Cico è gravemente ferito, ma sembra che Kraizer non sia responsabile degli attentati, che culminano fino alla distruzione della capanna dello spirito con la scure per opera di una specie di fuoco volante. Tonka, l'amico indiano di Zagor, gli rivela che avvengono cose misteriose in un luogo nascosto, dove Zagor, insieme a Tonka e Cico, si reca subito per indagare:scopre che dietro a tutto questo c'è il redivivo Hellingen, che, in combutta con lo stesso Kraizer, ha creato delle bombe volanti per distruggere le città statunitensi e così ricattare il Presidente degli Stati Uniti in persona. Ma Zagor, con un espediente, riesce a farsi credere morto per poi liberarsi e catturare Hellingen: Kraizer viene ucciso insieme ai suoi uomini per opera dei missili di Hellingen che Zagor gli fa mandare, minacciando lo scienziato. Hellingen alla fine impazzisce a causa del fallimento del suo piano e viene consegnato al Ministro della guerra Pickenz.

    PREGI

    A mio avviso, questa è la storia più riuscita con Hellingen - o quantomeno, è la più coerente col personaggio. Qui infatti troviamo la quintessenza del mad doctor: frustrazione, megalomania, desiderio di vendetta e un campionario di invenzioni “credibili” per l'ambientazione dell'epoca. Fra esse spiccano soprattutto i MISSILI TELEGUIDATI (anticipazione delle V-2 tedesche), che sono il fulcro della storia (questo è l'Hellingen che gradirei ritrovare nelle sue prossime apparizioni, senza più sconcertanti impicci con universi paralleli, alieni, magie, wendighi & satanassi vari).

    OK1


    Nolitta rischia molto nello “storicizzare” l'episodio in questione, tirando in ballo addirittura il presidente degli Stati Uniti in persona. Tuttavia, i riferimenti storici rimangono appena accennati, e la licenza narrativa non sconfina nell'inverosimiglianza (a parte forse la distruzione del Ministero della Guerra a Washington, un po' esagerata come licenza).

    OK2


    Come spesso accade nelle storie di Nolitta, più che le trame in sé (che, se ridotte all'osso, sono, invero, piuttosto semplici) è interessante il loro svolgimento, ovvero il modo di narrare le singole sequenze. Per esempio, Cico viene ferito da una ronda di militari e deve essere condotto a forte Bravery per essere curato. Questa sequenza poteva benissimo venire risolta mostrando semplicemente Zagor che conduce il messicano verso il forte: ma Nolitta aggiunge una serie di dettagliate digressioni che conferiscono grande pathos al viaggio: Zagor ha la barba lunga, Cico sviene più volte e deve essere trasportato di peso. Inoltre, in vista del forte, Zagor cerca di fargli coraggio, parlandogli dei suoi piatti preferiti: ma si accorge che Cico non risponde più e, allarmato, si mette a correre più in fretta che può verso il forte. Alla fine, Zagor sfoga tutta la tensione accumulata contro l'ottuso soldato di guardia al forte: una scena di grande effetto che, senza queste lunghe premesse, non sarebbe stata egualmente efficace.

    OK3

    OK5


    Tutta la prima parte è portata avanti con grande senso della suspense: cosa sono quei “fulmini a ciel sereno” che devastano Darkwood? A chi obbediscono quei soldati che braccano gli ultimi abitanti della regione? E perché muoiono senza motivo apparente, appena vengono catturati? Tante domande che fanno intuire una risposta convergente, ma per ora ci sono troppo pochi indizi.

    OK6


    Ben riuscito il primo confronto tra Zagor e il colonnello Kraizer: il militare dissimula molto bene il proprio coinvolgimento nei tragici eventi di Darkwood, e la sua innocenza risulta convincente sia per Zagor che per i lettori, infittendo il mistero.

    OK7


    Per comprendere la psicologia di Hellingen, è emblematico il suo dialogo con Zagor durante il loro primo incontro: "L'affermazione della mia personalità di scienziato, la mia rivincita su tutti i boriosi colleghi che hanno deriso le mie teorie...Ecco cosa mi propongo da anni!" E ancora, in risposta al perché mette il suo genio al servizio di cause distruttive: "Perché la violenza è l'unico argomento che riesca ad imporsi in un mondo popolato da gente superficiale e irriconoscente, che reagisce e diventa viva solo sotto il pungolo della paura!" In due semplici frasi, Nolitta dice TUTTO di Hellingen: la sua storia, i suoi scopi e le sue motivazioni. Da additare ad esempio per quegli autori che necessitano di 20 pagine per descrivere un personaggio.

    OK8


    La scena di Zagor preso a frustate da Hellingen è efficacissima e descrive la discesa agli inferi del protagonista: qui la situazione appare disperata. Il punto di svolta della vicenda è la scena della morte apparente autoprovocata da Zagor, in modo da sottrarsi alla sua condizione di prigioniero. Una trovata non originalissima, già vista fra l'altro in “L'inferno dei vivi" ma efficace.

    OK10


    Come nel loro precedente scontro ("Vittoria"), Zagor rivolge contro Hellingen le sue stesse invenzioni: i soldati che lo assediano vengono uccisi dalle loro cinture elettrificanti e le truppe di Kraizer, già pronte a prendere il controllo di Washington, vengono sterminate dai missili teleguidati. Da notare nell'occasione gli scrupoli di coscienza di Zagor, costretto a ricorrere a mezzi orribili per perseguire un pur nobile intento.

    OK11


    Efficace il finale in cui traspare la filosofia antimilitarista di Zagor (o meglio, di Nolitta) che distrugge tutto l'armamentario di Hellingen, in modo che neanche il governo statunitense possa usufruire di armi tanto distruttive. Impagabile, nella circostanza, l'espressione incredula del senatore Pickenz. Micidiale anche il discorso di commiato di Zagor: "Addio, senatore, e non ve la prendete troppo: tutto sommato, per fare le sue guerre, la stupida umanità può accontentarsi dei fucili, per il momento." Cosa aggiungere?...

    OK12


    DIFETTI

    Ammesso che sia un “difetto”, è doveroso segnalare che Hellingen riappare dopo una morte pressoché certa (sempre in "Vittoria"), senza che Nolitta dia la minima spiegazione su come abbia fatto a salvare la pellaccia.

    OK13


    Un po' forzata la scena in cui Zagor dialoga via monitor nientemeno che col presidente degli Stati Uniti. OK, si poteva mettere oppure non mettere; io non l'avrei messa, poiché fa sottintendere che anche nelle storie future l'esistenza di Zagor debba essere molto ben nota al governo. Questo poteva provocare una serie di limitazioni e/o incongruenze narrative.

    OK14


    Nel finale, viene mostrato un Hellingen reso pazzo per la bruciante sconfitta. Anche ammettendo che una reazione simile sia coerente con la psicologia del personaggio, il suo passaggio da delusione a follia mi è parso un po' troppo improvviso e poco credibile. Forse sarebbe stato meglio inserire prima una sequenza in cui si vede Hellingen che ha una crisi isterica.

    Ok15


    DISEGNI

    Come al solito, Donatelli è freddamente efficace, senza lode né infamia. Va però detto che si trova a suo agio nel rappresentare Hellingen: la sua versione del personaggio, grottesca e caricaturale, la preferisco quasi a quella di Ferri. Per il resto, la qualità della storia aiuta a sorvolare sulla tipica rigidezza dei disegni di Donatelli. Tuttavia, l'ultima vignetta di pag.67 di Ritorno a Darkwood è da incorniciare: suggestiva, drammatica, di grande atmosfera. Chapeau.

    OK16



    VOTO: Storia: 8,5; Disegni: 7

    Edited by joe 7 - 8/9/2019, 23:35
     
    Top
    .
  10.  
    .
    Avatar

    Senior Member

    Group
    Administrator
    Posts
    13,425

    Status
    Anonymous
    ZAGOR 122-125: ZAGOR CONTRO SUPERMIKE (analisi di Ivan)

    Testi: Guido Nolitta (Sergio Bonelli)
    Disegni: Gallieno Ferri

    jpg jpg jpg


    Zagor edizione originale Zenith: n. 173, 174, 175 e 176 (usciti nel 1975). I numeri reali di Zagor sono: 122, 123, 124, 125. Infatti, l'edizione Zenith originale pubblicò Zagor a partire dal numero 52, quindi ha la numerazione sfasata che continua ancora oggi, con 51 numeri in più. Prima del numero 52, pubblicava storie di altri personaggi bonelliani come Hondo, Kociss, eccetera. Tutte le varie ristampe di Zagor invece seguono la numerazione reale, in questo caso 122, 123, 124, 125.

    COMMENTO

    Questo episodio è più un divertissement di Nolitta che una vera e propria storia, ma il camuffamento è impeccabile. E bisogna ammettere che come anti-Zagor il personaggio di Supermike funziona alla grande. Molto ben distinta, qui, la classica suddivisione nolittiana delle storie in 3 tronconi principali:
    - il lungo prologo, in cui Mike Gordon fa sfoggio delle sue straordinarie abilità;
    - la fase delle provocazioni di Supermike verso Zagor;
    - le sette prove
    Curiosità spicciola: nel referendum del 1981, questa storia fu votata come la terza storia preferita dai lettori, dietro solo a Magia senza tempo e Kandrax il mago. Un gradimento forse esagerato, ma del resto le modalità di voto – che limitavano le preferenze solo alle storie uscite negli ultimi cinque anni – escludevano dal sondaggio capolavori come Zagor contro il vampiro, Oceano o La marcia della disperazione.

    TRAMA

    Zagor e Cico fanno la conoscenza di Mike Gordon, uno sconosciuto venuto dall'est che fa sfoggio delle sue incredibili capacità, sia nel campo della lotta libera, che in quello delle carte, che in ogni altro...compreso il cucito! Ma alla fine uccide un criminale imprigionato, William "Flash" Cadogan in un duello organizzato da Mike Gordon stesso, solo per dimostrare la sua maggior capacità dell'uso delle pistole. Questo fa infuriare Zagor che prende a pugni Mike Gordon: ma questi promette vendetta, e, poco tempo dopo, compare a Darkwood con una casacca simile a quella di Zagor e facendosi chiamare Supermike, umiliando Zagor in più occasioni. Alla fine, Zagor sfida Supermike in sette prove, e Supermike viene sconfitto, anche se di misura. Dopodichè, uno sceriffo arresta Supermike perchè ricercato per una rapina alla banca, compiuta prima di entrare in contatto con Zagor all'inizio della storia.

    PREGI

    L'antagonista Mike Gordon/Supermike è ben caratterizzato: vanitoso, egocentrico, sborone, con un sorrisetto arrogante sempre stampato in faccia. Antipatico, ma non sgradevole. Coerente il suo proposito di vendetta contro Zagor, che l'ha ferito nel suo smisurato ego.

    image


    Qui il Sergione si è divertito ad umanizzare Zagor, connotandolo di debolezze psicologiche fino ad allora solo accennate. Infatti, lo Zagor di questo episodio è insolitamente nevrotico, reso quasi isterico dalle provocazioni di Supermike. Una suscettibilità sottolineata anche dalla gag finale, dove Zagor quasi strozza il povero barman, solo perchè aveva pronunciato la parola “super”, comportandosi da vero cafone.

    image


    Inoltre, stavolta Nolitta usa Cico in maniera insolita: più che un pasticcione combinaguai, qui svolge il ruolo di quello che deve rincuorare e ricondurre alla calma Zagor. Insomma, per una volta è il messicano a rappresentare la parte razionale del duo.

    image


    Affascinanti le prove di abilità di Mr. Gordon nella prima parte: dimostra di eccellere nella lotta, nel poker, nella musica e persino nel ricamo. Va rilevato che il duello col pistolero "Flash" Cadogan si differenzia molto da tutte le altre prove d'abilità: innanzitutto, è l'unica che non si svolge di fronte ad un pubblico da lasciare a bocca aperta, lasciando quindi intendere che Supermike non è interessato solo a suscitare l'ammirazione altrui, ma a provare in primis a se stesso il proprio valore. Inoltre, se in precedenza Supermike si era limitato ad irridere l'avversario di turno, qui si rivela un killer a sangue freddo, disposto ad uccidere (e a rischiare di essere ucciso) pur di affermare la propria superiorità su qualcosa/qualcuno (parentesi by the way: l'omicidio di "Flash" rappresenta anche una contraddizione nello sciagurato Ritorno di Supermike di Castelli, in cui l'autore fa dire a Supermike: "Dopotutto non ho mai ucciso nessuno", incappando in una disattenzione grossolana.)

    image


    Sempre a proposito della sequenza col pistolero, va detto che l'intero segmento è costruito con grande maestria narrativa: Flash è ben caratterizzato, e anche le scenette “di passaggio” che portano al suo duello con Supermike risultano sempre di godibilissima lettura, culminando nella scena del punto di rottura tra Zagor e Mike Gordon. Nell'occasione, si può ammirare lo Zagor sanguigno che perde il controllo di fronte ad un'ingiustizia (una caratteristica prettamente nolittiana, che purtroppo gli altri autori hanno saputo imitare solo superficialmente).

    image


    Inserire nella saga zagoriana il tema delle “Olimpiadi” è una trovata originale ed affascinante. Non tanto per l'idea in sé, quanto per il modo in cui Nolitta ha condotto la storia verso quella specifica direzione. C'era infatti un forte rischio di scivolare nel grottesco, ma il Sergione è stato abile nell'incantare il lettore durante la costruzione delle premesse, cosicché si arriva alle gare di abilità come se questa sfida “sportiva” fosse una naturalissima evoluzione della storia.

    image


    Azzeccato anche l'andamento delle vittorie: Supermike vince la prima prova, dando subito l'idea che per Zagor il torneo sarà in salita. Poi perde “per sfortuna” la seconda prova e anche la terza (come la sesta), scontrandosi con animali di cui, ovviamente, non può conoscerne le caratteristiche quanto Zagor. Supermike si rifà nella gara di tiro e nella resistenza in apnea. A proposito di quest'ultima, risalta il grandissimo pathos di Nolitta nel descrivere lo sforzo fisico e mentale dei due immersionisti.

    image


    DIFETTI

    Appare molto forzata la proposta di Zagor che lo sconfitto debba lasciare per sempre Darkwood. Sinceramente: è credibile immaginare uno Zagor che in caso di sconfitta se ne va da Darkwood...solo per tenere fede alla parola data? Peraltro, il confronto tra lui e Supermike si svolge solo sul piano atletico, non su quello morale. Zagor, insomma, avrebbe anche potuto perdere tutte le sette prove, senza che il suo ascendente presso la gente della regione ne venga intaccato, dato che – in ogni caso – Supermike non potrà mai rimpiazzarlo nel ruolo di giustiziere di Darkwood. Questa, secondo me, è la debolezza di fondo della motivazione della sfida.

    Durante l'esecuzione delle sette prove, tra il pubblico vediamo anche degli ufficiali dell'esercito. Sembra che in ciò non ci sia nulla di strano...ma dobbiamo tener presente che solo pochi giorni prima Supermike aveva distrutto un ponte militare sotto gli occhi di decine di soldati. Sfida o non sfida, in teoria le autorità militari avrebbero dovuto arrestarlo a vista.

    image


    Inoltre, il combattimento finale della settima prova è piuttosto fiacco: dopo un primo assalto in cui sgambetta Zagor, “l'invincibile” Supermike rimane praticamente lì a buscarle. Insomma, durante tutto il duello si verifica solo un unico ribaltamento di predominanza; manca il senso di logoramento degli sfidanti in una lotta all'ultima stilla di energia. Infatti, alla fine Zagor ne esce fresco come una rosa. Si poteva in effetti renderlo un po' più epico, ma vabbè.

    image


    L'arrivo dello sceriffo nel finale è quantomeno una forzatura. La sua comparsa appare più un pretesto per Nolitta per far togliere dai piedi Supermike, piuttosto che un episodio giustificato dalla narrazione. Voglio dire: Supermike sa benissimo di essere ricercato per rapina, ma, nonostante ciò, se ne va in giro tranquillamente a fare lo spaccone, senza timore di venire arrestato da qualche sceriffo o accoppato dai bounty-killers. Inoltre, lo sceriffo poteva arrivare in qualsiasi momento della sfida, interrompendola per portarsi via il ricercato: un'eventualità che non sembra preoccupare minimamente Supermike. Insomma, pensandoci a posteriori: sapendo che Supermike era un ricercato, il suo disinvolto comportamento in pubblico durante tutta la storia risulta quantomeno improbabile.

    image


    DISEGNI

    Non si discutono; il Ferri di quel periodo era ai suoi massimi livelli. E a differenza di ciò che è accaduto spesse volte durante la golden age, qui non ha nemmeno dovuto affrettare l'esecuzione delle tavole o ricorrere all'aiuto di altri disegnatori. Un gran bel lavoro. Una curiosità: l'ultima vignetta è, palesemente, di Bignotti. Probabilmente, nella scaletta originaria, questa storia doveva finire a pagina 98 e successivamente è stata spostata, obbligando Nolitta a far aggiungere una striscia compensativa.

    image



    Storia: 8,5
    Disegni: 10

    Edited by joe 7 - 9/9/2019, 18:41
     
    Top
    .
  11.  
    .
    Avatar

    Senior Member

    Group
    Administrator
    Posts
    13,425

    Status
    Anonymous
    ZAGOR 119-122: ARRESTATE BILLY BOY! (analisi di Ivan)

    Trama: Nolitta (Sergio Bonelli)
    Disegni: Franco Donatelli

    jpg jpg

    jpg jpg


    Zagor edizione originale Zenith: n. 170, 171, 172, 173 (usciti nel 1975). I numeri reali di Zagor sono: 119, 120, 121, 122. Infatti, l'edizione Zenith originale pubblicò Zagor a partire dal numero 52, quindi ha la numerazione sfasata che continua ancora oggi, con 51 numeri in più. Prima del numero 52, pubblicava storie di altri personaggi bonelliani come Hondo, Kociss, eccetera. Tutte le varie ristampe di Zagor, invece, seguono la numerazione reale, in questo caso 119,120, 121, 122.

    TRAMA

    Siamo a Stoneville, un piccolo paese di frontiera, vicino al quale vivono gli indiani Osages. Ormai sono in pace coi bianchi, tanto che convivono tranquillamente tra di loro. Un giorno, Billy Boy, il figlio di mister Kirby, un uomo ricco e potente che è il padrone effettivo della città, uccide in stato di ubriachezza la sposa di Wakopa, il capo degli Osages, e anche due indiani. Il fatto avviene davanti agli occhi di Wakopa e di tutti i cittadini, compreso Zagor, che si trovava a passare da quelle parti con Cico. Nonostante le proteste di Zagor, nessuno ha il coraggio di testimoniare il fatto perchè hanno paura delle ritorsioni degli uomini di Kirby: solo un vecchio ubriacone, Benny, accetta di farlo (si era rovinato a causa di Kirby, che gli aveva rubato la miniera di argento: in ogni caso, Benny non gli porta rancore, perchè gli piace la vita del vagabondo). Intanto, Wakopa, insieme agli Osages, circonda Stoneville minacciando di renderla isolata per fame, e gli Osages uccidono diverse persone innocenti: i conducenti e i clienti di una diligenza, una famiglia di coloni che viveva nel bosco di Stoneville, compresi i loro bambini. Zagor cerca di convincere Wakopa a fermare lo sterminio, perchè catturerà lui il vero colpevole, Billy Boy, e lo porterà alla giustizia per essere processato. Il capo indiano accetta, ma da qui in avanti è una discesa agli inferi per Zagor: non solo deve affrontare gli uomini di Kirby (soprattutto il pericoloso Paco), ma anche il tradimento dello sceriffo di Stoneville e dei suoi uomini, che sono dei mercenari prezzolati al soldo di Kirby. Nonostante tutto, Zagor riesce a portare Billy Boy al processo: ma Kirby compera il giudice e ingaggia dei falsi testimoni, ottenendo l'assoluzione del figlio. Wakopa, che si era nascosto fuori dal tribunale, compare all'improvviso e uccide Billy Boy e lo sceriffo, finendo ucciso a sua volta dagli altri uomini. Kirby, sconvolto dall'accaduto, ordina di lasciar stare Zagor e restituisce la miniera d'oro a Benny. Zagor si allontana portando via il cadavere di Wakopa, mentre Kirby resta da solo davanti al cadavere del figlio.

    COMMENTO

    Storia bella, bella, & bella ancora. Uno dei massimi picchi della golden age – nonché del Verbo Nolittiano. Forse la sua storia più matura dal punto di vista “filosofico”. L'unico rammarico, è che non sia stata illustrata da Ferri; le avrebbe conferito quel quid in più per farla entrare nell'Olimpo dei comics (ma anche coi disegni dell'onesto Donatelli, rimane comunque un capolavoro da top ten). Idealmente, questa potrebbe rappresentare la storia-modello da usare come riferimento per gli autori della collana (“Vedete, scribacchini? Una storia di Zagor si scrive più o meno così”), fermo restando che Nolitta va imitato nel “COME” raccontare e non nel “CHE COSA” raccontare (così magari ci risparmieremmo un sacco di “MaAncheNolittaFacevaCosì” del tutto fuori luogo).

    La storia di Zagor "La stella di latta" fatta qualche anno prima ha delle similitudini con questa storia. "Arrestate Billy Boy" non è solo un'intensa storia avventurosa. È anche – o soprattutto – una metafora sulla differenza tra “Legge” e “Giustizia”. Gli stessi personaggi, nella loro diversità, rappresentano i differenti modi di porsi di fronte alle Leggi. E il loro confronto/scontro trascende la mera Azione, spostandosi sul piano simbolico. È infatti uno scontro di archetipi: il Debole contro il Forte, il Giusto contro l'Iniquo, l'Idealismo contro la Convenienza. Vediamoli nel dettaglio:

    BILLY BOY: il Piccolo Principe cattivo. Pur nella sua caratterizzazione piuttosto grezza e senza particolari sfumature, Billy Boy Kirby è una figura azzeccatissima: un rampollo viziato e arrogante, che non esita a togliere la vita altrui per puro divertimento, credendosi irraggiungibile dalle conseguenze dei suoi atti scellerati. Billy è inconsapevole dei torti che arreca alle altre persone; in lui non c'è rimorso per i suoi atti, c'è solo il desiderio di sfuggire alla punizione. Ed anche un'eventuale condanna non servirebbe a renderlo consapevole del male che ha commesso. Per questo si sorprende quando Zagor gli presenta il conto da pagare. Che avrà mai fatto di male? Ha “solo” ammazzato un paio di sudici indiani...Come si permette questo bifolco in casacca rossa di additarlo come un criminale da trascinare in galera? Che Billy sia un personaggio odioso è fuori di dubbio. Ma a differenza di un malvagio “lucido”, ciò che di Billy infastidisce maggiormente è la disinvoltura quasi fanciullesca con cui commette atti di gravità inaudita senza nemmeno rendersene conto.

    zgr119c


    MISTER KIRBY: il re nudo. Al contrario di Billy, Kirby senior è perfettamente consapevole della differenza tra Bene e Male. Ma se il Male serve i suoi interessi, per lui va bene. Egli sa che sarebbe “giusto” che Billy pagasse per i suoi errori, ma in lui la protettività genitoriale è più forte del suo senso di giustizia: quel ragazzo irresponsabile ed incosciente va protetto, a costo di aumentare il numero delle ingiustizie finora commesse. Così, sguinzaglia il suo esercito privato per fermare l'insolente Zagor e riportare all'ovile il monellaccio. Dal suo punto di vista, è tutto nell'ordine delle cose: da sempre il pesce grosso mangia il pesce piccolo senza farsi problemi di coscienza. E lui è decisamente uno squalo. In proposito, eccezionale la maestria oratoria con cui il Sergione riesce a descrivere l'intera personalità di mr. Kirby tramite un brevissimo scambio di battute con Zagor:

    zgr119i


    WAKOPA: l'assedio degli Osages. Ovvero: il Debole che chiude il Forte all'angolo, pretendendo riparazione a un torto. Rischiando così a sua volta di porsi nel ruolo di oppressore, di persecutore di innocenti. La Vendetta, per sua stessa natura, ha questo inevitabile effetto collaterale.

    zgr119e


    La violenza subìta giustifica il ricorso ad altrettanta violenza? Difficile dare una risposta univoca. In genere, è raro che una vendetta resti circoscritta ai soli responsabili di un torto, senza che vengano coinvolti altri innocenti. È il caso degli abitanti di Stoneville, o degli uomini trucidati sulla diligenza, o del corriere inviato a chiedere rinforzi, o della famigliola Harper; tutti poveri cristi che ci rimettono la vita pur essendo del tutto ESTRANEI alla faida tra Wakopa e i Kirby. Del resto è il fondamento dei fautori di ogni guerra: legare il proprio destino a migliaia di innocenti. Cosicché, se il loro nemico vuole raggiungerli, deve prima passare sopra una montagna di morti che non c'entravano nulla. Questo, storicamente, è il prezzo di ogni Guerra. Sempre, senza eccezioni.

    zgr119f


    ZAGOR. Assieme a "Zagor racconta", questo è l'episodio in cui Nolitta sottolinea maggiormente l'ambiguità di fondo dell'“etica” di Zagor. Nel conflitto Osages-vs-Stoneville non ci sono prese di posizione nette, “texiane”: ognuna delle due parti ha dei torti e delle ragioni, e Zagor deve fare i salti mortali per evitare che la questione si riduca ad un semplicistico “Noi-buoni-contro-voi-cattivi” che farebbe perdere di vista le responsabilità individuali del conflitto e il suo casus belli originario (l'omicidio insensato della moglie di Wakopa e dei due Osages da parte di Billy Boy). Qui Nolitta si mette da solo in una posizione scomodissima, col rischio di far passare l'eroe per un difensore di massacratori di inermi (visione solo parziale, certo, ma giustificabile se letta in modo isolato dal contesto generale). Così il suo Zagor agisce non in funzione di aiutare la fazione “buona”, bensì per un senso della Giustizia che trascende il fazionismo. Quindi il suo parteggiare per gli Osages è solo APPARENTE, una conseguenza accidentale derivante dal suo scopo principale, ovvero quello di voler portare Billy Boy di fronte alla Legge per rispondere dei suoi atti criminali. In tal modo, Nolitta si salva in corner, senza né assolvere gli Osages per la loro spropositata reazione, né contravvenire ai princìpi morali che caratterizzano la figura del suo Zagor. Questa “neutralità etica” era l'unico modo possibile per sviluppare una trama fondata su premesse così delicate.

    zgr119g


    BENNY. Un ubriacone derelitto, l'unico abitante di Stoneville che accetta di testimoniare contro Billy. Il granello di sabbia che rischia di inceppare il grande meccanismo. Kirby non gli attribuisce neanche il valore di un proiettile; il fastidio rappresentato dalla testimonianza di Benny può essere aggirato “a norma di legge” assoldando dei contro-testimoni per screditare la parola dell'insignificante teste. Benny incarna le ragioni del Debole al cospetto dei soprusi del Potente, il quale si sente protetto dalla Legge semplicemente in virtù dell'essere tale, in perfetta linea col motto monicelliano “Io so' io, e voi non siete un...”. Kirby è Kirby, e Benny non è nulla. Per questo non teme ritorsioni, e solo un ingenuo come Zagor (che scambia una macchia di sugo sul petto di Benny per un foro di proiettile) può credere che Kirby abbia avuto paura della testimonianza di Benny tanto da volergli tappare la bocca per sempre.

    zgr119d


    CICO, o il grosso escluso. Insolitamente, stavolta Nolitta lo taglia fuori dalla vicenda principale. È vero che gli dedica una lunga sequenza iniziale (la mitica gag della “fumeria d'oppio”), però è una scenetta a sè stante, che sarebbe stata buona per qualunque altro episodio. La vera storia inizia, di fatto, con l'azione di Billy Boy. Qui Cico viene “parcheggiato” a Stoneville, mentre Zagor se ne va in giro da solo a fare il castigamatti. Una scelta narrativa per rimarcare che stavolta l'attenzione va concentrata sul solo Zagor, senza distrazioni o inserti umoristici in una storia dal taglio estremamente drammatico.

    “Dormire...Morire..." Ovvero: come creare pathos facendo accadere...nulla. Mi riferisco alla sequenza in cui Zagor si arrocca sul'altipiano assieme a Billy per trascorrere la notte e ripartire all'alba. Zagor è sfinito, ma sa di essere circondato dagli uomini di Kirby e deve sorvegliare i loro movimenti: se cede alla stanchezza e chiude gli occhi, è morto. Così si sforza di tenere la mente occupata per rimanere desto. Ripensa all'avventura con Rakosi (bel cameo), passeggia per scuotersi...ma alla fine crolla. Il fatto che un uomo robusto come Zagor – e per di più in pericolo di vita – si addormenti lo stesso, dà l'idea del livello di esaurimento fisico in cui si trovava in quel momento. Nolitta trova il modo di comunicarlo molto bene al lettore, che può quasi percepire la pesantezza delle palpebre del protagonista. E paradossalmente, sarà proprio il dolore provocato dalla sassata rifilatagli da Billy a scuotere Zagor dal torpore in cui era sprofondato. Appena in tempo per respingere gli assedianti.

    zgr119n1


    PACO. Una comparsa indimenticabile. Personaggio nolittiano al 100%. All'inizio viene presentato solo come un tirapiedi più abile del normale, tant'è che è l'unico a sfuggire alla decimazione operata da Zagor nei confronti dei suoi inseguitori...

    zgr119o


    ...ma lo scontro finale con Zagor ridefinisce la sua personalità fin lì solo abbozzata. E a Nolitta bastano poche pennellate d'autore. Paco arriva persino a prendere a schiaffi Billy Boy rinfacciandogli la sua stupidità, e se non fosse per la lealtà verso suo padre, lascerebbe volentieri che lo impiccassero.

    zgr119q


    Paco non inganna se stesso; sa di servire una causa sbagliata. Ma in lui c'è qualcosa di più forte del senso di giustizia: la DEVOZIONE. Nolitta non ci dice nulla sui motivi della fedeltà di Paco per mr.Kirby, ma devono essere abbastanza validi da indurlo a calpestare i propri princìpi etici. Poi arriva quella che considero la perla dell'episodio, con una proposta inattesa: Paco ha rispetto per Zagor, e non vuole ucciderlo. Così gli offre la possibilità di salvarsi la vita...a patto che gli dia la sua parola di andarsene, rinunciando a perseguire Billy Boy.

    zgr119p1


    Qui Paco dimostra di aver capito molto di Zagor. Sa che rispetterebbe la propria parola, e dà per scontata la sua risposta...ma il diniego di Zagor lo spiazza.

    zgr119r1


    Nell'occasione, il comportamento di Zagor è assurdo; qui Nolitta spinge al limite la complicità del lettore. In un fumetto raccontato in un altro modo, sarebbe impensabile proporre una situazione del genere. Ma Nolitta osa. E fa centro. Quando Paco arma il cane della sua doppietta, deciso, pur controvoglia, ad uccidere Zagor, traspare tutto il suo conflitto interiore (“Tu non mi dai altra scelta...Anche se questo non potrò mai perdonarmelo”). Ma le frecce degli Osages spengono il suo proposito – e con esso, la sua vita.

    zgr119r2


    L'unico rammarico di questa magnifica sequenza è che Nolitta non abbia dedicato qualche vignetta per commemorare la morte di quello strano nemico; la lista dei conti da saldare coi Kirby avrebbe raggiunto una nuova vetta di epicità. Questa manchevolezza (assieme alla morte dello sceriffo Connor per mano di Wakopa, che mi è apparsa un po' fuori luogo) è l'unico appuntino che farei ad una storia altrimenti perfetta.

    LEGGE, GIUSTIZIA e VENDETTA. Con l'assoluzione di Billy Boy, Nolitta fa raggiungere alla storia il suo massimo vertice di amarezza: tutto ciò che è stato letto finora, tutti gli sforzi compiuti da Zagor, di colpo si rivelano essere stati inutili.

    zgr119s2


    La giustizia rappresentata dalla Legge si dimostra asservita al Potere, e a quel punto l'unico modo di ottenere riparazione dei torti diventa il farsi giustizia da sé. Ci prova prima Zagor estraendo la pistola subito dopo la sentenza in un impeto di rabbia, ma viene trattenuto da Cico e Benny.

    zgr119s


    Ci riesce invece Wakopa, che uccide a coltellate Billy, ben sapendo che quel gesto gli sarebbe costato la vita subito dopo.

    zgr119t1


    Qui il messaggio nolittiano è forte. Amletico, direi: È meglio incassare a denti stretti i torti subìti dai più potenti, oppure restare fedeli ai propri ideali fino alle estreme conseguenze? Non viene data una risposta precisa; vengono solo illustrati i risultati finali delle due differenti opzioni. Wakopa muore, e Zagor resta vivo. E mister Kirby scopre che tutto il suo immenso potere non può metterlo al riparo dalla giustizia di uomini determinati a dare la propria vita pur di perseguirla. Alla fine tutti, in un modo o nell'altro, ne escono sconfitti. Con ferite più o meno gravi. Uno dei finali più amari dell'intera produzione di Nolitta, che ricorda molto le chiose sconfortevoli di certi episodi di STORIA DEL WEST firmati dal grande Gino D'Antonio.

    zgr119u zgr119v



    In definitiva: non saprei dire se Nolitta abbia consapevolmente inserito nella storia tutte le metafore sopra descritte; diciamo che io le ho volute intraleggere. Magari l'intento del Sergione era solo di fare una storia di “Violence & revenge” western senza nessun altro sottosignificato, e gli è venuta fuori così. A volte il risultato finale va oltre le intenzioni dell'autore stesso. Da parte mia, la considero la miglior storia di Zagor tra quelle non disegnate da Ferri.

    Storia: 9,5; Disegni: 7,5

    L'analisi originale di Ivan si trova qui.

    Edited by joe 7 - 9/9/2019, 18:16
     
    Top
    .
  12.  
    .
    Avatar

    Senior Member

    Group
    Administrator
    Posts
    13,425

    Status
    Anonymous
    ZAGOR 119-122: ARRESTATE BILLY BOY! (analisi di Joe7)

    jpg


    Proseguo l'analisi della storia "Arrestate Billy Boy": la prima parte, realizzata da Ivan, ha descritto ottimamente la qualità della storia. Qui aggiungo qualche mio approfondimento personale.

    ZAGOR DALLA PARTE DEGLI INDIANI. ANCHE QUANDO SONO COLPEVOLI.

    Per iniziare, prendo lo spunto da un'osservazione di Ivan. Criticando l'ambiguità di Zagor e Wakopa, Ivan ha detto:

    "Ognuna delle due parti ha dei torti e delle ragioni, e Zagor deve fare i salti mortali per evitare che la cosa si riduca ad un semplicistico “Noi-buoni-contro-voi-cattivi” che farebbe perdere di vista le responsabilità individuali del conflitto e il suo casus belli originario (l'omicidio insensato di Osages, compresa la donna di Wakopa, da parte di Billy Boy). Qui Nolitta si mette da solo in una posizione scomodissima, col rischio di far passare l'eroe per un difensore di massacratori di inermi (visione solo parziale, certo, ma giustificabile se letta in modo isolato dal contesto generale). Così il suo Zagor agisce non in funzione di aiutare la fazione “buona”, bensì per un senso della Giustizia che trascende il fazionismo. Così il suo parteggiare per gli Osages è solo APPARENTE, una conseguenza accidentale derivante dal suo scopo principale, ovvero quello di voler portare Billy Boy di fronte alla Legge per rispondere dei suoi atti criminali. In tal modo Nolitta si salva in corner, senza né assolvere gli Osages per la loro spropositata reazione, né contravvenire ai princìpi morali che caratterizzano la figura del suo Zagor. Questa “neutralità etica” era l'unico modo possibile per sviluppare una trama fondata su premesse così delicate."

    Infatti è così: solo che qui Zagor, invece di essere un intermediario tra i bianchi e gli indiani, come effettivamente dovrebbe essere, sembra parteggiare più per gli indiani che per i bianchi. Eppure, gli abitanti di Stoneville non si comportavano in modo ostile verso gli Osages, che camminavano per la main street senza essere stati molestati da nessuno, se non dall'ubriaco Billy Boy alla fine. Perchè quindi Zagor sostiene che "la colpa di aver risvegliato questi istinti di violenza in loro ricade soltanto su di voi che li mettete continuamente in condizioni di doversi difendere disperatamente"? A vedere la scena iniziale della storia, con Wakopa e la moglie in cammino ad ammirare le vetrine, non si direbbe proprio che sia così: non si stavano "difendendo disperatamente", ma facevano i passanti come tutti.

    zgr119g


    Qui Zagor va sulle generali, scaricando sugli abitanti di Stoneville tutte le malefatte fatte dai bianchi contro gli indiani, passando così da una responsabilità personale (Billy Boy) a una collettiva (tutta Stoneville). E in questo modo, volente o nolente, Zagor si mette dalla parte di Wakopa, che colpevolizza tutti gli abitanti per l'azione di uno solo e fa ammazzare i conducenti di una diligenza, una famiglia (bambini compresi) e altre persone che non c'entrano nulla in questa storia. Che sia poi accaduto con o senza la partecipazione di Wakopa non conta: come capo indiano, doveva sapere che cose come queste sarebbero successe. Certo, non era questa l'intenzione di Zagor, ma nei fatti, come dice Ivan, l'impressione rimane.

    Inoltre, Wakopa parla della "pavidità di chi ha permesso l'atroce delitto". Ma come era possibile impedire una sparatoria che era avvenuta in pochi secondi? Senza contare che Billy Boy, strafatto com'era, avrebbe ammazzato subito chiunque si sarebbe messo di mezzo. Dice anche che "col mutismo ora ne difendono il colpevole". Questo è vero, si tratta di una specie di omertà mafiosa, perchè rischiano la vita nel parlare: ma con questo ragionamento si dovrebbero ammazzare tutti i siciliani che non vogliono testimoniare contro la Mafia. Rimediare ad una vigliaccheria ammazzando il vigliacco non è certo una soluzione giusta, nè civile. Senza contare che non sai come ti comporteresti tu al loro posto, visto che hai anche moglie e figli...l'eroismo non è alla portata di tutti.

    zgr119e


    UNA STORIA RAZZISTA: NON VERSO L'UOMO ROSSO, MA VERSO L'UOMO BIANCO

    Dai dialoghi e dall'impostazone della storia, si capisce che lo sceneggiatore (Nolitta), in questa storia, mostra un certo disprezzo per tutti i bianchi, nessuno escluso, e per la loro vita quotidiana. Basta leggere le parole di Benny, che, guarda caso, è l'unico che non partecipa alle attività normali di Stoneville (lavorare, costruire, coltivare, eccetera): si ubriaca e basta. Anche se questo è visto da Nolitta in modo romantico come una specie di bohemien, resta il fatto che Benny vive una vita squallida da una bottiglia a un'altra. Benny, quindi, da "esterno", dice che "questi rispettabili signori...hanno paura di morire, di veder bruciare le loro comode casette o i loro negozi pieni di preziose mercanzie". Sono parole di disprezzo non solo verso il bianco, ma anche verso il suo mondo e la sua civiltà, considerando migliore quella dell'ubriaco o quella dell'indiano.

    zgr119d


    Nolitta fa agire tutti gli abitanti di Stoneville in blocco come se fossero la quintessenza della schifosità dell'essere umano, a differenza dell'uomo rosso, sempre giustificato, qualunque sia la ferocia dei suoi atti. "Cialtroni, branco di miserabili, questo miserabile buco chiamato Stoneville", eccetera: sono solo alcune delle gentili osservazioni di Zagor e Benny per gli abitanti di Stoneville, per i quali non c'è la minima speranza nè di salvezza nè di riscatto. Insomma, c'è qui un manicheismo di base: di là, tutti cattivi, di qua, tutti buoni. E se i buoni (gli indiani) diventano cattivi, è colpa dei cattivi (i bianchi) che li rendono così. E' una visione assai infantile che non tiene conto della realtà: che cioè c'è del bene e del male in tutti, bianchi e rossi. Ma qui si vede solo il male dei bianchi e il bene dei rossi.

    E' chiaro che in un fumetto bisogna semplificare un pò le cose, ma qui si pigia sull'acceleratore: Nolitta non è molto chiaro, e nemmeno vuole esserlo, nella morale di fondo della storia, scaricando su alcuni (gli abitanti di Stoneville) le colpe di tutti (l'uomo bianco).

    ZAGOR, IL PERSONAGGIO INUTILE

    La storia ha un sottofondo desolato, come gli alberi e le rocce di Donatelli, e disperante perchè Zagor non risolve nulla: tutti i suoi sforzi si riducono a nulla. Se non ci fosse stato Zagor in questa storia, si sarebbe conclusa ugualmente con l'azione omicida-suicida di Wakopa. Infatti, la storia di Billy Boy è quella di una vendetta indiana, con Wakopa come effettivo protagonista che "risolve" la situazione stile Punitore/kamikaze. Qui Zagor fallisce su tutti i fronti. E ci chiediamo allora: cosa ci stava a fare Zagor in questa storia? La bella statuina? Lo stesso si può dire di altre storie pur elogiate e ben realizzate come Libertà o morte, Tigre, Spedizione punitiva. Un giorno ne parlerò.

    UN PROBLEMA, NESSUNA SOLUZIONE

    Lo Zagor di Nolitta a volte è un personaggio ambiguo, e lo si vede bene nella storia di Billy Boy.

    Quello che ho sottolineato sono delle ambiguità morali che nella storia non hanno, nè vogliono avere, soluzioni, e per questo appesantiscono il racconto, lasciando il nodo irrisolto.

    Anche se l'impresa di Zagor avesse avuto successo, il problema di fondo (responsabilità personale-responsabilità collettiva) sarebbe rimasto. Nolitta in quel tipo di storie amava sollevare questioni morali: che bisogno c'era di far vedere lo sterminio di una famiglia di bianchi innocenti da parte di Wakopa? Era una scena che si poteva benissimo tagliare. Ma quella scena fu messa da Nolitta, a quanto si vede, per avere l'occasione di sparare una filippica fuori posto contro "il cattivo uomo bianco", una cosa che, come ho detto prima, sa di razzismo, visto che si considera il bianco come un "impuro" di base, colpevole sempre, a prescindere. Quindi, Nolitta dava problemi morali, ma non amava dare delle soluzioni, se non quelle più generiche e populiste possibile, semplificando fin troppo le cose e senza risolverle sostanzialmente. E questo è sempre stato un suo limite. Ma lo è stato anche di molti altri autori italiani: metto qui sotto un esempio limite, una storia di Ken Parker di Berardi e Milazzo.

    QUESTO TIPO DI STORIE SONO UNA COSTANTE NEI FUMETTI WESTERN

    Z18_Metis_Ken_parker


    La storia che prendo in esame è “Metis”, pubblicata su Ken Parker Magazine 10-11 (1993). Dopo aver ucciso, apparentemente senza motivo, due persone, il meticcio Andrè prende in ostaggio la giovane Amy e fugge verso il nord, là “dove i bianchi non sanno vivere”. Ken, al quale Andrè aveva sottratto la slitta e il fucile, si unisce agli inseguitori. Ken, alla fine, giustifica l’indiano, perchè è stato perseguitato e gli hanno ucciso il cane.

    Ma il "povero indiano perseguitato al quale gli hanno ucciso il cane":
    - ha ammazzato due o tre persone a sangue freddo, così imparano ad uccidergli il cane. Ma tanto erano dei bianchi, colpevoli sempre e comunque. E poi è chiaro che un cane vale molto più di tre uomini bianchi.
    - ha violentato una donna (bianca) nel bosco con la scusa che "tanto lo trattano male". Povero piccino, deve pur sfogarsi. Naturalmente la donna era bianca, quindi non conta: razzismo alla rovescia anche qui.

    Dire che questa storia era di parte a favore degli indiani è un eufemismo, tanto la tesi presentata qui è sfacciata.

    I BIANCHI E GLI INDIANI: CHI ERANO?

    Ma, in sostanza, gli indiani, quelli veri, come erano? Buoni o cattivi o altro? E questo sterminio degli indiani, c'è stato o no? Lo sterminio c'è stato, ma non per i motivi che si pensano (la terra, l'oro, eccetera), e gli indiani erano delle persone come noi. Ma la faccenda è più complessa e richiede spazio: la spiegherò qui sotto.

    Edited by joe 7 - 9/9/2019, 18:28
     
    Top
    .
  13.  
    .
    Avatar

    Senior Member

    Group
    Administrator
    Posts
    13,425

    Status
    Anonymous
    GLI INDIANI VERI NON ERANO QUELLI IDEALIZZATI DAI FUMETTI

    indiani


    Concludo l'analisi su "Arrestate Billy Boy" (la prima parte qui e la seconda qui) con una visione d'insieme della realtà indiana, spesso falsata nei mass media.

    All'inizio fu Tex; poi Zagor e, successivamente, dagli anni '60 in avanti, praticamente si aggiunsero tutti i film e cartoni animati che facevano a gara nel presentare gli indiani d'America come bravissime persone che vivevano in serena armonia tra di loro e con la natura fino all'arrivo, ahimè, del cattivo uomo bianco: anche "Arrestate Billy Boy" ha seguito questo clichè. Da Soldato Blu a Balla coi lupi, da Tex a Ken Parker, da Pocahontas a Spirit: tutti seguono lo stesso canovaccio. Così pure la letteratura: il libro Alce Nero parla è un cult che non tiene minimamente conto del vero Alce Nero, che rinnegò il suo passato da sciamano e divenne catechista cattolico.

    Questa favola del "buon selvaggio in pace e in armonia con la Natura" (rigorosamente in maiuscolo) non si riferisce solo agli indiani: infatti, si loda anche la saggezza degli antichi celti corrotti dalla conquista romana (Asterix) e la sapienza del Giappone degli antichi samurai rovinata dall'irrompere dei cattivi americani (L'Ultimo samurai con Tom Cruise) e, perchè no, anche dall'invadenza di cattolici un pò ottusi, fanatici e imbecilli che non capiscono l'immensità della loro sapienza orientale (Silence di Scorsese). Per non dimenticare i pacifici e contemplativi Maya, Incas e Aztechi sterminati dai cattivissimi spagnoli. Eccetera.

    Ma alla fine gli antropologi sono stati costretti ad ammettere che i "bravi celti" praticavano i sacrifici umani e che i "cattivi romani" tolsero loro il vizio costringendoli a diventare civili. E il lunghissimo feudalesimo giapponese, che era durato fino a metà Ottocento, fu un tempo efferato, oppressivo e persecutore. Per fare solo un esempio che dia l'idea: era norma per i samurai provare l'efficacia delle loro nuove spade usandole sui contadini, che non avevano praticamente nessun diritto (spesso non avevano neanche un nome), e lo stesso sui condannati a morte. Nelle Americhe, Incas e Aztechi praticavano sacrifici umani di massa e vivevano in un sistema totalitario e sanguinario: infatti, erano sempre in guerra col solo scopo di procurarsi delle vittime da immolare sui altari. I conquistadores, pochi in confronto a quell'impero, erano aiutati dalle popolazioni locali che non volevano essere sacrificate (c'è dell'altro, ma magari ne parlerò un'altra volta).

    Torniamo ai mitici indiani: la vita delle tribù indiane era da età della pietra, con un nomadismo incessante da pura sopravvivenza, in cui lo sfruttamento delle donne, l'infanticidio, l'abbandono dei vecchi e dei malati era la norma. E anche la schiavitù era la norma: su questo, il film L'uomo chiamato cavallo si basava su una realtà storica. L'agricoltura era sconosciuta e si viveva di carne di bisonte: per questo erano costretti a seguire continuamente gli spostamenti delle mandrie. Una donna veniva comprata e venduta per un cavallo o un paio di pantofole, e a trent'anni ne dimostrava sessanta a causa delle incessanti fatiche a cui doveva sottoporsi. La fame era la regola, e non di rado le mutilazioni dei nemici uccisi erano più che rituali.

    Gli indiani non erano affatto pacifici, tolleranti, leali e generosi: anzi, la loro esistenza era totalmente basata sulla violenza. Alcune tribù o nazioni indiane chiamavano se stessi "uomini" (a esempio, i Lakota e gli Inuit) negando tale qualifica a tutte le altre (e quindi autorizzando allo sterminio delle altre tribù). Tra gli indiani la tortura, la vendetta, il furto, lo stupro erano all'ordine del giorno. La guerra era incessante, feroce e sleale, e non facevano distinzioni tra guerrieri e civili, donne e bambini, vecchi e malati. Lo scopo, come ho detto, era lo sterminio degli avversari, che venivano fatti prigionieri solo per i sacrifici o anche per il cannibalismo rituale, oppure per appropriarsi della loro "forza" al palo della tortur). L'87% degli indiani in America combatteva più guerre all'anno e il 65% era sempre in guerra. Inoltre, nella maggior parte dei casi la guerra era condotta per motivi "tradizionali": per esempio, gli Uroni erano nemici "tradizionali" degli Irochesi, i quali lo erano degli Algonkini, eccetera. Certi nomi, dati da una nazione indiana a un'altra, erano significativi: "Apache" significava "il nemico", "Sioux" "il serpente", eccetera.

    Si calcola che almeno il 50% della popolazione indiana in America sia stato sterminato in queste guerre incessanti, cosa che spiega perchè i primi esploratori bianchi trovavano immense aree del tutto spopolate. L'incredibile varietà di "dialetti" tuttora esistenti tra i popoli amerindi - in una sola nazione possono esisterne migliaia - è dovuta soprattutto alle continue separazioni interne dovute agli odii e alle conseguenti guerre. Insomma, malgrado fiction pur premiate con l'oscar come Balla coi lupi, la descrizione dell'incontro tra il bianco civilizzato, violento, avido, fanatico e l'indiano pacifico, generoso e fiero è puramente fantastica e non rispondente al vero.

    LO STERMINIO DEGLI INDIANI DA PARTE DEI BIANCHI. PROTESTANTI.

    Cover_CR_75


    Tuttavia, lo sterminio degli indiani è stato effettivamente realizzato dai bianchi: queste accuse sono comunque vere e pesano ancora oggi sulla coscienza degli statunitensi, che per "rimediare" cercano di infilare un indiano o un nero (altra storia) in tutti i film o fumetti. Quello che spesso, anzi, sempre, viene omesso è che i motivi dello sterminio erano religiosi.

    A differenza dei cattolici, che credono che Dio vuole la salvezza in Paradiso per tutti, bianchi, indiani e chiunque altro perchè sono tutti figli di Dio e dotati di un'anima immortale, la visione protestante, che è sempre stata prevalente negli USA, crede (soprattutto ai tempi del west) nella predestinazione: cioè ritiene che Dio abbia creato alcuni (i bianchi) per il Paradiso e altri (gli indiani e tutti i non credenti) solo per mandarli all'Inferno, indipendentemente dalle loro opere, buone o cattive che siano. Quindi, gli statunitensi bianchi (prevalentemente protestanti, ripeto) avevano considerato gli indiani come una razza dannata e maledetta da Dio, quindi destinata sin dall'inizio all'Inferno. Quindi gli indiani non avevano il diritto di abitare su una terra che doveva spettare ai Prescelti da Dio, appunto i protestanti. Ci sono state delle variazioni di questo punto di vista (il mondo protestante è molto frastagliato), ma la base è stata comunque questa. Naturalmente c'è stata anche la fame di oro e terre, ma questa giustificazione religiosa ha messo a tacere per molto tempo le coscienze.

    A questo punto c'è sempre uno che dice: "e la Chiesa Cattolica con gli Indios non ha fatto lo stesso?". No, perchè sin dall'inizio la Chiesa ha considerato gli indios come degli uomini come noi e dotati di anima (si vedano i documenti dei papi e del magistero dell'epoca): quindi vietarono la schiavitù e la conversione forzata degli indios, favorendo anzi il matrimonio tra spagnoli e indios, tanto che da quelle parti i meticci sono comuni. Lo sterminio degli indios è accaduto dopo che la corona spagnola, seguendo le ideologie degli illuministi e massoni, aveva esautorato la Chiesa di ogni attività: da allora sono cominciati i dolori per il popolo indio, come pure quello messicano e, generalmente, sudamericano, comandato da una gerarchia ricca, potente e spietatissima (gli stermini dei cattolici messicani per opera del governo illuminista e massonico degli inizi del novecento ne sono una tragica conseguenza).

    Qui posso solo accennare al fatto, visto che richiederebbe troppo spazio, ma la differenza di trattamento, comunque, tra il periodo in cui la Chiesa poteva agire (le famose "reducciones" gesuitiche, per esempio, dove gli indios, mantenendo le loro tradizioni, imparavano le altre lingue come lo spagnolo e facevano attività lavorative, artistiche, culturali, ottenendo anche delle lauree e migliorando il loro stato di vita ad un livello impensabile prima dell'arrivo degli spagnoli) e il periodo in cui le caste illuministe e massoniche ebbero libertà d'azione (schiavitù, prigionia, privazione dei diritti più elementari) fu lampante.

    In ogni caso, le cifre parlano da sole: mentre i "pellerossa" superstiti nel Nord America si contano oggi a poche migliaia, nell’America ex-spagnola ed ex-portoghese la maggioranza della popolazione (nonostante le attività illuministe, che non sono riuscite ad annullare del tutto l'azione del cattolicesimo) è ancora di origine india o è il frutto di incroci di precolombiani con europei e (soprattutto in Brasile) con africani.

    Anzi, gli indiani sono quasi scomparsi negli attuali Stati Uniti, dove sono registrati come "membri di tribù indiana" circa un milione e mezzo di persone. In realtà, la cifra, già assai esigua, si riduce di molto, se si considera che, per quella registrazione, basta un quarto di sangue indiano. Situazione rovesciata nel Sudamerica, dove – nella zona messicana, in quella andina, in molti territori brasiliani – quasi il 90 per cento della popolazione o discende direttamente dagli antichi abitanti o è il frutto di incroci tra indigeni e nuovi arrivati.

    Inoltre, mentre la cultura degli Stati Uniti non deve a quella indiana che qualche parola, essendosi sviluppata dalle sue origini europee senza quasi scambi con le popolazioni indiane, non così nell’America ispanoportoghese, dove l’incrocio non è stato certo solo demografico, ma ha creato una cultura e una società nuove, dalle caratteristiche inconfondibili.

    Certo: questo è dovuto anche al diverso stadio di sviluppo dei popoli che anglosassoni e iberici trovarono in quei continenti. Ma è dovuto anche, se non soprattutto, alla diversa impostazione religiosa. A differenza di spagnoli e portoghesi cattolici, che non esitavano a sposare indigene, nelle quali vedevano persone umane alla pari di loro, i protestanti (seguendo la logica di cui ho parlato prima) erano animati da quella sorta di "razzismo" o, almeno, di senso di superiorità da "stirpe eletta". Questo, unito alla teologia della predestinazione (l’indiano è arretrato perché "predestinato" alla dannazione, il bianco è progredito come segno di elezione divina), portava a considerare come una violazione del piano provvidenziale divino il rimescolamento etnico o anche solo culturale.

    Così è avvenuto non solo in America e con gli inglesi, ma in tutte le altre zone del mondo dove giunsero europei di tradizione protestante: l’apartheid sudafricano, per fare l’esempio più clamoroso, è una tipica creazione – e teologicamente del tutto coerente – del calvinismo olandese, una forma di protestantesimo. E’ proprio dalle diverse teologie che traggono origine i diversi modi di "conquista" delle Americhe: gli spagnoli, cattolici, non considerarono la popolazione dei loro territori come una sorta di spazzatura da eliminare per installarvisi da soli padroni.

    -------------------------------------
    Fonti:
    Cammilleri, il Kattolico 3, Ed. Gilgamesh, p. 50e segg.;
    Nicholas Wade: "Before the dawn: recovering the lost hystory of our ancestors"
    Libertà e Persona

    Edited by joe 7 - 9/9/2019, 18:31
     
    Top
    .
  14.  
    .
    Avatar

    Senior Member

    Group
    Administrator
    Posts
    13,425

    Status
    Anonymous
    ZAGOR 226-229: IL RITORNO DI SUPERMIKE - IL TRENO FANTASMA (analisi di Ivan)

    Testi: Alfredo Castelli
    Disegni: Gallieno Ferri

    zgr226 zgr227 diavoli_neri

    volto_nemico


    Zagor edizione originale Zenith: n. 277-280 (usciti nel 1984). I numeri reali di Zagor sono: 226-229. Infatti, l'edizione Zenith originale pubblicò Zagor a partire dal numero 52, quindi ha la numerazione sfasata che continua ancora oggi, con 51 numeri in più. Prima del numero 52, pubblicava storie di altri personaggi bonelliani come Hondo, Kociss, eccetera. Tutte le varie ristampe di Zagor invece seguono la numerazione reale, in questo caso 226-229.

    TRAMA

    Zagor e Cico, nell'indagare sulla scomparsa dell'ingegner Robson e su un fantomatico treno che scompare, si imbattono in un Supermike versione San Francesco, che poi torna col suo solito costume ad "aiutare" Zagor a modo suo.

    COMMENTO

    Doppio titolo non casuale. Infatti, per me, questa storia è composta da DUE trame parallele ben distinte, ognuna delle quali aveva un grande potenziale se presa di per se stessa; sfortunatamente, Castelli non è riuscito a miscelarle fra loro in modo armonico. Purtroppo. la presenza di Supermike (e soprattutto di questo particolare “Supermike”) non era compatibile con quel tipo di storia, col risultato che trama & personaggio finiscono per ostacolarsi a vicenda. In breve, la storia sarebbe funzionata benissimo anche SENZA l'ingombrante presenza di Supermike – il cui apporto finale, infatti, è solo di...aiutare Zagor a scoprire alcuni indizi, che potevano benissimo essere scoperti anche tramite ALTRI espedienti narrativi. (Dico davvero: a conti fatti, Supermike non ha fatto altro che fornire a Zagor un paio di dritte; il resto è stato tutta agitazione e pim-pum-pam.) La mia sensazione è che Castelli non abbia costruito questa storia “su” Supermike, ma – al contrario – abbia incastrato a forza Supermike in maniera artificiosa, in una storia che era già funzionale in modo autonomo. Il senso di “presenza posticcia” traspare inevitabilmente.

    PREGI

    L'impianto “giallo” funziona. Castelli riesce a creare una buona atmosfera di mistero intorno alla scomparsa del treno. In proposito, ottima la trovata per creare il mito del “treno fantasma”: la locomotiva viene spostata dai binari all'uscita del tunnel, poi Johnson e i suoi complici ripercorrono a piedi la galleria e millantano stupore quando si trovano di fronte al gruppo dalla parte opposta. Dando per scontata la buonafede dei testimoni, la scomparsa della locomotiva risultava effettivamente inspiegabile.

    La caratterizzazione iniziale di Supermike in versione “San Francesco” ha un suo fascino. Castelli riesce a spiazzare il lettore allontanandosi dal canone nolittiano (che di fatto era irriproponibile senza scadere nel déjà-vu); peccato che poi la versione “francescana” di Supermike scompaia all'improvviso, e senza alcuna motivazione. Accantonata in quel modo brusco, dà l'impressione che fosse solo una recita temporanea di Supermike, mentre invece - in teoria - la sua conversione avrebbe dovuto essere autentica. In ogni caso, indirettamente, Castelli ha fornito un possibile spunto (forse l'unico plausibile, ormai) per un eventuale recupero di Supermike; cioè fare in modo che Zagor e Supermike siano in qualche modo COSTRETTI a collaborare insieme, pur mantenendo i reciproci rapporti di antipatia e rivalità.

    DIFETTI

    Superfluo dire che il difetto principale di questa storia è proprio l'elemento che avrebbe dovuto rappresentare il suo punto di forza: Supermike. Rispetto allo straordinario personaggio dell'episodio precedente, qui Mike Gordon è stato completamente stravolto. Innanzitutto, la sua arringa difensiva nel flashback del processo è a dir poco imbarazzante. Date le caratteristiche del personaggio, non è verosimile credere ad una sua così improvvisa conversione “buonista”. E anche prendendo per buona la sua “redenzione mistica”, Supermike riprende subito la sua vecchia personalità fin dalla seconda sequenza in cui compare (lo scontro al buio con Zagor nella galleria, dove non ha più nemmeno il saio, bensì il suo vecchio costume), quindi non si capisce che senso abbia avuto la sua presentazione iniziale come fraticello, dato che essa non avrà più alcuna influenza nel prosieguo della storia. Sarebbe stato meglio che Supermike avesse continuato a mantenere la sua nuova identità di “Super-Penitente” per un po', per poi rinnegare la propria conversione in base al succedersi di eventi che lo avrebbero indotto a ripensarci.

    Il dualismo Zagor/Supermike (che era il pilastro portante del primo episodio) risulta accantonato o mal esposto. Qui la figura di Supermike come “alter-ego negativo” di Zagor non emerge affatto; Castelli si limita a fargli sfoggiare stucchevoli dimostrazioni di abilità fisiche e intellettuali, col solo risultato di irritare il lettore più che Zagor. Zagor stesso si comporta in modo infantile di fronte alla sbruffonaggine di Supermike. Castelli sembra dimenticare che Zagor è “emotivo” ma non “irrazionale”; qui, invece, lo rappresenta come un bambino stizzoso che si irrita per un nonnulla. Lo Zagor esasperato del precedente episodio era tutt'altra cosa.

    La scoperta della grotta con le mummie indiane è fine a se stessa. Ci si aspetta che questa scoperta abbia un qualche ruolo nella narrazione, ma alla fine risulta solo un intermezzo gratuito. Andava perlomeno relazionato in qualche modo al contesto della trama principale.

    Sull'albo “I diavoli neri” c'è uno sconcertante abominio comportamentale: Zagor perlustra la zona con l'intento dichiarato di “farsi catturare dai Diavoli Neri per dare una scossa alle indagini” (?!) Scusa, Alfredo, ma questa è proprio una BOIATA. Un proposito assolutamente demenziale, imbevibile a tutti i livelli (anche a 14 anni avevo pensato subito: “Ma che cavolo di piano è questo?! Zagor si è bevuto il cervello?!”). E per fortuna che arriva Supermike a tirarlo fuori dai guai, altrimenti il genio con la scure ci avrebbe lasciato la pelle veramente da idiota.

    Molto forzata la scena in cui Cico, in stato di sonnambulismo, strappa la catena che gli impedisce di dirigersi verso la cucina. Questa dimostrazione di super-forza non è affatto coerente, soprattutto se consideriamo che la liberazione di Cico costituisce un importante punto di svolta nello sviluppo della trama. Una gag è una GAG; talvolta può anche essere funzionale allo sviluppo della trama “seria”, ma in tal caso deve conservare un'aura di credibilità nella sua dinamica. Qui invece siamo nel paperinesco.

    La scazzottata finale operata in coppia da Zagor & Supermike è piuttosto grottesca e disneyana. I Diavoli Neri vengono abbattuti come birilli (addirittura, con un pugno combinato ne abbattono CINQUE in un colpo solo). Qui Castelli voleva probabilmente esaltare le qualità fisiche dei due mattatori, ma scivola nel ridicolo involontario.

    Nel finale, Supermike si allontana attraverso “un passaggio segreto di cui evidentemente lui conosceva l'esistenza” (cit. Johnson). Un espediente del tutto inutile: Supermike poteva benissimo andarsene con tutta tranquillità dall'uscita principale, dato che nessuno lo tratteneva. Scappare attraverso un fantomatico “passaggio segreto” apparso dal nulla lascia intendere che qualcuno volesse bloccarlo o arrestarlo, ma non era proprio questo il caso.

    Per finire, segnalo una incongruenza nei dialoghi: a pag 96 di “I DIAVOLI NERI” Supermike afferma di aver capito CHI c'è dietro a tutta la faccenda, e mentre ne sta rivelando il nome a Zagor c'è un cambio di scena...Poi però nel finale lo stesso Supermike dichiara di essere curioso di sapere chi c'è dietro la maschera del misterioso capo appena catturato. Ok, di per sè non è una contraddizione importante ai fini della trama, però è emblematica della superficialità con cui Castelli organizzava gli aspetti narrativi delle sue storie per Zagor. In pratica, sembra quasi che assemblasse una scena dopo l'altra come i mattoncini Lego, “dimenticandosi” di quanto aveva già esposto nelle scene precedenti (originando così una serie di incongruenze più o meno notevoli, come si è visto anche in "La minaccia verde" o "Fantasmi"). Per un autore del calibro di Castelli una simile noncuranza è inspiegabile, dato che su Martin Mystére o Mister No non incappava in distrazioni così clamorose.

    DISEGNI

    Il Ferri dei primi '80 è sempre una garanzia. Peccato che qui debba sottostare ad una sceneggiatura sgangherata, che prevedeva scene grottesche a livello visivo che nemmeno lui è riuscito a salvare dal ridicolo. Una incongruenza grafica a pag.87-88 del primo albo: nel flashback, Supermike indossa il suo costume da battaglia...ma quel vestito l'aveva adottato solo dopo aver dichiarato la sua guerra personale contro Zagor. Storico strafalcione ferriano a pag.17 di “IL VOLTO DEL NEMICO”, dove Zagor ha la casacca di Supermike.

    VOTO

    Storia “IL TRENO FANTASMA”: 7;
    Storia “IL RITORNO DI SUPERMIKE”: 5;
    Disegni: 9

    Edited by joe 7 - 19/9/2019, 15:01
     
    Top
    .
  15.  
    .
    Avatar

    Senior Member

    Group
    Administrator
    Posts
    13,425

    Status
    Anonymous
    ZAGOR 50-51: LA CITTÀ NASCOSTA (analisi di Ivan)

    Testi: Cesare Melloncelli
    Disegni: Franco Donatelli

    ZAGOR_CN_1


    Zagor edizione originale Zenith: n. 101, 102 (usciti nel 1969). I numeri reali di Zagor sono: 50, 51. Infatti, l'edizione Zenith originale pubblicò Zagor a partire dal numero 52, quindi ha la numerazione sfasata che continua ancora oggi, con 51 numeri in più. Prima del numero 52, pubblicava storie di altri personaggi bonelliani come Hondo, Kociss, eccetera. Tutte le varie ristampe di Zagor invece seguono la numerazione reale, in questo caso: 50, 51.

    TRAMA

    Celata da inaccessibili montagne, sorge in Virginia la città di Nuova Uxmal, dove vivono i discendenti dei Maya fuggiti secoli prima dal Messico per evitare la minacciosa avanzata dei Conquistadores. A Nuova Uxmal, il giovane Lebnor combatte la tirannide del Gran Sacerdote Moikos, che regna grazie ai suoi Matam, guerrieri giganteschi e invincibili. Zagor e Cico vengono coinvolti in questa storia al di fuori del tempo.

    PREGI

    Una delle rare storie di Cesare Melloncelli su Zagor. Non è di Nolitta e lo si nota, ma si lascia comunque leggere con gusto. Questo episodio sembra proprio una storia di Akim trasferita su Zagor. Fantasia a ruota libera, in cui l'enfasi della narrazione e l'originalità delle ambientazioni conta più della verosimiglianza. E una tantum va bene anche così. Il ritmo narrativo procede spedito, senza parti noiose o cervellotiche. Si tratta in definitiva di una fiaba avventurosa, con buoni e cattivi molto ben distinti e raccontata in modo lineare: tutto ciò che il lettore deve sapere lo apprende sempre in tempo reale. Dal mero punto di vista di scorrevolezza di lettura, nulla da ridire. Pur con molte licenze narrative, Melloncelli si è preoccupato di rendere credibile l'esistenza di una civiltà maya nascosta da centinaia d'anni (in primis, nel fatto che gli abitanti di Nuova Uxmal parlano una lingua propria, incomprensibile ai visitatori esterni). Naturalmente, occorre chiudere un occhio sulla plausibilità che una regione così vasta sia rimasta celata agli esploratori solo perché l'ingresso della vallata è occultato, ma una volta accettata questa premessa di fondo, la storia si mantiene coerente alla propria logica interna senza incappare in incongruenze di particolare rilievo. Pittoresche le caratterizzazioni dei comprimari:
    - Lebnor: Il classico principino bello & buono che guida la rivolta contro l'usurpatore brutto & cattivo. Stereotipo da fiaba classica, ma sempre funzionale.
    - Il sacerdote Moikos: Un malvagio senza mezze misure, proprio d'altri tempi. Emblematica la sua carognaggine nel “ricompensare” lo spione che aveva tradito Lebnor:

    ZAGOR_CN_2


    - I matam: L'esercito personale di Moikos, guerrieri resi più alti e forti del normale dagli intrugli del gran sacerdote.
    - Tlasca: Un matam condannato a morte da Moikos che viene salvato da Zagor, credendo che ciò basti per garantirsi la sua alleanza. Il suo successivo tradimento va contro un sacco di logiche narrative, ma proprio per questo è inaspettato.
    - Kalangor: La guardia del corpo di Moikos, descritto come un matam più possente degli altri.
    Cico è molto ben utilizzato. Confermo la mia opinione che Melloncelli (assieme a Castelli) sia l'autore che più si è avvicinato a cogliere lo spirito del Cico nolittiano. Tra le gag spicca quella in cui si mimetizza tra le statue maya per sfuggire ai matam:

    ZAGOR_CN_3



    DIFETTI

    In primis, è l'idea stessa di “città nascosta” (e annessa “civiltà perduta”) a risultare piuttosto ingenua. E' vero che su Zagor era già apparso questo espediente e altre volte apparirà in futuro (vedi i vichinghi di Guthrum o i pirati di Capitan Serpente), ma questo dipende dalla maestria con cui un autore riesce a giustificarne l'esistenza. Qui bisogna chiudere un occhio sulla raffazzonatura dell'impianto e accettare le premesse con animo infantile, da bimbo che ascolta una fiaba di mondi fantastici. La differenza tra Melloncelli e Nolitta la si nota soprattutto nei dialoghi. Quelli del Mellon sono descrittivi, asettici, freddamente funzionali alla storia, ma nulla più: mancano di quell'enfasi tipicamente nolittiana che induceva il lettore a ricordarsi una storia anche per le battute che in essa venivano pronunciate. I matam sono descritti come giganti invincibili...ma nel corso dell'intero episodio, l'unico matam che dimostra una qualche superpotenza fisica è Tlasca, che nello scontro corpo a corpo ha strapazzato Zagor; tutti gli altri matam lo mettono in difficoltà solo per una mera questione numerica. Persino Kalangor, che in teoria dovrebbe risultare l'avversario più tosto da affrontare, viene sistemato con un paio di cazzotti come uno scagnozzo qualunque. Melloncelli poteva sfruttare assai meglio questa caratteristica dei matam, per imbastire qualche scontro affascinante. Non si comprende bene perché Moikos, coi potenti mezzi di cui dispone, abbia tante difficoltà a scovare Lebnor in un luogo dall'estensione così limitata, tanto da aver bisogno della soffiata di uno spione per localizzare il ricercato. La fine di Moikos - che cade da solo nel pozzo dei lupi - è piuttosto ridicola. La tipica “punizione-inflitta-dal-destino” per evitare all'eroe di sporcarsi le mani.

    ZAGOR_CN_4


    Storia: 6,5
    Disegni: 7

    Edited by joe 7 - 8/9/2019, 16:48
     
    Top
    .
140 replies since 10/4/2015, 17:51   5445 views
  Share  
.