LA DIVINA COMMEDIA, CONFRONTO FRA ORIENTE E OCCIDENTE: DANTE ALIGHIERI E GO NAGAI(primo post: qui; precedente post: qui)INFERNO, CANTO 3: INGRESSO ALL'INFERNO - GLI IGNAVI, CARONTE
Dante alla porta dell'Inferno.
All'inizio del terzo canto, c'è la famosa epigrafe posta sulla porta dell’Inferno, e nel vederla a Dante ritornano le antiche paure. Le parole incise sono cupe, orride:
"PER ME SI VA NE LA CITTA' DOLENTE, ("per me", cioè "attraverso di me")
PER ME SI VA NE L'ETTERNO DOLORE,
PER ME SI VA TRA LA PERDUTA GENTE.
GIUSTIZIA MOSSE IL MIO ALTO FATTORE;
FECEMI LA DIVINA POTESTATE, (il Padre, Dio)
LA SOMMA SAPIENZA E 'L PRIMO AMORE. ("la Somma Sapienza": il Figlio, Gesù Cristo; "Il Primo Amore", lo Spirito Santo.)
DINANZI A ME NON FUOR COSE CREATE
SE NON ETTERNE, E IO ETTERNA DURO.
LASCIATE OGNE SPERANZA, VOI CH'INTRATE."IL MAESTRO DEVE ESSERE PRESENTE, NON VIRTUALEDi fronte alla paura di Dante, Virgilio lo prende per mano con lieto volto e lo introduce dentro
"a le secrete cose". Nei primi tre canti dell’Inferno, Dante presenta la sua straordinaria pedagogia: un discorso non può avvincere e convincere. Non è sufficiente neanche conoscere le ragioni e le motivazioni. Dante non avrebbe intrapreso il viaggio senza la compagnia e la guida lieta e rassicurante di Virgilio. Il ragazzo e l’adulto hanno bisogno, nel viaggio della vita,
di una compagnia, oltre alla speranza. La presenza, il il lieto volto, che rappresenta la certezza che vale la pena intraprendere il viaggio, che c’è una meta bella, che il destino è buono e positivo, è fonda
mentale. Per questo, l'attuale idea di voler insegnare solo via internet porterà solo ad un disastro educativo. Chi impara ha bisogno di una
presenza, di una
persona in carne e ossa, non di una cosa vuota, cioè una macchina con video incorporato. Sant’Ignazio di Antiochia scriveva:
"Si educa con quel che si dice,
si educa meglio con quel che si fa,
ma ancor di più con quel che si è".Si cammina nel viaggio della vita e della conoscenza con una compagnia, con un maestro, con un testimone della bellezza e della verità incontrate. Cioè con
una persona in carne e ossa, in sostanza. Non con un computer, che è la caricatura di una presenza, è una cosa vuota, è un rapporto falso.
GLI IGNAVIIl tema della
viltà occupa tutti i primi tre canti dell’Inferno.
Non si può vivere se si è bloccati dalla paura. Invece della paura, per vivere occorrono
entusiasmo e speranza. La paura porta all'abulia, al rifiuto di ogni attività, al rifiuto di ogni decisione (
"Decidano altri per me!"). In sostanza, all'
ignavia. Per questo, non è un caso che le prime anime che Dante incontra nel cammino siano quelle degli
ignavi: i pusillanimi, che non sono neppure degni di stare all’Inferno. Hanno una collocazione tutta loro,
l’Antiinferno. Costoro, che mai hanno vissuto perché mai hanno scelto, una volta morti devono inseguire un’insegna, che mai non ha posa. Punti da mosconi e vespe, loro, che nella vita non hanno mai inseguito un ideale e non avrebbero mai offerto il proprio sangue per un Ideale, ora devono versarlo per i vermi che sono in Terra. Il monito di Dante è molto forte e riguarda tutti noi. Ciascuno di noi, infatti, può rischiare di non prender posizione, di non scegliere, sopraffatto dall’illusione che si possa stare tranquilli, anche senza credere in nulla, anche senza scoprire una ragione per cui valga la pena intraprendere il viaggio della vita. Dante, tra gli ignavi, cita un personaggio misterioso che
"fece per viltade il gran rifiuto": si pensa che faccia riferimento a
papa Celestino V, famoso per aver abdicato al trono di Pietro. Tuttavia, è riconosciuto come santo dalla Chiesa Cattolica. Quindi non si sa ancora bene chi sia questo personaggio.
CARONTECaronte è il traghettatore delle anime dannate, che Dante descrive traendo spunto dal personaggio virgiliano del libro VI dell'Eneide. Rispetto al Caronte classico, tuttavia, quello dantesco
appare con tratti decisamente demoniaci (soprattutto gli occhi circondati di fiamme). Questo è coerente con l'interpretazione in chiave cristiana delle figure mitologiche: le divinità infere venivano spesso considerate personificazione del diavolo. Lo stesso farà Dante con altre creature infernali, come ad esempio Minosse, Cerbero, Pluto. La reazione del demone Caronte all'apparire di Dante è analoga a quella degli altri guardiani infernali che il poeta incontrerà più avanti: come loro, anche Caronte tenta di spaventarlo e di impedire il suo viaggio attraverso l'Inferno (quindi il suo viaggio verso il Paradiso e la salvezza!). Queste figure simboleggiano gli
"impedimenta" di natura peccaminosa, che ostacolano il cammino di redenzione dell'anima umana. Non a caso, infatti, è sempre Virgilio (allegoria della ragione e della fede) a zittirli e a consentire il passaggio di Dante. Virgilio riduce al silenzio Caronte con la famosa frase:
"vuolsi così colà dove si puote / ciò che si vuole, e più non dimandare". La ripeterà, con lievi varianti, anche con Minosse e con Pluto.
IL DANTE DI NAGAIDavanti all'iscrizione della porta dell'Inferno, Nagai cita l'epigrafe sulla porta, però
salta il passo in cui si fa riferimento alla Trinità. Spesso i riferimenti cattolici nel manga sono omessi, citando al suo posto, quando capita, solo un Dio generico, severo e sadico. Infatti, tutti i dannati sono visti come
povere persone ingiustamente accusate. In particolare, le dannate sono tutte delle Miss Mondo nude, di bell'aspetto e dalla faccia innocente. C'è persino una scena in cui una dannata, nuda e formosa come le altre, cerca di scappare via da Caronte piangendo con occhi alla Candy Candy. Il lettore non riesce quindi a pensare che siano delle assassine o traditrici o cose simili. Lo stesso vale per gli uomini, ovviamente: ma sono soprattutto le donne a fare la parte delle "povere vittime". Invece, le anime dannate descritte da Dante sono
piene di odio e di disperazione: bestemmiano Dio, i propri genitori, la propria nascita, tutta l'umanità, il posto e il tempo dove sono vissuti, e, al contrario dei dannati e dannate nagaiani,
non cercano di scappare: anzi, hanno fretta di andare nel luogo della propria condanna eterna, spinti dal peso delle loro colpe e dal loro desiderio di stare il più possibile lontano da Dio, che ora odiano, come pure odiano ogni persona e ogni cosa. picchiati dal remo di Caronte, che li spinge nella barca in modo che siano ben distribuiti all'interno. Tutta un'altra cosa dalle "povere vittime" del manga.
Riguardo agli ignavi, il Virgilio di Nagai commette un grave errore non solo aggiungendo qualcosa che Dante non aveva mai messo, ma che è anche completamente fuori dalla visione cattolica. Infatti, il Virgilio nagaiano ad un certo punto dice:
"A questi (gli ignavi) è stata negata ogni possibilità di rinascere". Ma la visione cattolica
non ammette la reincarnazione: si nasce una volta sola e si muore una volta sola, dopo c'è il Giudizio. Il corpo che abbiamo è e sarà eternamente il nostro, legato eternamente alla nostra anima anche nell'Aldilà. Non esistono cicli infiniti di reincarnazioni come nella religione orientale, che Nagai, invece, ogni tanto inserisce in questo manga.
C'è anche un altro errore, sempre per la visione cattolica, che Nagai ha fatto, modificando le parole di Caronte. Infatti, il Caronte del poema dice:
"Guai a voi, anime prave!" ("pravo" significa deviato, storto, che non è cresciuto nel modo giusto). Quello di Nagai invece dice:
"Guai a voi, anime dannate che avete insozzato il mondo coi vostri peccati!". Qui è sbagliato, perchè
il peccato è un'offesa fatta a Dio, non al mondo. Il peccato è rifiutare Dio, in modo più o meno grave. Il "mondo" qui non c'entra niente, è solo una creatura di Dio; non si identifica con Dio, come, invece, avviene nelle religioni orientali. Inoltre, il Caronte di Nagai
si ribella agli avvertimenti di Virgilio, facendosi spuntare persino due corna sulla testa; porta Dante sulla barca solo perchè è svenuto dalla paura davanti a lui, afferrandolo senza ritegno con una mano sola. Quindi, Caronte, nel manga sembra non avere alcun timore di Dio.
Invece, nel poema, dopo l'avviso di Virgilio, Caronte non si cura più di loro e si occupa dei dannati, mostrando di aver timore della decisione di Dio, che protegge Dante attraverso Virgilio. Inoltre, Dante, nel poema, non sviene a causa di Caronte, ma a causa di un terremoto innaturale che avviene alla fine del canto: si ritroverà poi all'altra riva senza alcun ricordo del suo passaggio sulla nave di Caronte. Sempre nel manga, mentre Dante è sulla barca infernale, vede Beatrice in sogno, cosa che invece non accade nel poema.
L'immagine di Caronte presa dalle incisioni di Gustave Dorè, che Nagai ha inserito spesso nel manga.
BIBLIOGRAFIAhttps://divinacommedia.weebly.com/inferno-canto-iii.htmlBussola Quotidiana, Giovanni Fighera(Continua qui)QUI TUTTI I LINK SULL'ANALISIEdited by joe 7 - 27/11/2021, 18:15
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